N. 34 - Ottobre 2010 
                          
                          (LXV)
																						La minoranza che cercò di fermare il Concilio Vaticano II
																						l’opposizione conservatrice
																			di Roberto Rota
																			
																			 
																			
																			
																			L’11 
																			ottobre 
																			del 
																			1962 
																			si 
																			apre, 
																			a 
																			Roma, 
																			il 
																			Concilio 
																			Vaticano 
																			II. 
																			Solo 
																			alcuni 
																			anni 
																			prima 
																			pochi 
																			avrebbero 
																			potuto 
																			immaginare 
																			la 
																			possibilità 
																			di 
																			un 
																			concilio 
																			e 
																			tantomeno 
																			la 
																			partecipazione 
																			così 
																			ampia 
																			non 
																			solo 
																			del 
																			mondo 
																			cattolico, 
																			ma 
																			dell’intera 
																			famiglia 
																			cristiana 
																			e 
																			dell’opinione 
																			pubblica 
																			mondiale.
																			
																			
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Le 
																			ragioni 
																			della 
																			sorpresa 
																			devono 
																			leggersi 
																			nella 
																			modalità 
																			della 
																			convocazione 
																			del 
																			concilio, 
																			caso
																			
																			sui 
																			generis 
																			rispetto 
																			alla 
																			tradizione 
																			conciliare.
																			
																			
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Prima 
																			di 
																			tutto 
																			non 
																			vi 
																			era 
																			nella 
																			chiesa 
																			nessuna 
																			crisi 
																			in 
																			atto 
																			che 
																			giustificasse 
																			la 
																			riunione 
																			di 
																			tutti 
																			i 
																			vescovi 
																			della 
																			terra 
																			(si 
																			pensi 
																			invece 
																			al 
																			Concilio 
																			di 
																			Trento 
																			riunitosi 
																			per 
																			rispondere 
																			alla 
																			grande 
																			minaccia 
																			e 
																			sfida 
																			della 
																			riforma, 
																			oppure 
																			al 
																			Vaticano 
																			I 
																			che 
																			si 
																			tenne 
																			sotto 
																			i 
																			colpi 
																			di 
																			cannone 
																			delle 
																			vicende 
																			dell’unità 
																			d’Italia) 
																			e 
																			d’altronde 
																			esso 
																			non 
																			fu 
																			frutto 
																			della 
																			volontà 
																			generale 
																			della 
																			chiesa 
																			ma 
																			dell’intuizione 
																			e 
																			della 
																			sensibilità 
																			di 
																			un 
																			uomo 
																			fino 
																			a 
																			quel 
																			momento 
																			sottovalutato: 
																			il 
																			papa 
																			Giovanni 
																			XXIII.
																			
																			
																			
																			
																			 
																			
																			
																			È 
																			proprio 
																			dalla 
																			preoccupazione 
																			del 
																			pontefice 
																			di 
																			fronte 
																			ad 
																			un 
																			mondo 
																			che 
																			nella 
																			sua 
																			modernità 
																			sfuggiva 
																			alla 
																			riflessione 
																			e 
																			all’attenzione 
																			della 
																			chiesa 
																			che 
																			nasce 
																			l’idea 
																			del 
																			concilio. 
																			Decisone 
																			personale 
																			di 
																			un 
																			pontefice 
																			che 
																			era 
																			da 
																			molti 
																			considerato 
																			solo 
																			di 
																			“transizione”, 
																			un 
																			“papa 
																			buono” 
																			attento 
																			alla 
																			pastorale 
																			ma 
																			distante 
																			dalla 
																			speculazione 
																			teologica.
																			
																			
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Il 
																			25 
																			gennaio 
																			1959, 
																			quindi 
																			solo 
																			pochi 
																			mesi 
																			dopo 
																			la 
																			salita 
																			al 
																			soglio 
																			pontificio 
																			(28 
																			ottobre 
																			1958), 
																			nella 
																			Basilica 
																			di 
																			San 
																			Paolo 
																			fuori 
																			le 
																			Mura, 
																			Giovanni 
																			XXIII 
																			annuncia 
																			le 
																			sue 
																			intenzioni, 
																			ma 
																			in 
																			verità 
																			gli 
																			scopi 
																			del 
																			concilio 
																			non 
																			sono 
																			per 
																			nulla 
																			definiti.
																			
																			
																			
																			
																			 
																			
																			
																			In 
																			ogni 
																			caso 
																			la 
																			preoccupazione 
																			della 
																			Curia 
																			Romana 
																			è 
																			notevole, 
																			in 
																			particolare 
																			il 
																			Segretario 
																			di 
																			Stato 
																			Tardini 
																			cercherà 
																			in 
																			ogni 
																			modo 
																			di 
																			ritardare 
																			la 
																			preparazione 
																			di 
																			un 
																			evento 
																			che 
																			avrebbe 
																			potuto 
																			sottrarre 
																			alla 
																			curia 
																			tutto 
																			il 
																			suo 
																			potere, 
																			rafforzatosi 
																			particolarmente 
																			dopo 
																			il 
																			Vaticano 
																			I.
																			
																			
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Solo 
																			dopo 
																			la 
																			morte 
																			di 
																			Tardini 
																			(1961) 
																			i 
																			lavori 
																			potranno 
																			proseguire 
																			ma 
																			il 
																			suo 
																			posto, 
																			quale 
																			capo 
																			dei 
																			“conservatori”, 
																			sarà 
																			preso 
																			dal 
																			Card. 
																			Ottaviani, 
																			Prefetto 
																			del 
																			Sant’Uffizio 
																			(oggi 
																			Congregazione 
																			per 
																			la 
																			Dottrina 
																			della 
																			Fede), 
																			il 
																			quale 
																			a 
																			differenza 
																			del 
																			Segretario 
																			di 
																			Stato 
																			non 
																			cercherà 
																			di 
																			rallentare 
																			i 
																			lavori 
																			ma 
																			di 
																			assumere 
																			il 
																			controllo 
																			nelle 
																			commissioni 
																			conciliari 
																			che 
																			avrebbero 
																			dovuto 
																			creare 
																			i 
																			documenti 
																			da 
																			sottoporre 
																			all’assemblea 
																			(altri 
																			esponenti 
																			di 
																			questa 
																			minoranza 
																			erano 
																			il 
																			vescovo 
																			di 
																			Segni, 
																			mons. 
																			Carli; 
																			il 
																			superiore 
																			degli 
																			spiritani 
																			M. 
																			Lefebvre; 
																			il
																			
																			Coetus 
																			Internationalis 
																			Patrum 
																			capeggiato 
																			dal 
																			vescovo 
																			brasiliano 
																			Sigaud, 
																			e da 
																			mons. 
																			Staffa 
																			dell’Università 
																			Lateranense; 
																			l’arcivescovo 
																			di 
																			Genova 
																			Siri 
																			e il 
																			card. 
																			Ruffini).
																			
