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N. 56 - Agosto 2012 (LXXXVII)

SE L’Iran guarda ALl’America Latina

appoggi diplomatici e commercialI
di Federico Donelli

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A metà giugno, cogliendo al volo gli impegni ufficiali al summit di Rio de Janeiro (R+20) sullo sviluppo sostenibile, il Presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad ne ha approfittato per allungare di qualche giorno la propria permanenza in America Latina prendendo parte a un vero e proprio tour attraverso Paesi quelli che ormai da anni sono considerati a tutti gli effetti preziosi “amici” della Repubblica Islamica.

 

Il viaggio è servito, una volta di più, per dimostrare al mondo che l’Iran, nonostante il boicottaggio Occidentale e i molti timori espressi da Israele, non sia rimasto sole e continui invece ad incrementare le proprie relazioni.

 

Ahmadinejad è giunto a Rio de Janeiro il 19 giugno dopo ad appena cinque mesi di distanza dalla sua ultima visita nel continente sudamericano; a gennaio era stato protagonista di una lunga visita che aveva toccato diversi Paesi (Venezuela, Ecuador, Nicaragua e Cuba), Stati questi membri dell’Alternativa Bolivariana per i Popoli della Nostra America (ALBA), tutti osteggiati da Washington.

 

Proprio dagli Stati Uniti i molti viaggi di Ahmadinejad sono guardati con diffidenza e sospetto nel timore che possa trovare nuovi partner in grado non solo di favorire l’Iran nell’aggiramento delle sanzioni commerciali, ma anche di sostenere in termini concreti il programma nucleare di Teheran.

 

La stessa percezione di Washington sull’influenza iraniana nella regione è mutata negli ultimi dodici mesi. Soprattutto da ottobre quando accusò agenti iraniani di ricercare appoggi dai cartelli della droga messicana per organizzare l’attentato, poi sventato, all’ambasciatore saudita.

 

Quella di giugno è stata la sesta visita ufficiale del presidente iraniano in America Latina, segno dei legami sempre più stretti che si sono instaurati tra l’Iran e molti Stati sudamericani in termini di affari economici ma anche politici; sono, infatti, tutti Stati che condividono con l’Iran la visione di lotta all’imperialismo statunitense.

 

Per L’Iran queste relazioni però hanno una valenza strategia ancora più importante data dalla necessità di aggirare le sanzioni economico commerciali a cui si trova sottoposto da parte delle potenze occidentali, evitando così un pericoloso isolamento.

 

L’Iran è costantemente alla ricerca di modi per riuscire ad aggirare le sanzioni occidentali e per i vari blocchi e ostacoli posti dalle stesse; per questo le aziende, ma anche la Banca centrale Iraniana, utilizzano Paesi distanti, come la Bolivia, per creare società di comodo e entità bancarie in grado di sfuggire ai rigidi controlli posti dagli Stati Uniti, promuovendo così indisturbatamente i propri interessi finanziari e commerciali internazionali aggirando le sanzioni.

 

Non è un mistero che le potenze occidentali ed in particolare proprio gli Stati Uniti puntino molto sulla possibilità di un crollo del sistema finanziario iraniano (per l’80% di proprietà statale) che, stime di gennaio 2012, avrebbe circa 48 miliardi di dollari di prestiti non onorati.

 

Il recente viaggio di Ahmadinejad è iniziato con una breve visita in Bolivia dove ha incontrato il Presidente boliviano Evo Morales con cui da diverse tempo vige un rapporto di reciproca ammirazione; è stata la terza visita dal 2007 anno in cui i due Paesi hanno siglato un più stretto legame diplomatico volto a promuovere anche una maggiore cooperazione economica.

 

Solamente nel 2009 sono state aperte sedi diplomatiche in entrambi i Paesi, scelta che ha anticipato di qualche mese quella ben più importante dal punto di vista economico; nell’ottobre del 2010, infatti, Bolivia ed Iran hanno firmato un documento di cooperazione da oltre 1 miliardo di dollari nei diversi settori dell’agricoltura, degli idrocarburi e scambio di know how nel campo petrolchimico e sanitario.

 

Il presidente Morales, che almeno dal 2006 è stato uno dei principali artefici della costruzioni e successivo consolidamento dell’intreccio di stretti legami che collegano la Bolivia, l’Iran, il Venezuela e Cuba.

