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turismo storico


N. 30 - Giugno 2010 (LXI)

I calanchi della Beata Lucia da Settefonti
valorizzazione e salvaguardia

di Ines Curzio

 

Dalla stretta collaborazione fra l’Associazione Parco Museale della Val di Zena e il Parco regionale dei gessi bolognesi e calanchi dell’Abbadessa (in provincia di Bologna) è nato un progetto di valorizzazione e salvaguardia di un patrimonio di grande valore storico e paesaggistico: l’antico culto della Beata Lucia da Settefonti e dell'antico pellegrinaggio che per secoli, fino alla Seconda Guerra mondiale, fedeli dall’Italia e dall’Estero organizzavano in omaggio alla Beata.


Il pellegrinaggio si svolge sulle verdi colline del Parco regionale a pochi chilometri da Bologna e dalla splendida Val di Zena, permettendo così d’incontrare sul cammino innumerevoli percorsi ambientali, geologici, storici, spirituali all’insegna della riscoperta di un turismo ecologico che trova in queste località, oltre all’ampia offerta di visite guidate, sentieri per trekking, nordik walking e passeggiate a cavallo, anche una vasta gamma di prodotti enogastronomici locali da gustare nelle aziende agrituristiche e nelle fattorie didattiche che costellano la vallata.


Tra le verdi colline assolate e i ripidi calanchi si erge la Chiesa di Sant'Andrea risalente all'XI secolo. Proprio qui riposano le reliquie della Beata Lucia da Settefonti, vissuta nel XII secolo e beatificata nel 1508.

 

Attorno al 1100 nacque nell'antica famiglia Chiari a Bologna, una bambina che divenuta una splendida ragazza, maturò il desiderio di dedicare la vita alla preghiera, scegliendo di vivere nel monastero di Stifonti (oggi Settefonti), fondato nel 1097, divenuto in seguito monastero Camaldolese proprio grazie alla futura Badessa Lucia.


Intanto la fama della sua bellezza aveva raggiunto il circondario e la voce si sparse anche fra le tante guarnigioni che presidiavano il territorio di Uggiano (Ozzano).


Tra i militi vi era un soldato di ventura, il nobile bolognese conte e cavaliere Diatagora Fava che con molta probabilità aveva incontrato la fanciulla prima ancora che prendesse i voti; questi si fece trasferire proprio nella guarnigione di San Pietro (oggi San Pietro di Ozzano) per poter rivedere Lucia. Il bel cavaliere percorreva a cavallo ogni mattina il sentiero sui calanchi, per recarsi alla chiesa del convento.


Da qui il nome calanchi e passo dell’Abbadessa. Lucia si era accorta di questa costante presenza e presto si trovò a combattere il turbamento con assidue preghiere, veglie e penitenze che minarono la sua salute.


Cadde ammalata, ma il cavaliere non cessò le sue visite mattutine. Una volta guarita sembra che con la complicità di una suora riuscì a parlargli.


Il suo sentimento per l’amore divino era più forte di ogni altro sentimento terreno ed era risoluta nella sua dedizione alla vita monastica; lo invitò a non tornare più, ma si lasciarono con la promessa del cavaliere di partire crociato per la Terrasanta.

 

Così fece, mentre Lucia, minata dalla malattia, si spense intorno al 1157 già in aria di santità.


Il cavaliere durante le Crociate fu ferito e rinchiuso in una cella dove una notte, in preda alla febbre, vide Lucia che gli tendeva la mano e, come in sogno, lo trasportava nella foresta di Stifonti nei pressi del Monastero. In cambio di questa grazia, secondo il messaggio della Beata, il cavaliere avrebbe dovuto lasciare i ferri con cui era legato in prigionia sulla tomba di lei.


Risvegliatosi il cavaliere si ritrovò effettivamente presso il convento, lo raggiunse e inginocchiatosi davanti alla tomba dell'amata lasciò lì i ferri e pianse. In quel momento le sette fonti di acqua miracolosa che si erano seccate alla morte di Lucia, ripresero a zampillare copiosamente.


Questo fatto fu raccontato per la prima volta dal cavaliere stesso e l’eco del miracolo si estese in terre ben lontane dalla vallata, per giungere fino in Germania. Solo nel 1508 la Chiesa riconobbe ufficialmente il fatto accaduto tre secoli prima e proclamò Lucia beata.


Le reliquie della Santa rimasero nella chiesa già denominata comunemente S. Lucia in località Settefonti fino al 7 novembre del 1573 quando il Cardinale Paleotti le traslò nella chiesa di S.Andrea di Ozzano dove giacciono tutt'ora assieme ai ferri con cui il cavaliere era tenuto prigioniero, visibili in una teca sul piccolo altare a lei dedicato e dove è possibile ammirare la bellissima pala trecentesca raffigurante la Beata.


I Camaldolesi la venerano come fondatrice del ramo femminile dell'ordine.

 

Della Beata Lucia purtroppo non restano manoscritti originali, bruciati tutti in un incendio che devastò l'archivio dell'allora Chiesa di Santa Lucia, ma accurate ricerche nell’archivio storico di Camaldoli, (dove è possibile consultare una nutrita documentazione manoscritta conservata grazie all'accurato lavoro del Monaco Anselmo Costadoni) hanno permesso di risalire ad un formulario dettato dalla Beata Lucia ad una consorella in estasi durante la prima sagra istituita all'inizio del '500, sagra che ancora oggi si festegga annualmente la terza domenica di maggio.


È da questo formulario, che nasce il musical pop lirico “Il Segreto delle Sette Fonti”, la più recente fra le trascrizioni musicali che narrano la storia della Beata.

 

Altre composizioni risalgono al XVIII e XIX secolo. Le sette fonti citate nel formulario vengono sublimate ai sette doni dello Spirito Santo.

 

Ogni fonte d'acqua miracolosa è cura per il corpo e per l'anima e corrisponde ad una delle virtù per giungere alla grazia e all'unità con Dio.


Svelato il mistero delle fonti d’acqua non resta che accogliere il grande messaggio di fede contenuto nel formulario: l’amore di Dio che è in tutte le cose e che ben si può rimirare in questo angolo d’Italia, dove la natura incontaminata e la bellezza del paesaggio si uniscono alla storia regalandoci un patrimonio culturale e spirituale fra i più belli del nostro Paese.



 

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