																			
																			
																			
																			 
																			
																			
																			La 
																			cosiddetta 
																			minoranza 
																			conciliare 
																			era 
																			l’insieme 
																			di 
																			tutti 
																			quei 
																			padri 
																			che 
																			volevano 
																			una 
																			conservazione 
																			della 
																			tradizione 
																			ecclesiastica. 
																			In 
																			particolare 
																			erano 
																			preoccupati 
																			di 
																			conservare 
																			il 
																			deposito 
																			della 
																			fede 
																			nella 
																			sua 
																			interezza, 
																			opponendosi 
																			a 
																			ogni 
																			apertura 
																			a 
																			quelli 
																			che 
																			reputavano 
																			i 
																			maggiori 
																			mali 
																			della 
																			modernità: 
																			marxismo, 
																			evoluzionismo, 
																			relativismo 
																			e 
																			ateismo.
																			
																			
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Poiché 
																			molti 
																			padri 
																			di 
																			questa 
																			minoranza 
																			non 
																			avevano 
																			una 
																			profonda 
																			conoscenza 
																			storica, 
																			non 
																			si 
																			resero 
																			conto 
																			che 
																			le 
																			posizione 
																			che 
																			essi 
																			difendevano 
																			erano 
																			quelle 
																			giuridiche, 
																			nozionistiche 
																			e 
																			dogmatiche 
																			create 
																			a 
																			Trento 
																			e 
																			nel 
																			Vaticano 
																			I e 
																			non 
																			quelle 
																			delle 
																			Sacre 
																			Scritture.
																			
																			
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Paradossalmente 
																			la 
																			maggioranza 
																			conciliare, 
																			che 
																			difendeva 
																			l’ecumenismo, 
																			l’apertura 
																			al 
																			mondo 
																			contemporaneo, 
																			il 
																			rinnovamento 
																			della 
																			liturgia 
																			e 
																			dell’esegesi, 
																			non 
																			era 
																			il 
																			gruppo 
																			più 
																			“moderno” 
																			ma 
																			era 
																			quello 
																			che, 
																			ispirandosi 
																			alle 
																			Scritture 
																			e ai 
																			Padri 
																			della 
																			Chiesa, 
																			si 
																			richiamava 
																			al 
																			vero 
																			messaggio 
																			evangelico.
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Il 5 
																			giugno 
																			1960 
																			con 
																			il
																			
																			motu 
																			proprio 
																			Superno 
																			Dei 
																			nutu 
																			il 
																			pontefice 
																			istituisce 
																			10 
																			Commissioni 
																			pre-conciliari 
																			e 2 
																			Segretariati 
																			i 
																			quali 
																			avrebbero 
																			dovuto 
																			ideare 
																			i 
																			documenti 
																			che 
																			poi 
																			l’assemblea 
																			conciliare 
																			avrebbe 
																			votato.
																			
																			
																			
																			
																			 
																			
																			
																			L’idea 
																			della 
																			Curia 
																			romana 
																			era 
																			quella 
																			di 
																			monopolizzare 
																			queste 
																			commissioni 
																			per 
																			far 
																			si 
																			che 
																			l’assemblea, 
																			poi, 
																			avrebbe 
																			dovuto 
																			semplicemente 
																			(senza 
																			discussioni 
																			o 
																			emendamenti) 
																			approvare 
																			i 
																			propri 
																			documenti. 
																			Infatti, 
																			la 
																			composizione 
																			delle 
																			commissioni 
																			era 
																			abbastanza 
																			ambigua, 
																			in 
																			quanto 
																			i 
																			vari 
																			presidenti 
																			erano 
																			gli 
																			Cardinal 
																			Prefetti 
																			delle 
																			corrispondenti 
																			Congregazioni 
																			Vaticane 
																			i 
																			quali 
																			potevano 
																			scegliere 
																			anche 
																			i 
																			propri 
																			vicepresidenti 
																			e i 
																			propri 
																			segretari. 
																			Ottaviani 
																			e la 
																			Curia 
																			romana 
																			avevano 
																			il 
																			completo 
																			controllo. 
																			Il 
																			primo 
																			“attacco” 
																			avviene 
																			ancor 
																			prima 
																			dell’apertura 
																			del 
																			concilio 
																			in 
																			quanto 
																			il 
																			22 
																			febbraio 
																			1962 
																			il 
																			pontefice 
																			promulga 
																			la 
																			costituzione 
																			apostolica
																			
																			Veterum 
																			Sapientia
																			
																			sulla 
																			difesa 
																			del 
																			latino 
																			all’interno 
																			dei 
																			seminari.
																			
																			
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Il 
																			testo 
																			è 
																			abbastanza 
																			ambiguo 
																			in 
																			quanto 
																			non 
																			corrisponde 
																			alle 
																			preoccupazioni 
																			e 
																			agli 
																			interessi 
																			del 
																			pontefice, 
																			in 
																			quale, 
																			invece, 
																			aperto 
																			al 
																			dialogo 
																			anche 
																			a 
																			causa 
																			della 
																			sua 
																			esperienza 
																			come 
																			delegato 
																			apostolico 
																			in 
																			Bulgaria 
																			(poi 
																			anche 
																			in 
																			Grecia 
																			e 
																			Turchia), 
																			è 
																			ben 
																			attento 
																			alle 
																			questioni 
																			ecumeniche. 
																			In 
																			verità 
																			un’analisi 
																			attenta 
																			del 
																			testo 
																			(grazie 
																			alla 
																			linguistica 
																			computazionale) 
																			ci 
																			dimostra 
																			che 
																			esso 
																			non 
																			è 
																			frutto 
																			della 
																			penna 
																			del 
																			pontefice 
																			ma 
																			bensì 
																			di 
																			pressioni 
																			esterne.
																			
																			
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Si 
																			tratta 
																			proprio 
																			di 
																			quella 
																			fazione 
																			conservatrice 
																			che 
																			vedeva 
																			nel 
																			latino 
																			un 
																			simbolo 
																			di 
																			quella 
																			chiesa 
																			autosufficiente 
																			sanzionata 
																			dal 
																			Vaticano 
																			I; 
																			il 
																			latino, 
																			quindi, 
																			non 
																			era 
																			il 
																			simbolo 
																			della 
																			tradizione 
																			ma 
																			il 
																			simbolo 
																			dell’uniformità 
																			tridentina 
																			e di 
																			quell’immagine 
																			monolitica 
																			della 
																			chiesa 
																			quale 
																			societas 
																			perfecta.
																			
