.

home

 

progetto

 

redazione

 

contatti

 

quaderni

 

gbeditoria


.

[ISSN 1974-028X]


RUBRICHE


attualità

.

ambiente

.

arte

.

filosofia & religione

.

storia & sport

.

turismo storico



 

PERIODI


contemporanea

.

moderna

.

medievale

.

antica



 

EXTEMPORANEA


cinema

.

documenti

.

multimedia



 

ARCHIVIO


 

 

 

 

.

storia & sport


N. 79 - Luglio 2014 (CX)

I CALCIATORI PIÙ AMATI DI SEMPRE

PARTE I - RONALDO
di Francesco Agostini

 

Si può essere campioni sul campo, segnare molte reti e far vincere alla propria squadra tutti i trofei del mondo ma, se non si ha carisma, difficilmente si riesce a entrare nel cuore dei tifosi.

 

Ci sono stati molti giocatori che hanno risposto a questo tipo di profilo: sono stati apprezzati per le loro doti sul campo, indubbiamente, ma hanno resistito all’inesorabile scorrere del tempo?

 

Hanno saputo attraversare epoche rimanendo nella memoria collettiva?

 

Sicuramente no. Dopo qualche anno il loro ricordo è cominciato a sbiadire lentamente per poi dissolversi nel nulla.

 

Di certo, però, questo non è accaduto a un fenomeno vero, un calciatore che è entrato a fondo nel cuore e nella memoria di tutti: Ronaldo.

 

Quello che potremmo chiederci è il perché di tutto questo affetto nei suoi confronti. La risposta può avere due diverse sfaccettature, di cui una semplice e l’altra piuttosto complessa.

 

La prima, assai banale, riguarda la sua bravura sul campo e il suo talento assoluto nel gioco del calcio. Raramente fino alla sua comparsa si era visto un giocatore così rapido, scattante, abilissimo nel dribbling e freddo sotto porta: Ronaldo Luis Nàzario De Lima era la seconda punta ideale, l’uomo che riusciva a risolvere le partite anche da solo. Da qui l’idolatria dei tifosi nei suoi confronti.

 

La seconda, più cervellotica, risiede forse nella sua vita sregolata e nelle numerose disgrazie capitategli nel corso della sua carriera.

 

Questo fattore prettamente psicologico è da ricercare nella necessità da parte del pubblico di immedesimarsi con un modello vicino, a portata di mano quasi, e non con un uno inarrivabile, distante e sempre vincente.

 

Una causa è sicuramente la sua carnalissima (e tipicamente brasiliana) passione per il gentil sesso, che lo ha visto suo malgrado protagonista di alterne vicende.

 

Nel 1998 arriva il primo matrimonio con la calciatrice Milene Domingues, all’epoca chiamata “Ronaldinha” in onore del suo illustre marito. Da questa unione arriverà il primo figlio maschio, Roland, e il mondo intero sorride di fronte all’immagine idilliaca che sembrano avere i tre.

 

Ma le cose non stanno esattamente così. Ronaldo oltre che essere un immenso campione è anche un ragazzo e le eccessive attenzioni sul suo conto incidono fortemente sul suo animo inquieto. Così, dopo soli pochi anni arriva la separazione dalla bella Milene e Ronaldo convola in seconde nozze con Danielle Cicarelli.

 

Quando ormai tutti credono che sia la volta buona e che il campione brasiliano abbia messo la testa a posto, è il momento di ricredersi. Anche con la Cicarelli le cose non vanno per il migliore dei modi e Ronaldo, per tamponare la crisi, pensa bene di unirsi in matrimonio per la terza e ultima (fin qui) volta: sposa Maria Beatriz Anthony dalla quale ha altri due figli, Maria Sofia e Maria Alice.

 

Con quest’ultima Ronaldo sembra finalmente aver raggiunto la pace dei sensi, fino a che non spunta fuori il nome di Michelle Umezu, una donna che fa venire alla luce del sole una sua relazione extraconiugale e che asserisce di avere avuto da lui un figlio, Alex. Ronaldo conferma la sua versione e riconosce l’ennesimo figlio, oramai il quarto. Alla fine, per ammissione dello stesso calciatore brasiliano, deciderà di sottoporsi a un operazione di vasectomia per porre un freno alla sua così fitta attività procreativa.

 

Stando a quanto abbiamo detto fin qui, potrebbe sembrare che Ronaldo sia una persona sbandata, stravagante e che la sua vita non abbia una direzione ben precisa in cui andare. In realtà il suo caso è uno dei pochissimi in cui la vita sul campo ha un andamento molto simile alla vita vera: picchi immense e rovinose cadute, alti e bassi che diventano una norma che forgia il carattere abituandolo a rialzarsi ogni volta.

 

Dopo gli esordi nel PSV Eindhoven, Ronaldo viene acquistato dal Barcellona e qui, in Spagna, dimostra subito tutte le sue eccellenti doti di calciatore.

 

Il brasiliano viene soprannominato il Fenomeno e le sue giocate diventano famose in tutto il mondo. Su di lui piomba quindi il presidente dell’Inter Angelo Moratti che lo porta a Milano per fare grande la squadra nerazzurra oramai a secco di vittorie da molti anni.

