.

home

 

progetto

 

redazione

 

contatti

 

quaderni

 

gbeditoria


.

[ISSN 1974-028X]


RUBRICHE


attualità

.

ambiente

.

arte

.

filosofia & religione

.

storia & sport

.

turismo storico



 

PERIODI


contemporanea

.

moderna

.

medievale

.

antica



 

EXTEMPORANEA


cinema

.

documenti

.

multimedia



 

ARCHIVIO


 

 

 

 

 

 

 

.

arte


N. 20 - Agosto 2009 (LI)

La Chimera
Parte I - Storia, mito, mistero e fascino

di Michele Broccoletti

 

La storia dell’antico mito della Chimera si intreccia con la storia degli Etruschi, che ci hanno lasciato una notissima immagine di questa figura mitologica, nella Chimera di Arezzo, scoperta e riportata alla luce nel 1533.

Nella mitologia greca, la Chimera, era un leone alato di origine divina, che sputava fuoco, con la coda a forma di serpente ed una testa di capra posta nel mezzo della schiena. Nell’Iliade di Omero, la troviamo così descritta: "...Era il mostro di origine divina, lion la testa, il petto capra, e drago la coda; e dalla bocca orrende vampe vomitava di foco: e nondimeno, col favor degli Dei, l'eroe la spense..." (Iliade, VI, 223-226).

Omero però, non è l’unico che ci ha tramandato il mito della Chimera. Anche nelle opere di Virgilio, Esiodo, Platone e Fedro, per esempio, ha trovato spazio il terribile mostro, sempre descritto come una creatura tricefala, dalla cui bocca di leone escono fiamme e fuoco. Sta di fatto comunque che i miti antichi ci hanno tramandato mostruose creature, nate dall’unione di esseri diversi: la sfinge ad esempio è costituita da una testa umana unita ad un copro di leone, mentre se uniamo il busto di una donna, con il corpo di un pesce, abbiamo una sirena. Pensiamo poi ai centauri (metà uomo e metà cavallo), alle arpie (mistura tra donne ed uccelli) o ai satiri (uomini con le gambe di capra): nella mitologia quindi, non sono rare le unioni che danno origine a creature orribili, deformi e mostruose.    

In greco, la parola Chimera significa letteralmente capra, ed il nome trae probabilmente origine dalla caratteristica che contraddistingueva Chimera dai genitori: la testa di capra infatti, non trova riscontro né in Echidna e nemmeno in Tifone, diventando così un tratto peculiare di Chimera. La figura mitologica della Chimera era sinonimo di una somma di vizi: la violenza del leone, la perfidia e l’oscurità del serpente, e la lussuria della capra. Per contro, la virtù era simboleggiata da Bellerofonte che, in sella al suo cavallo alato Pegaso, che aveva prima catturato e poi domato, uccise la Chimera con la lancia.

Altra interpretazione è invece quella data dai sapienti e dagli alchimisti medievali. Questi ultimi così spiegavano la Chimera: il leone era il coraggio,la forza, il sole, il calore e l’estate; il serpente rappresentava il male, la notte, la vecchiaia e l’inverno; la capra infine era la transizione, il crepuscolo e simboleggiava le stagioni dell’autunno e della primavera. In questo senso, durante il medioevo la Chimera divenne una sorta di simbolo del cambiamento, con un’accezione però negativa, in quanto la sua natura trina la portò ad essere un’immagine distorta della trinità.

Secondo la leggenda, la Chimera nacque da Tifone e da Echidna. Il primo, era uno dei Titani che cercarono di uccidere Zeus, ed era uno spaventoso mostro con cento teste di drago. Nato da Tartaro e Gea, si unì con Echidna, altra creatura mostruosa, che era, per metà donna dalla sfolgorante bellezza, mentre l’altra metà era quella di un orribile serpente maculato.   

Tifone ed Echidna generarono anche altri esseri mostruosi, tutti con più teste: sembra infatti che Chimera abbia come fratelli Cerbero (mostruoso cane gigante a tre teste), Ortro (altro cane a due teste) e Idra di Lerna (serpente velenosissimo a nove teste, delle quali quella centrale era immortale, mentre, se una delle altre veniva tagliata, subito ne ricrescevano altre due). Chimera fu allevata dal re Amissodore e per moltissimi anni riuscì a terrorizzare le coste della Lycia seminando pestilenze e distruzioni: essa si rifugiava in una caverna e si nutriva della carne degli sfortunati viaggiatori che vi cercavano riparo, mentre il suo fiato appestante rendeva pestifere le terre che abitava. Iobate però, il re della Lycia, ovvero dell’attuale Turchia, ordinò a Bellerofonte di uccidere la Chimera, perché, uccidendo chiunque le si avvicinava, rendeva il suo regno un posto pericoloso.

