N. 87 - Marzo 2015 
                          
                          (CXVIII)
																						IL DRONE CHE TRASPORTA LA GUERRA
																						SERBIA-ALBANIA: QUANDO IL CALCIO SI TRAmutA IN POLITICA
																						di Riccardo Poli
																						 
																			
																			
																			
																			14 
																			ottobre 
																			2014: 
																			la 
																			partita 
																			di 
																			calcio 
																			tra 
																			la 
																			nazionale 
																			della 
																			Serbia 
																			e 
																			quella 
																			dell’Albania, 
																			valida 
																			per 
																			le 
																			qualificazioni 
																			al 
																			prossimo 
																			campionato 
																			europeo 
																			di 
																			calcio, 
																			in 
																			programma 
																			in 
																			Francia 
																			nei 
																			mesi 
																			di 
																			giugno 
																			e di 
																			luglio 
																			2016, 
																			si 
																			interrompe 
																			al 
																			minuto 
																			numero 
																			’41.
																			
																			
																			
																			 
																			
																			
																			
																			Un 
																			drone 
																			passa 
																			sopra 
																			il 
																			campo 
																			da 
																			gioco, 
																			un 
																			calciatore 
																			decide 
																			di 
																			prendere 
																			la 
																			bandiera 
																			che 
																			questo 
																			drone 
																			trasportava, 
																			verosimilmente 
																			per 
																			fermarlo 
																			e 
																			ricominciare 
																			a 
																			giocare, 
																			ma 
																			inizia 
																			una 
																			rissa 
																			furibonda, 
																			alimentata 
																			da 
																			numerose 
																			invasioni 
																			di 
																			campo, 
																			e 
																			l’arbitro 
																			non 
																			può 
																			fare 
																			a 
																			meno 
																			di 
																			sospendere 
																			la 
																			partita 
																			e 
																			(tentare 
																			di) 
																			mandare 
																			le 
																			squadre 
																			in 
																			anticipo 
																			negli 
																			spogliatoi.
																			
																			
																			
																			 
																			
																			
																			
																			Un 
																			clima 
																			surreale 
																			in 
																			uno 
																			stadio, 
																			quello 
																			dell’ 
																			FK 
																			Partizan, 
																			che, 
																			assieme 
																			al 
																			vicino 
																			stadio 
																			della 
																			Stella 
																			Rossa 
																			(noto 
																			anche 
																			come 
																			Marakana), 
																			è 
																			stato 
																			spesso 
																			infelice 
																			teatro 
																			di 
																			serate 
																			molto 
																			poco 
																			sportive, 
																			contrassegnate 
																			dalla 
																			violenza, 
																			che 
																			pure 
																			(assieme 
																			alla 
																			politica) 
																			nulla 
																			dovrebbe 
																			avere 
																			a 
																			che 
																			fare 
																			con 
																			il 
																			calcio, 
																			lo 
																			sport 
																			più 
																			famoso 
																			e 
																			praticato 
																			del 
																			mondo.
																			
																			
																			
																			 
																			
																			
																			
																			Il 
																			tutto 
																			in 
																			una 
																			città 
																			tristemente 
																			segnata 
																			da 
																			famose 
																			vicende 
																			storiche 
																			soprattutto 
																			infauste, 
																			ovvero 
																			Belgrado. 
																			Cosa 
																			sia 
																			successo 
																			quella 
																			sera 
																			è 
																			chiaro 
																			a 
																			pochi, 
																			anzi 
																			è 
																			enigmatico 
																			per 
																			tutti. 
																			Cerchiamo 
																			quindi 
																			di 
																			fare 
																			luce 
																			su 
																			un 
																			avvenimento 
																			che 
																			da 
																			sportivo 
																			si è 
																			trasformato 
																			in 
																			politico, 
																			ma 
																			che, 
																			proprio 
																			essendo 
																			politico, 
																			ha 
																			le 
																			sue 
																			radici 
																			nella 
																			storia, 
																			e 
																			nella 
																			storia 
																			anche 
																			una 
																			possibile 
																			risposta.
																			
																			
																			
																			 
																			
																			
																			
																			Qual 
																			è 
																			innanzitutto 
																			il 
																			casus 
																			belli 
																			che 
																			ha 
																			scatenato 
																			la 
																			rissa 
																			e la 
																			conseguente 
																			interruzione 
																			della 
																			partita?
																			
																			
																			
																			 
																			
																			
																			
																			Una 
																			bandiera, 
																			la 
																			bandiera 
																			che 
																			il 
																			drone 
																			passato 
																			sopra 
																			lo 
																			stadio 
																			trasportava, 
																			ovvero 
																			un 
																			vessillo 
																			rappresentante 
																			la 
																			cosiddetta 
																			“grande 
																			Albania”. 
																			Questo 
																			ci 
																			costringe 
																			a 
																			fare 
																			un 
																			passo 
																			indietro, 
																			per 
																			addentrarci 
																			nella 
																			storia 
																			recente 
																			dei 
																			due 
																			stati.
																			 
