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N. 74 - Febbraio 2014 (CV)

GRECI O BARBARI?
L’ETNICITÀ DEI MACEDONI 
- PARTE II
di Massimo Manzo

 

Come abbiamo visto, l’analisi della lingua costituisce una chiave di lettura essenziale ai fini della identificazione etnica dei macedoni. A questo proposito, le evidenze archeologiche hanno fornito degli indizi preziosissimi, aiutando gli studiosi nella formulazione delle loro teorie in merito.

 

In particolare, nell’antica capitale Ege sono state scoperte delle lapidi risalenti al IV secolo in cui sono incisi ben settantaquattro nomi, composti con lettere dell’alfabeto greco. Dai patronimici gli archeologi hanno dedotto che probabilmente già a partire dal secolo precedente i macedoni parlavano greco, utilizzando un dialetto molto particolare.

 

L’ulteriore rinvenimento della cosiddetta “tavola di Pella” nel 1986, conferma l’esistenza di una lingua molto simile al dorico. In questo caso non si tratta semplicemente, come negli altri casi, di una lapide funeraria, ma di una tavoletta di piombo databile al IV secolo, sulla quale è incisa una maledizione katadesmos scritta da una certa Dagina.

 

Dall’analisi del testo, con il quale vengono invocate le divinità per mezzo di un incantesimo, gli archeologi hanno dedotto che l’autrice doveva avere uno scarso livello culturale ed essere presumibilmente di bassa estrazione sociale. Dettaglio non indifferente, perché proverebbe la diffusione capillare del dialetto in questione tra la popolazione macedone.

 

Malgrado l’archeologia tenda ormai verso la tesi dell’origine ellenica della lingua, alcuni filologi hanno sollevato dei dubbi, partendo dal catalogo delle parole attribuite in modo specifico ai macedoni. Mentre la maggior parte di queste è chiaramente greca, alcune parole sarebbero altrettanto chiaramente estranee all’idioma ellenico e rappresenterebbero l’unica testimonianza di un’antica lingua balcanica utilizzata prima dell’adozione del greco.

 

Una teoria interessante, che però cozza con una considerazione di carattere storico. Durante il regno di Filippo II, infatti, entrarono a far parte dello stato macedone una serie di tribù barbare, le quali potrebbero aver lasciato una traccia residuale nella lingua, proprio attraverso tali parole “anomale”.

 

Sul piano strettamente linguistico possiamo dunque essere certi che gli antichi macedoni parlavano un dialetto greco, definito “makedonisti”, il quale, pur risultando particolarmente difficile da capire per greci del sud, faceva comunque parte di uno stesso ceppo originario rispetto agli altri dialetti diffusi nella penisola ellenica.

 

In un certo senso avveniva allora ciò che succede oggi con gli inglesi o gli americani, i quali spesso stentano a capire la parlata scozzese.

 

Nonostante la diffusione della koiné alla fine del IV secolo, il makedonisti rimase un tratto distintivo delle truppe nazionali macedoni vicine al re, che in segno di rispetto e ammirazione continuava ad esprimersi in dialetto con i suoi uomini, mostrando di tenere in conto il loro orgoglio regionalistico.

 

Ma la tesi della grecità, grazie ancora una volta all’archeologia, può avvalersi anche di altre prove altrettanto significative e diverse da quelle relative alla lingua.

 

Si tratta di aspetti culturali, primo fra tutti la religione. Sappiamo infatti che uno dei nuclei territoriali originari della nazione macedone fu la zona intorno al Monte Olimpo, tradizionalmente considerata la dimora del pantheon greco. In aggiunta, il culto praticato dai macedoni era identico a quello dei loro vicini del sud.

 

Insomma macedoni e greci veneravano gli stessi dei, li chiamavano nello stesso modo e riconoscevano come sacri gli stessi luoghi, come il celebre santuario di Apollo a Delfi. Naturalmente riscontriamo alcune differenze nella preferenza accordata ad alcune divinità, come ad esempio Dioniso, oggetto di una venerazione particolarissima in Macedonia, che comprendeva l’ampia diffusione di riti misterici e di baccanali.

 

Altro aspetto non indifferente è quello topografico. La denominazione di tutte le città più antiche della Macedonia è infatti greca e dai loro resti si evince che l’impianto architettonico di alcuni edifici cittadini, come i teatri, è uguale a quello presente nelle poleis.

 

In conclusione, gli elementi che abbiamo cercato, seppur brevemente, di riassumere (dalle fonti antiche ai più recenti ritrovamenti archeologici) sembrano deporre tutti a favore della tesi dell’etnicità greca dei macedoni.

 

In questo senso ritroviamo una singolare convergenza tra le fonti storiche antiche e le moderne teorie espresse dalla maggior parte degli studiosi.

 

 

Riferimenti bibliografici:

 

N.G.L. Hammond, A History of Macedonia, Volumes I e II, Oxford, 1988;

R. M. Errington,, A History of Macedonia, Berkeley, 1992;

N.G.L. Hammond, The miracle that was Macedonia, New York, 1991;

I. Worthington, Philip II of Macedonia, New Haven, London, 2008.



 

 

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