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N. 86 - Febbraio 2015 (CXVII)

GLI ETRUSCHI A ORVIETO
LA NECROPOLI DI CROCIFISSO DEL TUFO

di Federica Antonini

 

Orvieto, ridente cittadina della Tuscia umbra, nelle diverse epoche storiche fu città di grande lustro e prestigio, soprattutto in epoca etrusca, quando, con il nome di Velzna costituiva il fulcro dell’ampio territorio dell’Etruria. Tra le ultime a cadere sotto l’egemonia romana nel 264 A.C. ,bene ci mostra ancora, a testimonianza di questa centralità e dello splendore raggiunto, molti ed interessantissimi resti, alcuni tuttora oggetto di scavi e studi.

 

Tra questi la necropoli di Crocifisso del Tufo, la cui costruzione, a ridosso della parete tufacea settentrionale, fu pianificata dall’autorità cittadina su un territorio probabilmente già utilizzato per le sepolture, intorno alla metà del VI secolo A.C. Studiata fin dai primi decenni dell’Ottocento ha la sua peculiarità nella regolarità dell’impianto urbanistico. È formata da una serie di piccole tombe a camera, a pianta rettangolare, allineate lungo vie sepolcrali, secondo una planimetria impostata su assi ortogonali.

 

Le tombe formano dei veri e propri isolati, di dimensioni pressoché identiche, la cui costruzione si basa su un principio di uguaglianza che verosimilmente stava alla base della società volsiniese. Costituite da blocchi squadrati di tufo, murati a secco, sono coperte da pseudovolte formate da blocchi progressivamente aggettanti chiusi alla sommità da conci con funzione di chiave.

 

La copertura, piatta, è sormontata da cippi con funzione di segnacoli funerari. All’interno, banchine, in genere due, lungo la parete di fondo e lungo una delle pareti laterali, servivano per la deposizione del defunto inumato, o più raramente incenerato e del corredo funebre. Le facciate delle tombe sono ornate da modanature a toro, a fascia, a becco, mentre sull’architrave d’ingresso un’iscrizione indica la titolarità del monumento funerario (Sono le famose tombe parlanti!

 

È la stessa tomba che dichiara il proprio occupante: “io sono di...”) Proprio queste iscrizioni, presenti in gran numero - su circa trecento tombe individuate, sono oltre centotrenta quelle che possiedono un’iscrizione onomastica - rappresentano uno dei più importanti corpora dell’epigrafia etrusca e documentano una comunità cittadina cosmopolita che ha accolto personaggi e famiglie dalle origini più disparate. I primi scavi ottocenteschi hanno portato alla luce corredi notevolissimi, spesso, purtroppo, dispersi tra i vari musei esteri.

 

I reperti degli scavi più recenti sono esposti nei musei cittadini. Il materiale rinvenuto all’interno delle tombe testimonia la sostanziale omogeneità economica e culturale del tessuto cittadino: frequenti, oltre al vasellame per il banchetto in bucchero, ceramica locale e ceramica di importazione, gli strumenti in ferro o bronzo per la cottura del cibo, attribuzione solitamente maschile, mentre nelle deposizioni femminili frequenti sono gli oggetti ornamentali, gioielli, fibule, pasta vitrea e ceramiche per profumi di produzione greca o di imitazione locale.

 

Tipica delle sepolture maschili, la presenza di armi e punte di lancia, simboli della condizione di guerriero, la classe sociale più prestigiosa in città. Interessante notare come nelle sepolture di bambini, venissero deposti oggetti miniaturizzati, legati alla funzione svolta in età adulta. Dopo la distruzione della città da parte romana e il forzato trasferimento della popolazione, cessò l’utilizzo dell’area sepolcrale di cui si perse memoria, fino a quando in epoche recenti, il rinnovato interesse per la civiltà etrusca portò alla riscoperta di un patrimonio che merita di essere preservato e valorizzato al meglio.



 

 

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