N. 24 - Dicembre 2009 
                          
                          (LV)
																						i caratteri della monarchia macedone
																						assoluta o costituzionale?
																						di Chiara Matarese
																			 
																			
																			
																			
																			
																			Un 
																			regno 
																			tra 
																			Greci 
																			e 
																			barbari
																			
																			 
																			
																			
																			
																			
																			
																			
																			
																			
																			
																			 
																			
																			
																			
																			
																			Cenni 
																			storici 
																			sulla 
																			regalità 
																			macedone 
																			e 
																			sua 
																			evoluzione 
																			sotto 
																			Filippo 
																			II
																			 
																			
																			
																			
																			
																			
																			I re 
																			macedoni 
																			asserivano 
																			la 
																			propria 
																			origine 
																			greca. 
																			Alessandro 
																			I 
																			ottenne 
																			che 
																			gli 
																			arbitri 
																			dei 
																			Ludi 
																			olimpici 
																			riconoscessero 
																			lui 
																			come 
																			principe 
																			greco 
																			e i 
																			suoi 
																			sudditi 
																			come 
																			“nazione” 
																			greca; 
																			fu 
																			proprio 
																			a 
																			partire 
																			dal 
																			regno 
																			 del
																			
																			Filelleno
																			
																			che 
																			si 
																			manifestò 
																			in 
																			maniera 
																			costante 
																			la 
																			volontà 
																			dei 
																			diversi 
																			sovrani 
																			di 
																			assimilare 
																			i 
																			modelli 
																			culturali 
																			greci. 
																			Furono 
																			molte 
																			le 
																			personalità 
																			dell’ambiente 
																			letterario 
																			e 
																			culturale 
																			greco 
																			ad 
																			essere 
																			accolte 
																			a 
																			corte 
																			(tra 
																			tutti, 
																			Euripide 
																			e 
																			Tucidide). 
																			Sembra 
																			che 
																			alla 
																			corte 
																			di 
																			Perdicca 
																			III 
																			il 
																			filosofo 
																			accademico 
																			Eufreo 
																			di 
																			Oreo 
																			insegnasse 
																			la 
																			geometria 
																			e la 
																			dialettica. 
																			Le 
																			relazioni 
																			tra 
																			la 
																			società 
																			macedone 
																			e il 
																			mondo 
																			greco 
																			si 
																			fecero 
																			più 
																			intense 
																			quando 
																			Filippo 
																			II 
																			(359-336) 
																			estese 
																			il 
																			potere 
																			del 
																			sovrano 
																			macedone 
																			al 
																			di 
																			fuori 
																			dei 
																			confini 
																			della 
																			Macedonia. 
																			In 
																			un 
																			primo 
																			momento 
																			conquistò 
																			la 
																			Tessaglia 
																			e la 
																			penisola 
																			calcidica. 
																			Nel 
																			346, 
																			anno 
																			della 
																			“pace 
																			di 
																			Filocrate”, 
																			Filippo 
																			occupò 
																			le 
																			Termopili. 
																			Da 
																			quel 
																			momento 
																			potè 
																			contare 
																			all’interno 
																			della 
																			Anfizionia 
																			Delfica 
																			sui 
																			due 
																			voti 
																			che 
																			sino 
																			ad a 
																			quel 
																			momento 
																			erano 
																			stati 
																			dei 
																			Focesi. 
																			Gli 
																			ambasciatori 
																			di 
																			Filippo 
																			sedevano 
																			accanto 
																			ai 
																			legati 
																			delle 
																			altre 
																			stirpi 
																			greche: 
																			ciò 
																			significava 
																			che 
																			il 
																			processo 
																			iniziato 
																			con 
																			Alessandro 
																			I 
																			era 
																			concluso 
																			e il 
																			re 
																			macedone 
																			era 
																			ormai 
																			accolto 
																			definitivamente 
																			nella 
																			comunità 
																			dei 
																			Greci.
																			 
																			
																			
																			
																			A 
																			partire 
																			dal 
																			338 
																			il 
																			sovrano 
																			macedone 
																			assunse 
																			un 
																			ruolo 
																			gerarchicamente 
																			superiore 
																			a 
																			tutti 
																			gli 
																			altri 
																			soggetti 
																			politici 
																			greci. 
																			In 
																			seguito 
																			alla 
																			battaglia 
																			di 
																			Cheronea 
																			le 
																			città 
																			greche 
																			“furono 
																			private 
																			della 
																			loro 
																			libertà” 
																			(Licurgo,
																			
																			Leocrate, 
																			50). 
																			Nel 
																			337 
																			inviati 
																			di 
																			tutte 
																			le 
																			città, 
																			ad 
																			esclusione 
																			di 
																			Sparta, 
																			si 
																			radunarono 
																			a 
																			Corinto 
																			per 
																			sancire 
																			la 
																			pace 
																			comune 
																			(koinè 
																			eirhénhe) 
																			e la 
																			nascita 
																			di 
																			un’alleanza 
																			politico-difensiva 
																			a 
																			tempo 
																			indeterminato 
																			tra 
																			il 
																			sovrano 
																			macedone, 
																			Filippo 
																			II, 
																			e i 
																			Greci 
																			confederati 
																			riuniti 
																			nel 
																			Sinedrio. 
																			Nel 
																			seno 
																			del 
																			Sinedrio 
																			venne 
																			sancita 
																			la 
																			pace 
																			comune. 
																			Il
																			
																			proclama 
																			di 
																			Corinto
																			
																			(IG, 
																			II, 
																			236) 
																			sancisce 
																			il 
																			divieto 
																			dei 
																			membri 
																			di 
																			sollevare 
																			le 
																			armi 
																			gli 
																			uni 
																			contro 
																			gli 
																			altri 
																			e 
																			l’obbligo 
																			di 
																			fornire 
																			aiuto 
																			militare 
																			all’alleato 
																			nell’ambito 
																			della 
																			tutela 
																			della 
																			pace 
																			comune. 
																			Giurando 
																			fedeltà 
																			alla 
																			“regalità” 
																			di 
																			Filippo 
																			e 
																			dei 
																			suoi 
																			successori, 
																			gli 
																			alleati 
																			si 
																			sottomettono 
																			all’autorità 
																			del 
																			sovrano 
																			macedone 
																			a 
																			cui 
																			è 
																			attribuito 
																			il 
																			titolo 
																			di
																			
																			hegemhón 
																			della 
																			Lega. 
																			L’idea 
																			di 
																			Filippo, 
																			seguita 
																			poi 
																			da 
																			Alessandro, 
																			fu 
																			quella 
																			di 
																			utilizzare 
																			la 
																			Lega 
																			per 
																			perseguire 
																			i 
																			propri 
																			obiettivi 
																			politici.
																			 
