.

home

 

progetto

 

redazione

 

contatti

 

quaderni

 

gbeditoria


.

[ISSN 1974-028X]


RUBRICHE


attualità

.

ambiente

.

arte

.

filosofia & religione

.

storia & sport

.

turismo storico



 

PERIODI


contemporanea

.

moderna

.

medievale

.

antica



 

EXTEMPORANEA


cinema

.

documenti

.

multimedia



 

ARCHIVIO


 

 

 

 

.

Arte


N. 83 - Novembre 2014 (CXIV)

CECILIA O LA DAMA CON L’ERMELLINO
ABBIGLIAMENTO E ICONOGRAFIA, NUOVE SCOPERTE - PARTE III

di Elisabetta Gnignera

 

A differenza di quanto scritto nel contributo "The Lady with the Ermine" revisited di Maria Rzepinska (Rzepinska, 1993, p.196), non ci aiuta purtroppo a mio avviso a dipanare l’enigma Bernardo Bellincioni, il quale compose almeno tre sonetti dedicati alla nascita di Cesare Sforza Visconti oltre a quello, celeberrimo, dedicato al ritratto di Cecilia Gallerani. Infatti, stando a quanto scritto nella Prefazione alle Rime del Bellincioni raccolte, ordinate e messa a stampa nel 1493 dal “prete Francesco Tanci” per volere del Duca Ludovico, l’ordine progressivo, postumo, secondo cui le composizioni poetiche furono pubblicate, fu stabilito proprio dal Tanci.

 

La raccolta fu approntata infatti su richiesta di Ludovico il Moro tramite una ambasciata fatta al Tanci da certo Gualtiero, presumibilmente “Corbetta Gualtiero Milanese” grecista e oratore (secondo quanto comunicato da Cesare Cantù a Pietro Fanfani in Bellincioni, 1876, I, p. 6 nota 1) dopo la morte del Bellincioni e stampata nel 1493 a Milano (da Filipo di Mantegazi) con il titolo di: Bellincioni Bernardo, Sonetti, canzoni, capitoli, sestine ed altre rime. Il testo in oggetto in 4°, con figura intagliata in legno viene descritto e registrato come «rarissimo» nell’Indice delle edizioni citate come testi di lingua dagli Accademici della Crusca nelle cinque compilazioni del loro vocabolario, per cura dell’Abate Luigi Razzolini (Razzolini, 1863, p.29 s.v. Bellincioni Bernardo).

 

Citiamo a seguire la prefazione del Tanci inclusa nella edizione della raccolta curata da Pietro Fanfani per Romagnoli nel 1876: «Essendo morto il predicto Belinzone senza avere misso per ordine alcuna delle sue rime, con grandissima instantia mi impose elio [? Ludovico] io insieme le riducesse, sì per non lassar perdere le fatiche di tanto omo, sì per utile comune, sì massimamente per piacere alla escellentia tua. Veramente da hom di magior giudicio che da me era questa impresa: pure, per che più presto poría fare ogn’altra cosa che dire di non al prelibato tuo et mio Gualtiero et massimamente nelle cose che procedano de la mente di tua illustrissima signoria, et che hanno a piacere a quella, non ho recusato questa provincia anzi presuntione; ma per che già sono molti anni che converso di continuo con il prefato nostro poeta Belinzone, più facilmente ho possuto cognoscere la intentione sua. Et ben che questa cosa mi sia stata asai difficile et laboriosa, per aver trovato, como ho predicto, queste rime molto confuse, senza ordine et senza tituli, o vero argumenti; et in tante diverse carte quanti erano li sonetti; non di meno, con quel megliore ordine ch’io ho saputo le ho reducte in questo volume, dove tu troverai gran copia di Sonetti arguti, faceti, et delectevoli de molti et varii suggetti in ogni qualitate; et similmente Capituli, Canzoni, Sestine, Elegie funebre, Egloghe, Canzonette, Frotule, Comedie o vero Ripresentatione, facte davante a tua illustrissima Signoria» (Bellincioni, 1876, I, pp. 6-8).