In realtà Iobate, certo che la Chimera fosse imbattibile, affidò a Bellerofonte questa ardua impresa perché voleva la sua morte, a causa di una storia di seduzioni, lusinghe e rifiuti che lo stesso eroe corinzio aveva avuto con Antea, moglie di Preto, re di Tirino. Sembra che Bellerofonte, che si presume fosse figlio del dio Poseidone, prima di partire per il combattimento chiese consiglio all’indovino Polido che gli suggerì di catturare ed ammaestrare il veloce e selvaggio cavallo alato Pegaso. Bellerofonte, non sapendo come poter riuscire nel suo intento, passò la notte nel tempio di Minerva, nella speranza che la dea potesse aiutarlo nella sua impresa: in effetti, nottetempo, mentre Bellerofonte dormiva, Minerva gli apparve in sogno e lasciò all’eroe una briglia dorata per poter domare Pegaso. Quando Bellerofonte si risvegliò, con suo stupore si accorse che stringeva in mano proprio un briglia dorata con la quale poté facilmente ammansire Pegaso: quest’ultimo infatti, alla vista della briglia andò docilmente incontro a Bellerofonte e si fece cavalcare senza resistenza.       

Il mito continua raccontandoci che Bellerofonte sconfisse la Chimera usando proprio le sue terribili armi: non esisteva infatti nessuna arma in grado di uccidere il terribile mostro, ma Bellerofonte immerse la punta della sua lancia nelle fauci della belva ed il fuoco che ne usciva sciolse il piombo che uccise l’animale soffocandolo. Come già era accaduto nella lotta tra Perseo e Medusa, anche Bellerofonte riuscì a sconfiggere la creatura mostruosa facendo in modo che la sua forza le se ritorcesse contro. Ritornato vittorioso, Bellerofonte fu poi costretto ad affrontare anche altre ardue imprese, finché Iobate non si convinse che il valoroso eroe era evidentemente protetto dagli dei e per questo, dopo essersi riconciliato con lui, gli offrì la mano della figlia.            

Ritornando ora alla nostra figura mitologica, dobbiamo precisare che nell’antichità, non era inconsueto che fossero raffigurate delle creature alate, con il corpo di un felino. Già i babilonesi raffigurarono combattimenti tra guerrieri e mostri alati. Altre immagini simili risalgono al periodo delle civiltà mesopotamiche. Anche i persiani, nell’immagine a fianco risalente all’ VIII-VII secolo a. C., ci mostrano un eroe intento ad uccidere un leone con la lancia, puntando però l’arma al collo dell’animale, piuttosto che alla gola. La peculiarità della raffigurazione sta soprattutto nella gamba del leone, che è stata rappresentata in una posizione innaturale, quasi come se fosse un corpo estraneo piantato sulla schiena della belva…: troviamo in questo una certa similitudine con la testa di capra che spunta dalla schiena della Chimera.

Andando avanti poi nella storia, scopriamo testimonianze che ci dimostrano che il mito della Chimera era conosciuto anche nel periodo medievale. Ancora oggi per esempio, nel Duomo di Aosta vi è un mosaico che raffigura il famoso mostro tricefalo. Altre raffigurazioni, tutte pressappoco risalenti all’XI secolo, sono presenti in varie cattedrali ed abbazie a Como, a Genova, a Bolsena e a Milano. In quest’ultima immagine, le tre teste sono allineate, ma è quasi certamente indubbio, che la belva raffigurata sia proprio la Chimera.

Ovviamente è scontato affermare che la nostra figura mitologica ha trovato spazio anche nell’arte moderna e contemporanea. Ma possiamo andare oltre: attualmente, grazie alle sue particolari caratteristiche, la Chimera si è ritagliata ruoli più o meno importanti anche nel cinema, nella letteratura di fantasia e persino nei videogiochi.

Siamo certi che il mito della Chimera non morirà presto, come è certo anche che, nel corso dei secoli, sono state molte le tentate interpretazioni che gli storici hanno cercato di dare alla leggenda. Alcuni studiosi hanno per esempio affermato che ci sono delle varianti della figura mitologica, che vedono la creatura mostruosa dotata di un corpo di donna anziché di leone. Tra tutte le interpretazioni comunque, ce n’è una particolarmente intrigante ed interessante, tramandataci dagli scritti del XIX secolo dello storico fiorentino Francesco Inghirami.

Quest’ultimo è stato uno dei primi studiosi a superare le tradizionali interpretazioni della storia mitologica, cercando di sviluppare una particolare e complessa corrispondenza tra il mito e la simbologia dello zodiaco. Brevemente possiamo spiegare che secondo Inghirami la Chimera, per il fatto che sputa fiamme e fuoco dalla bocca, può essere identificata con la costellazione del leone e per estensione simboleggia anche l’estate.

Altri studiosi invece pensano che la Chimera sia la rappresentazione della tempesta ed il suo ruggito è la personificazione del tuono. Al di là delle varie interpretazioni comunque, è certo che il mito non ha smesso mai di stupirci e di sorprenderci e ciò che ci stupisce ancora di più, sta nel fatto che questa leggenda si intreccia indissolubilmente con la storia degli etruschi, che ci hanno lasciato un’importante testimonianza della Chimera, nella statua bronzea rinvenuta ad Arezzo, nei pressi di porta San Lorentino…

 



 

COLLABORA


scrivi per InStoria



 

EDITORIA


GBe edita e pubblica:

.

- Archeologia e Storia

.

- Architettura

.

- Edizioni d’Arte

.

- Libri fotografici

.

- Poesia

.

- Ristampe Anastatiche

.

- Saggi inediti

.

catalogo

.

pubblica con noi



 

links


 

pubblicità


 

InStoria.it

 


by FreeFind

 

 

 

 

 

 

 

 


[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA  N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE]


 

.