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N. 60 - Dicembre 2012 (XCI)

città o chora?
La dibattuta questione sull'introduzione del cristianesimo

in territorio siracusano
di Gianni Di Noto

 

La dibattuta questione sull’introduzione delle prime comunità cristiane e del cristianesimo tutto nel territorio siracusano trae la sua origine dalla breve notizia riportata negli Atti degli Apostoli al versetto 28, 12 come palesemente noto.

 

Luca, tra i più antichi storici della chiesa secondo una comunis opinio ormai largamente diffusa, afferma che viaggiando su di una nave alessandrina con l’insegna dei Dioscuri, per questo nominata la “Castore e Polluce”, lui e alcuni compagni avrebbero, dopo avere svernato nell’isola (Malta), raggiunto Siracusa e qui sarebbero rimasti tre giorni.

 

Non appaiono ancora oggi chiari i motivi della sosta, tra le ipotesi più ricorrenti vengono spesso citate: il carico e lo scarico di merci, il servizio postale, la cessazione di vento favorevole, rifornimento logistico, specialmente di acqua.

 

Non sappiamo se la sosta fu dettata da uno di questi motivi o se essi abbiano concorso tutti insieme, rimane fuor di dubbio invece che tale sosta dovette da sempre ritenersi profondamente legata alla possibile attività di evangelizzazione del luogo o alla probabilità di entrare in contatto con comunità cristiane addirittura preesistenti. Su questo brano il confronto esegetico è ancora oggi del tutto aperto.

 

Le ipotesi sono varie e discusse, tra le più autorevoli quella del Gaetani il quale sostiene che a Siracusa fossero già presenti dei cristiani e che l’equipaggio, con S. Paolo in primis, si sia trattenuto cordialmente presso di loro.

 

Il Gaetani sostiene anche che l’Apostolo li avrebbe addirittura confermati nella sua parola. Questa opinione troverebbe conferma nel ritrovamento di un calendario liturgico gallicano del secolo XII (1152) rinvenuto nell’antica chiesa di S. Giovanni e S. Marciano alle catacombe nel 1653 e pubblicato dal can. Michele Angelo Mancaruso, che sotto la data dell’11 Marzo riporta la commemorazione del passaggio di S. Paolo a Siracusa.

 

Una seconda corrente, del tutto contraria alla prima, capitanata dal tedesco Holm e dal siciliano Biagio Pace nega in modo assoluto che Paolo e i suoi compagni nell’anno 61 d. C. abbiano trovato dei cristiani a Siracusa ed attribuisce esclusivamente all’Apostolo il merito dell’evangelizzazione.

 

La terza ipotesi è rappresentata infine da coloro che sostengono che non solo Paolo non abbia trovato cristiani ma che egli stesso si sia astenuto dal farne.

 

Un’altra linea di pensiero, non meno attendibile, sostiene invece che l’evangelizzazione dei luoghi sia precedentemente avvenuta ad opera di anonimi missionari.

 

Se consideriamo attentamente il fenomeno della colonizzazione e accentuiamo, seppur con la dovuta cautela, i rapporti che intercorrevano fin dai tempi della fondazione avvenuta nel 734 a. C. tra Siracusa e Corinto è facile mettere in relazione il cristianesimo stesso con la fervida attività di mercanti.

 

A Corinto, nel 50 d. C., proveniente da Atene, l’Apostolo Paolo aveva fondato una chiesa; dati gli amichevoli e antichi rapporti commerciali e culturali, non solo non appare illegittimo ma addirittura ovvio sostenere che nel decennio che va dal 50 al 60 d.C i cristiani di Corinto abbiano partecipato agli amici di Siracusa l’evangelizzazione della loro città.

 

Molti sostengono l’impossibilità di tale teoria basandosi sul fatto che negli atti non siano menzionati i “fratelli” o i “fratres”, ponendo quindi l’attenzione sulla totale assenza di possibili comunità cristiane del luogo; appare tuttavia chiaro che per posizione geografica, culturale e antropica la Sicilia e Siracusa nello specifico non potevano restare escluse dalla diffusione del nuovo fenomeno sociale e religioso.

