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N. 78 - Giugno 2014 (CIX)

BRITANNIA
I LIMITI O LIMES DI ROMA

di Joe Medhurst

 

La provincia settentrionale della Britannia, nonostante un’occupazione durata circa 350 anni non fu mai realmente romanizzata o mai acquistò quei caratteri culturali che vanno sotto il nome di romanitas. Fu sempre una zona di confine belligerante che richiese una massiccia presenza di forze armate per tenere sotto controllo e difendere i confini dalle popolazioni barbariche limitrofe.

 

Per di più, oltre a essere una fra le provincie più lontane e isolate, non ebbe praticamente mai contatti con le civiltà del mediterraneo se non a partire dall’invasione romana.

 

Nonostante si trattasse di popolazioni celtiche, alle quali afferiscono anche i Galli e che condividevano quindi caratteristiche comuni, gli unici contatti commerciali erano avvenuti nel sud-est, nella maggior parte dei casi in Kent e solo a opera di Northen e Gaul.

 

Le conoscenze inerenti la Britannia erano quindi molto limitate prima dell’arrivo di Cesare (55-54 A.C.) fatta eccezione per una breve e inesatta relazione fatta da Strabone. Lo stesso Cesare infatti si munì di un ridotto numero di soldati rispetto alla vastità del territorio che stimò inferiore alla realtà proprio per la scarsità delle informazioni del tempo.

 

Dopo il fallimento dell’invasione da parte di Cesare dovremmo attendere ancora 79 anni prima che i Romani ritornino. Ci saranno dei progetti, come ad esempio quello di Augusto nel 34, nel 28 e nel 27 D.C. ma solo Claudio metterà in atto quest’idee, inviando il generale Aulo Plauzio con quattro legioni e alcune truppe ausiliarie. Le ragioni principali dell’invasione si possono ritenere quattro: l’ambizione militare di Claudio, lo sterminio dei druidi, la protezione delle navi nel Canale della Manica (che altrimenti avrebbe sempre richiesto il dispiegamento di grandi potenze navali) e infine, ma non meno importante, la celebre ricchezza di materie prime. La Britannia infatti esportava già stagno, rame e argento ma c’erano depositi naturali di piombo, argento e perfino oro, specialmente nelle aree della Cornovaglia e del Galles.

 

 

La conquista dell’isola, però, non fu, anche in questo caso, mai completata; la provincia (o le due province dopo il 197 D.C.) raggiunsero al massimo il Vallo di Adriano completato nel 128 e per un breve periodo che non superò il ventennio si estese fino al Vallo di Antonino, abbandonato dopo l’insurrezione dei Pitti. Anche se è stata formulata l’ipotesi di un tentativo d’invasione dell’Irlanda, ci sono poche tracce fisiche a testimonio di tale episodio e precisamente una fortezza e dei beni ritrovati senza un ordine logico.

 

Il primo punto da prendere in considerazione parlando di Romanizzazione è la cultura delle popolazioni native e il perché non soccombettero agli ideali culturali romani.

Quando quest’ultimi conquistarono la Britannia credettero di trovarsi di fronte a un’unica popolazione; i Galli. Questo infatti era stato riportato da Cesare e le sole comunicazioni, date da quelle commerciali che avvenivano con le coste del sud, non lo avevano ancora smentito.

 

La Britannia si dimostrò un’area, di gran lunga più estesa e diversa rispetto a ciò che si immaginavano. Anche se la maggior parte delle popolazioni erano di origini Gallo-Celtiche risultavano più separate e prive di un interesse comune verso il continente dimostrato invece dai loro vicini Galli. Inoltre la loro classe aristocratica e i loro leader avevano molto più controllo sulle popolazioni e avevano limitato i contatti con Roma. Ciò era dettato dalla forte indipendenza di ogni capo che raramente collaborava con altri per cause comuni e non c’era mai stata la manifesta volontà di voler avere dei contatti con il distante impero Romano. Sono infatti poche le eccezioni come ad esempio nel caso di Cunobelinus leader dei Catuvellauni o Trinovantes, le rovine del cui palazzo conservano un grande quantità di manufatti e monete romane.