 

Secondo la numerazione progressiva dei sonetti data dal Tanci, il sonetto per la nascita di Cesare, precederebbe, sia il componimento contenente l’allusione emblematica al Moro come “Italico ermellino”, sia il componimento sopra la descrizione del ritratto di Cecilia Gallerani...

 

In base a ciò saremmo tentati di datare a dopo la nascita di Cesare Sforza Visconti [ celebrata dal poeta in almeno tre componimenti che includiamo ad epilogo del presente contributo ], tout court, il ritratto ma purtroppo la numerazione progressiva dei sonetti, non può essere considerata probante in quanto la stessa numerazione è stata, per sua stessa ammissione, elaborata appunto dal Tanci, il quale dichiara però, nella Prefazione citata supra, di essere a conoscenza degli intenti del Bellincioni, essendo stato a stretto contatto con il poeta a lungo e «di continuo»...

 

Conclusioni

 

Tenendo in debito conto gli elementi di costume presenti nella versione definitiva dell’opera – databili più plausibilmente intorno al 1490/91, quando cioè le fogge alla spagnuola introdotte nel 1489 da Isabella d’ Aragona avevano attecchito ed anzi, con l’ingresso di Beatrice d’este a Milano nel 1491, erano diventate una prerogativa della corte sforzesca– così come le scoperte di Pascal Cotte, relative a dettagli di costume preesistenti e a rifacimenti rilevati nel dipinto (Cotte, 2014,pp.171-182, 201-217), uno dei dati più importanti, scaturiti dalle analisi multispettrali di Cotte, fonte e causa dei presenti approfondimenti, è forse la scoperta che nella iniziale iconografia della Dama con l’ermellino fosse stato dapprima assente e poi inserito successivamente, un esemplare della famiglia dei mustelidi, forse una donnola (?) poi sostituita dall’ermellino e/o da un animale simbolico, se si considera il peculiare assemblaggio di parti anatomiche e proporzioni: del resto, frequente, specialmente in opere legate al matrimonio e alla nascita, quali cassoni nuziali e deschi da parto, appare l’uso di animali allegorici con funzione propiziatoria e talismanica.

 

 

Figura 7

.

MASACCIO (? ANDREA DI GIUSTO), Putto con animale allegorico. Verso di desco da parto, 1426 ca. Tempera su tavola. Berlino, Staatliche Museen, Gemäldegalerie. L’animale, associato forse alla nascita, in quanto sul recto del desco da parto è appunto raffigurata una scena di natività, è scarsamente decifrabile : alcuni studiosi lo assimilano ad un cane, altri ad un esemplare della famiglia dei mustelidi ( furetti, donnole ed ermellini), tradizionalmente associati alla nascita.

 

Tale evenienza confermerebbe, a mio avviso, le notevoli tangenze con il mito greco della Nascita di Ercole, nesso ampiamente dibattuto, per questo dipinto, da Krystyna Moczulska (Moczulska, 2009: vedere mia nota finale) e Jacqueline Marie Musacchio (Musacchio,2001, pp.180-181): quest’ultima, sulla scia di Moczulska, in relazione alla ricorrente raffigurazione di mustelidi in dipinti del Rinascimento italiano. Nel caso de La dama con l’ermellino, però, estremamente interessante, parrebbe l’uso quasi ‘criptico’ del mito, scelto forse da Leonardo, per coloro che conoscevano dall’interno, le vicende che si stavano svolgendo in quel momento presso la corte sforzesca...

 

Il rimando in filigrana a tale eroe mitologico riecheggiato nei sonetti del poeta Bellincioni, così come l’emblema politico del bianco ermellino usato sia dal Bellincioni in uno dei suoi sonetti, sia da Leonardo per alludere alla persona di Ludovico Sforza, nella cosiddetta allegoria politica de: “l’ermellino col fango. Galeazzo tra tempo tranquillo e fuggita di fortuna inclusa nel al folio 98 recto del manoscritto H databile agli anni 1493-1494, porterebbero plausibilmente a collocare il rifacimento e compimento del ritratto nei mesi compresi tra l’avvenuta nascita di Cesare Sforza Visconti Sforza (3 maggio 1491) ed il 1493, ovvero nei mesi successivi alla nascita di Ercole Massimiliano Sforza (25 gennaio 1493).