																			
																			
																			
																			L’Albania 
																			è 
																			una 
																			repubblica 
																			parlamentare 
																			resasi 
																			indipendente 
																			dall’Impero 
																			Ottomano 
																			nel 
																			lontano 
																			1912, 
																			e 
																			precisamente 
																			il 
																			28 
																			novembre, 
																			alla 
																			vigilia 
																			cioè 
																			della 
																			Prima 
																			guerra 
																			mondiale, 
																			ma 
																			quando 
																			già 
																			era 
																			iniziato 
																			un 
																			avvenimento 
																			storico 
																			di 
																			primaria 
																			importanza 
																			per 
																			la 
																			regione 
																			geografica 
																			che 
																			oggi 
																			viene 
																			definita 
																			Balcani.
																			
																			
																			
																			 
																			
																			
																			
																			Nel 
																			1912 
																			infatti 
																			l’Impero 
																			Ottomano 
																			si 
																			deve 
																			scontrare, 
																			nella 
																			cosiddetta 
																			“prima 
																			guerra 
																			balcanica”, 
																			contro 
																			una 
																			coalizione, 
																			la 
																			Lega 
																			Balcanica, 
																			formata 
																			da 
																			Serbia, 
																			Montenegro, 
																			Bulgaria 
																			e 
																			Grecia, 
																			pronte 
																			a 
																			cancellare, 
																			una 
																			volta 
																			per 
																			tutte, 
																			il 
																			potente 
																			e 
																			scomodo 
																			rivale 
																			attivo 
																			dal 
																			1299, 
																			anno 
																			della 
																			nascita 
																			con 
																			Osman 
																			I 
																			(da 
																			cui 
																			la 
																			dicitura 
																			di 
																			“ottomano”).
																			
																			
																			
																			 
																			
																			
																			
																			La 
																			sconfitta 
																			subìta 
																			dal 
																			ministro 
																			della 
																			guerra 
																			Nazim 
																			Pascià 
																			costringe 
																			gli 
																			ottomani 
																			a 
																			firmare 
																			nel 
																			1913 
																			il 
																			Trattato 
																			di 
																			Londra, 
																			che 
																			prevede, 
																			tra 
																			le 
																			altre 
																			cose, 
																			la 
																			nascita 
																			dell’Albania 
																			come 
																			stato 
																			indipendente.
																			
																			
																			
																			 
																			
																			
																			
																			L’indipendenza 
																			albanese 
																			ha 
																			però 
																			radici 
																			più 
																			antiche. 
																			Già 
																			nel 
																			1878 
																			a 
																			Prizren, 
																			in 
																			Kosovo, 
																			venne 
																			fondata 
																			una 
																			lega 
																			albanese, 
																			la 
																			Lega 
																			di 
																			Prizren 
																			o 
																			Lega 
																			per 
																			la 
																			difesa 
																			dei 
																			diritti 
																			della 
																			nazione 
																			albanese, 
																			che 
																			tentò, 
																			invano, 
																			di 
																			unificare 
																			tutti 
																			i 
																			territori 
																			albanesi 
																			in 
																			seno 
																			all’impero 
																			turco 
																			(divisi 
																			allora 
																			in 
																			quattro 
																			province 
																			o “vilayet”: 
																			Kosovo, 
																			Monastir, 
																			Shkoder 
																			o 
																			Scutari 
																			e 
																			Janinan 
																			o 
																			Giannina) 
																			per 
																			creare 
																			un 
																			unico 
																			grande 
																			stato, 
																			l’Albania 
																			appunto. 
																			Membro 
																			della 
																			Lega 
																			era 
																			anche 
																			un 
																			certo 
																			Isa 
																			Boletini 
																			(tenetelo 
																			a 
																			mente, 
																			tornerà).
																			
																			
																			
																			 
																			
																			
																			
																			A 
																			complicare 
																			la 
																			situazione 
																			è il 
																			Congresso 
																			di 
																			Berlino, 
																			sempre 
																			del 
																			1878, 
																			fatto 
																			per 
																			rettificare 
																			il 
																			Trattato 
																			di 
																			Santo 
																			Stefano 
																			dello 
																			stesso 
																			anno, 
																			che, 
																			tra 
																			le 
																			altre 
																			cose, 
																			confermava 
																			l’indipendenza 
																			di 
																			Montenegro 
																			e 
																			Serbia.
																			
																			
																			
																			 
																			
																			
																			
																			In 
																			esso 
																			inoltre 
																			lo 
																			stesso 
																			Otto 
																			von 
																			Bismarck 
																			asserì 
																			che 
																			la 
																			nazione 
																			albanese 
																			non 
																			esisteva, 
																			per 
																			cui 
																			procedette 
																			ad 
																			assegnare 
																			altri 
																			territori 
																			albanesi 
																			alle 
																			stesse 
																			Serbia 
																			e 
																			Montenegro; 
																			del 
																			resto 
																			il 
																			cancelliere 
																			tedesco 
																			non 
																			poteva 
																			proprio 
																			permettersi, 
																			con 
																			una 
																			imminente 
																			guerra 
																			nell’aria, 
																			che 
																			la 
																			Russia 
																			si 
																			espandesse 
																			e 
																			rafforzasse.
																			
