.

home

 

progetto

 

redazione

 

contatti

 

quaderni

 

gbeditoria


.

[ISSN 1974-028X]


RUBRICHE


attualità

.

ambiente

.

arte

.

filosofia & religione

.

storia & sport

.

turismo storico



 

PERIODI


contemporanea

.

moderna

.

medievale

.

antica



 

EXTEMPORANEA


cinema

.

documenti

.

multimedia



 

ARCHIVIO


 

 

 

 

 

 

 

.

contemporanea


N. 24 - Dicembre 2009 (LV)

Dalla Grande Alleanza alla Guerra Fredda
parte iii - CROLLO SOVIETICO E LEADERSHIP AMERICANA

di Claudio Li Gotti

 

Il 1989 rappresentò l’annus horribilis per l’Unione Sovietica e per il mondo comunista intero. L’ondata rivoluzionaria che colpì i paesi del blocco orientale nell’autunno di quell’anno, esattamente vent’anni fa, nel giro di pochi mesi avrebbe provocato il crollo dei regimi comunisti in Polonia, Cecoslovacchia, Ungheria, Bulgaria e Romania (dove, addirittura, sarebbe stato giustiziato il suo capo di Stato, il dittatore Ceausescu), nonché la caduta del muro di Berlino e la riunificazione delle due Germanie.

 

Due anni più tardi sarebbe avvenuto il definitivo collasso dell’Unione Sovietica: dopo aver riconosciuto l’indipendenza ai tre paesi baltici (Lituania, Lettonia ed Estonia) e dopo il fallito tentativo di colpo di stato ai danni del leader Gorbaciov, il 26 dicembre 1991 all’ex potenza sovietica non rimase altra scelta che sciogliersi definitivamente. Il crollo del più grande regime comunista al mondo mise la parola fine alla guerra fredda e segnava l’inizio di una nuova era, caratterizzata dal ruolo egemonico degli Stati Uniti negli affari politici ed economici internazionali.

 

I prodromi della crisi del sistema comunista andrebbero ricercati nel lento declino economico dei paesi rientranti nel blocco sovietico (URSS compresa), iniziato già nei decenni precedenti e pertanto, in questa sede, dobbiamo fare un notevole passo indietro nel tempo.

 

Se è vero che, nell’ambito della guerra fredda, USA ed URSS vestivano lo stesso ruolo di leader dei rispettivi blocchi contrapposti e, sul piano militare, si trovavano in una condizione di sostanziale parità, in campo economico la superiorità della potenza statunitense fu da subito schiacciante ed assunse un ruolo predominante nell’ordine economico mondiale. Del resto, già gli accordi scaturiti dalla conferenza di Bretton Woods del luglio 1944, voluta fortemente dal presidente americano Roosevelt allo scopo di ristabilire un certo ordine nel sistema economico internazionale, sanciva una forte prevalenza degli Stati Uniti attraverso il passaggio al Gold Exchange Standard, cioè ad un sistema monetario dove la convertibilità dei biglietti non sarebbe avvenuta più in oro ma bensì contro dollari; pertanto, il dollaro statunitense veniva posto al centro del sistema degli scambi come unica moneta con la quale effettuare i pagamenti internazionali.

Al fine di incoraggiare la cooperazione monetaria ed aiutare i paesi più colpiti dagli eventi bellici nella loro ricostruzione, vennero create due importanti istituzioni: il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale, entrambe con sede a Washington e sotto il dominio degli USA. A completare l’opera di costruzione del nuovo ordine internazionale, nel 1947 venne istituito il GATT (più tardi confluito nella WTO, l’organizzazione mondiale del commercio), un accordo generale sulle tariffe commerciali al fine di liberalizzare gli scambi multilaterali e ridurre progressivamente le barriere doganali.

 

Nello stesso anno si verificava un episodio che, a detta di molti studiosi, avrebbe rappresentato una sorta di riconoscimento formale della guerra fredda e che nasceva dall’inattesa dichiarazione del governo britannico di non poter più sostenere i costi dell’assistenza economica alla Grecia ed alla Turchia. Dinanzi al Congresso americano, riunito in sessione congiunta, il 12 marzo 1947 il Presidente Truman annunciava l'iniziativa di un programma di aiuti per un totale di 400 milioni di dollari in favore dei due paesi, giustificando questo provvedimento con un accorato discorso che sarebbe passato alla storia con il nome di Dottrina Truman. Con essa il Presidente sottolineava l'intenzione degli Stati Uniti di intervenire a sostegno di tutte quelle popolazioni libere che resistevano ai tentativi di conquista da parte di minoranze armate o di pressioni esterne.