 

Tra i due riferimenti temporali, proposti, troviamo però il terminus ad quem costituito dalla data di morte del poeta di corte Bernardo Bellincioni avvenuta il 12 settembre 1492, data entro cui furono ovviamente composti i componimenti raccolti ed editi postumi nel 1493 dal “prete” Francesco Tanci per volere del duca Ludovico Sforza, i quali includono il celeberrimo sonetto Sopra il ritratto di Madonna Cecilia, qual fece Leonardo dove però non si nomina né la donnola né l’ermellino. Se si escludesse l’ipotesi che il Bellincioni abbia omesso volutamente di descrivere l’ermellino come ipotizzava qualche anno fa Carlo Pedretti annotando che:«Per affermare che esso [ il ritratto] sia lo stesso celebrato dal Bellincioni e ricordato nelle lettere scambiate fra la Gallerani e Isabella d’Este nel 1498 occorre ammettere che la presenza dell’ermellino in entrambe le circostanze fosse taciuta per essere di ovvio significato […] o per evitarne una spiegazione» (Pedretti, 1990, p163); allora potrebbe prendere forma l’ipotesi che il Bellincioni vide il ritratto prima dei successivi rifacimenti di Leonardo quando l’ermellino di fatto non c’era.

 

Per quanto riguarda invece la presunta data di inizio dell’opera, i ripensamenti dell’artista emersi attraverso le immagini L.A.M di Pascal Cotte (Cotte, 2014,pp. 147-154, 200- 216), condurrebbero a una ulteriore ipotesi ovvero: Leonardo potrebbe avere iniziato l’opera anche prima, e/o durante i primissimi mesi di gestazione di Cesare Sforza Visconti, quando la silhouette di Cecilia non è ancora appesantita dalla gravidanza in corso, e, stando alle scoperte di Cotte, Cecilia avrebbe assunto una posa appena diversa da quella che conosciamo e maggiormente in linea con i canoni di aulica “compostezza” dell’epoca [Figura 1, parte I], ovvero con le braccia e le mani posate le une sulle altre, senza ermellino (Cotte, 2014, pp.201-207).

 

Tale originaria versione del ritratto, potrebbe essere stata modificata successivamente attraverso l’introduzione di un presunto furetto/ donnola, allusiva, una volta nato, del novello Ercole, ovvero di Cesare Sforza Visconti, per poi essere stata modificata ancora tramutando la donnola in un ermellino e/o bestiola simbolica una volta nato il figlio legittimo di Ludovico il Moro: Ercole Massimiliano Sforza, “novello Ercole” di nome e di fatto… Tale ipotesi si concilierebbe con il fatto che Bernardo Bellincioni, vide e descrisse il Ritratto della Gallerani nel noto sonetto composto entro il settembre 1492, ma senza nominare né una donnola, né un ermellino, animali difficilmente omissibili se considerati dal punto di vista simbolico...

 

Infatti il Bellincioni può aver visto e descritto il ritratto prima della revisione definitiva di Leonardo la quale confluirà, restauri a parte, più o meno nella versione che conosciamo, completata forse in concomitanza o dopo la nascita di Ercole Massimiliano.

 

In tal caso, sulla base di quanto esposto, il lasso di tempo in cui collocare rispettivamente l’inizio e il compimento dell’opera di nostra pertinenza, potrebbe essere il seguente:

 

- a partire dagli ultimi mesi dell’anno 1489 cioè prima della gestazione di Cesare Sforza Visconti e/o nei primi mesi della stessa (entro ottobre 1490) ovvero dopo l’ingresso di Isabella d’Aragona alla corte Sforzesca (gennaio 1489) quando la Duchessa aragonese favorì l’adozione, da parte di Cecilia Gallerani delle fogge abbigliamentarie cosiddette “alla castigliana” o “alla catalana” presenti già nella versione

dell’opera, appena precedente alla definitiva che conosciamo, quando — stando alle analisi multispettrali di Pascal Cotte — venne introdotto un esemplare della famiglia dei mustelidi ma più piccolo del definitivo (Cotte, 2014 pp. 208-214);