																			
																			
																			
																			Il 
																			progetto 
																			di 
																			Filippo 
																			era 
																			la 
																			spedizione 
																			in 
																			Asia 
																			che 
																			si 
																			configurava 
																			come 
																			la 
																			naturale 
																			prosecuzione 
																			dell’occupazione 
																			della 
																			penisola 
																			calcidica 
																			e 
																			della 
																			Tracia. 
																			La 
																			propaganda 
																			macedone 
																			presentò 
																			la 
																			guerra 
																			come 
																			una 
																			guerra 
																			panellenica: 
																			la 
																			guerra 
																			in 
																			Asia 
																			si 
																			configurava 
																			come 
																			la 
																			continuazione 
																			delle 
																			Guerre 
																			Persiane, 
																			la 
																			vendetta 
																			che 
																			i 
																			Greci 
																			si 
																			sarebbero 
																			presi 
																			contro 
																			i 
																			barbari 
																			che 
																			avevano 
																			osato 
																			profanare 
																			i 
																			templi 
																			degli 
																			dei 
																			patrii. 
																			Non 
																			solo 
																			una 
																			guerra 
																			panellenica 
																			dunque 
																			ma 
																			anche 
																			una 
																			guerra 
																			sacra. 
																			Che 
																			si 
																			trattasse 
																			di 
																			pura 
																			propaganda 
																			è 
																			chiaro 
																			dal 
																			fatto 
																			che, 
																			al 
																			tempo 
																			delle 
																			guerre 
																			persiane, 
																			l’allora 
																			re 
																			Alessandro 
																			I 
																			faceva 
																			parte 
																			in 
																			realtà 
																			dell’entourage 
																			di 
																			Serse. 
																			Dopo 
																			che 
																			fu 
																			decretata 
																			dal 
																			sinedrio 
																			della 
																			Lega, 
																			la 
																			spedizione 
																			iniziò 
																			nella 
																			primavera 
																			del 
																			336 
																			con 
																			l’invio 
																			di 
																			un 
																			esercito 
																			al 
																			comando 
																			di 
																			Parmenione 
																			e 
																			Attalo 
																			al 
																			di 
																			là 
																			dell’Ellesponto 
																			ma 
																			nell’autunno 
																			di 
																			quello 
																			stesso 
																			anno 
																			Filippo 
																			trovò 
																			la 
																			morte. 
																			Alessandro 
																			accolse 
																			l’eredità 
																			paterna. 
																			La 
																			sua 
																			conquista 
																			dell’Asia 
																			determinò 
																			un 
																			contatto 
																			permanente 
																			tra 
																			culture 
																			greca 
																			e 
																			orientali, 
																			costituendo 
																			la 
																			base 
																			del 
																			fenomeno 
																			dell’Ellenismo.
																			 
																			
																			
																			
																			Per 
																			quanto 
																			riguarda 
																			il 
																			regno 
																			macedone 
																			lo 
																			spirito 
																			sostanzialmente 
																			greco 
																			sarà 
																			il 
																			suo 
																			elemento 
																			denotativo 
																			rispetto 
																			ai 
																			regni 
																			asiatici 
																			nati 
																			dalla 
																			frammentazione 
																			dell’impero 
																			di 
																			Alessandro 
																			tanto 
																			che, 
																			per 
																			esempio, 
																			non 
																			abbiamo 
																			nessuna 
																			notizia 
																			che 
																			attesti 
																			l’esistenza 
																			di 
																			un 
																			culto 
																			dinastico 
																			degli 
																			Antigonidi 
																			di 
																			Macedonia.
																			
																			
																			
																			
																			
																			
																			 
																			
																			
																			
																			
																			Titolatura 
																			del 
																			sovrano 
																			macedone
																			 
																			
																			
																			
																			Per 
																			conoscere 
																			la 
																			natura 
																			e i 
																			caratteri 
																			della 
																			regalità
																			
																			macedone 
																			si 
																			può 
																			partire 
																			dall’esame 
																			della 
																			titolatura 
																			del 
																			re 
																			macedone: 
																			si 
																			tratta 
																			di 
																			vedere 
																			come 
																			la 
																			persona 
																			del 
																			re 
																			viene 
																			definita 
																			in 
																			vari 
																			documenti. 
																			Tale 
																			procedimento 
																			ci 
																			permette 
																			di 
																			indagare 
																			quelli 
																			che 
																			sono 
																			i 
																			caratteri 
																			peculiari 
																			della 
																			regalità 
																			macedone.
																			 
																			
																			
																			
																			L’osservazione 
																			della 
																			ricorrenza 
																			di 
																			determinati 
																			titoli 
																			nei 
																			documenti 
																			a 
																			nostra 
																			disposizione 
																			mostra 
																			chiaramente 
																			come 
																			la 
																			monarchia 
																			macedone 
																			fosse 
																			caratterizzata 
																			dall’assenza 
																			di 
																			rigidità 
																			nel 
																			sistema 
																			burocratico 
																			e 
																			nel 
																			protocollo 
																			reale. 
																			Questo 
																			aspetto 
																			è 
																			trasversale 
																			alla 
																			storia 
																			della 
																			Macedonia 
																			e la 
																			contraddistingue 
																			anche 
																			in 
																			epoca 
																			ellenistica 
																			rispetto 
																			alle 
																			altre 
																			cancellerie 
																			reali.
																			 
																			
																			
																			
																			Tuttavia 
																			Aymard 
																			ha 
																			ritenuto 
																			a 
																			lungo 
																			che 
																			la 
																			formula 
																			“giuridicamente 
																			corretta 
																			e 
																			ufficiale” 
																			del 
																			re 
																			macedone 
																			fosse
																			
																			
																			
																			basileús 
																			Makedónhon
																			
																			
																			
																			sulla 
																			base 
																			di 
																			una 
																			quantità 
																			esigua 
																			di 
																			documenti 
																			epigrafici 
																			nei 
																			quali 
																			comunque 
																			si 
																			riscontra 
																			questa 
																			formula:
																			 
																			
																			
																			
																			
																			1.Iscrizione 
																			di 
																			Cassandreia 
																			(Dittenberger, 
																			332)in 
																			cui 
																			Cassandro,
																			
																			basileús 
																			Makedónhon 
																			Kassandros, 
																			conferma 
																			la 
																			cessione 
																			di 
																			alcune 
																			terre 
																			a  
																			Perdicca 
																			figlio 
																			di 
																			Ceno;
																			
																			
																			
																			
																			2.Iscrizione 
																			di 
																			Labdeia
																			
																			
																			