 

La Sicilia orientale, era estremamente facilitata ad accogliere presto il cristianesimo per moltissimi aspetti: era dotata di porti eccellenti ed era situata lungo le principali vie commerciali dell’Impero, non si dimentichi che la stessa nave su cui viaggiava Paolo era in realtà una frumentaria, e le comunicazioni dirette tra Roma, Alessandria e Cartagine.

 

È ormai assodato che le città poste vicino ai grandi porti di mare furono normalmente le prime ad accogliere le dottrine cristiane, e che le vie marittime dell’Impero Romano furono le principali arterie attraverso le quali venne pompato l’inarrestabile flusso sanguigno della nuova dottrina.

 

La chiesa di Siracusa avanza tutte le altre per antichità. I suoi monumenti pare tocchino addirittura il II secolo e ciò indurrebbe a credere che proprio Siracusa sia la prima città della Sicilia ad avere accolto il cristianesimo. È stata scoperta recentemente a Roma la più antica raffigurazione iconografica relativa a S. Paolo alla catacomba di Santa Tecla sulla via Ostiense, afferibile proprio al secondo secolo, ma ci permettiamo di ricordare che la rotta romana aveva precedentemente fatto scalo proprio nel siracusano, da ciò si traggano le dovute conclusioni.

 

Le indagini archeologiche nel territorio di Siracusa hanno sicuramente dato negli ultimi anni risultati eccellenti per la definizione del quadro paleocristiano del nostro territorio tuttavia esiste l’impressione che concentrandosi troppo e troppo lungamente sul nucleo centrale siano stati trascurati dei satelliti che sarebbero dovuto servire in realtà a meglio definire l’intera orbita. Siti come Petracca in contrada Canicattini e Cozzo Collura, nell’agro di Solarino, indubbiamente interessati fortemente da fenomeni di natura cristiana, potrebbero oggi portare alla luce nuove realtà che sarebbero sicuramente d’apporto alla possibilità di definire in modo finalmente univoco il complesso quadro del cristianesimo primitivo.

 

Il sito di Cozzo Collura nello specifico, saltuariamente indagato, ora dall’ Orsi, ora da Agnello, Marchese, Spigo e Pelagatti, pone interessanti interrogativi sulla gestione delle prime dinamiche di culto. Innanzitutto appare immediatamente evidente la palese contraddizione in corso tra la cultura materiale dislocata fra resti di tipo greco/romano e medievale e un immenso vuoto cronologico che va dal IV a. C. al IV d. C. e i residui della “veneranda tradizione” che in tale sito collocano il cosiddetto “Pozzo di San Paolo” elemento mitologicamente afferibile addirittura ai primissimi momenti del cristianesimo. I reperti archeologici di Cozzo Collura si riferiscono allo stato attuale delle ricerche a due periodi distinti e distanti. Al primo periodo appartengono le tombe a campana con dentro cadaveri e monete costantiniane scoperte dall’ Orsi.

 

Al secondo periodo appartengono i ruderi ed altri oggetti venuti alla luce durante la breve campagna di scavi eseguiti dalla Soprintendenza Archeologica di Siracusa nel novembre 1978. I reperti esaminati assicurano che tale sito era certamente abitato al III sec. d.C. mentre la ceramica non ancora convenientemente esaminata fa legittimare che l’abitato ivi esistente potesse precedere di diversi secoli l’éra cristiana.

 

Lo stesso Orsi scrive: “Approfittai della mia presenza a S. Paolo (ancora Orsi definisce l’agro di Soalrino San Paolo.), per fare eseguire dei saggi di scavo anche in un terreno presso il paese denominato Cozzo Collura, ove si trova un certo numero di tombe a Campana, per lo più frugate: da due di esse con i morti a posto ebbi tre monete, una di Costantino, una logora della fine del IV secolo, ed una terza della stessa età: il che giova sapere per la cronologia di codeste forme sepolcrali cotanto diffuse nell’Isola”.