																			
																			
																			
																			
																			
																			 
																			
																			
																			La 
																			costituzione 
																			sul 
																			latino 
																			nei 
																			seminari 
																			voleva 
																			essere 
																			un 
																			monito 
																			affinché 
																			le 
																			cose 
																			non 
																			cambiassero, 
																			una 
																			specie 
																			di 
																			pressione 
																			sui 
																			padri 
																			conciliari, 
																			ma 
																			in 
																			verità 
																			pochi 
																			ne 
																			tennero 
																			conto 
																			e 
																			rimase 
																			un 
																			semplice 
																			documento 
																			sull’insegnamento 
																			del 
																			latino 
																			(per 
																			inciso, 
																			un 
																			ulteriore 
																			prova 
																			dell’estraneità 
																			del 
																			documento 
																			rispetto 
																			alla 
																			sensibilità 
																			roncalliana 
																			è 
																			data 
																			dal 
																			fatto 
																			che 
																			lo 
																			stesso 
																			giorno 
																			della 
																			pubblicazione 
																			della 
																			costituzione 
																			il 
																			pontefice 
																			pronuncerà 
																			il 
																			famoso 
																			discorso 
																			ai 
																			parroci 
																			e 
																			predicatori 
																			quaresimali 
																			sul 
																			fatto 
																			che 
																			tutte 
																			le 
																			lingue 
																			sono 
																			rappresentate 
																			nella 
																			chiesa).
																			
																			
																			 
																			
																			
																			L’11 
																			ottobre 
																			finalmente 
																			il 
																			concilio 
																			si 
																			apre, 
																			i 
																			padri 
																			conciliari 
																			sono 
																			2381. 
																			Nel 
																			discorso 
																			d’apertura
																			
																			Gaudet 
																			mater 
																			ecclesia 
																			il 
																			pontefice 
																			sottolinea, 
																			tra 
																			l’altro, 
																			quelli 
																			che 
																			saranno 
																			i 
																			due 
																			grandi 
																			obiettivi 
																			del 
																			concilio: 
																			l’ecumenismo 
																			(aperto 
																			non 
																			solo 
																			alla 
																			religione 
																			cristiana 
																			ma a 
																			tutti 
																			gli 
																			uomini), 
																			e 
																			l’aggiornamento 
																			(nel 
																			senso 
																			non 
																			di 
																			riforma 
																			ma 
																			di 
																			continua 
																			ricerca, 
																			cioè 
																			di 
																			apertura 
																			al 
																			mondo 
																			moderno, 
																			di 
																			adattamento 
																			del 
																			messaggio 
																			evangelico 
																			alla 
																			realtà 
																			contemporanea 
																			in 
																			quanto 
																			sebbene 
																			la 
																			sostanza 
																			della 
																			verità 
																			salvifica 
																			non 
																			cambiasse 
																			la 
																			maniera 
																			in 
																			cui 
																			questa 
																			verità 
																			veniva 
																			presentata 
																			doveva 
																			essere 
																			necessariamente 
																			adattata 
																			ai 
																			tempi 
																			per 
																			essere 
																			più 
																			efficace).
																			
																			
																			 
																			
																			
																			 Mi 
																			propongo 
																			di 
																			esporre 
																			solo 
																			alcuni 
																			dei 
																			fatti 
																			più 
																			eclatanti 
																			in 
																			cui 
																			si 
																			espresse 
																			la 
																			fazione 
																			conservatrice 
																			senza 
																			scendere 
																			nel 
																			particolare 
																			delle 
																			procedure 
																			e 
																			dei 
																			lavori 
																			conciliari 
																			che, 
																			per 
																			la 
																			loro 
																			complessità, 
																			richiederebbero 
																			una 
																			delucidazione 
																			specifica.
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Il 
																			concilio, 
																			che 
																			si 
																			chiuderà 
																			l’8 
																			dicembre 
																			1965, 
																			divide 
																			i 
																			suoi 
																			lavori 
																			in 4 
																			sessioni 
																			di 
																			lavoro 
																			corrispondenti 
																			agli 
																			autunni 
																			dei 
																			rispettivi 
																			anni: 
																			Prima 
																			Sessione: 
																			12 
																			ottobre 
																			– 8 
																			dicembre 
																			1962; 
																			Seconda 
																			Sessione: 
																			29 
																			settembre 
																			– 4 
																			dicembre 
																			1963; 
																			Terza 
																			Sessione: 
																			14 
																			settembre 
																			– 21 
																			novembre 
																			1964; 
																			Quarta 
																			Sessione: 
																			14 
																			settembre 
																			– 7 
																			dicembre 
																			1965.
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Durante 
																			la 
																			prima 
																			sessione 
																			si 
																			discusse, 
																			tra 
																			gli 
																			altri, 
																			il 
																			documento 
																			sulla 
																			Rivelazione 
																			(De 
																			Fontibus 
																			Revelationis), 
																			creato 
																			dalla 
																			Commissione 
																			Teologia 
																			di 
																			Ottaviani. 
																			Questo 
																			testo 
																			non 
																			riconosceva 
																			le 
																			ultime 
																			ricerche 
																			in 
																			campo 
																			teologico 
																			né 
																			accettava 
																			una 
																			discussione 
																			sul 
																			tema, 
																			esso 
																			rappresentava 
																			semplicemente 
																			la 
																			canonizzazione 
																			del 
																			punto 
																			di 
																			vista 
																			dell’Accademia 
																			Teologia 
																			Romana 
																			(e 
																			dell’Università 
																			Lateranense) 
																			che 
																			ci 
																			presentava 
																			la 
																			rivelazione 
																			quale 
																			insieme 
																			nozionistico 
																			e 
																			dogmatico 
																			così 
																			com’era 
																			stato 
																			presentato 
																			dal 
																			Vaticano 
																			I.
																			
																			
																			
																			
																			 
																			
																			
																			In 
																			particolare 
																			il 
																			Vaticano 
																			I 
																			superando 
																			la 
																			prospettiva 
																			di 
																			Trento 
																			secondo 
																			cui 
																			tutta 
																			la 
																			verità 
																			salvifica 
																			e la 
																			disciplina 
																			morale 
																			sono 
																			contenute 
																			nel 
																			Vangelo 
																			affermava 
																			che 
																			la 
																			rivelazione 
																			è 
																			contenuta 
																			nella 
																			tradizione 
																			della 
																			chiesa 
																			e 
																			nelle 
																			sacre 
																			scritture 
																			dando, 
																			quindi, 
																			un 
																			carattere 
																			dualistico 
																			alla 
																			parola 
																			di 
																			Dio.
																			