																			
																			
																			(IG, 
																			VII, 
																			3055)
																			
																			in 
																			cui
																			
																			Amyntas 
																			Perdikkas 
																			Makedonhon 
																			è 
																			nominato 
																			all’inizio 
																			di 
																			una 
																			lista 
																			di 
																			visitatori 
																			dell’oracolo 
																			di 
																			Trifonio;
																			
																			
																			
																			3.Come 
																			anche 
																			i 
																			documenti 
																			del 
																			punto  
																			4. e 
																			del 
																			punto 
																			5., 
																			riguarda 
																			Filippo 
																			V 
																			(221-179): 
																			si 
																			tratta 
																			della 
																			dedica 
																			per 
																			la 
																			vittoria 
																			del 
																			re a 
																			Delo
																			
																			apò 
																			thon 
																			katà 
																			ghèn 
																			aghónhon 
																			(Dittenberger, 
																			573);
																			
																			
																			
																			4.Dedica 
																			a 
																			Lindo, 
																			in 
																			seguito 
																			alla 
																			vittoria 
																			di 
																			Filippo 
																			sui 
																			Dardani 
																			(Blinkenberg, 
																			I, 
																			2);
																			
																			
																			
																			5.Dedica 
																			della 
																			Stoà 
																			di 
																			Filippo 
																			a 
																			Delo 
																			(Vallois, 
																			I, 
																			p. 
																			155 
																			sgg.).
																			 
																			
																			
																			
																			Tuttavia 
																			Errington 
																			ha 
																			mostrato 
																			come 
																			ognuna 
																			di 
																			queste 
																			testimonianze 
																			non 
																			sia 
																			da 
																			considerarsi 
																			significativa 
																			nel 
																			senso 
																			voluto 
																			da 
																			Aymard.
																			 
																			
																			
																			
																			Per 
																			quanto 
																			riguarda 
																			il 
																			punto 
																			1. 
																			Errington 
																			spiega 
																			la 
																			formula 
																			come 
																			un’affermazione 
																			solenne 
																			di 
																			legittimità 
																			del 
																			potere 
																			del 
																			re: 
																			Cassandro, 
																			in 
																			questo 
																			contesto 
																			doveva 
																			dichiararsi 
																			come 
																			unico 
																			ad 
																			avere 
																			il 
																			diritto 
																			di 
																			confermare 
																			(e 
																			quindi 
																			rendere 
																			legittimo) 
																			l’atto 
																			della 
																			cessione 
																			di 
																			terre. 
																			Per 
																			quanto 
																			riguarda 
																			le 
																			altre 
																			testimonianze, 
																			si 
																			tratta 
																			di 
																			documenti 
																			non 
																			attribuibili 
																			alla 
																			cancelleria 
																			macedone 
																			e 
																			quindi 
																			scevri 
																			di 
																			pretese 
																			di 
																			rappresentare 
																			qualcosa 
																			di 
																			“ufficiale”. 
																			In 
																			più, 
																			in 
																			riferimento 
																			al 
																			punto 
																			2.  Errington 
																			afferma 
																			che 
																			esso 
																			rappresenterebbe 
																			un 
																			atto 
																			di 
																			propaganda 
																			nei 
																			confronti 
																			di 
																			uno 
																			dei 
																			candidati 
																			possibili, 
																			a 
																			pochi 
																			mesi 
																			dalla 
																			morte 
																			di 
																			Filippo. 
																			Inoltre 
																			non 
																			sarebbe 
																			da 
																			sottovalutare 
																			il 
																			fatto 
																			che 
																			iniziare 
																			una 
																			lista 
																			con 
																			un 
																			nome 
																			noto 
																			sottolineandone 
																			l’autorità 
																			avrebbe 
																			dato 
																			lustro 
																			all’oracolo. 
																			Il 
																			punto 
																			3. e 
																			4. 
																			si 
																			riferiscono 
																			a 
																			vittorie 
																			del 
																			sovrano, 
																			una 
																			di 
																			carattere 
																			sportivo, 
																			l’altra 
																			militare: 
																			all’interno 
																			di 
																			una 
																			dimensione 
																			elogiativa 
																			ben 
																			si 
																			inserisce 
																			il 
																			riferimento 
																			ai 
																			sudditi 
																			sui 
																			quali 
																			il 
																			re 
																			vittorioso 
																			esercita 
																			la 
																			propria 
																			sovranità. 
																			Anche 
																			per 
																			l’ultimo 
																			punto 
																			l’ottica 
																			è 
																			quella 
																			celebrativa 
																			di 
																			un 
																			sovrano 
																			che, 
																			forte 
																			del 
																			suo 
																			potere, 
																			sfida 
																			Attalo 
																			il 
																			quale, 
																			nello 
																			stesso 
																			luogo, 
																			aveva 
																			elevato 
																			proprio 
																			una 
																			stoà.
																			
																			
																			Nel 
																			1974 
																			Errington 
																			non 
																			poteva 
																			tenere 
																			in 
																			considerazione 
																			l’iscrizione 
																			successivamente 
																			trovata 
																			a 
																			Dion.
																			
																			
																			
																			In 
																			essa 
																			si 
																			ritrova 
																			la
																			
																			
																			
																			stessa 
																			formula 
																			del 
																			punto 
																			1.
																			(Hatzopoulos, 
																			II, 
																			23): 
																			si 
																			tratta 
																			di 
																			una 
																			dedica 
																			a 
																			Zeus 
																			fatta 
																			direttamente 
																			a 
																			nome 
																			del 
																			sovrano. 
																			Anche 
																			in 
																			questo 
																			caso 
																			il 
																			riferimento 
																			etnico 
																			ha 
																			una 
																			precisa 
																			motivazione 
																			di 
																			propaganda: 
																			Cassandro 
																			si 
																			mostra 
																			“re 
																			dei 
																			Macedoni” 
																			di 
																			fronte 
																			ai 
																			suoi 
																			compatrioti 
																			ai 
																			piedi 
																			del 
																			monte 
																			Olimpo, 
																			uno 
																			dei 
																			luoghi 
																			simbolo 
																			della 
																			religiosità 
																			macedone. 
																			Del 
																			resto, 
																			lo 
																			stesso 
																			Cassandro 
																			nelle 
																			occasioni 
																			di 
																			normale 
																			amministrazione 
																			era 
																			invece 
																			semplicemente
																			
																			basileús 
																			Kassandros. 
																			Con 
																			tale 
																			formula 
																			è 
																			indicato 
																			per 
																			esempio 
																			in 
																			un’iscrizione 
																			da 
																			Cassandreia 
																			(che 
																			è lo 
																			stesso 
																			luogo 
																			di 
																			provenienza 
																			dell’iscrizione 
																			del 
																			punto 
																			1.) 
																			per 
																			l’occasione 
																			della 
																			concessione 
																			dell’ateleia
																			
																			(immunità) 
																			a un 
																			cittadino 
																			della
																			
																			polis 
																			(SEG, 
																			XLVII, 
																			940).
																			 
