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ATTUALITà


N. 41 - Maggio 2011 (LXXII)

Ripartire dal Capitale Sociale
come uscire dalla crisi

di Benedetta Rinaldi

 

La crisi economica che stiamo vivendo porta inevitabilmente anche gli esperti in materia di economia e finanza a farsi delle domande su come sia stato possibile portare al collasso un sistema che sembrava collaudato e infallibile, quello del libero mercato.

 

All’indomani del crollo di Wall Street, una volta visibili in tutta la loro drammaticità le conseguenze della cosiddetta “finanza creativa” e di un sistema economico basato sul debito, in molti si sono chiesti se non fosse arrivato il momento di proclamare la morte del capitalismo.

 

Certo non una morte come se la auguravano i marxisti, con il trionfo del proletariato in un mondo liberato dall’ingiustizia: visione obiettivamente salvifica di cui abbiamo avuto modo di conoscere le implicazioni reali.

 

Eppure in qualche modo è possibile ritenere il Comunismo e il suo crollo la vera causa della crisi economica che stiamo vivendo, o viceversa una “rivincita” del pensiero socialista su quello liberista.

 

Non pensiate che io stia gridando “Al Comunista!” come farebbe il nostro Presidente del Consiglio. Quello che voglio illustrare è un’indagine sulle dinamiche economiche che stiamo vivendo a partire da una ricerca anche sociologica del mondo occidentale, così come viene brillantemente suggerita dal Prof. Pezzani, docente di Programmazione e Controllo alla Bocconi, nel suo libro “La competizione collaborativa. Ricostruire il capitale sociale ed economico”.

 

Anzitutto, mi sembra lodevole e assai interessante che un economista puro decida di abbandonare numeri e prospetti per fare un’analisi a tout court del mondo in cui l’economia è inserita. Giustamente, l’economia non è che uno strumento al servizio dell’uomo, e non il contrario.

 

La tesi di fondo del libro parte da un’indagine della nostra storia più recente, a partire dal 1989 con la caduta del Muro di Berlino e la fine delle grandi ideologie.

 

La perdita per il capitalismo di una controparte con cui confrontarsi ha portato a un trionfo netto dei suoi valori, con una conseguente però progressiva atomizzazione sociale, in risposta a una crescente economia basata su logiche di profitto sconnesse dalle esigenze della società.

 

L’egoismo insito nell’uomo ha così prevalso portando ai risultati attuali riproponendo la fatale domanda di Toynbee: «L’Uomo ucciderà la Madre Terra, o la riscattera? Può ucciderla con il suo cattivo uso della sua crescente potenza tecnologica. Ma può anche riscattarla, sconfiggendo quell’avidità suicida e aggressiva che rappresenta il prezzo del dono della vita da parte della Grande Madre».

 

Aldilà di facili ideologismi e belle parole, come può ripartire in modo più “sano” la nostra economia?

 

Partendo dal presupposto che non tutto ciò che apparteneva, e appartiene, alla dottrina socialista sia da buttare. In questo senso si può a mio avviso parlare di una rivincita del pensiero socialista sul capitalismo trionfante che ora muore sotto i colpi della propria ingordigia: molti dei presupposti del socialismo sono democratici e attuali, e davvero potrebbero concorrere alla realizzazione di una società più giusta, o in cui almeno le differenze di reddito fossero meno accentuate. E su questo principio, per buona pace dei plutocratici, si basa anche la pace sociale, bene assolutamente indispensabile per il buon vivere di qualsiasi individuo, indipendentemente dalla sua appartenenza sociale.

 

Concretamente, il Prof. Pezzani parla di investimenti nel capitale sociale per riattivare l’economia. Che cos’è il capitale sociale applicato all’impresa?

 

In molti lo confondono con il bilancio sociale e le politiche di responsabilità attuate dalle aziende da qualche anno a questa parte. Il bilancio sociale è un documento con il quale un’organizzazione, che sia un’impresa o un ente pubblico, o un’associazione, comunica periodicamente in modo volontario, gli esiti della propria attività, non limitandosi ai soli aspetti finanziari e contabili.

 

In particolare, il bilancio sociale enuncia le policies intraprese dall’azienda in ambiti socialmente utili, che possono spaziare dalla beneficenza a una maggiore attenzione per l’impatto dei propri prodotti sull’ambiente.

 

Cos’è invece il capitale sociale?

 

Quello di “capitale“ è un concetto economico indicante l’insieme dei mezzi umani, materiali e finanziari necessari per la produzione di beni e servizi . Anche il capitale sociale può essere inteso in questa accezione, sebbene abbia un significato più ampio, non limitato alle scienze economiche. Lo si può definire come l’insieme delle risorse di tipo relazionale durature che un attore sociale (individuo, gruppo ecc.) può utilizzare, insieme ad altre risorse, per perseguire i propri fini.

 

Applicato alle logiche di un’impresa, investire nel capitale sociale significa investire sulle proprie risorse umane e attuare politiche mirate a una maggiore coesione, a creare un milieau stimolante in cui lavorare e altresì un ambiente accogliente, dove chi lavora sia felice di apportare il proprio contributo.

 

Qualcosa se vogliamo paragonabile al vecchio paternalismo industriale, laddove questi ha dato vita a modelli di eccellenza, come per esempio nel Villaggio costruito da Crespi per i suoi dipendenti, a Crespi d’Adda appunto.

 

È evidente che nel 2011 investire nel capitale sociale non potrà limitarsi al dare un alloggio ai propri dipendenti, soprattutto se il fine ultimo è quello di creare un clima di competizione collaborativa: è dunque un bene che le aziende tornino a pensare ai benefits da destinare ai propri collaboratori, ma è indispensabile anche che si riesca anche a “svecchiare” la mentalità dirigente italiana, andando a creare imprenditori che davvero vogliano e sappiano credere nei talenti di cui si circondino.

 

Solo grazie all’azione di attori maggiormente aderenti a valori solidali, con una visione d’insieme delle dinamiche economiche e sociali e delle conseguenze delle proprie azioni, sarà possibile rivitalizzare l’economia, garantendo, da un lato, un benessere maggiormente diffuso e, dall’altro, una crescita della domanda e del consumo di beni.

 

 

Riferimenti bibliografici:

 

Pezzani, La competizione collaborativa. Ricostruire il capitale sociale ed economico, Edizioni Bocconi, Milano 2010.

Toynbee, Il racconto dell’uomo, Garzanti, Milano 2002.



 

 

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