 

Il Piano Marshall, operativo dall’aprile del 1948, fu una conferma dell’avvenuta presa di coscienza da parte degli americani di una leadership geopolitica ed economica nello scenario mondiale che andava delineandosi.. Sotto la guida di Truman, l’allora Segretario di Stato americano George C. Marshall aveva illustrato lo stato di estremo disagio in cui versavano le economie dei paesi europei e convinse il Congresso degli USA ad adottare l’ambizioso piano di aiuti economici, l’European Recovery Program (ERP, poi ribattezzato Piano Marshall), il cui scopo era quello di avviare la ricostruzione dei disastrati paesi europei.

 

Nell’arco di quattro anni furono erogati circa tredici miliardi di dollari a favore soprattutto dei principali alleati occidentali (Francia e Gran Bretagna), mentre alla Germania, il paese uscito più distrutto dalla guerra, andò una parte meno cospicua di aiuti. Anche l’Italia beneficiò degli stanziamenti americani nel suo processo di ricostruzione politica ed economica post-fascista. I fondi erogati dall’ERP permisero al nostro paese di raggiungere il pareggio del bilancio statale e la stabilità monetaria oltre che determinare un risveglio dell’attività produttiva; questi furono i punti chiave che avrebbero portato, negli anni ’50, al cosiddetto “miracolo economico” italiano, cioè allo straordinario sviluppo della nostra economia i cui ritmi di crescita sarebbero stati tra i più alti del mondo (secondi solo alla Germania Federale).

 

Gli aiuti scaturiti dal piano Marshall furono dettati più da ragioni strategiche che economiche; gli americani miravano infatti a portare dalla loro parte tutti i paesi dell’Europa occidentale, allo scopo di arrestare l’avanzata comunista. Di qui la decisione di assisterli economicamente e di garantire loro la protezione militare contro un eventuale attacco dei sovietici. Per questi ultimi, il piano rappresentò una vera trappola perché costrinse Stalin a proibire ai paesi sotto l’influenza sovietica di accettare gli aiuti americani e, in pratica, a costruire quella “cortina di ferro” che avrebbe diviso l’Europa in due. E’ giusto comunque ribadire che gli aiuti americani contribuirono realmente a risollevare le economie dei paesi dell’occidente europeo e, indirettamente, favorirono l’adozione di scelte di cooperazione tra questi paesi (in primo luogo Belgio, Francia, Germania, Italia, Lussemburgo e Olanda) che avrebbero portato a quella integrazione economica, monetaria ed anche politica tutt’ora in corso.

 

La sfida dell’Unione Sovietica in campo economico fu, invece, basata più sul conflitto ideologico - politico che sull’effettiva competizione. La presunta infallibilità storica della teoria marxista, nel ritenere che il capitalismo era destinato a crollare e il comunismo a imporsi e a trionfare, non aveva trovato riscontro nella realtà. Gli standard di vita negli Stati del blocco orientale erano in continuo declino, specialmente se paragonati al benessere visibile nella Germania Ovest (e di cui i tedeschi dall’altra parte del muro cominciavano a rendersene conto) e nel resto dei paesi dell’Europa occidentale. L’economia dirigistica imposta dal regime sovietico aveva perso da subito la sfida contro il capitalismo americano, più ricco e tecnologicamente avanzato ed ormai al centro di un’economia mondiale di mercato che cominciava ad espandersi anche a quei paesi del Terzo Mondo in forte crescita. Con il passare dei decenni, le economie chiuse e pianificate dell’Est europeo risultavano sempre più arretrate in quasi tutti gli indici economici che rilevavano il livello di prosperità.

 

A questo si aggiungevano gli ingenti costi sostenuti per permettere all’URSS la parità nel campo della difesa militare, a fronte di un PIL nettamente inferiore rispetto alla potenza americana. I capi del Cremlino erano ben consci del problema ed intervennero con l’uso della forza militare laddove necessario, per salvare la facciata di un sistema comunista che doveva mantenersi infallibile e tutelare il monopolio del Partito qualora questo fosse stato minacciato in ogni paese appartenente al blocco sovietico; si veda l’intervento dell’Armata Rossa in Ungheria nel 1956, per ripristinare il regime filo-sovietico o l’invasione della Cecoslovacchia nel 1968, per stroncare un tentativo di liberalizzazione noto al mondo intero come “Primavera di Praga”.