																			
																			
																			
																			Passando 
																			all’uso 
																			epistolare, 
																			l’analisi 
																			dei 
																			documenti 
																			mostra 
																			come 
																			il 
																			re 
																			fosse 
																			semplicemente
																			
																			basileús 
																			quando 
																			comunicava 
																			all’interno 
																			del 
																			proprio 
																			territorio 
																			senza 
																			che 
																			questo 
																			generasse 
																			pericoli 
																			di 
																			ambiguità. 
																			Probanti 
																			in 
																			questo 
																			senso 
																			iscrizioni 
																			dell’epoca 
																			di 
																			Filippo 
																			V in 
																			cui 
																			si 
																			trova 
																			semplicemente:
																			
																			basileús 
																			Philippos 
																			basilehos 
																			Demetriou 
																			(“re 
																			Filippo, 
																			figlio 
																			di 
																			re 
																			Demetrio”).
																			 
																			
																			
																			
																			Il 
																			suffisso
																			
																			Makedhónhon 
																			si 
																			trova 
																			solamente 
																			al 
																			di 
																			fuori 
																			dell’area 
																			di 
																			controllo 
																			con 
																			lo 
																			scopo 
																			di 
																			rendere 
																			immediata 
																			l’identificazione 
																			del 
																			sovrano 
																			ed 
																			evitare 
																			fraintendimenti.
																			 
																			
																			
																			
																			Dall’analisi 
																			che 
																			abbiamo 
																			proposto 
																			possiamo 
																			concludere 
																			che 
																			la 
																			titolatura 
																			del 
																			sovrano 
																			macedone 
																			non 
																			può 
																			supportare 
																			l’attribuzione 
																			di 
																			un 
																			carattere 
																			nazionale 
																			alla
																			
																			basileia 
																			macedone 
																			e 
																			quindi 
																			l’ipotesi 
																			che 
																			tale 
																			elemento 
																			influenzi 
																			quelli 
																			che 
																			sono 
																			i 
																			poteri 
																			del
																			
																			basileús 
																			e il 
																			modo 
																			di 
																			esercitarli.
																			
																			
																			
																			
																			
																			
																			
																			 
																			
																			
																			
																			
																			I 
																			poteri 
																			del 
																			re 
																			macedone
																			
																			
																			
																			 
																			
																			
																			
																			Andremo 
																			ora 
																			ad 
																			analizzare 
																			nel 
																			dettaglio 
																			quali 
																			fossero 
																			i 
																			poteri 
																			del 
																			re 
																			macedone 
																			cercando 
																			di 
																			delimitarne 
																			i 
																			limiti.
																			 
																			
																			
																			
																			Callistene 
																			ricorda 
																			come 
																			la 
																			dinastia 
																			macedone 
																			proveniente 
																			da 
																			Argo 
																			esercitasse 
																			il 
																			potere 
																			“non 
																			con 
																			violenza 
																			ma 
																			secondo 
																			legge” 
																			(oudè 
																			bíai 
																			allà 
																			nómhoi)lo 
																			fa 
																			in 
																			polemica 
																			con 
																			Alessandro 
																			(Arriano,
																			
																			Anabasi 
																			IV, 
																			11.6). 
																			Si 
																			potrebbe 
																			quindi 
																			dedurre 
																			che 
																			il 
																			re 
																			macedone, 
																			nell’esercizio 
																			del 
																			potere 
																			dovesse 
																			sottomettersi 
																			alla 
																			legge. 
																			Tuttavia 
																			bisogna 
																			ricordare 
																			che 
																			la 
																			parola
																			
																			nomos
																			
																			contiene 
																			un’ambiguità: 
																			essa 
																			deve 
																			essere 
																			intesa 
																			come 
																			norma 
																			scritta 
																			oppure 
																			nel 
																			suo 
																			significato 
																			originario 
																			di 
																			maniera 
																			abituale 
																			di 
																			agire, 
																			che 
																			non 
																			sottopone 
																			a 
																			nessun 
																			obbligo 
																			giuridico 
																			ma 
																			semmai 
																			a un 
																			obbligo 
																			di 
																			tipo 
																			etico? 
																			Secondo 
																			Anson 
																			in 
																			questo 
																			caso 
																			è 
																			chiaro 
																			che 
																			Arriano 
																			si 
																			stia 
																			riferendo 
																			non 
																			al 
																			diritto 
																			costituzionale 
																			ma 
																			ad 
																			un’indicazione 
																			del 
																			diritto 
																			consuetudinario. 
																			Non 
																			vi è 
																			cioè 
																			in 
																			Macedonia 
																			nessun 
																			potere 
																			o 
																			nessuna 
																			norma 
																			superiore 
																			al 
																			potere 
																			personale 
																			del 
																			re.
																			 
																			
																			
																			
																			Il 
																			re 
																			controllava 
																			personalmente 
																			gli 
																			affari 
																			esteri, 
																			prima 
																			di 
																			tutto 
																			in 
																			qualità 
																			di 
																			generale 
																			a 
																			capo 
																			dell’esercito 
																			macedone. 
																			Quest’ultimo, 
																			noto 
																			come 
																			uno 
																			dei 
																			corpi 
																			armati 
																			più 
																			efficienti 
																			del 
																			mondo 
																			antico, 
																			fu 
																			riorganizzato 
																			proprio 
																			da 
																			Filippo 
																			II 
																			che 
																			ne 
																			fece 
																			lo 
																			strumento 
																			di 
																			controllo 
																			sul 
																			territorio 
																			all’interno 
																			e 
																			soprattutto 
																			all’esterno 
																			della 
																			Macedonia: 
																			come 
																			ogni 
																			monarca 
																			che 
																			si 
																			prefigga 
																			obiettivi 
																			“imperialistici” 
																			il 
																			suo 
																			potere 
																			doveva 
																			basarsi 
																			sull’appoggio 
																			di 
																			un 
																			esercito 
																			militarmente 
																			eccellente. 
																			Per 
																			questo 
																			motivo 
																			egli 
																			aggiunse 
																			alla 
																			cavalleria 
																			pesante 
																			(hetaíroi) 
																			e 
																			alla 
																			cavalleria 
																			leggera 
																			una 
																			particolare 
																			forma 
																			di 
																			fanteria, 
																			come 
																			evoluzione 
																			dell’invincibile 
																			battaglione 
																			tebano, 
																			la 
																			falange, 
																			costituita 
																			di 
																			fanti 
																			corazzati 
																			e 
																			armati 
																			di 
																			scudo 
																			e di 
																			una 
																			lancia 
																			lunga 
																			5-6 
																			metri, 
																			la 
																			sarissa. 
																			Questo 
																			tipo 
																			di 
																			armata 
																			contribuì 
																			alla 
																			fama 
																			di 
																			invincibilità 
																			dell’esercito 
																			macedone, 
																			nonché 
																			alle 
																			vittorie 
																			di 
																			Alessandro 
																			in 
																			Oriente.
																			 