 

Nonostante questa netta divisione di cui ho accennato prima il numeroso numero di tribù, Cantiaci, Trinovante, Regni, Iceni, Brigantes, etc.., risultava unito da un linguaggio simile e dalla stessa casta religiosa; i druidi, che mantennero una larga influenza fino alla loro scomparsa a opera di Paullinus.

 

Questa solida cultura fatta di fortezze o più propriamente dette oppida, di case rotonde, e oggetti di metallo come ad esempio il famoso torque (un collare o un bracciale fatto d’oro, di bronzo o d’argento, usato dai Celti, Sciti e altri popoli antichi) non sembrano essere sparite sotto il dominio romano e sono evidenti perfino nell’ultimo periodo, per esempio con la presenza di geometrie tipicamente britanniche in commistione con i disegni dei mosaici di stile prettamente romani.

 

Le Ville che sono la più ovvia traccia della Romanitas sono comparativamente rare in Britannia e sembrano apparire maggiormente come le abitazioni dei nouveaux riche che in questa maniera facevano sfoggio della loro recente agiatezza. L’aristocrazia Britannica non fu coinvolta con la politica dell’impero a differenza dei loro cugini Galli. La stessa aristocrazia locale sembrava aver mantenuto il controllo dopo che l’occupazione prese piede, portando al conseguente mantenimento della loro originaria identità non-romana

 

Quando i Sassoni arrivarono nel quinto secolo si trovarono di fronte a una cultura che si trovava in un processo di trasformazione. Essa aveva perso parte della sua cultura primordiale ma non era divenuta interamente romana conservando quelle caratteristiche affini ai Sassoni che avevano avuto dei rapporti sia con i Celti sia con i Romani (come foederati mercenaries) agevolando una fusione fra le due popolazioni. (I Sassoni erano il gruppo principale di persone (fra gli Angles e gli Jutes), che popolavano la Britannia alla fine di Roma e sono considerati essere i padri della moderna cultura Anglo-Sassone.)

 

La Britannia non fu mai una provincia ricca nonostante la presenza di molti depositi minerali, che generarono commercio e produzione di moneta (e svantaggi di cui parlerò più avanti). Le spese infatti per il costante mantenimento di una forza armata in un territorio dai confini così insicuri, rendeva il guadagno molto più irrisorio di quanto ci si potesse aspettare dalle premesse.

 

Per di più il livello di commercio non fu mai sufficientemente alto da generare una forte connessione culturale con la Bretagna attraverso lo scambio di beni, manufatti o persone.

 

Diversamente da altre provincie romane la Britannia non ebbe mai dei confini rassicuranti. Mentre il canale della Manica era ragionevolmente sicuro fatta eccezione per qualche occasionale attività di pirateria, tutti gli altri confini erano sottoposti a costanti minacce. C’erano i Pitti e gli Scozzesi che spesso oltrepassavano il Vallo di Adriano, i predoni Irlandesi a Ovest, i Sassoni e altri gruppi provenienti dal Mar del Nord.

 

Questo significava dover far fronte a due problemi principali: una massiccia presenza militare e l’impossibilità da parte delle legioni di poter seguire l’usuale schema di comportamento di conquista, messa in sicurezza e ulteriore avanzamento. Questo portò come conseguenza alla presenza di più truppe locali (specialmente dopo la riforma di Costantino), e la derivante mancanza di fiducia nei confronti del governo di Roma a cui faceva seguito una mancanza di lealtà.

 

Da qui anche la volontà dei leader locali di unirsi per organizzare ribellioni, come ad esempio nel caso di Maximus, e la loro parte svolta nella creazione dell’Impero dei Galli. Il secondo effetto fu la mancanza del sentimento di integrazione dal momento che non si unirono mai nella Pax Romana e persero quindi la possibilità d’usufruire dei vantaggi che questa portò come appunto la pace, il commercio e la stabilità. Ciò dava ulteriori ragioni per non apprezzare o beneficiare del dominio Romano.