 

Orsi non ci dice comunque quale tipo di monetazione costantiniana abbia rinvenuto né quale sia il tema; informazioni utili per stabilire in quale parte del IV secolo ci si trovi.

 

La monetazione di Costantino fu infatti ricca e mutevole e dovette adattarsi a numerose riduzioni metrologiche e a cambiamenti concettuali-ideologici e artistici. Il tema iniziale fu più popolare, rivolgendosi al padre Marte, forse evocato per mettere in risalto il suo legame (e legittimazione) con Massimiano, a Roma. Le piccole mezze siliquae di argento emesse in questa occasione dalla zecca di Treviri in nome di Costantino e suo suocero furono accompagnate da rari pezzi a nome della nobilissima femina, Fausta, con il tipo di Venere al R/.

 

Un aureo da 1 ½ solido battuto a Tessalonica nel 315 mostra Costantino sia al D/ e al R/.: al D/ egli è radiato, il R/ rientra nei canoni della consueta propaganda imperiale, volendo infondere sicurezza alla popolazione con l’atteggiamento dell’imperatore, che seduto riceve una vittoria sul globo, la leggenda sottolinea e conferma tale significato.

 

Costantino abbandonò i temi solari dopo la prima guerra con Licinio. Un doppio solido, battuto a Ticinum nel 315 per celebrare il decimo anniversario dell’impero, riprende il tipo elmato del D/ e il R/ victoriae laetae della precedente siliqua svilita.

 

Dopo il 1 marzo del 317 i Cesari Crispo e Costantino II sono ben presenti nelle emissioni. Sulle prime, i ritratti sono attentamente caratterizzati; Crispo, figlio di Minervina, somiglia al padre. mentre Costantino, figlio di Fausta, ha il viso piccolo della madre e il naso rincagnato. Tale monetazione sembrò variare costantemente per quasi tutta la durata del regno. Per tale motivo sarebbe indispensabile sapere a quale emissione si riferisce Orsi.

 

Rimane tuttavia da chiedersi per quale arcano motivo avendo ottenuto dei saggi così lusinghieri il grande Archeologo non abbia proseguito una campagna di scavi sistematica con la speranza di ulteriori e più interessanti scoperte, preziose e fondamentali per la determinazione della corretta cronologia. Perché non ha descritto la topografia e perchè in nessun modo ha specificato il numero di tombe a campana scoperte?

 

Le monete ritrovate, tuttavia, insieme ai morti nelle rispettive tombe, svelano almeno in parte il mistero della cronologia, assicurando che almeno uno di quei defunti possa essere della prima metà del IV secolo; ciò può far determinare che il cimitero fosse in funzione già dai primi decenni del IV se non prima. Conseguentemente si può legittimare che se il cimitero fosse in funzione durante tale periodo, un “oppidum” potesse preesistere a cavallo dei secoli III-IV. Le indagini archeologiche finora effettuate hanno rivelato tracce di frequentazione sconnesse tra loro con intervalli cronologici difficilmente spiegabili.

 

Secondo Umberto Spigo “Per quanto riguarda le tracce di una frequentazione greca e romana rinvenute nel corso della breve campagna di scavo condotta a Cozzo Collura nel periodo ottobre-novembre 1878, non si possono per ora individuare con sicurezza resti di strutture murarie anteriori al periodo medievale, tranne forse alcuni brandelli di muri a secco rinvenuti nel settore Sud-Ovest dello scavo, la cui natura e cronologia sono, peraltro, ancora da chiarire.... Vogliamo però segnalare fra il materiale, non molto abbondante, spesso rimescolato, rinvenuto nello scavo, una testina femminile fittile, probabilmente di un tipo di statuetta fittile, di buona fattura assegnabile ancora al IV Secolo (tipo Demetra e Kore?)”.

 

Se l’assegnazione è corretta il rinvenimento di una statuetta fittile del tipo Demetra e Kore testimonia la precoce destinazione d’uso del sito a carattere cultuale elemento di non s trascurabile importanza in relazione ad eventuali riadattamenti cristiani secondo il principio del simile col simile.