 

- fino ai primi mesi del 1493, dopo la nascita di Ercole Massimiliano Sforza quando il dipinto trovò forse la formulazione definitiva, essendo ormai improprio alludere a Cesare Sforza Visconti come “novello Ercole”, data la nascita di Ercole Massimiliano, figlio primogenito di Ludovico e novello Ercole.

 

Nota

 

Dopo avere inviato il presente contributo a Pascal Cotte (6 gennaio 2013), notando le nostre notevoli tangenze di pensiero, egli mi ha gentilmente segnalato il seguente articolo del 2009 cui non avevo avuto accesso precedentemente: KRYSTYNA MOCZULSKA, Leonardo da Vinci: “The Lady with an Ermine” – interpretation of the Portrait. L’autrice, alludendo alle Metamorfosi di Ovidio, accenna, (nell’articolo in oggetto) ad alcune ipotesi di interpretazione che coincidono completamente con alcune di quelle esposte nel presente mio contributo.

 

Né, all’epoca della stesura e del completamento del presente testo, ero a conoscenza dell’apparizione di due brevi ma significativi testi in lingua polacca, di Janusz Wałek (Walek, 2012) e Katarzyna Bik (Bik, 2012) rispettivamente Capo del Dipartimento della Pittura Europea e referente plenipotenziaria per i contatti con i media, del Museo Nazionale di Cracovia.

 

Tali testi, editi in versione digitale il 13 febbraio 2012 sul Portal Rynek i Sztuka, in occasione del rientro de La Dama con l’ermellino a Cracovia, dalla mostra londinese tenutasi alla National Gallery: Leonardo da Vinci. Painter at the Court of Milan (9 novembre 2011-5 febbraio 2012), riproponevano e circostanziavano alcune delle correlazioni già presenti nel testo della Moczulska e, sorprendentemente per me, poi incluse nel mio testo, composto da chi scrive, per Pascal Cotte e circolato in parte in forma inedita prima di essere reso noto in questa sede. Tali coincidenze, pertanto, mi confortano ancora di più, sulla plausibilità delle mie ipotesi e mi permetteono di affermare che, in questo caso, ci troviamo di fronte al collimare di ipotesi cui si è giunti attraverso percorsi del tutto indipendenti e partendo da presupposti e prospettive diversi. Collaborando con studiosi e storici dell’Arte di caratura internazionale, posso dire che, generalmente, quando si verifica, non deliberatamente, una tale coincidenza di interpretazioni, si può molto esseri fiduciosi sul buon esito delle rispettive ricerche. Tengo a precisare che chi scrive è una specialista del costume (secc. XIII-XVI) ‘prestatasi’ eccezionalmente ad indagare alcune istanze iconografiche in quanto ho ritenuto opportuno documentare, quanto più possibile, una mia intuizione iniziale, divenuta poi meditata ipotesi, basandomi sia sugli studi di Cotte, sia su alcune mie considerazioni di carattere vestimentario.

 

Mi auspico che questo testo possa costituire un piccolo contributo al dibattito in corso circa la genesi e la datazione di questa opera, senza per questo voler entrare in merito a questioni stilistiche non di mia pertinenza. Nel mio caso, non escludo che tale saggio, originatosi dagli studi di Cotte, possa dar vita, ad approfondimenti ed integrazioni future che possano accogliere integralmente i miei contributi vestimentari (parte editi in estratto nel volume di Cotte, e parte inediti) composti su amichevole sollecitazione di Pascal Cotte che ringrazio di aver condiviso con me in anteprima i risultati delle sue scoperte.

 

Ringrazio inoltre la Signora Patricia Brennan per aver gentilmente supervisionato la mia traduzione inglese di molti passaggi del presente testo: gli eventuali errori di traduzione superstiti sono i miei.

