N. 63 - Marzo 2013 
                          
                          (XCIV)
																						CHOKRI BELAID
																						STORIA DI UN OMICIDIO POLITICO PREMEDITATO
																						di Francesca Zamboni
																			 
																			
																			
																			Lo 
																			scorso 
																			6 
																			febbraio 
																			è 
																			stato 
																			ucciso 
																			con 
																			tre 
																			colpi 
																			di 
																			pistola 
																			Chokri
																			
																			Belaid,
																			
																			leader 
																			tunisino 
																			dell’opposizione 
																			laica; 
																			una 
																			morte 
																			tanto 
																			improvvisa 
																			quanto 
																			annunciata 
																			che 
																			ha 
																			scatenato 
																			immediate 
																			proteste 
																			di 
																			piazza 
																			che 
																			si 
																			sono 
																			diffuse 
																			a 
																			macchia 
																			d’olio 
																			in 
																			tutto 
																			il 
																			paese.
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Tra 
																			le 
																			richieste 
																			dei 
																			manifestanti 
																			le 
																			dimissioni 
																			del 
																			premier 
																			Hamadi 
																			Jebali, 
																			accusato 
																			di 
																			aver 
																			favorito 
																			non 
																			solo 
																			l’omicidio 
																			dell’esponente 
																			di 
																			sinistra, 
																			ma 
																			di 
																			aver 
																			anche 
																			ostacolato 
																			la 
																			realizzazione 
																			di 
																			quei 
																			principi 
																			democratici, 
																			che 
																			proprio 
																			due 
																			anni 
																			fa 
																			erano 
																			stati 
																			la 
																			forza 
																			motrice 
																			della 
																			Primavera 
																			Araba.
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Una 
																			situazione 
																			delicata 
																			e 
																			irruente 
																			che 
																			ha 
																			spinto 
																			il 
																			primo 
																			ministro 
																			a 
																			promettere 
																			un 
																			governo 
																			tecnico, 
																			contrastando 
																			il 
																			suo 
																			partito 
																			che 
																			propende 
																			invece 
																			per 
																			un 
																			governo 
																			di 
																			unità 
																			nazionale 
																			con 
																			tanto 
																			di 
																			elezioni 
																			a 
																			breve 
																			termine.
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Decisioni 
																			confuse 
																			e 
																			rapide 
																			prese 
																			durante 
																			un 
																			momento 
																			delicato 
																			come 
																			quello 
																			del 
																			funerale 
																			di 
																			Belaid, 
																			celebrato 
																			il 9 
																			febbraio: 
																			giorno 
																			di 
																			sciopero 
																			nazionale 
																			e 
																			giorno 
																			di 
																			grande 
																			partecipazione, 
																			visto 
																			che 
																			al 
																			momento 
																			della 
																			sepoltura 
																			erano 
																			presenti 
																			circa 
																			50 
																			mila 
																			persone, 
																			tra 
																			cui 
																			molte 
																			donne, 
																			che 
																			con 
																			la 
																			loro 
																			presenza 
																			hanno 
																			rivalutato 
																			l’emancipazione 
																			della 
																			condizione 
																			femminile 
																			in 
																			Tunisia.
																			
																			 
																			
