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ATTUALITà


N. 69 - Settembre 2013 (C)

eastern boys
gang giovanili dall'Europa dell'Est

di Leila Tavi

 

Una banda di ragazzini originari dell'Europa dell'Est si aggira per Parigi sotto lo sguardo preoccupato della polizia e dell'ambiguo Daniel, desideroso di incontrare uno di loro, Marek, misterioso “slavo” dagli occhi a mandorla, che nota alla Gare du Nord ogni mattina prima di andare a lavoro.

 

I ragazzi provengono da varie parti dell’ex Unione Sovietica e vivono nell’anonimato della metropoli francese.

 

I loro passaporti sono gelosamente custoditi dal “boss”, un giovane russo violento e senza scrupoli, che tiene i documenti di tutti i ragazzi della sua banda sottochiave in un armadietto dell’hotel di periferia, dove i ragazzi vivono in semi-clandestinità, controllando così i loro destini.

 

A suo modo anche Daniel vive nell’anonimato, nel suo appartamento fuori Parigi, dotato di tutto i confort ma asettico, come la sua vita.

 

L’uomo rimane soggiogato dal fascino di Marek e pur di avere con lui un’avventura di sesso a pagamento gli rivela il suo indirizzo, ritrovandosi l’indomani l’intera gang in casa che, dopo aver banchettato e festeggiato nel suo salone, gli porta via oggetti e mobili di valore.

 

Quando Daniel rimane solo nell’appartamento depredato dai ragazzi non chiama la polizia, si ferma invece a guardare il vuoto che è stato messo a nudo della sua vita, fatta solo di confort ed elettrodomestici sofisticati, come l’enorme frigo con il dispenser per il ghiaccio tritato, che tanto fa divertire la gang di ragazzi il giorno dell’incursione a casa sua.

 

Daniel guarda dalla porta finestra del balcone del suo soggiorno il grigio skyline dei grattacieli che lo circondano, lo asfissiano quasi. Rimette a posto le foto del suo passato e cerca di colmare il vuoto intorno a lui con un enorme orologio, che deve comporre sulla parete del soggiorno, spoglia ormai dei quadri, in uno aritmico e sordo scandire del tempo che sottolinea il vuoto emotivo dell’uomo.

 

Il suo vuoto emotivo a questo punto della storia si perde nel vuoto spaziale, sottolineando l’aberrazione delle disaggreganti architetture urbane contemporanee, specchio del disagio sociale del nostro tempo.

 

Qualche giorno dopo, proprio mentre Daniel cerca di montare l’orologio, torna a fargli visita Marek, che in realtà si chiama Rouslan, per patteggiare la prestazione sessuale concordata in precedenza.

 

L’amore tra i due presenta varie componenti che normalmente sono messe sotto accusa dalla società: l’omosessualità, la differenza di età, la mercificazione del corpo. In realtà attraverso il loro rapporto i due colmano il vuoto affettivo che li ha attanagliati fino a quel momento.

 

Per Rouslan Daniel diviene la figura di adulto di riferimento, per Daniel il giovane ceceno in fuga dagli orrori della guerra incarna il figlio che non ha mai avuto; la tenera storia d’amore, delicata e coinvolgente, si trasforma lentamente in affetto tra padre e figlio.

 

Sullo sfondo le storie più sfortunate degli altri membri della gang, ombre di passaggio che si confondono tra altre storie disperate di clandestini di altre nazionalità ed etnie, stipati in un residence fuori città, che non riusciranno mai a integrarsi nella normale vita cittadina, ne resteranno ai margini fino a che, un giorno, saranno destinati ai centri di detenzione e all’espulsione.

 

Il regista francese Robin Campillo, che è stato a lungo sceneggiatore di Laurent Cantet, merita il premio Orizzonti per il migliori film della 70° edizione della Mostra del cinema di Venezia con la sua opera seconda, che esce nelle sale a nove anni di distanza dal suo film d’esordio Les Revenants.

 

Come in Les Revenants, una sorta di horror metafisico, che indagava l’incidenza della morte nella società occidentale con dei morti che cercano di riprendersi lo spazio e il tempo che occupavano nella loro vita, anche Eastern Boys mette egregiamente in evidenza le dissonanze tra tempo e spazio nella società occidentale contemporanea.



 

 

 

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