 

Appendice

 

Selezione di Rime del poeta di corte Bernardo Bellincioni composte prima del 12 settembre 1492, nell’ordine dato da Francesco Tanci per l’edizione del 1493, riproposta nell’edizione del 1876 curata da Pietro Fanfani ed edita da Gaetano Romagnoli.

 

SONETTO XIX. AL SIGNOR LODOVICO DI PAULO JERONIMO DEL FIESCO, IN DIALOGO, PE IL NASCIMENTO DEL SIGNOR CESARE

 

P. Deh! Perché piangi o Febo?

F. Io piango e grido

Perché oggi è nato un risplendente sole.

P. Più splendente di te?

F. Non dirò fole:

El splende più ch’ io mai splendessi in lido.

P. Questo non credo, anzi di questo i’ rido,

F. Non rider, eh’ egli è vero; onde mi dole.

P. Poiché creder convien queste parole,

Di’ come nacque, e dove el fece nido?

F. D’un Moro il seme cotal sol divenne;

È con Cicilia e bei suoi raggi fissi

Sotto le amene sue candide penne.

P. Che farai donque ?

F. Convien ch’ io mi abissi

P. Perché cagion ?

F. Però che quando el vene

Da lui fui vinto, si eh’ e’ fu l’ecclissi.

 

SONETTO XX. DEL BELINCIONE PER RISPOSTA ALL’ANTECEDENTE PER LE RIME

 

Se Febo or piange, ancor si duol Cupido

Perché mai più sarà quel ch’ esser suole,

Sendo nato colui che tòr gli vuole

Le bellezze, el valor, la fama, el grido.

Non fur sì lieti insieme Enea e Dido,

Come l’arbor di Tisbe [il Moro] in la sua prole,

Con l’isola [Cecilia/Sicilia], la qual per l’onde sole,

Disse, da vostra Italia or mi divido.

Da Giove el frutto a noi piove dal Cielo:

A l’alta rocca mia, dice, i’ lo scrissi,

Però che ‘l patre suo me la mantenne.

Cesare ha nome, a lui l’opre promissi:

Marte invido per me l’ira ritenne

Quel dì, che Febo il volto par coprissi.

 

SONETTO XXVII. CONTRO A MAL DICITORI

 

Quel che già ricordò l’errore a Piero,

Di che Menalca ancor diventa rosso,

Tenne in ciance colui, ch’ è or sal grosso,

Per la man del mio Moro, e non più zero.

Ma, se la invidia fa tacere el vero,

Alla barba di chi ‘n bocca ha tal osso

El Moro è mazza a più d’un aliosso*:

Tutto ermellino è ben, se un nome ha nero

Una siepe a l’italico giardino

Ha fatto, e non lo sanno e cianciatori,

Che s’ intendon piuttosto d’un buon vino.

Quanti in parole son buon dipintori

In aria a disegnar d’ oltramarino,

Poi di foglie di fava dan colori!

Son diventati mori.

Chi sa voja attendere al suo bene**

Chi sa ‘l luzzo buon seco sei tiene.

 

* Aliosso: l’aliosso è l’osso del tallone dell’agnello con il quale giocavano anticamente i bambini.

** In realtà si tratta di un gioco di parole con i termini: Savoia e Saluzzo in quanto il Duca di Savoja riacquistò Saluzzo per merito del Moro.

 

SONETTO XLV. SOPRA IL RITRATTO DI MADONNA CECILIA, QUAL FECE LEONARDO

 

Di che ti adiri? A chi invidia hai Natura?

Al Vinci che ha ritratto una tua stella:

Cecilia! sì bellissima oggi è quella

Che a suoi begli occhi el sol par ombra oscura.

L’onore è tuo, sebbeii con sua pittura

La fa che par che ascolti e non favella:

Pensa quanto sarà più viva e bella,

Più a te fia gloria in ogni età futura.

Ringraziar dunque Ludovico or puoi

E l’ingegno e la man di Leonardo,

Che a’ posteri di te voglia far parte.