																			
																			
																			
																			Inoltre 
																			era 
																			volontà 
																			del 
																			re 
																			occuparsi 
																			personalmente 
																			delle 
																			relazioni 
																			politiche: 
																			le 
																			ambascerie 
																			erano 
																			inviate 
																			a 
																			lui 
																			personalmente 
																			ed 
																			egli 
																			in 
																			persona 
																			si 
																			preoccupava 
																			di 
																			concludere 
																			alleanze 
																			senza 
																			usufruire 
																			di 
																			intermediari 
																			del 
																			“popolo” 
																			macedone.
																			 
																			
																			
																			
																			Tuttavia 
																			formule 
																			d’uso 
																			nella 
																			lingua 
																			dei 
																			trattati 
																			sembrano 
																			indicare 
																			come 
																			il 
																			popolo 
																			macedone 
																			avesse 
																			un 
																			certo 
																			peso 
																			nella 
																			gestione 
																			della 
																			prassi 
																			politica. 
																			Nell’iscrizione 
																			di 
																			Delo 
																			che 
																			ricorda 
																			la 
																			battaglia 
																			di 
																			Sellasia 
																			(222) 
																			che 
																			vide 
																			la 
																			vittoria 
																			di 
																			Antigono 
																			Dosone 
																			contro 
																			Cleomene 
																			III 
																			si 
																			legge:
																			
																			basileús 
																			Antigonos 
																			basilehos/Demetriou 
																			kai 
																			Makedones/kai 
																			hoi 
																			symmachoi 
																			apò 
																			thes 
																			perì/Sellasias 
																			máchhes 
																			Apollhoni
																			
																			(“Re 
																			Antigono 
																			figlio 
																			di 
																			re 
																			Demetrio 
																			e 
																			(i) 
																			Macedoni 
																			e 
																			gli 
																			alleati 
																			ad 
																			Apollo 
																			per 
																			la 
																			battaglia 
																			di 
																			Sellasia” 
																			(Dittenberger, 
																			518)).
																			
																			
																			
																			 
																			
																			
																			
																			Holleaux 
																			ha 
																			focalizzato 
																			la 
																			sua 
																			attenzione 
																			sui 
																			termini
																			
																			basileus
																			
																			e 
																			Makedones 
																			concludendo 
																			che 
																			i 
																			due 
																			elementi 
																			costitutivi 
																			dello 
																			Stato 
																			macedone 
																			fossero 
																			il 
																			re 
																			da 
																			una 
																			parte 
																			e la 
																			“nazione 
																			macedone”dall’altra: 
																			l’azione 
																			del 
																			re 
																			quindi 
																			sarebbe 
																			non 
																			soltanto 
																			sul 
																			popolo 
																			ma 
																			anche 
																			con 
																			il 
																			popolo. 
																			Tuttavia 
																			Errington 
																			nota 
																			come 
																			non 
																			si 
																			possa 
																			cogliere 
																			il 
																			significato 
																			di 
																			quel
																			
																			Makedones 
																			senza 
																			metterlo 
																			in 
																			relazione 
																			con 
																			il 
																			successivo
																			
																			symmakoi 
																			(“alleati”); 
																			infatti 
																			vi 
																			sarebbe 
																			la 
																			necessità 
																			di 
																			tenere 
																			distinti 
																			i 
																			Macedoni 
																			dagli 
																			altri 
																			membri 
																			della 
																			Lega 
																			in 
																			quanto 
																			i 
																			primi 
																			ricoprono 
																			un 
																			ruolo 
																			primario 
																			all’interno 
																			di 
																			essa 
																			come 
																			fornitori 
																			della 
																			maggior 
																			parte 
																			dei 
																			contingenti 
																			militari. 
																			Vero 
																			è 
																			anche 
																			che 
																			questo 
																			ruolo 
																			primario 
																			deriva 
																			loro 
																			dal 
																			fatto 
																			di 
																			essere 
																			i 
																			sudditi 
																			diretti 
																			del 
																			capo 
																			della 
																			Lega 
																			che, 
																			come 
																			ai 
																			tempi 
																			di 
																			Filippo 
																			II, 
																			è 
																			appunto 
																			il 
																			re 
																			macedone.
																			
																			
																			
																			 
																			
																			
																			
																			
																			Una 
																			monarchia 
																			sacra
																			 
																			
																			
																			
																			A 
																			porre 
																			la 
																			monarchia 
																			macedone 
																			sulla 
																			linea 
																			di 
																			un 
																			potere 
																			assoluto 
																			concorre 
																			il 
																			fatto 
																			che 
																			l’autorità 
																			del 
																			re 
																			era 
																			sancita 
																			anche 
																			e in 
																			primo 
																			luogo 
																			dal 
																			punto 
																			di 
																			vista 
																			religioso: 
																			nell’immaginario 
																			comune 
																			i 
																			membri 
																			della 
																			famiglia 
																			reale 
																			rimanevano 
																			i 
																			discendenti 
																			di 
																			Temeno 
																			di 
																			Argo 
																			che 
																			a 
																			sua 
																			volta 
																			era 
																			discendente 
																			di 
																			Eracle 
																			figlio 
																			di 
																			Zeus. 
																			La 
																			monarchia 
																			macedone 
																			possedeva 
																			quindi 
																			un 
																			carattere 
																			sacrale.
																			 