 

La Bolivia ha storicamente avuto un rapporto difficile con gli Stati Uniti il cui culmine è stato toccato nel 2008 con una crisi diplomatica tra i due Paesi conclusasi con l’espulsione dell’ambasciatore statunitense, accusato di fomentare le proteste contro il governo Morales.

 

Solamente di recente sono stati avviati timidi tentativi per una riconciliazione, tuttavia i rapporti permangono di reciproca diffidenza, situazione che aumenta gli interessi di quei Paesi che con gli Stati Uniti hanno relazioni difficili come l’Iran appunto ma anche la Russia e che hanno approfittato in questi anni della situazione per aumentare i propri interessi in Bolivia.

 

Al centro della discussione durante l’ultimo incontro tra Ahmadinejad e Morales pare esserci stato il tema della lotta alla droga con la firma di un memorandum di intesa in cui i due governi hanno stabilito una collaborazione e l’addestramento congiunto tra militari iraniani e ufficiali dell’antidroga.

 

La particolarità dell’accordo è data dal fatto che sia il primo firmato dall’Iran con la Bolivia con una valenza militare che, seppur mitigata, può rappresentare un utile precedente per la Repubblica islamica costantemente in cerca di nuove alleanze non solo dal punto di vista economico commerciale.

 

A seguito del summit di Rio de Janeiro è stata invece la volta del Venezuela con cui l’Iran coltiva ormai da molti anni una sorta di special relationship, che ha portato per ben nove volte il presidente venezuelano Hugo Chavez in visita a Teheran. L’alleanza tra i due Stati è sorta quasi spontaneamente e si fonda sul comune odio verso gli Stati Uniti cresciuto, da parte venezuelana, nel 2002 quando il presidente Chavez accusò la CIA di aver orchestrato un tentativo di colpo di stato in Venezuela con l’obiettivo di deporlo.

 

Tutti gli incontri ufficiali e non ufficiali tra i due leader o tra delegazioni rappresentanti i due Stati sono accompagnati da una campagna dei media americani e di molti anche latino americani, in cui si accusa il Venezuela di collaborare al programma nucleare iraniano. In particolare alcuni “discussi” e non del tutto attendibili rapporti riportano di una vendita d’uranio effettuata dal Venezuela all’Iran oltre ad una costante fornitura di munizioni a diversi gruppi di miliziani Hezbollah.

 

Proprio in virtù del legame che vi è tra i due Paesi, il Venezuela sta da tempo svolgendo un ruolo non irrilevante nella questione siriana; in particolare non sono passati inosservati gli acquisti da parte del Venezuela di ingenti quantitativi di nafta dalla Siria, un modo questo per cercare di sostenere economicamente il regime siriano provato dalle sanzioni.

 

Sono già quattro le petroliere di proprietà venezuelano che negli ultimi due mesi sono partite cariche di nafta dal porto siriano di Banias ed altrettante sarebbero in questo momento in viaggio.

 

Le notizie, confermate da più parti, compresi i media siriani, hanno suscitato l’ira di Washington che già in passato aveva dovuto assimilare negativamente la notizia che Caracas stesse lavorando, insieme ad altri Paesi membri dell’ALBA, per aggirare le sanzioni imposte nei confronti dell’Iran. In particolare il Venezuela ha venduto beni raffinati all’Iran che manca ancora di una sufficiente e autonoma capacità di raffinazione.

 

Tuttavia, nonostante i solidi e crescenti legami tra l’Iran e diversi Stati della regione sudamericana, sarebbe inopportuno e inverosimile considerare l’influenza iraniana in grado di scalfire anche solo minimamente quella degli Stati Uniti.

 

Infatti, Paesi come Bolivia e Venezuela hanno sì dei rapporti politicamente complicati con Washington, ma, dal punto di vista prettamente commerciale, gli Stati Uniti continuano a rappresentare il primo partner nelle esportazioni che rappresentano l’asse portante delle loro economie.

 

Detto ciò è fuori dubbio che le relazioni iraniane in America Latina consentano a Teheran di sentirsi ed essere effettivamente meno isolato sul piano internazionale, aprendo anche alla possibilità di ottenere possibili appoggi diplomatici nelle negoziazioni con Washington.



 

 

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