 

Dal IV-III secolo a.C. balziamo quasi inaspettatamente al III-IV d.C. attraverso le relazioni di ORSI per arrivare addirittura in piena epoca medievale dall’approfondimento archeologico ad opera della dottoressa Filippa Marchese: “Gli scavi archeologici condotti a Cozzo condotti a Solarino in C/da Cozzo Collura, precisamente nella località conosciuta con l’appellativo di “Chiesa di S. Paolo”, hanno permesso di accertare l’esistenza di un edificio di culto, databile ad epoca anteriore al terremoto del 1693.

 

La planimetria della chiesa è configurata dai resti di alcune strutture murarie (sono stati identificati il lato settentrionale e quello occidentale con l’ingresso) e dalle tracce del pavimento; il rinvenimento, poco al disotto di quest’ultimo, di un secondo piano di calpestio, potrebbe indurre ad ipotizzare la possibilità di un rifacimento pavimentale, avvenuto nell’ambito dello stesso edificio a distanza di qualche decennio. Alla chiesa deve appartenere anche l’ossuario rinvenuto nella parte orientale che non ha però fornito alcun materiale. L’approfondimento delle indagini archeologiche ha permesso di individuare, sotto i due piani di calpestio, altre strutture murarie, che definivano una deposizione.... in base al materiale rinvenuto (4 fibbie e una punta di coltello in ferro), le scoperte fatte in nessun caso si possono far risalire cronologicamente, ad epoca anteriore all’ultimo venticinquennio del XI° secolo.”

 

Sulla base di queste relazioni è evidente che a Cozzo Collura, nell’adiacenza del “Pozzo S. Paolo” esistono tracce di frequentazione greco/romana. Sebbene per adesso vi sia una oggettiva difficoltà nell’individuazione di strutture murarie anteriori al periodo medievale i frammenti di ceramica rinvenuti indicano indiscutibilmente attività antropiche fra il IV-III sec. a. C. Per contro Le tombe di età romana, con dentro i morti e alcune monete costantiniane già precedentemente discusse e ampiamente illustrate dall’impareggiabile Orsi indicano un altrettanto indiscutibile attività antropica afferibile però al III-IV d.C.

 

Appare a questo punto quantomai logico domandarsi cosa sia avvenuto a Cozzo Collura nell’intervallo cronologico che spazia fra IV a. C. e IV. d.C. È possibile che il sito sia stato abbandonato e ripreso?

 

E se ciò è avvenuto, per quale motivo? È possibile ascrivere tale penuria di dati alle frammentarie e saltuarie campagne di scavo?

 

Nel 1890 Orsi riferiva alla accademia dei lincei che “Dai contorni della Borgata di tal nome (San Paolo Solarino) é pervenuta al museo di Siracusa un frammento di tegola con residuo di un bollo rettangolare, nuovo per la Sicilia”. Sebbene l’Orsi non espliciti chiaramente quali siano i contorni donde proviene suddetto frammento di tegola sembra lecito congetturare che esso provenga proprio da Cozzo Collura il che gioverebbe ad una migliore valutazione della reale cronologia del sito.

 

Tali elementi correttamente indagati potrebbero finalmente offrire la definitiva chiave di lettura in relazione ad un mosaico archeologico altamente controverso. In particolare per quanto riguarda Cozzo Collura, i reperti archeologici fino ad oggi scientificamente illustrati assicurano attività antropiche, come già detto, al III sec d.C. mentre la ceramica non ancora convenientemente esaminata fa ipotizzare che l’abitato ivi esistente preceda di parecchi secoli l’éra cristiana. Un discorso a parte meritano le strutture architettoniche non sufficientemente indagate, soprattutto il Pozzo in sé in cui nessuno degli illustri archeologici fin qui citati pare essere sceso.

 

Grande merito va allo studioso locale Paolo Liistro nell’avere per primo stimolato le ricerche in tal senso, facendo seguito ad un rinnovato interesse per tali strutture promosso dalle speculazioni del dott. Atnotnio Affatato.