																			
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Questa 
																			prospettiva 
																			(nozionistica 
																			e 
																			dualistica) 
																			non 
																			era 
																			condivisa 
																			dai 
																			padri 
																			conciliari 
																			i 
																			quali 
																			avevano 
																			una 
																			visione 
																			della 
																			rivelazione 
																			più 
																			incentrata 
																			sull’esperienza 
																			di 
																			cristo 
																			e 
																			sulla 
																			libertà 
																			umana 
																			di 
																			far 
																			propria 
																			questa 
																			esperienza, 
																			sul 
																			carattere 
																			unitario 
																			della 
																			rivelazione 
																			(tradizione 
																			e 
																			scritture 
																			hanno 
																			una 
																			stessa 
																			origine: 
																			la 
																			Parola 
																			di 
																			Dio), 
																			e 
																			sulla 
																			possibilità 
																			di 
																			usare 
																			strumenti 
																			filologici 
																			(Redaktionsgeschichte 
																			e 
																			Formgeschichte) 
																			nella 
																			ricerca 
																			esegetica 
																			sulle 
																			scritture. 
																			Nel 
																			momento 
																			in 
																			cui 
																			il 
																			testo 
																			doveva 
																			essere 
																			votato 
																			(ogni 
																			approvazione 
																			richiedeva, 
																			secondo 
																			il 
																			regolamento 
																			conciliare, 
																			una 
																			maggioranza 
																			di 
																			2/3) 
																			la 
																			domanda 
																			da 
																			porre 
																			ai 
																			padri 
																			conciliari 
																			fu 
																			formulata 
																			in 
																			maniera 
																			ambigua 
																			in 
																			quanto 
																			non 
																			chiedeva 
																			“approvate 
																			il 
																			testo 
																			proposto?” 
																			ma 
																			bensì 
																			“approvate 
																			che 
																			il 
																			testo 
																			sia 
																			rinviato 
																			in 
																			commissione 
																			per 
																			la 
																			revisione?”; 
																			se 
																			nel 
																			primo 
																			cosa 
																			c’era 
																			bisogno 
																			dei 
																			2/3 
																			dei 
																			voti 
																			per 
																			far 
																			passare 
																			il 
																			testo 
																			(cosa 
																			impossibile 
																			in 
																			quanto 
																			la 
																			minoranza 
																			conservatrice 
																			non 
																			disponeva 
																			di 
																			questo 
																			consenso) 
																			nel 
																			secondo 
																			caso 
																			ne 
																			bastavano 
																			1/3 
																			per 
																			bloccare 
																			il 
																			ritorno 
																			in 
																			commissione 
																			dello 
																			stesso 
																			e 
																			quindi, 
																			di 
																			fatto, 
																			approvare 
																			il 
																			testo 
																			della 
																			minoranza.
																			
																			
																			
																			
																			 
																			
																			
																			In 
																			effetti 
																			lo 
																			stratagemma 
																			riuscì 
																			(i 
																			padri 
																			non 
																			raggiunsero 
																			per 
																			un 
																			centinaio 
																			di 
																			voti 
																			i 
																			2/3 
																			) e 
																			fu 
																			solo 
																			grazie 
																			all’intervento 
																			di 
																			Giovanni 
																			XXIII 
																			che 
																			la 
																			vittoria 
																			della 
																			minoranza 
																			non 
																			fu 
																			totale, 
																			infatti, 
																			il 
																			pontefice 
																			creò 
																			una 
																			Commissione 
																			mista 
																			(Commissione 
																			teologia 
																			insieme 
																			al 
																			Segretariato 
																			per 
																			l’unione 
																			dei 
																			cristiani) 
																			che 
																			avrebbe 
																			dovuto 
																			rivedere 
																			il 
																			testo. 
																			La 
																			vittoria 
																			era 
																			sfumata 
																			solo 
																			per 
																			un 
																			intervento 
																			extra-conciliare 
																			del 
																			Papa 
																			che 
																			non 
																			poteva 
																			essere 
																			posto 
																			in 
																			discussione.
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Un 
																			nuovo 
																			“attacco” 
																			si 
																			ebbe 
																			nel 
																			corso 
																			della 
																			seconda 
																			sessione, 
																			durante 
																			la 
																			discussione 
																			sul 
																			testo 
																			concernente 
																			la 
																			Chiesa 
																			(De 
																			Ecclesia). 
																			Il 
																			testo 
																			era 
																			uno 
																			dei 
																			più 
																			importanti 
																			del 
																			concilio 
																			poiché 
																			si 
																			affrontavano 
																			in 
																			esso 
																			due 
																			temi 
																			scottanti: 
																			il 
																			diaconato 
																			permanente 
																			e la 
																			collegialità 
																			episcopale. 
																			Sebbene 
																			il 
																			testo 
																			trovasse 
																			un 
																			largo 
																			consenso 
																			durante 
																			la 
																			votazione 
																			generale, 
																			il 
																			problema 
																			era 
																			che 
																			molti 
																			furono 
																			gli 
																			emendamenti 
																			proposti 
																			per 
																			migliorarlo. 
																			Se 
																			alcuni 
																			di 
																			questi 
																			rappresentavano 
																			la 
																			volontà 
																			di 
																			molti 
																			padri 
																			conciliari, 
																			altri 
																			erano 
																			approvati 
																			solo 
																			da 
																			pochi. 
																			Era 
																			necessario 
																			conoscere 
																			la 
																			vera 
																			volontà 
																			dell’assemblea 
																			per 
																			poter 
																			approvare 
																			gli 
																			emendamenti 
																			giusti 
																			e 
																			più 
																			condivisi.
																			
																			
																			
																			
																			 
																			
																			
																			A 
																			questo 
																			proposito 
																			Dossetti 
																			(consigliere 
																			del 
																			card. 
																			Lercaro 
																			vescovo 
																			di 
																			Bologna), 
																			personaggio 
																			straordinariamente 
																			competente 
																			circa 
																			le 
																			vicende 
																			conciliari 
																			(aveva 
																			fatto 
																			parte 
																			della 
																			Costituente 
																			italiana), 
																			propose 
																			di 
																			sottoporre 
																			alla 
																			commissione 
																			4 
																			quesiti 
																			per 
																			conoscere 
																			la 
																			volontà 
																			conciliare. 
																			Il 
																			15 
																			ottobre 
																			il 
																			card. 
																			Suenens 
																			(arcivescovo 
																			di 
																			Bruxelles) 
																			annunciò 
																			la 
																			prossima 
																			votazione 
																			dei 
																			quesiti, 
																			solo 
																			a 
																			questo 
																			punto 
																			la 
																			minoranza 
																			si 
																			mosse 
																			preoccupata 
																			dal 
																			fatto 
																			che 
																			i 
																			quesiti 
																			avrebbero 
																			dimostrato 
																			palesemente 
																			quale 
																			fosse 
																			la 
																			volontà 
																			dell’assemblea.
																			
