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N. 33 - Settembre 2010 (LXIV)

Donne e castelli...

... delitti e congiure
di Salvina Pizzuoli

 

Nel morbido paesaggio toscano, tra cipressi e macchie, occhieggiano turrite fortezze; nella distanza siamo soggetti al fascino delle loro fogge pittoresche, ma più da vicino siamo presi dai segreti e dai misteri che le antiche e poderose mura sembrano custodire.

 

Trebbio di San Piero a Sieve villa a guisa di fortilizio che da il suo nome ad una vasta tenuta nel popolo di Spugnole, piviere di S. Giovanni a Petrojo […] è posta nel poggio omonimo a ponente della strada postale Bolognese, allato ad un oratorio che fu della famiglia sovrana de’ Medici, attualmente dei PP Filippini di Firenze, lasciata loro nel 1648 con l’annessa tenuta da Giuliano Serragli.

 

Con queste parole lo studioso ottocentesco Emanuele Repetti annovera nel Dizionario geografico fisico storico della Toscana ( 1833-1846) uno dei manieri mugellani di proprietà dei Medici, a pochi passi da quello più famoso di Cafaggiolo posto nel piviere e popolo di San Giovanni in Petrojo.

 

Arrivare a Trebbio oggi è un po’ come fare un viaggio a ritroso nel tempo: vuol dire percorrere una bianca strada sterrata tra oliveti, vigne e boschi di querce; la salita nulla lascia immaginare prima di esserci completamente, ma per godere di una visuale più ampia occorre andare un po’ più in alto. Suggestivo nella sua posizione collinare, domina la valle e svetta turrito e merlato tra cipressi e boschetti, circondato dalle case del contado.

 

Vasari nelle Vite attribuisce la costruzione della villa, nella prima metà del Quattrocento, all’opera dell’architetto di casa Medici Michelozzo di Bartolomeo; sebbene non esistano documenti comprovanti, l’attribuzione non è mai stata smentita. Un’antica torre era l’elemento preesistente attorno al quale Michelozzo realizzò l’intero fabbricato.

 

La villa-fortezza, delimitata da una bassa e merlata muraglia, ha una pianta trapezoidale. Sulla facciata poche e piccole finestre sono disposte in modo irregolare; spicca, tra i due corpi dell’edificio, la torre quadrangolare coronata da un ballatoio ad archetti; il motivo architettonico che ritroviamo poi attorno a tutta la costruzione conferisce, con la sua struttura aggettante, gradevolezza e leggerezza a tutta la struttura. Nel vasto piazzale di accesso, a sinistra, la cappella del 1364 e a destra le case contadine.

 

La sua storia lo lega alle diverse generazioni di una delle famiglie più ricche e potenti della toscana e del mondo di allora, i Medici: da Giovanni di Bicci a Cosimo il Vecchio fino a Giovanni dei Medici, detto delle Bande Nere che a sua volta lo ereditò dal padre; vi dimorò con la moglie Maria Salviati e con il piccolo Cosimo, il futuro Granduca di Firenze, dilettandosi nella caccia della selvaggina che abbondava nella boscaglia, quando la sua professione di condottiero gliene lasciava il tempo. Alla sua morte, per una ferita incancrenita nonostante l’amputazione della gamba, lasciò il castello in eredità alla moglie.

 

Rimasta vedova Maria dedicò tutte le sue cure all’educazione di Cosimo. E’ proprio al Trebbio che Cosimo, allora diciassettenne, e Maria riceveranno la Commissione dei Palleschi che offrirà al giovane le redini del governo di Firenze dopo l’assassinio del Duca Alessandro; era cresciuto anche lui al Trebbio insieme al cugino Lorenzino autore del delitto. Cosimo tenne sempre cara la villa del Trebbio e nel 1568 la donò a Don Pietro, il figlio minore, con i poderi, i granai, il bestiame e soprattutto i boschi di querce secolari che costituivano la ricchezza del Trebbio.

 

Gli fece dono anche di Cafagiuolo, l’altra villa-fortezza che confinava con i terreni del Trebbio, più tre fornaci e 895 staiora di bosco oltre ai poderi ed al bestiame. E’ proprio in questa villa-fortezza che si consumerà l’assassinio della ventiduenne Leonora di Toledo, cugina e moglie di Pietro. Della giovane si era invaghito lo stesso Cosimo che indusse poi il figlio a sposarla. Pietro fu un marito disattento e donnaiolo tanto che la giovane moglie trovò un confidente in Bernardino Antinori. Scoperta la tresca, Pietro pensa solo all’assassinio. Manda quindi Leonora al castello di Cafaggiolo, dove era più facile nascondere il delitto e la uccide in modo efferato.

 

Per il mondo la moglie era morta di fiero accidente, ma alla corte di Spagna fu scritto che Don Pietro l’aveva levata egli stesso di vita per tradimento che ella gli faceva con i suoi comportamenti indegni di gentildonna.

 

Non lontano dai due castelli menzionati un altro reca lo stesso nome di Trebbio, derivato forse dal trivio del ponte di Serravalle: seguendo la strada di mezzo si raggiunge il castello, sulla valle della Sieve, tra Molin del Piano e S. Brigida.

 

Tozzo e possente, presenta infatti una struttura fortificata tipica delle costruzioni del XIII secolo, era divenuto proprietà della famiglia dei Pazzi, acerrima rivale della famiglia dei Medici.

 

Nelle Istorie fiorentine Machiavelli ci descrive la potente famiglia dicendo che Erano i Pazzi in Firenze per ricchezze e nobiltà allora di tutte l’altre famiglie fiorentine splendidissimi e nemici accaniti dei Medici tanto che Cosimo il Vecchio fece sposare sua nipote Bianca con Guglielmo sperando che quel parentado facesse queste famiglie più unite, e levasse via le nimicizie e gli odi.

 

Nei libri di scuola il nome dei Pazzi si lega a quello della congiura del 1478 che li vide esecutori con Francesco ed altri congiurati dell’assassinio di Giuliano e di quello tentato e non riuscito di Lorenzo.

 

La tradizione del luogo vorrebbe che alla Torre a Decimo si fossero rifugiati i superstiti della famiglia Pazzi dopo aver trucidato in Santa Maria del Fiore Giuliano dei Medici ed avere attentato alla vita di Lorenzo […] e che nel castello del Trebbio si tramasse la congiura stessa […]

 

Nello Puccioni nella sua monografia sulla val di Sieve (1916) ci riporta con un certo scetticismo quanto le leggende locali tramandano circa i due castelli di cui furono proprietari i Pazzi: la Torre a Decimo, posta sulle pendici orientali del monte di Croce, e il Trebbio, un poco più lontano, situato sulla strada che porta a S.Brigida.

 

Ma oggi sotto le mura di questo severo castello che dominava la valle della Sieve, grazie alla leggenda, possiamo immaginare che la famiglia Pazzi tenesse d’occhio la dilagante potenza dei Medici, magnificata anche dalle loro possenti ed eleganti residenze.



 

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