 

L’Impero Gallico (Imperium Galliarum) fu un regno scissionista fondato da Marco Cassiano Latinio Postumo nel 260 nella scia delle invasioni barbariche e dell’instabilità di Roma e nel suo periodo più fiorente comprendeva i territori della Germania, del Gaul, della Britannia, e della Spagna. Dopo l’assassinio di Postumus nel 268 d.C. gran parte de territorio conquistato fu perso ma il regno continuò governato da un numero di imperatori e usurpatori. Fu finalmente riportato sotto il dominio romano dall’Imperatore Aureliano in seguito alla battagli di Châlons in 274 d.C.

 

La distanza e l’isolamento dal mondo mediterraneo dovrebbe essere, a mio parere, presa in maggior considerazione in relazione al perché i britannici non furono mai veramente romanizzati. Come ho detto sopra, una delle ragioni principali per l’invasione e l’originaria occupazione fu il desiderio di risorse minerali dell’isola.

 

L’estrazione delle materie prime richiedeva schiavi che non furono mai accettati dalla comunità locale e che quindi non riuscirono a integrarsi con la popolazione, riducendo la romanizzazione della stessa. Inoltre, poiché l’esportazione verso l’impero era solamente di minerali, non diede adito a delle interconnessioni culturali, come sarebbe stato nel caso di esportazione d’oggetti d’arte o d’artigianato, che come si sa veicolano cultura e tradizioni.

 

La stessa presenza militare, che sarebbe stata solo di due legioni il più delle volte, fu sempre piuttosto separata dalla vita delle comunità locali. In Newstead, ad esempio, dove a fronte di un città natale si trovava una fortificazione romana, non sono stati ritrovati reperti romani nella città locale, e artefatti locali nel forte. Un’altra prova che perviene da un altro sito militare, Vindolanda sul Vallo di Adriano, ci dà un esempio delle opinioni dei legionari nei confronti dei nativi con i loro commenti sui Brittunculi, un epiteto spregiativo destinato ai Britanni.

 

I romani lasciarono la Gran Bretagna agli inizi del V secolo, principalmente a causa della loro, sempre in diminuzione, capacità di difendere l’isola dai barbari, in particolare dai Pitti. Ciò ebbe inizio nel 383, quando Magno Massimo, un comandante degli eserciti romani in Gran Bretagna insorse e rivendicò il trono dell’Impero romano d’Occidente, raccogliendo le migliori truppe della Gran Bretagna per invadere la Gallia. Mentre era assente, però, Pitti e Scoti fecero breccia attraverso il Vallo di Adriano e invasero la Gran Bretagna del nord, allo stesso tempo gli irlandesi invasero il Galles del Nord, da dove la Legio XX era stata rimossa.

 

Dopo la conquista del Nord, il sud non poté più difendersi, e con la necessità dell’Impero di ritirare regolarmente le legioni per far fronte a minacce di gran lunga più importanti (almeno dal loro punto di vista) costituite dai Goti lungo il Reno, la Gran Bretagna non fu più in grado di proteggere se stessa. Nel 410 le ultime truppe furono finalmente rimosse dall’imperatore Onorio che secondo il famoso aneddoto storico disse ai britannici di badare alla proprio difesa.

 

Nel complesso possiamo affermare che quattro sono le ragioni principali all’origine della mancanza di Romanitas in Gran Bretagna. Tre di queste sono state suggerite da Russel e Laycock in Unroman Britain, e hanno portato al lavoro di Snyder An Age of Tyrants:Britain and the Britons AD400-600 e a quello di Faulkner in The Decline and Fall of Roman Britain.

 

Sono quindi la mancanza di ricchezza acquisita dall’essere parte dell’impero, avere tre confini pericolosi e cioè il confine terrestre con i Pitti e quelli marittimi con il Mare d’Irlanda e i suoi Celti Hibernian e il Mare del Nord e la forte preesistente cultura. Vorrei aggiungere a ciò la distanza non solo geografica ma soprattutto psicologica da Roma e dal mondo mediterraneo. Questa distanza è stata infatti condivisa da molte popolazioni germaniche e ha impedito a Roma di assorbire i Britannici o i federati germanici.



 

 

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