																			
																			
																			
																			Per 
																			quanto 
																			riguarda 
																			le 
																			pratiche 
																			religiose, 
																			non 
																			esisteva 
																			in 
																			Macedonia 
																			una 
																			classe 
																			sacerdotale 
																			ma 
																			era 
																			il 
																			re a 
																			preoccuparsi 
																			di 
																			ottenere 
																			per 
																			il 
																			suo 
																			popolo 
																			il 
																			favore 
																			degli 
																			dei 
																			celebrando 
																			sacrifici 
																			e 
																			feste 
																			religiose. 
																			Significativo 
																			l’esempio 
																			di 
																			Alessandro. 
																			I 
																			sacrifici 
																			venivano 
																			svolti 
																			giornalmente 
																			(per 
																			questo 
																			Giustino 
																			(IX, 
																			4.1) 
																			parla 
																			di
																			
																			solita 
																			sacra). 
																			Proprio 
																			al 
																			principio 
																			della 
																			spedizione, 
																			durante 
																			l’attraversamento 
																			dell’Ellesponto, 
																			egli 
																			sacrificò 
																			personalmente 
																			a 
																			Poseidone 
																			e 
																			alle 
																			Nereidi 
																			e 
																			allo 
																			stesso 
																			modo 
																			si 
																			preoccupò 
																			di 
																			adempiere 
																			ai 
																			suoi 
																			doveri 
																			fino 
																			a 
																			quando 
																			la 
																			malattia 
																			non 
																			gli 
																			impedì 
																			di 
																			muoversi 
																			(Arriano, 
																			VII, 
																			25.3-6).
																			
																			
																			
																			
																			
																			
																			 
																			
																			
																			
																			
																			Il 
																			re e 
																			i 
																			sudditi:
																			
																			
																			
																			
																			 
																			
																			
																			
																			
																			1.L’ 
																			assemblea 
																			del 
																			popolo
																			 
																			
																			
																			
																			Polibio 
																			(V, 
																			27) 
																			e 
																			Arriano 
																			(V, 
																			28.1) 
																			ci 
																			informano 
																			che 
																			i 
																			Macedoni 
																			in 
																			assemblea 
																			avevano 
																			uguale 
																			libertà 
																			di 
																			parola. 
																			Sulla 
																			base 
																			di 
																			questi 
																			passi 
																			Aymard 
																			ha 
																			affermato 
																			e 
																			sostenuto 
																			che 
																			la 
																			monarchia 
																			macedone 
																			fosse 
																			una 
																			monarchia 
																			costituzionale. 
																			Briant, 
																			suo 
																			sostenitore, 
																			si è 
																			ulteriormente 
																			sforzato 
																			di 
																			stabilire 
																			una 
																			distinzione 
																			tra 
																			assemblea 
																			dell’esercito 
																			e 
																			assemblea 
																			del 
																			popolo. 
																			Secondo 
																			lo 
																			studioso 
																			francese 
																			è 
																			l’esistenza 
																			di 
																			quest’ultima 
																			che 
																			giustifica 
																			la 
																			definizione 
																			della 
																			monarchia 
																			macedone 
																			come 
																			regime 
																			relativamente 
																			democratico. 
																			Briant 
																			si 
																			basa 
																			su 
																			un 
																			passo 
																			di 
																			Curzio 
																			Rufo 
																			(VI, 
																			8.25) 
																			: 
																			“de 
																			capitalibus 
																			rebus 
																			vetusto 
																			Macedonum 
																			modo 
																			inquirebat 
																			exercitus-in 
																			pace 
																			erat 
																			vulgi- 
																			et 
																			nihil 
																			potestas 
																			regum 
																			valebat 
																			nisi 
																			prius 
																			valuisset 
																			auctoritas”. 
																			Tuttavia 
																			Lévy 
																			nota 
																			come 
																			i 
																			moderni 
																			si 
																			siano 
																			posti 
																			un 
																			falso 
																			problema 
																			e 
																			abbiano 
																			creato 
																			una 
																			distinzione 
																			che 
																			gli 
																			antichi 
																			non 
																			avvertivano: 
																			l’assemblea 
																			macedone 
																			rimaneva 
																			un’assemblea 
																			di 
																			cittadini 
																			maschi 
																			adulti, 
																			gli 
																			stessi 
																			che 
																			in 
																			tempo 
																			di 
																			guerra 
																			erano 
																			chiamati 
																			a 
																			impugnare 
																			le 
																			armi; 
																			(quindi 
																			semmai 
																			la 
																			discussione 
																			si 
																			può 
																			spostare 
																			sul 
																			fatto 
																			che 
																			in 
																			tempo 
																			di 
																			pace 
																			partecipassero 
																			o 
																			meno 
																			all’assemblea 
																			anche 
																			quei 
																			cittadini 
																			che 
																			per 
																			motivi 
																			di 
																			età 
																			o 
																			inattitudini 
																			fisiche 
																			erano 
																			impossibilitati 
																			a 
																			partecipare 
																			alla 
																			guerra).
																			 
																			
																			
																			
																			I 
																			passi 
																			citati 
																			documentano 
																			l’esistenza 
																			dell’isegoría
																			
																			(“uguale 
																			facoltà 
																			di 
																			prendere 
																			parola”)
																			
																			all’interno 
																			dell’assemblea 
																			ma 
																			altri 
																			luoghi 
																			testimoniano 
																			come 
																			i 
																			Macedoni 
																			percepissero 
																			come 
																			loro 
																			diritto 
																			il 
																			rivolgersi 
																			liberamente 
																			al 
																			sovrano 
																			anche 
																			al 
																			di 
																			fuori 
																			del 
																			contesto 
																			assembleare. 
																			Tuttavia, 
																			constatare 
																			l’esistenza 
																			dell’isegoría 
																			non 
																			è 
																			sufficiente 
																			a 
																			considerare 
																			i 
																			sudditi, 
																			singolarmente 
																			o 
																			come 
																			comunità, 
																			un’entità 
																			politica. 
																			Allo 
																			stesso 
																			tempo 
																			non 
																			si 
																			può 
																			negare 
																			che 
																			alcuni 
																			testi 
																			riportino 
																			l’esistenza 
																			di 
																			un 
																			certo 
																			ruolo 
																			dell’assemblea. 
																			Si 
																			tratta 
																			di 
																			casi 
																			limitati 
																			ai 
																			processi 
																			capitali 
																			e 
																			alla 
																			nomina 
																			del 
																			re. 
																			Si 
																			rende 
																			perciò 
																			necessario 
																			esaminare 
																			questi 
																			testi 
																			per 
																			vedere 
																			quanto 
																			fosse 
																			effettivo 
																			il 
																			potere 
																			politico 
																			di 
																			tale 
																			assemblea.
																			