Chi lei vedrà cosi, benché sia tardo,

Vederla viva, dirà: Basti a noi

Comprender or quel ch’ è natura et arte.

 

SONETTO LXVII. DELLA NATIVITATE DEL SIGNORE CESARE

 

Non fur si liete quelle antiche genti

Nell’insula di Delo, ove al sol piacque

Doppo la grande innundazion dell’acque

Mostrare a quelle i suoi raggi lucenti,

Come gli Insubri or son lieti e contenti

Pel novo sol che un tempo ascoso giacque

Ne’ giardin di Cicilia, unde poi nacque,

Che a justi prieghi il ciel par che consenti.

Questo è ‘1 palladio e santo simolacro,

Che ricevè Milan, come già Troja,

Qual, mentre l’ebbe, el ciel si vidde amico.

« Per forza o fraude mai la diva gioja,

Jove dice, fia tolta a Ludovico,

Per che a la mia rocca or la consacro.

 

SONETTO CXXVIII. DELLA PRUDENZIA DEL SIGNOR LUDOVICO

 

Non si creda a Milano oggi un Lupino*

Chi ama Iddio riprendere e i Lioni,

Che gli agnelli e’ conosce da’ castroni

L’Italico Morel bianco Ermellino

Non bisogna pensar di far mulino,

Che a Milan non si spendono e grossoni;

Però saranno buoni e’ maccheroni

A quella che impedì Dante el camino**

E vocabuli strani e ‘l parlar raro

Non basta ove bisogna sperïenza,

Sì come disse Gonzo al calendaro***

El Moro poco compera a credenza:

Come Tomaso fa per viver chiaro,

E piglia le balene spesso a lenza

Or questo è in sentenza,

Che infin ricalco non darà per oro

Questo amaro Lupino al nostro Moro.

 

* Il lupino è da intendersi forse come un mandante della Lupa = la Chiesa/il Papato.

** Cioè la Lupa, simbolo appunto della Chiesa.

*** Sembra che si alluda qui alla riforma del Calendario fatta in quegli anni e che tale Gonzo [?] pronunciasse queste parole.

 

Elisabetta Gnignera (specialista di Storia del Costume e delle Acconciature dei secoli XIII-XVI) tutti i diritti riservati ©

 

english version

 

 

Riferimenti bibliografici:

 

B.BELLINCIONI, Le Rime, riscontrate sui manoscritti emendate a annotate da Pietro Fanfani. Gaetano Romagnoli, Bologna 1876

K.BIK, Kluczem jest zwierzątko. Dziesięć lat temu pojawiła się jeszcze jedna teoria mająca związek z tajemniczym zwierzątkiem trzymanym przez Cecylię Gallerani na obrazie Leonarda da Vinci in  http://rynekisztuka.pl/2012/02/13/dama-z-gronostajem-leonarda-da-vinci-wrocila-do-krakowa/ >, data edizione digitale: 13 febbraio 2012.

P.COTTE/, Lumiere on The Lady with an Ermine” / Lumiere sur La Dame à l’Hermine”. Vinci Editions, s.l. 2014

M.N.COVINI,Beatrice d’Este, i figli del Moro e la Pala sforzesca. Arte e politica dinastica in Luisa Giordano, (a cura di), Beatrice D’Este, 1475-1497, “Quaderni di Artes/2”, Edizioni ETS, Pisa 2008, pp.91-109.

A.EDITH HEWETT, A Newly Discovered Portrait by Ambrogio de Predis in

“The Burlington Magazine for Connoisseurs”, vol.10, No. 47 (Feb. 1907), pp. 308-313.

G.LOPEZ, I Signori di Milano. Dai Visconti agli Sforza. Storia e segreti.

Newton Compton, Roma, 2009.

G.MANZI, Trattato della pittura di Lionardo da Vinci tratto da un codice della biblioteca vaticana e dedicato alla maestà’ di Luigi XVIII, Re di Francia e di Navarrà. Stamperia De Romanis, Roma, 1817.

D.MEREJKOWSKI, The Romance of Leonardo da Vinci (1902) GP Putnam’s Sons, New York & London 1904.