 

All’Inter Ronaldo prende su di sé la maglia numero dieci e con le sue giocate, diventa immediatamente il calciatore più forte, la punta di diamante che qualsiasi squadra al mondo vorrebbe avere. Emblematico di questo periodo è, infatti, il goal siglato al Piacenza nel 1997: una lunga galoppata che parte da centrocampo, prosegue con un doppio passo a smarcare due avversari e termina con un preciso rasoterra che si infila nell’angolo più lontano della porta.

 

Con un’annata fantastica alle spalle coronata dal primo Pallone d’Oro, Ronaldo e il suo brasile si presentano ai mondiali del 1998 come i grandi favoriti. La marcia fino alla finale è, infatti, una marcia trionfale e tutti danno i verdeoro come campioni prima dell’ultimo incontro con la Francia.

 

Qui però accade qualcosa di inaspettato e che è tutt’oggi avvolto da un fitto mistero. Stando alle dichiarazioni del c.t. del brasile Zagallo e dei compagni di squadra, Ronaldo la sera prima della finale si sente male, arrivando ad avere un attacco epilettico.

 

La sera successiva l’allenatore decide di schierarlo ugualmente ma Ronaldo è un vero e proprio fantasma completamente avulso dal gioco: come risultato la Francia vince 3-0 e umilia i brasiliani, che dal canto loro erano già pronti a festeggiare.

 

Al ritorno in patria, le immagini di un Ronaldo barcollante che riesce a malapena a scendere le scalette dell’aereo scioccano il mondo intero. Come poteva, infatti, uno che nemmeno si reggeva in piedi giocare una finale di calcio?

 

E, soprattutto, a cosa era dovuto quello strano malore? I maligni parlarono subito di effetti collaterali di sostanze dopanti ma la vicenda non è stata mai chiarita del tutto.

 

La sfortuna di Ronaldo però è solo all’inizio. 

 

L’anno successivo, nella partita contro il Lecce, arriva il primo grande infortunio della sua carriera, ossia la lesione del tendine rotuleo. L’incidente lo tiene lontano dai campi di gioco per moltissimi mesi e il rientro in grande stile è previsto per la finale di Coppa Italia contro la Lazio.

 

Qui dopo soli sei minuti, accade la tragedia: Ronaldo tenta un dribbling nei confronti di Fernando Couto e si accascia a terra in lacrime. L’infortunio è ancora più grave del precedente e stavolta il tendine rotuleo non è più lacerato ma è rotto; negli occhi di Ronaldo c’è tutta la disperazione per una carriera che si teme sia finita lì.

 

Questo è il momento cruciale della sua carriera ed è qui che Ronaldo passa definitivamente il confine che lo divide da campione a leggenda. Nonostante tutto il brasiliano ha la forza di rialzarsi, torna sui campi da gioco e nel 2002 passa alla squadra più blasonata di Spagna, ossia il Real Madrid.

 

Con le merengues è protagonista assieme a Zidane di un’annata straordinaria che culmina con il successo in Coppa dei Campioni ai danni della rivelazione dell’anno, il Bayer Leverkusen. Gli spagnoli vincono per 2-0 in un match senza storia.

 

L’estate dello stesso anno Ronaldo vola in Giappone e Corea per disputare i mondiali e, assieme a Ronaldinho e a Rivaldo, forma un attacco stellare. Il Fenomeno con i suoi goal e la sua acconciatura (rasato su tutta la testa con solamente una lunetta di capelli più lunghi davanti) trascina il Brasile alla vittoria. In finale il Brasile sconfigge la Germania, che viene battuta 2-0 con il primo goal targato Ronaldo su papera di Oliver Kahn.

 

È un momento magico per il brasiliano (gli viene assegnato per esempio il secondo Pallone d’Oro) che si riprende con gli interessi quello che la sfortuna gli aveva tolto nel corso degli anni, tra infortuni, incomprensioni con gli allenatori e vittorie sfuggite da sotto il naso per un millimetro.

 

Dopo la vittoria al mondiale la parabola di Ronaldo inizia un lento e doloroso declino. Il suo fisico non è più quello agile e scattante di una volta e inizia a farsi sentire l’ipertiroidismo, una malattia che lo porta ad aumentare vertiginosamente di peso.

 

Conclude la carriera al Corinthians dopo una breve apparizione al Milan; l’evento fu vissuto in malo modo dai tifosi interisti che da allora lo considerarono un traditore.

 

Ronaldo, al di là delle sue disavventure personali, sarà sempre ricordato come un giocatore in fin dei conti sfortunato, uno che se non avesse avuto tutti quei gravi infortuni, forse avrebbe dato molto di più al mondo del calcio di quanto ha dato realmente.

 

Però c’è da dire anche che forse, se non li avesse avuti, sarebbe stato un giocatore normale, uno di quelli che passano veloci nell’universo calcistico senza lasciare alcun segno.

 

Fortunatamente questo, non è di certo il suo caso.



 

 

COLLABORA


scrivi per InStoria



 

EDITORIA


GBe edita e pubblica:

.

- Archeologia e Storia

.

- Architettura

.

- Edizioni d’Arte

.

- Libri fotografici

.

- Poesia

.

- Ristampe Anastatiche

.

- Saggi inediti

.

catalogo

.

pubblica con noi



 

links


 

pubblicità


 

InStoria.it

 


by FreeFind

 

 

 

 

 

 

 

 


[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE]


 

.