																			
																			
																			
																			
																			
																			 
																			
																			
																			
																			
																			1a.L’assemblea 
																			del 
																			popolo 
																			nei 
																			processi 
																			capitali
																			 
																			
																			
																			
																			Dovremo 
																			cercare 
																			di 
																			comprendere 
																			se 
																			il 
																			ruolo 
																			dell’assemblea 
																			nei 
																			processi 
																			capitali 
																			fosse 
																			in 
																			qualche 
																			modo 
																			sancito 
																			o 
																			comunque 
																			costante 
																			o se 
																			si 
																			trattasse 
																			di 
																			una 
																			norma 
																			consuetudinaria 
																			o 
																			comunque 
																			non 
																			vincolante 
																			per 
																			il 
																			sovrano. 
																			La 
																			prima 
																			situazione 
																			che 
																			andiamo 
																			a 
																			esaminare 
																			è il 
																			processo 
																			a 
																			Filota. 
																			Curzio 
																			Rufo 
																			(VI, 
																			8.1) 
																			riferisce 
																			che 
																			Alessandro, 
																			venuto 
																			a 
																			sapere 
																			che 
																			Filota 
																			tramava 
																			contro 
																			di 
																			lui, 
																			“Advocato 
																			tum 
																			consilio 
																			amicorum, 
																			cui 
																			tamen 
																			Philotas 
																			adhibitus 
																			non 
																			est, 
																			Nicomacum 
																			introduci 
																			iubet”.
																			 
																			
																			
																			
																			Il 
																			consiglio 
																			conclude 
																			che 
																			Filota 
																			è 
																			colpevole 
																			e 
																			che 
																			debba 
																			essere 
																			costretto 
																			a 
																			fare 
																			i 
																			nomi 
																			dei 
																			suoi 
																			compagni 
																			nella 
																			cospirazione 
																			(Curzio 
																			Rufo,VI, 
																			8.10-15). 
																			Il 
																			giorno 
																			successivo 
																			Alessandro 
																			convoca
																			
																			omnes 
																			armati 
																			(Curzio 
																			Rufo, 
																			VI, 
																			8.23 
																			e 
																			Arriano, 
																			III, 
																			26.2) 
																			ma 
																			ormai 
																			la 
																			decisione 
																			è 
																			stata 
																			presa: 
																			la 
																			totalità 
																			dell’esercito 
																			non 
																			riveste 
																			nessun 
																			ruolo 
																			politico.
																			 
																			
																			
																			
																			Diversa 
																			la 
																			situazione 
																			per 
																			quanto 
																			riguarda 
																			il 
																			processo 
																			ai 
																			paggi, 
																			quei 
																			giovani 
																			dell’aristocrazia 
																			macedone 
																			che 
																			ordirono 
																			una 
																			congiura 
																			ai 
																			danni 
																			di 
																			Alessandro 
																			(estate 
																			327): 
																			Curzio 
																			Rufo 
																			sostiene 
																			che 
																			la 
																			questione 
																			fu 
																			posta 
																			innanzi 
																			a un
																			
																			frequens 
																			consilium
																			
																			(“un 
																			consiglio 
																			affollato” 
																			(Livio, 
																			XLII, 
																			62.9)). 
																			Tuttavia 
																			Goukowsky 
																			sottolinea 
																			la 
																			particolarità 
																			del 
																			caso 
																			dato 
																			che 
																			si 
																			trattava 
																			di 
																			imputati 
																			“minorenni” 
																			e 
																			che 
																			non 
																			abbiamo 
																			prova 
																			del 
																			fatto 
																			che 
																			questa 
																			sia 
																			la 
																			norma, 
																			tantomeno 
																			qualora 
																			debbano 
																			essere 
																			giudicati 
																			uomini 
																			pienamente 
																			adulti. 
																			Conferma 
																			a 
																			quest’ipotesi 
																			si 
																			potrebbe 
																			trovare 
																			in 
																			Plutarco 
																			dove 
																			vengono 
																			riportate 
																			le 
																			parole 
																			di 
																			Alessandro 
																			in 
																			una 
																			lettera 
																			inviata 
																			ad 
																			Antipatro 
																			(Vita 
																			di 
																			Alessandro, 
																			55):
																			
																			hoi 
																			paídes 
																			hupo 
																			thon 
																			Makedónhon 
																			kateleústhhesan, 
																			ton 
																			de 
																			sophisthèn
																			(scil.
																			
																			Callistene)
																			
																			eghò 
																			kholasho
																			
																			(“i 
																			paggi 
																			sono 
																			stati 
																			giudicati 
																			dai 
																			Macedoni, 
																			ma 
																			il 
																			filosofo 
																			lo 
																			punirò 
																			io 
																			personalmente”).
																			 
																			
																			
																			
																			Alla 
																			luce 
																			di 
																			queste 
																			testimonianze 
																			è 
																			difficile 
																			credere 
																			che 
																			l’assemblea 
																			del 
																			popolo 
																			avesse 
																			un 
																			potere 
																			effettivo 
																			in 
																			materia 
																			giudiziaria: 
																			tuttalpiù 
																			viene 
																			convocata 
																			nel 
																			momento 
																			in 
																			cui 
																			il 
																			re 
																			lo 
																			ritiene 
																			necessario, 
																			senza 
																			che 
																			il 
																			suo 
																			parere 
																			sia 
																			vincolante. 
																			Le 
																			adunanze 
																			dell’assemblea 
																			del 
																			popolo 
																			possono 
																			essere 
																			equiparate 
																			alle
																			
																			contiones 
																			della 
																			Roma 
																			repubblicana, 
																			assemblee  
																			convocate 
																			e 
																			presiedute 
																			da 
																			un 
																			personaggio 
																			dotato 
																			di
																			
																			potestas 
																			o di 
																			una 
																			qualche
																			
																			auctoritas
																			
																			riconosciuta 
																			dalla 
																			comunità. 
																			Nessuno 
																			al 
																			di 
																			fuori 
																			di 
																			lui 
																			poteva 
																			intervenire 
																			senza 
																			il 
																			suo 
																			permesso 
																			e il 
																			popolo 
																			non 
																			esercitava 
																			alcun 
																			potere 
																			decisionale; 
																			le
																			
																			contiones 
																			quindi 
																			costituivano 
																			un 
																			importante 
																			strumento 
																			di 
																			comunicazione 
																			politica 
																			ma 
																			solo 
																			in 
																			una 
																			direzione: 
																			dall’elite 
																			al 
																			popolo. 
																			Sono 
																			queste 
																			anche 
																			le 
																			modalità 
																			con 
																			cui 
																			il 
																			generale 
																			si 
																			rivolge 
																			alle 
																			truppe: 
																			l’obiettivo 
																			è 
																			quello 
																			di 
																			testare 
																			la 
																			propria 
																			autorità 
																			davanti 
																			ad 
																			esse 
																			e 
																			mantenere 
																			un 
																			rapporto 
																			di 
																			fiducia 
																			con 
																			i 
																			soldati, 
																			condizione 
																			indispensabile 
																			per 
																			gestire 
																			una 
																			campagna 
																			militare. 
																			Così 
																			faceva 
																			Giulio 
																			Cesare 
																			e 
																			possiamo 
																			immaginare 
																			che 
																			Alessandro 
																			facesse 
																			altrettanto.
																			
