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N. 87 - Marzo 2015 (CXVIII)

I dirigibili italiani della Regia Marina
Giganti nei cieli della grande guerra

di Leonardo Merlini

 

La Regia Marina si contraddistinse durante la Grande Guerra sia per l’eroismo, la caparbietà e la capacità operativa dei propri uomini, sia per le coraggiose scelte strategiche, operate in special modo dall’ammiraglio Paolo Thaon di Revel, che le consentirono di conquistare il Potere marittimo dell’Adriatico e di consegnare, di fatto, all’Italia la vittoria finale, vendicando definitivamente “l’onta di Lissa”.

 

La valutazione di orientare gli sforzi economici e la spinta industriale verso lo sviluppo e la produzione dei nuovi mezzi e sistemi d’arma dell’epoca - quali i sommergibili, l’aviazione, le mine, le torpedini, i M.A.S. e il naviglio leggero e sottile in genere – garantirono alla Marina la supremazia navale in un mare piccolo e strategicamente favorevole al nemico.

 

Tali scelte, impopolari all’epoca, furono ampiamente criticate sia in ambito militare, sia soprattutto in ambito civile e industriale. Paolo Thaon di Revel, capo di Stato Maggiore della Marina, fu così convinto delle proprie idee, che preferì interrompere la costruzione delle grandi navi da battaglia (le cosiddette dreadnought) e dirottare i finanziamenti proprio per l’implementazione dei nuovi sistemi d’arma più adatti ad una guerra navale di attesa, agguato e deterrenza in Adriatico.

 

Fra tutte le novità dell’epoca quella che più di tutti stimolò la fantasia e l’ingegno italiano per un impego di tipo militare, fu l’aviazione; e, fra tutti i nuovi tipi di velivoli quelli che ebbero fin dai primi anni del XX secolo un buon successo furono i dirigibili, chiamati anche aeronavi.

 

I primi progetti per l’utilizzo bellico dei dirigibili in Italia risalgono infatti proprio alla prima decade del 1900, quando la possibilità di sfruttare le capacità di carico delle aeronavi attirò l’attenzione dei vertici militari italiani, dando avvio alle prime esperienze nel 1908.

Il primo dirigibile italiano, l’N.1, si alzò in volo la prima volta il 3 ottobre di quell’anno dall’aerodromo di Vigna di Valle, sul lago di Bracciano. Si trattava di un tipo di dirigibile semirigido, lungo 63 metri e con una cubatura di 2.500 m3, spinto da un motore “Clément–Bayard” da 120 CV che gli permise di raggiungere i 45 Km/h.

 

Nel 1910 i risultati positivi indussero il Ministero della Guerra a creare una scuola militare per piloti di dirigibili ed a realizzare tre basi per dirigibili militari a Vigna di Valle (Roma), a Campalto (Mestre) e a Bosco Mantico (Verona), con personale di volo della Marina e dell’Esercito.

 

In breve tempo fu costituita una piccola flotta di aeronavi, classificate secondo la grandezza in tre categorie: “P” (piccoli), con cubatura fino a 4000 m3; “M” (medi), fino a 10.000 m3; e “G” (grandi), oltre i 10.000 m3.

 

L’esordio dei dirigibili, con compiti di bombardamento, avvenne durante la guerra italo-turca (1911-1912), nel corso della quale le aeronavi italiane compirono decine di azioni offensive.

 

L’ottima prova dei dirigibili in Libia convinse la Marina a dotarsi di una propria flotta, per la ricognizione ed il bombardamento.

 

Nell’agosto del 1913 fu consegnato alla Regia Marina il primo dirigibile navale, l’M2, poi battezzato Città di Ferrara. Successivamente, con decreto ministeriale 7 gennaio 1914, fu istituito un Reparto Aeronautica autonomo della Marina, comandato dal capitano di fregata Giulio Scelsi, veterano della guerra italo-turca.

 

Allo scoppio della Grande Guerra, la Marina utilizzò la sua flotta di dirigibili sia per il bombardamento delle basi della Marina Austro-Ungarica, sia per la ricognizione e il controllo dell’Adriatico.

 

Le incursioni partivano prevalentemente dagli Aeroscali di Ferrara, Jesi e Campalto. Subito dopo l’inizio delle ostilità, il 30 maggio 1915, il P4 decollò da Campalto per bombardare Pola, agli ordini di Giuseppe Valle. L’azione fu un successo, nonostante la violenta reazione dell’antiaerea austriaca che riuscì a forare l’involucro del dirigibile senza, però, riuscire ad abbatterlo.

 

Nel corso della guerra, l’affidabilità del mezzo, oltre alla sua capacità di carico, spinsero le forze armate a sviluppare questo tipo di sistema d’arma, seppure non mancarono alcune dolorose perdite dovute sia alla cattiva gestione del mezzo con condimeteo estreme, che a causa di azioni nemiche.

 

Durante la Grande Guerra la Marina, entrata in guerra con due dirigibili, mise in linea ben 47 aeronavi, effettuando 1.315 missioni di esplorazione, vigilanza, scorta e numerose azioni di bombardamento; sei furono le unità perse in combattimento. Le peculiarità di questo velivolo, quali la lunga autonomia, l’eccellente visibilità, il versatile e mutevole armamento, si riveleranno preziosissime soprattutto nella poco appariscente, ma vitale opera di difesa del traffico mercantile e di controllo marittimo dell’Adriatico.

 

Un particolare tipo di impiego dei dirigibili, inoltre, fu quello a supporto del dispositivo aeronavale di sbarramento del canale d’Otranto, contro il forzamento da parte di sommergibili nemici. A tal proposito vennero proprio organizzati, durante il conflitto, dei veri e propri test per verificare l’efficacia di avvistamento di eventuali corpi sommersi alle varie quote.

 

L’impiego dei dirigibili, ancor oggi poco conosciuto, contribuì notevolmente alla conquista della vittoria finale garantendo il conseguimento di importantissimi obiettivi strategici quali la protezione delle linee di comunicazione, di trasporto marittimo e di rifornimento nazionali.

 

A tal proposito, in questi giorni, fino al 3 maggio 2015, la Marina Militare sta promuovendo a Roma, presso il Sacrario delle Bandiere al Vittoriano, la mostra fotografica tratta dall’archivio di Arrigo L. Osti – ufficiale della Regia Marina assegnato a un gruppo di dirigibili e decorato durante la grande guerra con due medaglie di bronzo al valor militare – dal titolo Dirigibili della Regia Marina. Imprese di guerra e di pace.

 

Infine, per approfondire l’argomento aviazione di Marina in generale e dirigibili in particolare, si consiglia la lettura del Bollettino d’Archivio dell’Ufficio Storico della Marina Militare, periodico trimestrale della Marina Militare, in particolare, nei numeri di marzo e giugno 2005 è pubblicato, in due parti, il saggio di Giuliano Colliva L’aviazione marittima italiana (1913-1923); mentre, nei numeri di settembre e dicembre 2009 è pubblicato, sempre in due parti, il saggio di Mario Donnini L’aviazione marittima alla vigilia della guerra 1915-1918.



 

 

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