																			
																			Ma a 
																			distanza 
																			di 
																			due 
																			settimane, 
																			la 
																			situazione 
																			sembra 
																			aver 
																			preso 
																			tutt’altra 
																			direzione. 
																			Non 
																			solo 
																			il 
																			ministro 
																			dell’Interno 
																			tunisino 
																			Ali 
																			Larayedh 
																			ha 
																			annunciato 
																			l’arresto 
																			di 
																			sei 
																			persone 
																			coinvolte 
																			nell’assassinio 
																			del 
																			leader 
																			dell’opposizione, 
																			senza 
																			tuttavia 
																			rendere 
																			nota 
																			la 
																			loro 
																			identità, 
																			ma 
																			fonti 
																			attendibili 
																			sembrano 
																			attribuire 
																			l’omicidio 
																			a 
																			una 
																			cellula 
																			salafita; 
																			da 
																			tempo, 
																			infatti, 
																			il 
																			leader 
																			era 
																			nel 
																			mirino 
																			degli 
																			integralisti 
																			islamici 
																			a 
																			causa 
																			della 
																			sua 
																			laicità.
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Fatto 
																			sta 
																			che 
																			la 
																			famiglia 
																			di 
																			Belaid 
																			non 
																			ha 
																			esitato 
																			ad 
																			accusare 
																			il 
																			partito 
																			islamico 
																			moderato 
																			Ennahda, 
																			che 
																			ovviamente 
																			ha 
																			respinto 
																			ogni 
																			tipo 
																			di 
																			accusa, 
																			anche 
																			se è 
																			sempre 
																			stato 
																			risaputo 
																			l’atteggiamento 
																			critico 
																			di 
																			Belaid 
																			nei 
																			confronti 
																			dell’attuale 
																			governo; 
																			un 
																			comportamento 
																			che 
																			se 
																			da 
																			un 
																			lato 
																			ha 
																			messo 
																			in 
																			gioco 
																			la 
																			sua 
																			vita, 
																			dall’altro 
																			ha 
																			sortito 
																			effetti 
																			sperati, 
																			ovvero 
																			una 
																			forte 
																			instabilità 
																			politica 
																			a 
																			cui 
																			deve 
																			far 
																			necessariamente 
																			seguito 
																			un 
																			cambiamento 
																			imminente.
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Da 
																			qui 
																			la 
																			ricerca 
																			di 
																			un 
																			sostituto 
																			del 
																			primo 
																			ministro 
																			dimissionario 
																			Hamadi 
																			Jebali 
																			e 
																			tra 
																			la 
																			rosa 
																			dei 
																			Candidati 
																			ecco 
																			che 
																			spunta 
																			il 
																			nome 
																			di 
																			Larayedh. 
																			Una 
																			mossa 
																			doverosa, 
																			soprattutto 
																			dopo 
																			il 
																			vano 
																			tentativo 
																			di 
																			Jebali 
																			di 
																			formare 
																			un 
																			governo 
																			tecnico 
																			all’indomani 
																			della 
																			morte 
																			di 
																			Belaid.
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Enhada, 
																			oltre 
																			a 
																			comunicare 
																			le 
																			dimissioni 
																			del 
																			premier, 
																			ha 
																			reso 
																			noto 
																			che 
																			Jebali 
																			resterà 
																			segretario 
																			generale 
																			del 
																			partito 
																			guidato 
																			dal 
																			leader 
																			Rashid 
																			Ghannushi 
																			e 
																			che 
																			tra 
																			i 
																			possibili 
																			candidati 
																			a 
																			guidare 
																			il 
																			nuovo 
																			governo 
																			ci 
																			saranno 
																			oltre 
																			il 
																			già 
																			menzionato 
																			Ali 
																			Larayedh, 
																			Mohamed 
																			Ben 
																			Salem, 
																			ministro 
																			dell'Agricoltura, 
																			Noureddine 
																			Bhiri, 
																			ministro 
																			della 
																			Giustizia, 
																			e 
																			Abdellatif 
																			Mekki, 
																			ministro 
																			della 
																			Salute.
																			
																			
																			 
																			
																			
																			Pertanto 
																			gli 
																			eventi 
																			tunisini 
																			sembrano 
																			non 
																			trovare 
																			stabilità 
																			e se 
																			la 
																			Primavera 
																			Araba 
																			doveva 
																			alimentare 
																			la 
																			democrazia, 
																			i 
																			fatti 
																			sembrano 
																			testimoniare 
																			tutt’altra 
																			situazione.
																							
																			
																			
																			
																			
																							
																			 
																			
																			