 

Nel maggio 2001 il suddetto Liistro munito di scala a corde e una fune si calava eroicamente all’interno dello stesso per rilevarne le strutture.

 

Il pozzo al suo interno ha una caratteristica particolare, rappresentata da una conformità geometrica irregolare. A differenza di tutti i pozzi artesiani o sorgivi, che mantengono la stessa circonferenza e lo stesso diametro dalla bocca di presa fino alla massima profondità di circa quattro metri, si allarga a campana, assume la caratteristica di una cisterna avente un diametro di circa metri cinque ed una circonferenza sinusoidale irregolare, termina su una grande base orizzontale per poi ritornare nelle dimensioni iniziali fino alla massima profondità che non è stato possibile stabilire, data la grande quantità di materiale accumulato.

 

Le pareti rocciose del pozzo, di natura sedimentaria, sono interferite da fenomeni erosivi con grosse fratture superficiali che si estendono pure finanche alla massima profondità. In particolare presso la parete rocciosa del pozzo Nord-Ovest, il Liistro ha notato un’insenatura modellata, che si distingue dal resto della stessa parete solamente per la diversa natura del materiale roccioso.

 

Togliendo alcune pietre che ne ostruivano l’imbocco ha potuto rinvenire un cunicolo sotterraneo, scavato totalmente nella roccia, con la volta ad arco a tutto sesto. Lo stesso pone altresì in evidenza la possibilità di derivazioni sotterranee. Tale conformazione architettonica, considerata l’indiscussa funzione cultuale e cimiteriale di Cozzo Collura, ben si presta all’ identificazione di un ristretto nucleo ipogeico.

 

Secondo J.A. Inigueza Herrero, esimio studioso di Archeologia Cristiana, la forma degli ipogei non cristiani più remota è sempre la stessa. Fin dall’inizio rappresentano l’estensione di un cimitero di superficie che aveva raggiunti la saturazione: si scavano allora gallerie sottoterra, che non oltrepassavano mai i confini della proprietà in superficie.

 

Nello specifico in tale pozzo, a otto metri di profondità, di fronte all’ultima rimanenza d’acqua, esiste un piccolo contenitore in pietra non più grande di una piccola vasca battesimale,alla luce di ciò e delle notizie pubblicate da A. Messina e S. Giglio è stata avanzata l’ipotesi che il Pozzo di S. Paolo sia in realtà un serbatoio di acqua nonché un vestiboletto di un battistero Ingrottato.

 

Ipotesi affascinante ma che non trova praticità nella realizzazione di battisteri né urbani né rupestri in quanto questi in qualsiasi forma venissero istituiti erano sempre accompagnati da raffigurazioni neo testamentarie di carattere didascalico come nell’emblematico caso di Doura Europos in Siria; inoltre, per una circostanza fortuita, è stato da poco tempo rinvenuto, incavato nella viva roccia, un corridoio con scala coperto con volta a botte di conci calcarei, nelle cui pareti sono presenti degli incavi che servivano probabilmente ad accogliere delle lucerne altro elemento fortemente in favore della collocazione ipogeica e se è vero che non esiste ancora una definizione strutturale precisa per inquadrarlo in tale ottica ricordiamo che secondo il Pergola definire le caratteristiche degli ipogei della fine del II o della prima metà del III significa accettare la multiforme realtà di piccoli complessi che per planimetria e tipologia di scavo non rispondono ad alcuna regola fissa, e che sono al di fuori di ogni codificazione possibile invece nei periodi successivi.

 

Né va inoltre dimenticato che secondo il piano paesistico del 1996 a Cozzo Collura è presente un insediamento ellenistico con relativa necropoli romana.

 

Questi elementi con l’aggiunta della visione del materiale finora non catalogato: ceramica, lucerne, tegole sono di per sé sufficienti a spingere per una poderosa campagna di scavo che dia finalmente a tale sobborgo e ad altri con esso (Canicattini e varie zone rupestri) il giusto inserimento nel quadro della formazione cultuale nel nostro territorio perché se è vero che bisogna prevalentemente pensare al futuro è altrettanto importante costruirsi un passato!



 

 

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