																			
																			
																			 
																			
																			
																			
																			Boletini 
																			e 
																			compagni, 
																			delusi 
																			dalla 
																			‘sentenza’, 
																			decisero 
																			di 
																			proseguire 
																			le 
																			ostilità 
																			contro 
																			gli 
																			ottomani, 
																			e 
																			nonostante 
																			alcune 
																			conquiste 
																			fatte 
																			nei 
																			due-tre 
																			anni 
																			successivi, 
																			nel 
																			1881 
																			la 
																			Sublime 
																			Porta 
																			stroncò 
																			definitivamente 
																			l’esperienza 
																			della 
																			Lega, 
																			ma 
																			le 
																			speranze 
																			e 
																			gli 
																			obiettivi 
																			albanesi 
																			rimanevano 
																			attuali.
																			 
																			
																			
																			
																			Un 
																			nuovo 
																			tentativo 
																			venne 
																			fatto 
																			nel 
																			1908, 
																			e 
																			portò 
																			a 
																			una 
																			minima 
																			autonomia, 
																			che 
																			si 
																			trattava 
																			più 
																			che 
																			altro 
																			di 
																			una 
																			promessa 
																			ottomana 
																			di 
																			discutere 
																			i 
																			problemi 
																			albanesi 
																			‘a 
																			quattr’occhi’. 
																			Peccato 
																			che, 
																			quasi 
																			in 
																			contemporanea, 
																			a 
																			Istanbul 
																			il 
																			potere 
																			era 
																			stato 
																			preso 
																			dai 
																			“Giovani 
																			Turchi”, 
																			intellettuali 
																			e 
																			ufficiali 
																			membri 
																			di 
																			un 
																			partito 
																			politico 
																			votato 
																			alla 
																			sostituzione 
																			dell’Impero 
																			con 
																			una 
																			più 
																			efficace 
																			e 
																			moderna 
																			monarchia, 
																			realizzabile 
																			soltanto 
																			attraverso 
																			il 
																			consolidamento 
																			politico, 
																			che 
																			significava 
																			centralità 
																			dell’etnia 
																			turca.
																			
																			
																			
																			 
																			
																			
																			
																			Di 
																			conseguenza 
																			gli 
																			impegni 
																			presi 
																			per 
																			garantire 
																			un 
																			minimo 
																			di 
																			autonomia 
																			all’Albania 
																			vennero 
																			disattesi, 
																			e 
																			vennero 
																			varate 
																			una 
																			serie 
																			di 
																			riforme 
																			atte 
																			a 
																			eliminare 
																			le 
																			minoranze. 
																			Tali 
																			riforme 
																			trovarono 
																			proprio 
																			negli 
																			albanesi 
																			gli 
																			oppositori 
																			più 
																			agguerriti.
																			
																			
																			
																			 
																			
																			
																			
																			Nel 
																			1910 
																			guidati 
																			da 
																			Isa 
																			Boletini 
																			gli 
																			albanesi 
																			insorsero, 
																			ma 
																			vennero 
																			sconfitti 
																			poco 
																			dopo; 
																			tuttavia 
																			pesanti 
																			scontri 
																			tra 
																			turchi 
																			e 
																			albanesi 
																			proseguirono 
																			soprattutto 
																			nella 
																			provincia 
																			del 
																			Kosovo. 
																			Nello 
																			scenario 
																			già 
																			di 
																			per 
																			sé 
																			complicato 
																			interviene 
																			pure 
																			l’Italia, 
																			che 
																			decide, 
																			nel 
																			1912, 
																			di 
																			dichiarare 
																			guerra 
																			all’Impero 
																			per 
																			il 
																			controllo 
																			di 
																			Tripolitania 
																			e 
																			Cirenaica.
																			
																			
																			
																			 
																			
																			
																			
																			Nel 
																			giro 
																			di 
																			un 
																			anno 
																			le 
																			truppe 
																			italiane 
																			vincono, 
																			dimostrando 
																			la 
																			stanchezza 
																			degli 
																			ottomani, 
																			deboli 
																			dopo 
																			un 
																			impero 
																			che 
																			dura 
																			ormai 
																			da 
																			oltre 
																			600 
																			anni. 
																			La 
																			situazione 
																			si 
																			fa 
																			allora 
																			particolarmente 
																			ghiotta 
																			per 
																			Serbia, 
																			Montenegro, 
																			Bulgaria 
																			e 
																			Grecia, 
																			che, 
																			come 
																			detto, 
																			intervengono 
																			contro 
																			la 
																			Sublime 
																			Porta 
																			pronte 
																			a 
																			spartirsi 
																			i 
																			suoi 
																			territori.
																			