																			
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Il 
																			Segretario 
																			di 
																			Stato 
																			card. 
																			Cicognani 
																			(anche 
																			presidente 
																			della 
																			Commissione 
																			Di 
																			Coordinamento) 
																			e il 
																			Segretario 
																			Generale 
																			del 
																			Concilio, 
																			mons. 
																			Felici, 
																			fecero 
																			pressioni 
																			sul 
																			pontefice 
																			Paolo 
																			VI 
																			(Giovanni 
																			XXIII 
																			era 
																			scomparso 
																			il 2 
																			giugno 
																			1963) 
																			il 
																			quale, 
																			preoccupato 
																			di 
																			far 
																			approvare 
																			un 
																			testo 
																			condiviso 
																			dalla 
																			maggior 
																			parte 
																			dei 
																			padri, 
																			e 
																			quindi 
																			anche 
																			dalla 
																			minoranza, 
																			bloccò 
																			l’iniziativa 
																			di 
																			Dossetti. 
																			In 
																			verità 
																			ben 
																			più 
																			profonde 
																			erano 
																			le 
																			preoccupazioni 
																			dello 
																			stesso 
																			pontefice 
																			il 
																			quale, 
																			a 
																			differenza 
																			del 
																			suo 
																			predecessore, 
																			era 
																			più 
																			moderato 
																			e 
																			soprattutto 
																			rigoroso 
																			circa 
																			testi 
																			che 
																			avrebbero 
																			potuto 
																			avere 
																			interpretazioni 
																			ambigue.
																			
																			
																			
																			
																			 
																			
																			
																			La 
																			Curia, 
																			conoscendo 
																			le 
																			esitazioni 
																			del 
																			pontefice, 
																			non 
																			esitava 
																			nel 
																			suscitare 
																			le 
																			sue 
																			inquietudini. 
																			Fu 
																			solo 
																			l’intervento 
																			dei 
																			Moderatori 
																			(nuovo 
																			organo 
																			creato 
																			dallo 
																			stesso 
																			Paolo 
																			VI) 
																			e 
																			soprattutto 
																			il 
																			famoso 
																			discorso 
																			di 
																			Suenens 
																			nella 
																			celebrazione 
																			della 
																			salita 
																			al 
																			soglio 
																			pontificio 
																			di 
																			Giovanni 
																			XXIII 
																			(28 
																			ottobre) 
																			che 
																			convinsero 
																			il 
																			pontefice 
																			a 
																			creare 
																			una 
																			Commissione 
																			d’Arbitrato 
																			la 
																			quale, 
																			per 
																			un 
																			solo 
																			voto, 
																			accettò 
																			i 
																			quesiti. 
																			Questa 
																			volta 
																			la 
																			minoranza 
																			aveva 
																			perso, 
																			infatti, 
																			i 
																			quesiti 
																			dimostrarono 
																			la 
																			debolezza 
																			delle 
																			loro 
																			posizioni. 
																			Ma 
																			la 
																			loro 
																			reazione 
																			non 
																			si 
																			fece 
																			attendere 
																			e fu 
																			particolarmente 
																			forte 
																			durante 
																			la 
																			terza 
																			sessione.
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Il 
																			14 
																			settembre 
																			1964 
																			si 
																			apre, 
																			in 
																			una 
																			grande 
																			euforia, 
																			la 
																			terza 
																			sessione. 
																			Molti 
																			speravano 
																			che 
																			si 
																			trattasse 
																			dell’ultima 
																			ma i 
																			lavori 
																			conciliari 
																			dovettero 
																			subito 
																			arrestarsi 
																			dinanzi 
																			all’analisi 
																			del 
																			testo 
																			sui 
																			vescovi. 
																			In 
																			particolare 
																			il 
																			voto 
																			dei 
																			quesiti 
																			di 
																			Dossetti 
																			aveva 
																			dimostrato 
																			il 
																			grande 
																			consenso 
																			che 
																			la 
																			questione 
																			della 
																			collegialità 
																			aveva 
																			tra 
																			i 
																			vescovi, 
																			ma 
																			la 
																			minoranza 
																			non 
																			poteva 
																			accettare 
																			la 
																			messa 
																			in 
																			discussione 
																			dell’infallibilità 
																			papale 
																			e 
																			della 
																			sua 
																			piena 
																			podestà 
																			sulla 
																			chiesa 
																			(e 
																			quindi 
																			anche 
																			il 
																			potere 
																			della 
																			curia).
																			
																			
																			
																			
																			 
																			
																			
																			All’ultimo 
																			momento 
																			dal 
																			testo 
																			presentato 
																			fu 
																			eliminata 
																			la 
																			dicitura
																			
																			plena 
																			potestas
																			
																			circa 
																			il 
																			collegio 
																			episcopale 
																			e 
																			quindi, 
																			grazie 
																			soprattutto 
																			all’intervento 
																			del 
																			Collegio 
																			Belga 
																			il 
																			testo 
																			non 
																			fu 
																			approvato.
																			
																			
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Era 
																			chiaro 
																			che 
																			la 
																			terza 
																			sessione 
																			non 
																			sarebbe 
																			stata 
																			l’ultima. 
																			La 
																			terza 
																			sessione 
																			doveva 
																			concludersi 
																			con 
																			la 
																			cosiddetta 
																			“Settimana 
																			Nera 
																			“ 
																			che 
																			rappresento 
																			la 
																			più 
																			forte 
																			imposizione 
																			della 
																			minoranza 
																			conciliare. 
																			I 
																			primi 
																			problemi 
																			si 
																			ebbero 
																			circa 
																			il 
																			testo 
																			sulla 
																			chiesa. 
																			Per 
																			smorzare 
																			la 
																			potenzialità 
																			del 
																			capitolo 
																			III 
																			sulla 
																			collegialità 
																			episcopale 
																			il 
																			pontefice 
																			impose 
																			la
																			
																			Nota 
																			Explicativa 
																			Praevia
																			
																			(il 
																			16 
																			novembre)
																			
																			cioè 
																			una 
																			spiegazione 
																			delle 
																			modalità 
																			adottate 
																			per 
																			l’inserimento 
																			degli 
																			emendamenti 
																			della 
																			minoranza.
																			
