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ambiente


N. 34 - Ottobre 2010 (LXV)

I dugonghi tra Stati Uniti e Giappone

storia di una questione ambientale internazionale
di Giuseppe Cursio

 

Okinawa è l’isola più grande dell’arcipelago delle Ryukyu, con un territorio che rappresenta circa lo 0.6% della superficie totale del Giappone. La capitale, Naha, è molto più vicina a Shanghai che a Tokyo e la cultura di queste isole riflette forti influenze cinesi, oltre che giapponesi.

 

Le Ryukyu rimasero un regno indipendente finché non furono annesse dal Giappone quattro anni dopo l’inizio della Restaurazione Meiji (1868-1912). Okinawa, una delle sue 47 prefetture (formalmente lo divenne nel 1879), è situata a sud-est dell’arcipelago giapponese.

 

Durante la seconda guerra mondiale Okinawa fu teatro dell’ultima grande battaglia, nonché dell’ultimo grande successo militare colto dagli Stati Uniti in Asia Orientale.

 

Separata forzosamente dal Giappone, fu governata dagli Stati Uniti fino al 1972. La presenza delle basi militari americane dal 1945 continua a essere, però, motivo di forte attrito tra il governo centrale (di Tokyo) e gli abitanti dell’isola costretti ad accettare la condotta, non sempre esemplare, dei marines.

 

Essi protestano anche per l’inquinamento acustico dovuto al rumore dei motori di aerei ed elicotteri, per i danni all’ambiente come la profonda erosione del suolo causata dall’artiglieria, e per la distruzione della barriera corallina causati dalle barche e dalle esercitazioni dei mezzi anfibi. Inoltre il combustibile e le altre sostanze tossiche inquinano il suolo e le riserve d’acqua di alcune zone dell’isola.

 

Oggi, l’isola di Okinawa è dunque al centro di una controversia tra gli Stati Uniti e il Giappone per la rilocazione della U.S. Marine Corps Air Station Futenma che si trova a Ginowan, nell’estremo lembo meridionale.SusumoInamine, il sindaco della città di Nago, non vuole, infatti, che siano realizzate nuove strutture militari sull’isola, cioè sulla costa nord-orientale dove si trova la splendida baia di Henoko (The New York Times, 23 maggio 2010).

 

Spianare le sue aree collinari, dove sono ancor oggi evidenti i segni dei bombardamenti americani durante la seconda guerra mondiale, per la costruzione di nuovi eliporti o piste militari per il decollo o l’atterraggio degli aerei da trasporto MV-22 Osprey o costruire nuove basi militari nelle baie di Henoko o di Oura, situate più a nord, non potrebbero che arrecare danni all’ecosistema subtropicale dell’isola.

 

L’ampliamento dell’U.S. Marine Corps Camp Schwab in direzione della baia di Henoko, come prevede l’accordo tra i governi di Tokyo e Washington (2006), distruggerebbe la barriera corallina nonché l’habitat naturale del dugongoun mammifero marino appartenente alla specie del Trichechusmanatus che assomiglia in parte al tricheco e, in parte, al delfino, e che ha ispirato probabilmente il mito della sirena. Nelle sue acque vivono circa 50 esemplari di questo mammifero che è a rischio d’estinzione. La WWF Japan ha proclamato il “2010 International Year of Dugong” per tutelare la specie che vive nell’arcipelago delle Ryukyu.

 

Oltre che del dugongo la costruzione in mare aperto della nuova base militare americana minaccerebbe l’esistenza di altre specie acquatiche come la tartaruga marina che depone le sue uova nella sabbia del litorale e di una grande varietà di pesci che sono l’attrazione di subacquei provenienti da ogni parte del mondo, anche perché l’acqua è calda e tersa. Poi, come bellezza naturale è seconda soltanto alla Grande Barriera Corallina australiana.