																			
																			
																			 
																			
																			
																			
																			Nello 
																			stesso 
																			1912, 
																			un 
																			po’ 
																			l’anno 
																			focale 
																			della 
																			nostra 
																			analisi, 
																			c’è 
																			spazio 
																			anche 
																			per 
																			una 
																			nuova 
																			rivolta 
																			albanese, 
																			questa 
																			volta 
																			‘fortunata’, 
																			poiché 
																			riesce 
																			a 
																			portare 
																			all’autonomia 
																			i 
																			quattro 
																			“vilayet” 
																			albanesi. 
																			L’”Albania 
																			etnica” 
																			è 
																			finalmente 
																			libera.
																			 
																			
																			
																			
																			E 
																			qui 
																			torniamo 
																			all’indipendenza 
																			dell’Albania. 
																			La 
																			dichiarazione 
																			formale, 
																			lo 
																			sappiamo, 
																			è 
																			del 
																			28 
																			novembre, 
																			mentre 
																			il 4 
																			dicembre 
																			1912 
																			si 
																			insedia 
																			a 
																			Valona 
																			un 
																			governo 
																			provvisorio, 
																			avente 
																			come 
																			primo 
																			ministro 
																			Ismail 
																			Qemali 
																			(ritornerà 
																			anche 
																			questo). 
																			Costui 
																			è 
																			uno 
																			degli 
																			83 
																			albanesi 
																			che 
																			hanno 
																			sottoscritto 
																			la 
																			proclamazione 
																			d’indipendenza 
																			del 
																			28 
																			novembre.
																			
																			
																			
																			 
																			
																			
																			
																			Perché 
																			tanta 
																			fretta?
																			
																			
																			
																			 
																			
																			
																			
																			La 
																			paura 
																			più 
																			grande 
																			per 
																			gli 
																			albanesi 
																			è 
																			che, 
																			una 
																			volta 
																			terminato 
																			il 
																			conflitto 
																			balcanico 
																			con 
																			la 
																			vittoria 
																			della 
																			Lega, 
																			i 
																			regni 
																			appartenenti 
																			alla 
																			stessa, 
																			ora 
																			che 
																			finalmente 
																			le 
																			ingerenze 
																			dell’Impero 
																			Ottomano 
																			sono 
																			finite, 
																			decidano 
																			di 
																			spartirsi 
																			equamente 
																			i 
																			territori 
																			albanesi 
																			rendendo 
																			vane 
																			le 
																			ingenti 
																			perdite 
																			umane 
																			accumulate 
																			nel 
																			trentennio 
																			precedente.
																			
																			
																			
																			 
																			
																			
																			
																			Il 
																			conflitto 
																			si 
																			conclude 
																			l’anno 
																			successivo, 
																			il 
																			30 
																			maggio 
																			1913, 
																			con 
																			la 
																			stipula 
																			del 
																			Trattato 
																			di 
																			Londra. 
																			L’esito 
																			è 
																			quello 
																			temuto 
																			da 
																			Qemali 
																			e 
																			compagni: 
																			le 
																			potenze 
																			europee 
																			garanti 
																			della 
																			pace 
																			accettano 
																			sì 
																			l’autoproclamazione 
																			d’indipendenza 
																			dell’Albania, 
																			ma 
																			decisero, 
																			nella 
																			delimitazione 
																			dei 
																			confini 
																			del 
																			nuovo 
																			stato, 
																			di 
																			assegnare 
																			diversi 
																			territori 
																			del 
																			nord 
																			(Kosovo 
																			e 
																			Monastir 
																			comprese) 
																			alla 
																			Serbia, 
																			e 
																			gran 
																			parte 
																			dei 
																			territori 
																			meridionali 
																			alla 
																			Grecia. 
																			Metà 
																			della 
																			popolazione 
																			albanese 
																			restò 
																			fuori 
																			dai 
																			suoi 
																			confini.
																			
																			
																			
																			 
																			
																			
																			
																			Nominarono 
																			inoltre, 
																			quale 
																			sovrano 
																			del 
																			neonato 
																			Principato 
																			di 
																			Albania, 
																			che 
																			il 
																			21 
																			febbraio 
																			1914 
																			sostituì 
																			il 
																			governo 
																			provvisorio 
																			di 
																			Ismail 
																			Qemali, 
																			il 
																			principe 
																			tedesco 
																			Guglielmo 
																			di 
																			Wied. 
																			Come 
																			spesso 
																			è 
																			accaduto 
																			e 
																			come 
																			spesso 
																			accadrà 
																			nella 
																			storia, 
																			gli 
																			europei 
																			hanno 
																			creato 
																			un 
																			castello 
																			senza 
																			le 
																			fondamenta 
																			adatte 
																			a 
																			sorreggerlo.
																			 