																			
																			
																			
																			
																			
																			 
																			
																			
																			
																			
																			1b.L’assemblea 
																			del 
																			popolo 
																			e la 
																			scelta 
																			del 
																			monarca
																			 
																			
																			
																			
																			Per 
																			ricercare 
																			un’eventuale 
																			coinvolgimento 
																			dell’assemblea 
																			nella 
																			scelta 
																			del 
																			sovrano 
																			guardiamo 
																			il 
																			caso 
																			di 
																			Filippo 
																			II, 
																			dato 
																			che 
																			le 
																			fonti 
																			fanno 
																			menzione 
																			di 
																			una 
																			partecipazione 
																			dell’assemblea 
																			alle 
																			fasi 
																			di 
																			esordio 
																			del 
																			suo 
																			regno. 
																			Diodoro 
																			riferisce 
																			che 
																			Filippo 
																			convocò 
																			assemblee 
																			plenarie 
																			prima 
																			di 
																			essere 
																			eletto 
																			(XVI, 
																			3.1), 
																			mentre 
																			Giustino 
																			sostiene 
																			che 
																			accettò 
																			la 
																			carica 
																			perché 
																			“costretto” 
																			dal 
																			popolo 
																			(VII, 
																			5.9). 
																			Sulla 
																			base 
																			di 
																			queste 
																			fonti 
																			Granier 
																			e 
																			Briant 
																			hanno 
																			sostenuto 
																			un 
																			coinvolgimento 
																			dell’assemblea 
																			nell’elezione 
																			del 
																			sovrano, 
																			intendendo 
																			l’uno 
																			l’assemblea 
																			dell’esercito, 
																			l’altro 
																			l’assemblea 
																			del 
																			popolo, 
																			secondo 
																			quella 
																			distinzione 
																			che 
																			abbiamo 
																			già 
																			notato 
																			essere 
																			discutibile. 
																			Tuttavia 
																			l’affermazione 
																			di 
																			Giustino 
																			è 
																			poco 
																			chiara 
																			mentre 
																			il 
																			riferimento 
																			di 
																			Diodoro 
																			si 
																			colloca 
																			quando 
																			Filippo 
																			è 
																			già 
																			re. 
																			Per 
																			questo 
																			Anson 
																			sostiene 
																			che 
																			l’atto 
																			di 
																			convocare 
																			l’assemblea 
																			avesse 
																			ancora 
																			una 
																			volta 
																			una 
																			finalità 
																			di 
																			“moral 
																			building” 
																			e 
																			non 
																			l’elezione 
																			del 
																			sovrano. 
																			Gli 
																			eventi 
																			successivi 
																			alla 
																			morte 
																			di 
																			Alessandro 
																			mostrano, 
																			secondo 
																			Levy, 
																			che 
																			anche 
																			qualora 
																			l’individuo 
																			avesse 
																			ricevuto 
																			una 
																			legittimazione 
																			da 
																			parte 
																			dell’assemblea 
																			questa 
																			non 
																			fosse 
																			sufficiente 
																			a 
																			considerarlo 
																			re. 
																			Per 
																			questo 
																			acquista 
																			grande 
																			significato 
																			la 
																			lite 
																			tra 
																			Perdicca 
																			e 
																			Tolomeo 
																			che 
																			si 
																			contendono 
																			le 
																			spoglie 
																			di 
																			Alessandro 
																			e il 
																			fatto 
																			che 
																			ciascuno 
																			dei 
																			Diadochi 
																			cerchi 
																			attraverso 
																			matrimoni 
																			di 
																			istituire 
																			legami 
																			di 
																			sangue 
																			con 
																			la 
																			dinastia 
																			del 
																			defunto 
																			re 
																			perchè 
																			questi 
																			funzionino 
																			da 
																			elementi 
																			di 
																			legittimazione. 
																			Sono 
																			rari 
																			i 
																			casi 
																			in 
																			cui 
																			l’intervento 
																			dell’assemblea 
																			può 
																			essere 
																			significativo 
																			nella 
																			scelta 
																			del 
																			sovrano; 
																			Levy 
																			ne 
																			distingue 
																			principalmente 
																			due: 
																			il 
																			caso 
																			dell’estinzione 
																			della 
																			dinastia 
																			regnante 
																			(e 
																			l’unico 
																			caso 
																			effettivo 
																			è il 
																			passaggio 
																			da 
																			Demetrio 
																			a 
																			Pirro 
																			nel 
																			284) 
																			e 
																			quello 
																			in 
																			cui 
																			più 
																			pretendenti 
																			si 
																			contendono 
																			il 
																			titolo 
																			(anche 
																			se 
																			come 
																			abbiamo 
																			visto 
																			per 
																			Alessandro 
																			altri 
																			sono 
																			gli 
																			elementi 
																			di 
																			legittimazione 
																			essenziali).
																			 
																			
																			
																			
																			Levy 
																			quindi 
																			conclude 
																			che 
																			sia 
																			per 
																			quanto 
																			riguarda 
																			il 
																			potere 
																			giudiziario, 
																			sia 
																			per 
																			la 
																			nomina 
																			del 
																			re, 
																			l’assemblea 
																			sembra 
																			essere 
																			non 
																			un 
																			organo 
																			di 
																			governo 
																			ma 
																			piuttosto 
																			un 
																			mezzo 
																			per 
																			il 
																			re 
																			per 
																			saggiare 
																			l’opinione 
																			pubblica 
																			e 
																			ottenerne 
																			l’appoggio.
																			
																			
																			
																			 
																			
																			
																			
																			
																			2.L’aristocrazia
																			 
																			
																			
																			
																			
																			
																			
																			
																			L’immagine 
																			della 
																			Macedonia 
																			che 
																			ricaviamo 
																			da 
																			queste 
																			osservazioni 
																			si 
																			avvicina 
																			più 
																			a 
																			quella 
																			di 
																			una 
																			monarchia 
																			assoluta 
																			piuttosto 
																			che 
																			ad 
																			una 
																			monarchia 
																			costituzionalmente 
																			limitata. 
																			Tuttavia, 
																			come 
																			abbiamo 
																			visto, 
																			 gli
																			
																			hetairoi
																			
																			presenti 
																			a 
																			corte, 
																			pur 
																			privi 
																			di 
																			un 
																			potere 
																			politico 
																			ufficiale, 
																			esercitano 
																			una 
																			certa 
																			influenza 
																			sul 
																			sovrano.
																			
																			
																			
																			 
																			 
																			
																			
																			
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