 

L’United Nations Environment Programme (UNEP) ha già invitato il Governo giapponese ad adottare le misure necessarie per la tutela degli habitat del dugongo e a rafforzare quelle esistenti per la salvaguardia dell’ambiente in ottemperanza alle norme internazionali in materia ambientale (2002).

Mentre il principio del rispetto dell’ecosistema marino e della biodiversità è contenuto nella risoluzione n. A/RES/61/203 intitolata “International Year of Biodiversity, 2010”, adottata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 20 dicembre 2006. Infine, a Nagoia (Giappone), questo mese si terrannoil5th Meeting of the Parties to the Cartagena Protocol on Biosafety) e laX Conference of the Parties to the Convention on Biological Diversity.

 

Nell’occasione il governo di Tokyo presenterà il testo di una risoluzione per promuovere un’iniziativa comune a tutela della biodiversità (2011-2020 U.N. Decade of Biodiversity), con l’intento di coinvolgere anche gli Stati Uniti che non hanno ancora ratificato la Convenzione sulla Diversità Biologica (The Japan Times, 8 maggio 2010).

 

La questione della rilocazione della base militare di Futenma rischia di pregiudicare i rapporti diplomatici tra Washington e Tokyo poiché vi è in gioco la tradizionale alleanza strategica tra Stati Uniti e Giappone (il Trattato di reciproca sicurezza fu siglato dai due Paesi nel 1960). Per anni è stata un efficace deterrente nei confronti della Cina, emergente potenza economica e militare in Asia, mentre, oggi, essa appare ancora più imprescindibile per il contenimento della minaccia nucleare della Corea Nord.

 

Il nuovo primo Ministro giapponese NaotoKan, succeduto a YukioHatoyama che ha dovuto rassegnare le sue dimissioni per non aver mantenuto la promessa fatta ai suoi elettori che avrebbe impedito la costruzione di nuove basi militari sull’isola di Okinawa risultata decisiva per la vittoria del Partito Democratico del Giappone (DPJ) sul Partito Liberale del Giappone (LPJ) alle ultime elezioni parlamentari (agosto 2009) dopo anni d’incontrastato e quasi ininterrotto dominio politico nazionale da parte di quest’ultimo, ha dichiarato che le relazioni con gli Stati Uniti sono solide e che la nuova base militare sarà regolarmente costruita nella baia di Henoko.

 

Ma il governatore della prefettura di Okinawa,HirokazuNakaima,-che ambisce a essere riconfermato alle prossime elezioni che si svolgeranno il 28 novembre-, chiede con insistenza la riduzione della presenza militare americana nell’arcipelago (JAPANTODAY, 7 agosto 2010). E nemmeno gli abitanti di Okinawa, che intendono valorizzare il turismo poiché soltanto il 5% delle risorse economiche locali proviene dal mantenimento delle basi militari USA sul loro territorio e che vogliono, soprattutto, preservare la flora e la fauna nell’isola, sembrano intenzionati a gettare la spugna.

 

Il presidente americano Barack Obama, che si è appena lasciato alle spalle il problema dell’inquinamento del Golfo del Messico causato dall’esplosione della piattaforma petrolifera DeepwaterHorizonavvenuta lo scorso 20 aprile, dovrà cercare soluzioni alternative se non vorrà scegliere tra la salvaguardia dei dugonghi ed esigenze militari come l’ampliamento dell’U.S. Marine Corps Camp Schwab.

 

Concludendo, la chiusura della U.S. Marine Corps Air Station Futenma, una delle basi che sono dislocate su un’isola distante circa 1.600 km da Tokyo e che ospita il 75% delle forze americane in Giappone, non credo possa essere considerata, in tutta sincerità, una sconfitta diplomatica dagli Stati Uniti che in cambio si assicurerebbero la permanenza militare nel Paese del Sol Levante.

 

L’amministrazione Obama si mostrerebbe così realista e lungimirante. Mentre i dugonghi non sarebbero privati del loro habitat naturale, indispensabile per la loro sopravvivenza.

 



 

 

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