																			
																			
																			
																			Nel 
																			frattempo, 
																			tra 
																			il 
																			giugno 
																			e 
																			l’agosto 
																			del 
																			1913, 
																			era 
																			scoppiata 
																			la 
																			“seconda 
																			guerra 
																			balcanica”, 
																			una 
																			guerra 
																			‘lampo’ 
																			di 
																			neanche 
																			due 
																			mesi, 
																			che 
																			chiude, 
																			almeno 
																			temporaneamente, 
																			le 
																			ostilità, 
																			ma 
																			non 
																			placa 
																			certo 
																			gli 
																			animi.
																			
																			
																			
																			 
																			
																			
																			
																			Se 
																			col 
																			Trattato 
																			di 
																			Londra 
																			la 
																			nascita 
																			dell’Albania 
																			era 
																			stato 
																			anche 
																			un 
																			modo 
																			per 
																			bloccare 
																			la 
																			Serbia 
																			(e 
																			quindi 
																			la 
																			Russia) 
																			nella 
																			sua 
																			avanzata 
																			al 
																			Mediterraneo, 
																			col 
																			Trattato 
																			di 
																			Bucarest 
																			del 
																			10 
																			agosto 
																			1913 
																			la 
																			Serbia 
																			si 
																			vide 
																			praticamente 
																			raddoppiato 
																			il 
																			proprio 
																			territorio, 
																			e 
																			l’Albania 
																			stessa 
																			perdeva 
																			altri 
																			territori 
																			a 
																			vantaggio 
																			della 
																			Macedonia.
																			
																			
																			
																			 
																			
																			
																			
																			Le 
																			arbitrarie 
																			assegnazioni 
																			fatte 
																			a 
																			scapito 
																			dell’Albania 
																			sono 
																			di 
																			certo 
																			un 
																			momento 
																			decisivo 
																			per 
																			tentare 
																			di 
																			capire 
																			quali 
																			sono 
																			le 
																			rivendicazioni 
																			che 
																			oggi 
																			avanzano 
																			coloro 
																			che 
																			reclamano 
																			la 
																			resurrezione 
																			della 
																			“grande 
																			Albania”.
																			
																			
																			
																			 
																			
																			
																			
																			Da 
																			sottolineare 
																			soprattutto 
																			come 
																			la 
																			provincia 
																			del 
																			Kosovo, 
																			rimasta 
																			fuori 
																			dai 
																			territori 
																			del 
																			neonato 
																			stato 
																			albanese 
																			al 
																			momento 
																			dell’assegnazione 
																			alla 
																			Serbia, 
																			pare 
																			fosse 
																			popolata 
																			da 
																			una 
																			considerevole 
																			maggioranza 
																			albanese, 
																			che 
																			venne 
																			decimata 
																			attraverso 
																			politiche 
																			di 
																			‘serbizzazione’ 
																			o 
																			massacrata.
																			
																			
																			
																			 
																			
																			
																			
																			Dal 
																			canto 
																			suo 
																			la 
																			Serbia 
																			considera 
																			tuttora 
																			il 
																			Kosovo 
																			come 
																			una 
																			sua 
																			provincia 
																			autonoma, 
																			tanto 
																			da 
																			essersi 
																			apertamente 
																			dichiarata 
																			contraria 
																			all’autoproclamazione 
																			d’indipendenza 
																			del 
																			Kosovo 
																			dalla 
																			stessa 
																			Serbia, 
																			ufficializzata 
																			il 
																			17 
																			febbraio 
																			2008 
																			(al 
																			momento 
																			riconosciuta 
																			non 
																			ancora 
																			dalla 
																			totalità 
																			degli 
																			stati 
																			appartenenti 
																			all’ONU).
																			
																			
																			
																			 
																			
																			
																			
																			Indipendenza 
																			che 
																			arriva 
																			dopo 
																			9 
																			anni 
																			di 
																			amministrazione 
																			ONU, 
																			resi 
																			indispensabili 
																			dopo 
																			la 
																			terribile 
																			guerra 
																			avanzata 
																			da 
																			Slobodan 
																			Milosevic, 
																			principale 
																			fautore 
																			della 
																			rinascita 
																			del 
																			nazionalismo 
																			serbo, 
																			agli 
																			albanesi 
																			del 
																			Kosovo 
																			nello 
																			stesso 
																			1999. 
																			La 
																			pretesa 
																			serba 
																			di 
																			vedersi 
																			riconoscere 
																			il 
																			Kosovo 
																			o di 
																			voler 
																			farlo 
																			considerare 
																			un 
																			‘protettorato’ 
																			di 
																			Belgrado 
																			rientra 
																			probabilmente 
																			nel 
																			mai 
																			sopito 
																			progetto 
																			politico 
																			di 
																			stampo 
																			nazionalista 
																			di 
																			“Grande 
																			Serbia” 
																			o “panserbismo”, 
																			sviluppatosi 
																			tra 
																			il 
																			19° 
																			e 
																			20° 
																			secolo 
																			e 
																			incentrato 
																			sull’obiettivo 
																			di 
																			unificare 
																			gli 
																			stati 
																			meridionali 
																			dei 
																			Balcani 
																			sotto 
																			un’unica 
																			grande 
																			nazione 
																			serba.
																			