K.MOCZULSKA, Leonardo da Vinci: “The Lady with an Ermine” – interpretation of the Portrait in “Bio-Algorithms and Med-Systems”, Journal edited by medical College- Jagiellonian University, Vol. 5, No. 9 (2009) pp.143-146.

J.M.MUSACCHIO, Weasels and Pregnancy in Renaissance Italy in “Renaissance Studies” 15, (No. 2, June 2001), pp. 172-87.

C.PEDRETTI, La “Dama con l’ermellino”come allegoria politica, in “Studi politici in onore di Luigi Firpo”, a cura di S. Rota Ghilardi - F. Barcia, I, Franco Angeli, Milano, 1990, pp. 161-181.

C.PESCIO (a cura di), Leonardo: arte e scienza. Giunti, Firenze, 2000.

D.PIZZAGALLI, La dama con l’ermellino. Vita e passioni di Cecilia Gallerani nella Milano di Ludovico il Moro (1999). Rizzoli, Milano, 2008.

L.RAZZOLINI, Indice delle edizioni citate come testi di lingua dagli Accademici della

Crusca nelle cinque compilazioni del loro vocabolario, per cura dell’Abate Luigi Razzolini, Gaetano Schiepatti editore, Milano, 1863, p.29 s.v. B. BELLINCIONI.

A.RONA, L’investitura di Lodovico il Moro dell’Ordine dell’Armellino, in “Arch. stor. Lombardo” (s. 10, vol.III, 1977: fascicolo 31 dic.), pp. 346-358.

E.SOLMI, La politica di Ludovico il Moro nei simboli di Leonardo da Vinci (1489-1499) in “Scritti varii di erudizione e di critica in onore di Rodolfo Renier”, Torino, Fratelli Bocca. 1912, pp.491-509.

T.STIGLIANI, Mondo Nuovo, Roma, s.n. 1628, p. 69

L.SYSON et al. Leonardo da Vinci: painter at the court of Milan,(Catalogue: The National gallery, London, 9 november 2011-5 february 2012), National Gallery Company, London, 2011.

C.VECCE, La parola e l’icona: dai rebus di Leonardo ai ‘fermagli’ di Fabricio Luna in “ Achademia Leonardi Vinci. Journal of Leonardo Studies & Bibliography of Vinciana”, VIII, 1995, pp. 173-183.

C.VECCE (a cura di), Leonardo da Vinci, Scritti. Mursia, Milano, 1992

M.VERSIERO, Al di là della tela...Il moro cogl’occhiali...”: le allegorie politiche di Leonardo da Vinci (Firenze e Milano, 1481-1494), in “Pittura Antica, oltre lo sguardo”, a. II, no. 2 (6), Marzo-Aprile 2006, pp. 6-20.

M.VERSIERO, La “Scopetta”, gli “occhiali” e la “cadrega” di fuoco: immagini sforzesche della Prudenza nelle allegorie politiche di Leonardo in “Iconographica”, IX, 2010, pp.107-113.

M.VERSIERO, Metafore zoomorfe e dissimulazione della duplicità. La politica delle immagini in Niccolò Machiavelli e Leonardo da Vinci in “Studi Filosofici”, XXVII, 2004, pp.101-125.

J.WALEK, "Dama z gronostajem” Leonarda da Vinci wróciła do Krakowa in < http://rynekisztuka.pl/2012/02/13/dama-z-gronostajem-leonarda-da-vinci-wrocila-do-krakowa/ >, data edizione digitale: 13 febbraio 2012.



 

 

COLLABORA


scrivi per InStoria



 

EDITORIA


GBe edita e pubblica:

.

- Archeologia e Storia

.

- Architettura

.

- Edizioni d’Arte

.

- Libri fotografici

.

- Poesia

.

- Ristampe Anastatiche

.

- Saggi inediti

.

catalogo

.

pubblica con noi



 

links


 

pubblicità


 

InStoria.it

 


by FreeFind

 

 

 

 

 

 

 

 


[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE]


 

.