																			
																			
																			
																			 
																			
																			
																			In 
																			pratica 
																			si 
																			evidenziavano 
																			limiti 
																			dell’autorità 
																			del 
																			collegio 
																			episcopale. 
																			In 
																			particolare 
																			si 
																			sottolineava 
																			che 
																			il 
																			concetto 
																			di 
																			collegialità 
																			non 
																			implicasse 
																			un’uguaglianza 
																			tra 
																			i 
																			vescovi 
																			e il 
																			pontefice 
																			e 
																			anche 
																			se 
																			si 
																			sottolineava 
																			il 
																			carattere 
																			sacramentale 
																			del 
																			titolo 
																			di 
																			vescovo 
																			si 
																			ribadiva 
																			che 
																			questo 
																			titolo 
																			conferisse 
																			solo 
																			poteri 
																			d’ordine 
																			(circa 
																			le 
																			funzioni 
																			sacre) 
																			ma 
																			non 
																			poteri 
																			giuridici 
																			(di 
																			azione) 
																			i 
																			quali 
																			dovevano 
																			essere 
																			conferiti 
																			giuridicamente 
																			e 
																			canonicamente 
																			dall’autorità 
																			gerarchica. 
																			Inoltre 
																			la 
																			nota 
																			sottolineava 
																			che 
																			il 
																			pontefice 
																			aveva 
																			tutta 
																			una 
																			serie 
																			di 
																			poteri 
																			che 
																			i 
																			vescovi 
																			e la 
																			loro 
																			collegialità 
																			non 
																			potevano 
																			avere 
																			e 
																			che 
																			il 
																			suo 
																			potere 
																			può 
																			essere 
																			esercitato 
																			in 
																			qualsiasi 
																			momento 
																			(così 
																			non 
																			è 
																			per 
																			il 
																			collegio 
																			episcopale).
																			
																			
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Sebbene 
																			la 
																			nota 
																			non 
																			cambiasse 
																			nella 
																			sostanza 
																			il 
																			testo, 
																			essa 
																			fu 
																			una 
																			vittoria 
																			di 
																			Ruffini 
																			e 
																			Ottaviani 
																			perché 
																			metteva 
																			in 
																			risalto 
																			il 
																			carattere 
																			limitato, 
																			di 
																			compromesso, 
																			del 
																			testo, 
																			inoltre 
																			la 
																			preoccupazione 
																			di 
																			non 
																			sminuire 
																			l’autorità 
																			del 
																			Papa 
																			portò 
																			alla 
																			ripetizione 
																			(più 
																			di 
																			40 
																			volte) 
																			nel 
																			testo 
																			del 
																			fatto 
																			che 
																			i 
																			vescovi 
																			avevano 
																			autorità 
																			non 
																			solo
																			
																			cum 
																			Petro 
																			ma 
																			anche 
																			e 
																			soprattutto
																			
																			sub 
																			Petro.
																			
																			
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Una 
																			seconda 
																			discussione 
																			si 
																			accese 
																			circa 
																			il 
																			testo 
																			sulla 
																			libertà 
																			religiosa. 
																			Il 
																			documento, 
																			creato 
																			da 
																			mons. 
																			Pavan 
																			e da 
																			mons. 
																			Murray 
																			sottolineava 
																			il 
																			fatto 
																			che 
																			le 
																			società 
																			civili 
																			non 
																			possono 
																			imporre 
																			una 
																			religione 
																			come 
																			premessa 
																			per 
																			accedere 
																			ai 
																			diritti 
																			civili, 
																			invece 
																			Ottaviani 
																			sosteneva 
																			che 
																			in 
																			quegli 
																			stati 
																			in 
																			cui 
																			la 
																			religione 
																			cattolica 
																			fosse 
																			stata 
																			maggioritaria, 
																			solo 
																			questa 
																			doveva 
																			essere 
																			protetta 
																			dallo 
																			stato, 
																			invece 
																			in 
																			quelli 
																			dove 
																			fosse 
																			stata 
																			minoritaria 
																			si 
																			richiamava 
																			al 
																			diritto 
																			dell’uguaglianza 
																			di 
																			tutte 
																			le 
																			sette.
																			
																			
																			
																			
																			 
																			
																			
																			A 
																			detta 
																			di 
																			Ottaviani: 
																			due 
																			pesi 
																			e 
																			due 
																			misure, 
																			uno 
																			per 
																			la 
																			verità 
																			e 
																			uno 
																			per 
																			l’errore. 
																			In 
																			verità 
																			lo 
																			scontro 
																			era 
																			ben 
																			più 
																			profondo: 
																			da 
																			una 
																			parte 
																			si 
																			partiva 
																			dal 
																			presupposto 
																			imprescindibile 
																			secondo 
																			cui 
																			la 
																			Verità 
																			fosse 
																			solo 
																			nella 
																			religione 
																			cattolica, 
																			dall’altra 
																			parte 
																			si 
																			partiva 
																			dalla 
																			persona 
																			umana 
																			e 
																			dai 
																			suoi 
																			diritti 
																			fondamentali, 
																			tra 
																			i 
																			quali, 
																			per 
																			l’appunto, 
																			la 
																			possibilità 
																			di 
																			accedere 
																			liberamente 
																			alla 
																			verità 
																			riconosciuta 
																			dalla 
																			coscienza.
																			
																			
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Sotto 
																			la 
																			pressione 
																			della 
																			minoranza 
																			fu 
																			creata 
																			una 
																			commissione 
																			per 
																			riesaminare 
																			il 
																			testo, 
																			i 
																			membri 
																			di 
																			questo 
																			gruppo, 
																			però, 
																			erano 
																			i 
																			massimi 
																			esponenti 
																			della 
																			minoranza: 
																			il 
																			card. 
																			Brown, 
																			Fernandez 
																			generale 
																			dei 
																			domenicani, 
																			M. 
																			Lefevbre 
																			superiore 
																			degli 
																			spiritani 
																			(la 
																			sua 
																			nomina 
																			fu 
																			un 
																			errore, 
																			doveva 
																			essere 
																			nominato 
																			J.Lefevbre 
																			di 
																			Bourges) 
																			e C. 
																			Colombo 
																			(ausiliare 
																			di 
																			Milano), 
																			l’unico 
																			che 
																			condivideva 
																			gli 
																			orientamenti 
																			di 
																			Pavan 
																			e 
																			Murray. 
																			Fu 
																			solo 
																			grazie 
																			all’intervento 
																			dell’arcivescovo 
																			Frings 
																			di 
																			Colonia 
																			che 
																			si 
																			potette 
																			arrivare 
																			ad 
																			una 
																			nuova 
																			commissione 
																			mista 
																			la 
																			quale 
																			modificò 
																			profondamente 
																			il 
																			testo.
																			