																			
																			
																			 
																			
																			
																			
																			Progetto 
																			realizzato 
																			con 
																			la 
																			nascita, 
																			nel 
																			1929, 
																			del 
																			Regno 
																			di 
																			Jugoslavia 
																			(tanto 
																			che 
																			il 
																			termine 
																			“panserbismo” 
																			venne 
																			inglobato 
																			o 
																			sostituito 
																			dal 
																			termine 
																			“jugoslavismo”), 
																			ma 
																			voluto 
																			fortemente 
																			soprattutto 
																			da 
																			Josiph 
																			Tito.
																			 
																			
																			
																			
																			Questa 
																			doverosa 
																			digressione 
																			ci 
																			riporta 
																			a 
																			quel 
																			14 
																			ottobre 
																			2014. 
																			Prima 
																			di 
																			arrivare 
																			al 
																			minuto 
																			’41 
																			vi 
																			sono 
																			altri 
																			elementi 
																			che 
																			fanno 
																			capire 
																			come 
																			quella 
																			sia, 
																			soprattutto 
																			per 
																			i 
																			serbi, 
																			una 
																			serata 
																			importante. 
																			Con 
																			i 
																			giocatori 
																			ancora 
																			negli 
																			spogliatoi, 
																			dalle 
																			tribune 
																			iniziano 
																			a 
																			sentirsi 
																			cori 
																			quali 
																			“Kosovo 
																			è 
																			Serbia” 
																			e 
																			“uccidi 
																			gli 
																			albanesi 
																			e si 
																			vedono 
																			striscioni 
																			rappresentanti 
																			tale 
																			Vojislav 
																			Seselj, 
																			presidente 
																			del 
																			Partito 
																			Radicale 
																			Serbo 
																			(già 
																			sotto 
																			processo 
																			all’Aja 
																			con 
																			l’accusa 
																			di 
																			omicidio, 
																			atti 
																			inumani, 
																			persecuzioni 
																			per 
																			motivi 
																			politici, 
																			razziali 
																			e 
																			religiosi, 
																			sterminio 
																			e 
																			attacchi 
																			contro 
																			civili 
																			nei 
																			territori 
																			di 
																			Croazia 
																			e 
																			Bosnia-Erzegovina), 
																			profeta 
																			in 
																			patria 
																			grazie 
																			alla 
																			dichiarazione 
																			“Il 
																			concetto 
																			della 
																			Grande 
																			Serbia 
																			è lo 
																			scopo 
																			dell’esistenza 
																			del 
																			Partito 
																			Radicale 
																			Serbo”.
																			
																			
																			
																			 
																			
																			
																			
																			Altro 
																			elemento: 
																			sopra 
																			la 
																			tribuna 
																			centrale, 
																			ove 
																			a 
																			ogni 
																			partita 
																			e in 
																			ogni 
																			stadio 
																			vengono 
																			esposte 
																			le 
																			bandiere 
																			delle 
																			squadre 
																			che 
																			andranno 
																			ad 
																			affrontarsi, 
																			il 
																			vessillo 
																			albanese 
																			viene 
																			rapidamente 
																			coperto.
																			
																			
																			
																			 
																			
																			
																			
																			Con 
																			le 
																			squadre 
																			finalmente(?) 
																			in 
																			campo, 
																			nei 
																			primi 
																			17 
																			minuti 
																			esplodono 
																			due 
																			petardi, 
																			mentre 
																			al 
																			minuto 
																			’36 
																			un 
																			giocatore 
																			albanese 
																			non 
																			riesce 
																			neppure 
																			a 
																			battere 
																			un 
																			calcio 
																			d’angolo, 
																			addosso 
																			gli 
																			piove 
																			di 
																			tutto, 
																			e 
																			dagli 
																			spalti 
																			si 
																			ode 
																			con 
																			insistenza 
																			“uccidi 
																			gli 
																			albanesi, 
																			non 
																			deve 
																			rimanerne 
																			uno”.
																			
																			
																			
																			 
																			
																			
																			
																			Arriva 
																			il 
																			famigerato 
																			minuto 
																			‘41: 
																			c’è 
																			un 
																			primo 
																			tentativo 
																			di 
																			invadere 
																			il 
																			campo 
																			da 
																			parte 
																			dei 
																			‘tifosi’ 
																			serbi, 
																			poi 
																			un 
																			petardo 
																			esplode 
																			vicino 
																			alla 
																			panchina 
																			albanese, 
																			quindi 
																			un 
																			drone 
																			passa 
																			sopra 
																			il 
																			campo 
																			di 
																			gioco, 
																			trasportando 
																			una 
																			bandiera 
																			a 
																			sfondo 
																			nero 
																			con 
																			due 
																			scritte 
																			e 
																			due 
																			figure; 
																			un 
																			calciatore 
																			serbo 
																			la 
																			prende 
																			e la 
																			scioglie 
																			dal 
																			drone 
																			suscitando 
																			da 
																			un 
																			lato 
																			gli 
																			applausi 
																			e i 
																			cori 
																			di 
																			approvazione 
																			da 
																			parte 
																			del 
																			pubblico, 
																			dall’altro 
																			una 
																			dura 
																			reazione 
																			dei 
																			giocatori 
																			albanesi 
																			che 
																			si 
																			avvicinano 
																			a 
																			lui.
																			