 

La crisi del sistema comunista non fu dunque solo economica ma, altresì, politica e sociale. Riallacciandomi alla fine del precedente capitolo (v. “Verso la distensione”, ottobre 2009), una serie di eventi fra loro concatenati avrebbe spazzato via il comunismo nel giro di pochi anni e sancito la fine della guerra fredda: l’elezione nel 1978 del primo Papa di origine slava, il polacco Karol Wojtyla, che fu accolto festosamente nella sua Cracovia da oltre due milioni di persone; la nascita nel 1980 del primo sindacato indipendente (Solidarnosc) in un paese comunista (Polonia) ad opera di un giovane operaio di nome Lech Walesa, che nove anni più tardi avrebbe stravinto le elezioni politiche; l’apertura al capitalismo da parte del nuovo leader della Cina comunista, Deng, che avrebbe creato una delle maggiori economie del mondo; i tentativi di liberalizzazione politica in Ungheria; questi furono tutti dei sintomi del profondo malcontento e della voglia di cambiamento che ormai erano più che evidenti all’interno del blocco orientale. Il colpo di grazia fu dato proprio dal nuovo leader sovietico, quel Gorbaciov che con la sua Perestrojka avrebbe dichiarato apertamente delle carenze e degli errori del proprio paese e riconosciuto i fallimenti dell’ideologia comunista.

 

La fine del bipolarismo non fu tanto una vittoria degli USA sugli URSS quanto più invece una sconfitta dell’intero impianto ideologico comunista, sia politico che economico, che avrebbe portato alla completa dissoluzione del suo principale artefice.

 

 

Riferimenti bibliografici terza parte:

 

AA.VV., Storia dell’economia mondiale, Monduzzi 1996

Aga Rossi, E. Gli Stati Uniti e le origini della guerra fredda, Il Mulino 1984

Attinà, F. Il sistema politico globale, Laterza 1999

Detti, G., Gozzini, G. Bipolarismo e guerra fredda in Storia Contemporanea, vol. II – Il Novecento, Mondadori 2002

Di Nolfo, E. Storia delle relazioni internazionali, Laterza 2000

Lewis Gaddis, J. La guerra fredda. Cinquant’anni di paura e di speranza, Mondadori 2007

Romero, F. Guerra fredda e decolonizzazione in Storia Contemporanea, Donzelli 1997

 

Riferimenti bibliografici e documentazione intera:

 

AA.VV. Guerra fredda in Storia del mondo contemporaneo, vol. V, Mondatori 1972

AA.VV., Storia dell’economia mondiale, Monduzzi 1996

Aga Rossi, E. Gli Stati Uniti e le origini della guerra fredda, Il Mulino 1984

Attinà, F. Il sistema politico globale, Laterza 1999

Bellabarba, M. – Cerbone, A. “Il trattato ABM. Il rapporto tra le due superpotenze dall'equilibrio del terrore allo scudo spaziale di Bush”, Pubblicazioni del Centro italiano Studi per la pace, settembre 2002

Cufaro Petroni, N. ''Dopo la guerra impossibile'', in Sapere, n. 5/1995

Detti, G., Gozzini, G. Bipolarismo e guerra fredda in Storia Contemporanea, vol. II – Il Novecento, Mondadori 2002

Di Nolfo, E. Storia delle relazioni internazionali, Laterza 2000

Hobsbawm, E. J. Il secolo breve. 1914-1991:  l’era dei grandi cataclismi, cap. VIII “La Guerra Fredda”, pp. 267-302, Rizzoli 1999

Kennan, G. The sources of Soviet conduct in Foreign Affairs, 1947

Lewis Gaddis, J. La guerra fredda. Cinquant’anni di paura e di speranza, Mondadori 2007

Romero, F. Guerra fredda e decolonizzazione in Storia Contemporanea, Donzelli 1997

The Yalta Conference, A Decade of American Foreign Policy : Basic Documents, 1941-49.
Prepared at the request of the Senate Committee on Foreign Relations, by the Staff of the Committee and the Department of State. Washington, DC: Government Printing Office, 1950 (avalon.law.yale.edu/wwii/yalta.asp)

 



 

 

 

COLLABORA


scrivi per InStoria



 

EDITORIA


GBe edita e pubblica:

.

- Archeologia e Storia

.

- Architettura

.

- Edizioni d’Arte

.

- Libri fotografici

.

- Poesia

.

- Ristampe Anastatiche

.

- Saggi inediti

.

catalogo

.

pubblica con noi



 

links


 

pubblicità


 

InStoria.it

 


by FreeFind

 

 

 

 

 

 

 

 


[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA  N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE]


 

.