																			
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Sconfitti 
																			circa 
																			la 
																			commissione, 
																			i 
																			conservatori 
																			non 
																			si 
																			arresero 
																			e il 
																			19 
																			novembre 
																			fecero 
																			notare 
																			alla 
																			presidenza 
																			che 
																			poiché 
																			il 
																			testo 
																			era 
																			stato 
																			profondamente 
																			rimaneggiato 
																			non 
																			poteva 
																			essere 
																			immediatamente 
																			approvato, 
																			senza 
																			una 
																			preliminare 
																			discussione, 
																			ma 
																			la 
																			sua 
																			votazione 
																			doveva 
																			essere 
																			rimandata 
																			all’ormai 
																			inevitabile 
																			quarta 
																			sessione.
																			
																			
																			
																			
																			 
																			
																			
																			L’annuncio 
																			del 
																			rinvio 
																			fu 
																			fatto 
																			dal 
																			card. 
																			Tisserant 
																			a 
																			nome 
																			della 
																			presidenza, 
																			la 
																			qual 
																			cosa 
																			lo 
																			portò 
																			immediatamente 
																			allo 
																			scontro 
																			con 
																			il 
																			card. 
																			Meyer 
																			di 
																			Boston, 
																			anche 
																			lui 
																			facente 
																			parte 
																			della 
																			presidenza, 
																			ma 
																			sulla 
																			qual 
																			cosa 
																			non 
																			era 
																			stato 
																			interpellato 
																			(per 
																			inciso 
																			i 
																			padri 
																			statunitensi 
																			erano 
																			i 
																			più 
																			attenti 
																			alla 
																			questione 
																			della 
																			libertà 
																			religiosa).
																			
																			
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Subito 
																			si 
																			creò 
																			un 
																			movimento 
																			di 
																			più 
																			di 
																			1000 
																			padri 
																			conciliari 
																			i 
																			quali 
																			richiesero 
																			“instanter, 
																			instantitus, 
																			instantissime” 
																			l’intervento 
																			del 
																			pontefice, 
																			ma 
																			il 
																			regolamento 
																			era 
																			chiaro 
																			e il 
																			testo 
																			doveva 
																			essere 
																			rinviato. 
																			Ma 
																			la 
																			settimana 
																			nera 
																			non 
																			si 
																			era 
																			ancora 
																			conclusa. 
																			Prima 
																			di 
																			essere 
																			promulgato 
																			(21 
																			novembre) 
																			il 
																			testo 
																			sull’ecumenismo, 
																			il 
																			decreto
																			
																			Unitatis 
																			Redintegratio,fu 
																			modificato 
																			dal 
																			pontefice 
																			il 
																			quale 
																			introdusse 
																			alcuni 
																			emendamenti 
																			che 
																			ne 
																			attenuarono 
																			la 
																			portata, 
																			inoltre 
																			Paolo 
																			VI 
																			dissuase 
																			i 
																			padri 
																			conciliari 
																			dalla 
																			canonizzazione 
																			conciliare 
																			di 
																			Giovanni 
																			XXIII, 
																			il 
																			padre 
																			del 
																			concilio 
																			veniva 
																			messo 
																			in 
																			secondo 
																			piano. 
																			Nel 
																			discorso 
																			di 
																			chiusura 
																			della 
																			terza 
																			sessione 
																			(21 
																			novembre) 
																			il 
																			pontefice 
																			dichiara, 
																			di 
																			propria 
																			autorità, 
																			“Maria 
																			Madre 
																			della 
																			Chiesa”, 
																			titolo 
																			che 
																			non 
																			era 
																			stato 
																			introdotto 
																			dal 
																			concilio 
																			nel 
																			testo 
																			sulla 
																			Vergine.
																			
																			
																			
																			
																			 
																			
																			
																			La 
																			terza 
																			sessione 
																			terminava 
																			con 
																			grande 
																			delusione 
																			di 
																			coloro 
																			che 
																			s’ispiravano 
																			ancora 
																			all’opera 
																			roncalliana 
																			e 
																			con 
																			la 
																			consapevolezza 
																			che 
																			il 
																			concilio 
																			stava 
																			perdendo 
																			il 
																			suo 
																			vero 
																			spirito. 
																			Era 
																			opportuno 
																			chiuderlo 
																			al 
																			più 
																			presto.
																			
																			
																			 
																			
																			
																			La 
																			consapevolezza 
																			dell’affievolirsi 
																			dello 
																			spirito 
																			di 
																			Giovanni 
																			XXIII 
																			fu 
																			evidente 
																			anche 
																			nel 
																			fatto 
																			che 
																			Paolo 
																			VI 
																			rifiuto 
																			di 
																			sottoporre 
																			all’attenzione 
																			del 
																			concilio 
																			temi 
																			scottanti 
																			quali: 
																			il 
																			celibato 
																			ecclesiastico, 
																			la 
																			questione 
																			del 
																			controllo 
																			delle 
																			nascite, 
																			il 
																			ruolo 
																			della 
																			donna 
																			nella 
																			chiesa 
																			e la 
																			questione 
																			circa 
																			la 
																			possibilità 
																			di 
																			risposarsi 
																			da 
																			parte 
																			di 
																			chi 
																			era 
																			stato 
																			abbandonato 
																			dal 
																			coniuge. 
																			Il 
																			concilio 
																			doveva 
																			concludersi 
																			cercando 
																			di 
																			salvare 
																			tutto 
																			quello 
																			che 
																			c’era 
																			di 
																			buono 
																			nei 
																			testi 
																			che 
																			avevano 
																			conservato 
																			lo 
																			spirito 
																			inziale.
																			
																			
																			
																			
																			 
																			
																			
																			In 
																			quest’ottica 
																			deve 
																			essere 
																			letta 
																			la 
																			quarta 
																			sessione 
																			caratterizzata 
																			da 
																			un 
																			lavoro 
																			estenuante 
																			da 
																			parte 
																			delle 
																			commissioni 
																			e 
																			dell’assemblea 
																			per 
																			votare 
																			i 
																			documenti 
																			restanti 
																			(11 
																			su 
																			16 
																			totali). 
																			Durante 
																			quest’ultima 
																			sessione 
																			l’azione 
																			della 
																			minoranza 
																			si 
																			concretizzò 
																			soprattutto 
																			nell’influenza 
																			sulla 
																			stesura 
																			dello 
																			schema 
																			XIII 
																			(quella 
																			che 
																			poi 
																			sarebbe 
																			diventata 
																			la 
																			costituzione 
																			pastorale
																			
																			Gaudium 
																			et 
																			spes 
																			sul 
																			rapporto 
																			tra 
																			la 
																			chiesa 
																			e il 
																			mondo 
																			contemporaneo).
																			