																			
																			
																			 
																			
																			
																			
																			Scoppia 
																			una 
																			rissa 
																			che 
																			in 
																			pochi 
																			attimi 
																			coinvolge 
																			i 22 
																			in 
																			campo, 
																			le 
																			panchine 
																			e 
																			diverse 
																			decine 
																			di 
																			tifosi 
																			riversatisi 
																			in 
																			campo 
																			per 
																			picchiare 
																			gli 
																			albanesi 
																			(tra 
																			essi 
																			c’è 
																			anche 
																			Ivan 
																			Bogdanov, 
																			ricordate?
																			
																			
																			
																			 
																			
																			
																			
																			Mise 
																			a 
																			ferro 
																			e 
																			fuoco 
																			lo 
																			stadio 
																			Luigi 
																			Ferraris 
																			di 
																			Genova 
																			il 
																			12 
																			ottobre 
																			2010, 
																			durante 
																			la 
																			partita 
																			tra 
																			Italia 
																			e 
																			Serbia 
																			valida 
																			per 
																			le 
																			qualificazioni 
																			al 
																			campionato 
																			europeo 
																			di 
																			Polonia 
																			e 
																			Ucraina 
																			del 
																			2012; 
																			nel 
																			2008 
																			è 
																			stato 
																			uno 
																			dei 
																			protagonisti 
																			dell’assalto 
																			all’ambasciata 
																			americana 
																			a 
																			Belgrado 
																			per 
																			opporsi 
																			all’indipendenza 
																			del 
																			Kosovo).
																			
																			
																			
																			 
																			
																			
																			
																			I 
																			calciatori 
																			albanesi 
																			storditi 
																			si 
																			avviano 
																			rapidamente 
																			verso 
																			gli 
																			spogliatoi, 
																			sì 
																			perché 
																			l’arbitro 
																			Martin 
																			Atkinson 
																			ha 
																			interrotto 
																			la 
																			partita, 
																			forse 
																			un 
																			po’ 
																			poco 
																			tempestivamente 
																			per 
																			essere 
																			un 
																			gentiluomo 
																			inglese 
																			abituato, 
																			come 
																			i 
																			suoi 
																			connazionali, 
																			a 
																			rigore 
																			e 
																			rispetto.
																			
																			
																			
																			 
																			
																			
																			
																			L’incubo 
																			per 
																			i 
																			calciatori 
																			albanesi 
																			finisce 
																			lì, 
																			la 
																			partita 
																			non 
																			riprenderà 
																			più. 
																			Qualche 
																			giorno 
																			dopo 
																			la 
																			UEFA 
																			stabilisce 
																			le 
																			sanzioni: 
																			3 
																			punti 
																			di 
																			penalizzazione 
																			e 2 
																			gare 
																			a 
																			porte 
																			chiuse 
																			per 
																			la 
																			Serbia, 
																			3-0 
																			a 
																			tavolino 
																			all’Albania 
																			per 
																			abbandono 
																			di 
																			partita. 
																			Ma 
																			come?
																			
																			
																			
																			 
																			
																			
																			
																			Devono 
																			aver 
																			pensato 
																			in 
																			quel 
																			di 
																			Tirana. 
																			Per 
																			solidarietà 
																			contro 
																			una 
																			probabile 
																			ingiustizia 
																			sportiva 
																			e 
																			non 
																			solo, 
																			da 
																			Pristina, 
																			il 
																			giorno 
																			dopo 
																			la 
																			sentenza, 
																			fanno 
																			sapere 
																			che 
																			“si 
																			tratta 
																			di 
																			una 
																			decisione 
																			scandalosa 
																			e 
																			politica”.
																			
																			
																			
																			 
																			
																			
																			
																			Politica, 
																			quello 
																			in 
																			cui 
																			il 
																			calcio 
																			si è 
																			trasformato 
																			quella 
																			sera; 
																			una 
																			cosa 
																			che 
																			non 
																			dovrebbe 
																			accadere 
																			a 
																			uno 
																			sport 
																			che 
																			è 
																			senza 
																			dubbio 
																			il 
																			‘linguaggio’ 
																			più 
																			universale 
																			del 
																			mondo, 
																			ancor 
																			più 
																			della 
																			lingua 
																			inglese 
																			dell’arbitro 
																			Atkinson, 
																			e a 
																			delle 
																			persone 
																			che 
																			vivono 
																			da 
																			anni 
																			momenti 
																			difficili 
																			scanditi 
																			da 
																			guerre 
																			e 
																			povertà.
																			