																			
																			
																			
																			 
																			
																			
																			A 
																			causa 
																			di 
																			un 
																			errore 
																			del 
																			segretario 
																			della 
																			Commissione 
																			dei 
																			Laici 
																			(mons. 
																			Glorieux) 
																			un 
																			emendamento 
																			della 
																			minoranza 
																			fu 
																			tralasciato 
																			la 
																			qual 
																			cosa 
																			accese 
																			la 
																			reazione 
																			dei 
																			conservatori 
																			i 
																			quali 
																			fecero 
																			pressione 
																			sul 
																			pontefice 
																			affinché 
																			fosse 
																			inserita 
																			una 
																			nota 
																			che 
																			ricordasse 
																			le 
																			encicliche 
																			anticomuniste. 
																			Inoltre 
																			Paolo 
																			VI 
																			impose 
																			degli 
																			emendamenti, 
																			circa 
																			il 
																			matrimonio, 
																			ispirati 
																			all’enciclica
																			
																			Casti 
																			Connubi 
																			di 
																			Pio 
																			XI, 
																			di 
																			chiara 
																			matrice 
																			conservatrice.
																			
																			
																			 
																			
																			
																			L’8 
																			dicembre 
																			1965 
																			si 
																			chiudeva 
																			il 
																			Concilio. 
																			Molti 
																			erano 
																			stati 
																			i 
																			risultati 
																			ottenuti. 
																			Si 
																			pensi 
																			alla 
																			novità 
																			della 
																			costituzione 
																			sulla 
																			rivelazione 
																			(Dei 
																			Verbum), 
																			alle 
																			modifiche 
																			sulla 
																			liturgia 
																			(in 
																			particolare 
																			circa 
																			l’uso 
																			della 
																			lingua 
																			volgare) 
																			nella 
																			costituzione
																			
																			Sacrosanctum 
																			Concilium
																			
																			, ai 
																			testi 
																			sulla 
																			libertà 
																			religiosa 
																			(Dignitatis 
																			Humanae) 
																			e 
																			sulle 
																			religioni 
																			non 
																			cristiane 
																			(Nostra 
																			Aetate) 
																			in 
																			cui 
																			si 
																			sottolineava 
																			la 
																			dignità 
																			umana 
																			nella 
																			libera 
																			scelta 
																			del 
																			proprio 
																			culto 
																			e i 
																			valori 
																			positivi 
																			presenti 
																			nelle 
																			altre 
																			religioni.
																			
																			
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Si 
																			pensi 
																			alle 
																			aperture 
																			ecumeniche 
																			(culminate 
																			con 
																			l’incontro 
																			a 
																			Gerusalemme 
																			tra 
																			il 
																			papa 
																			Paolo 
																			VI e 
																			il 
																			patriarca 
																			ecumenico 
																			di 
																			Costantinopoli 
																			Atenagora, 
																			e 
																			alla 
																			successiva 
																			revoca 
																			delle 
																			reciproche 
																			scomuniche 
																			che 
																			resistevano 
																			da 
																			quasi 
																			mille 
																			anni) 
																			e 
																			alla 
																			rinnovata 
																			attenzione 
																			della 
																			chiesa 
																			verso 
																			il 
																			mondo 
																			contemporaneo 
																			(si 
																			pensi 
																			alla 
																			visita 
																			del 
																			pontefice 
																			alle 
																			Nazioni 
																			Unite). 
																			Nonostante 
																			ciò 
																			molti 
																			furono 
																			i 
																			limiti 
																			del 
																			concilio.
																			
																			
																			
																			
																			 
																			
																			
																			È 
																			vero 
																			che 
																			l’opposizione 
																			della 
																			minoranza 
																			portò, 
																			molto 
																			spesso, 
																			al 
																			riesame 
																			dei 
																			documenti 
																			e al 
																			loro 
																			miglioramento, 
																			ma è 
																			pur 
																			vero 
																			che 
																			l’opposizione 
																			portò 
																			alla 
																			creazione 
																			di 
																			documenti 
																			di 
																			compromesso, 
																			troppo 
																			poco 
																			coraggiosi 
																			e 
																			molto 
																			ambigui. 
																			Paradossalmente 
																			uno 
																			dei 
																			limiti 
																			principali 
																			del 
																			concilio 
																			fu 
																			il 
																			fatto 
																			che 
																			esso 
																			si 
																			svolse 
																			nei 
																			prosperi 
																			anni 
																			60, 
																			le 
																			nubi 
																			della 
																			crisi 
																			erano 
																			ancora 
																			lontane.
																			
																			
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Gli 
																			anni 
																			‘70 
																			presenteranno 
																			tutta 
																			una 
																			serie 
																			di 
																			problemi 
																			(crisi 
																			del 
																			sacerdozio, 
																			crisi 
																			economica, 
																			questioni 
																			dell’aborto 
																			e 
																			del 
																			divorzio) 
																			sui 
																			quali 
																			il 
																			concilio 
																			non 
																			si 
																			era 
																			espresso 
																			e 
																			per 
																			questo 
																			le 
																			sue 
																			riflessioni, 
																			soprattutto 
																			quelle 
																			sul 
																			rapporto 
																			della 
																			chiesa 
																			con 
																			il 
																			mondo, 
																			divennero 
																			ben 
																			presto 
																			superate.
																			
																			
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Ritornando 
																			alla 
																			minoranza, 
																			fu 
																			soprattutto 
																			la 
																			volontà 
																			di 
																			Paolo 
																			VI, 
																			di 
																			mediare 
																			tra 
																			le 
																			due 
																			realtà 
																			(maggioranza 
																			e 
																			minoranza), 
																			a 
																			portare 
																			a 
																			testi 
																			di 
																			compromesso. 
																			Si 
																			potrà 
																			sottolineare 
																			il 
																			fatto 
																			che 
																			questo 
																			è 
																			stato 
																			il 
																			prezzo 
																			da 
																			pagare 
																			per 
																			un 
																			più 
																			ampio 
																			consenso, 
																			ma 
																			resta 
																			sempre 
																			il 
																			rammarico 
																			di 
																			uno 
																			spirito 
																			conciliare 
																			schiacciato 
																			nel 
																			compromesso 
																			e di 
																			una 
																			visione, 
																			quella 
																			roncalliana, 
																			che 
																			difficilmente 
																			ritornerà 
																			ad 
																			ispirare 
																			un 
																			nuovo 
																			concilio.
																			
																			
																			
																			
																							
																			 
																			
																			