																			
																			
																			 
																			
																			
																			
																			Eppure 
																			l’intento 
																			del 
																			drone 
																			era 
																			proprio 
																			scatenare 
																			quel 
																			caos, 
																			aggiungere 
																			una 
																			nuova 
																			pagina 
																			all’interminabile 
																			capitolo 
																			di 
																			una 
																			rivalità, 
																			quella 
																			tra 
																			Serbia 
																			e 
																			Albania, 
																			che 
																			non 
																			accenna 
																			a 
																			diminuire, 
																			e 
																			che 
																			coinvolge 
																			anche, 
																			come 
																			terza 
																			parte, 
																			il 
																			Kosovo, 
																			indipendente 
																			da 
																			soli 
																			6 
																			anni, 
																			ma 
																			costantemente 
																			impegnato 
																			a 
																			difendere 
																			i 
																			propri 
																			diritti 
																			e i 
																			propri 
																			confini 
																			come 
																			fosse 
																			una 
																			potenza 
																			consolidata.
																			
																			
																			
																			 
																			
																			
																			
																			La 
																			cosa 
																			terribile 
																			è 
																			che 
																			queste 
																			schermaglie 
																			proseguono, 
																			proprio 
																			per 
																			volontà 
																			dei 
																			diretti 
																			interessati, 
																			se è 
																			vero 
																			che 
																			il 
																			difensore 
																			albanese 
																			Lorik 
																			Cana, 
																			già 
																			della 
																			Lazio, 
																			dice: 
																			“quella 
																			della 
																			Grande 
																			Albania 
																			è la 
																			bandiera 
																			più 
																			bella 
																			del 
																			mondo”.
																			 
																			
																			
																			
																			Ma 
																			cosa 
																			rappresenta 
																			e 
																			come 
																			è 
																			fatta 
																			questa 
																			bandiera?
																			
																			
																			
																			 
																			
																			
																			
																			Volti 
																			e 
																			date 
																			che 
																			ci 
																			sono 
																			familiari, 
																			dopo 
																			aver 
																			letto 
																			la 
																			premessa 
																			storica 
																			dell’Albania. 
																			La 
																			data 
																			in 
																			alto 
																			al 
																			centro 
																			è il 
																			28 
																			novembre 
																			1912, 
																			anno 
																			dell’indipendenza 
																			albanese 
																			dall’Impero 
																			Ottomano; 
																			la 
																			figura 
																			rossa 
																			al 
																			centro 
																			rappresenta 
																			la 
																			“Grande 
																			Albania”, 
																			comprendente, 
																			oltre 
																			all’odierna 
																			Albania, 
																			anche 
																			diversi 
																			territori 
																			di 
																			Serbia, 
																			Kosovo, 
																			Montenegro, 
																			Grecia 
																			e 
																			Macedonia; 
																			il 
																			volto 
																			a 
																			sinistra 
																			è 
																			quello 
																			di 
																			Ismail 
																			Qemali, 
																			primo 
																			ministro 
																			del 
																			governo 
																			provvisorio 
																			albanese 
																			post-indipendenza, 
																			mentre 
																			quello 
																			a 
																			destra 
																			è 
																			Isa 
																			Boletini, 
																			membro 
																			della 
																			Lega 
																			di 
																			Prizren 
																			e 
																			protagonista 
																			della 
																			fallita 
																			rivolta 
																			albanese 
																			del 
																			1910; 
																			la 
																			scritta 
																			sotto 
																			si 
																			riferisce 
																			invece 
																			al 
																			Kosovo, 
																			inneggiando 
																			al 
																			carattere 
																			autoctono 
																			dei 
																			suoi 
																			cittadini, 
																			ovvero 
																			al 
																			carattere 
																			‘originario’ 
																			del 
																			luogo 
																			in 
																			cui 
																			vivono, 
																			tuttora 
																			non 
																			riconosciuto 
																			come 
																			indipendente 
																			dalla 
																			Serbia, 
																			che 
																			lo 
																			ritiene 
																			ancora 
																			parte 
																			del 
																			suo 
																			territorio.
																			 
																			
																			
																			
																			6 
																			repubbliche, 
																			5 
																			nazioni, 
																			4 
																			lingue, 
																			3 
																			religioni, 
																			2 
																			alfabeti, 
																			1 
																			Tito. 
																			La 
																			famosa 
																			filastrocca 
																			sull’ex-Jugoslavia 
																			è, 
																			ora 
																			che 
																			manca 
																			il 
																			Colonnello, 
																			più 
																			reale 
																			che 
																			mai: 
																			i 
																			Balcani 
																			continuano 
																			a 
																			mostrarsi 
																			ai 
																			nostri 
																			occhi 
																			come 
																			una 
																			pericolosa 
																			polveriera.
																							
																			
																			
																			
																			
																							
																			 
																			
																			