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[ISSN 1974-028X]


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Filosofia & religione


N. 89 - Maggio 2015 (CXX)

"MA VOI, CHI DITE CHE IO SIA?"
Breve
biografia di Gesù di Nazaret - PARTE vIiI
di Giorgio Giannini

 

La pratica della crocifissione

 

La crocefissione era una “condanna a morte infamante” (mors turpissima crucis) riservata dai Romani agli schiavi ed ai ribelli. Al riguardo, il Vangelo secondo Matteo ed il Vangelo secondo Marco raccontano che sono crocifissi insieme con Gesù due “ladroni” (o meglio ribelli, dato che la parola lattina latrones è una errata traduzione del termine greco lestés, presente nei Vangeli, che significa ribelli, quali erano gli Zeloti). Questo fatto avvalora l’ipotesi che Gesù è stato condannato a morte perché “ribelle” (probabilmente Zelota).

 

La crocifissione, per le sue particolari modalità di esecuzione, era più una “tortura protratta fino alla morte” che una condanna a morte. Infatti,il condannato aveva le braccia legate al braccio orizzontale della croce (detto patibulum) ed i suoi piedi poggiavano, legati, ad un speciale “appoggio”, posto ad una certa altezza sul palo verticale della croce (detto stipes). In questo modo, il peso del corpo rendeva molto difficile la respirazione, per cui il condannato doveva sorreggersi, spingendosi in alto con le gambe,per alleviare la tensione sul torace e quindi poter respirare meglio.

 

Alla fine, però, subentrava la stanchezza, per cui il corpo si accasciava e questo rendeva impossibile la respirazione. A questo punto,il condannato moriva per asfissia. L’agonia poteva durare anche più giorni,anche per precisa indicazione del Comandante romano.

 

Per rendere più rapida la morte del crocifisso, come “atto di misericordia”, gli si spezzavano a bastonate le gambe, in modo che non lo sostenevano più e quindi moriva più rapidamente, per asfissia.

 

Al riguardo, i Vangeli raccontano che i soldati romani spezzano le gambe dei due “ladroni” (o meglio ribelli) crocifissi insieme con lui. A Gesù invece le gambe non sono spezzate perchè era “già morto”. (Gv 19,31-33)

 

La condanna a morte di Gesù, mediante la crocefissione, significa che egli non era cittadino romano, perché in questo caso avrebbe avuto diritto ad un regolare processo, come fu per Paolo che fu portato a Roma per essere processato. Infatti, negli Atti degli Apostoli si racconta che Paolo è catturato dai Romani durante un tumulto nel Tempio di Gerusalemme ed è accusato di essere il Capo dei rivoltosi. Portato davanti al Comandante romano, che gli chiede se è “l’Egiziano che negli ultimi tempi ha sobillato e condotto nel deserto 4.000 ribelli”, Paolo si difende e dice di essere cittadino romano.

 

Pertanto è portato davanti al Governatore romano Felice a Cesarea (la Capitale della Giudea romana), che lo fa arrestare, ma Paolo fa ricorso, come cittadino romano, all’Imperatore e quindi è portato a Roma. (Atti, 21, 27 e ss).

 

Molto probabilmente, Gesù è stato condannato alla crocifissione non dal Procuratore romano (Ponzio Pilato), ma dal Prefetto (il Comandante militare), dopo un sommario processo militare.

 

Questa procedura era normalmente adottata in caso di turbativa dell’ordine pubblico o di rivolta. È quindi possibile che Gesù sia stato catturato dai soldati romani a Gerusalemme durante, o subito dopo, un tumulto (o una rivolta) e quindi condotto davanti al Comandante militare (come fu per Paolo nell’episodio raccontato prima), che l’avrebbe condannato a morte, per sedizione (ribellione), insieme ad altri “ribelli, mediante la crocefissione sul Golgota (che in aramaico significa Luogo del cranio), abitualmente adibito alla esecuzione delle condanne a morte. È pertanto escluso il processo di Gesù davanti alle Autorità ebraiche (il Sommo Sacerdote ed il Sinedrio).

 

Infatti, come ha scritto lo storico ebreo filo romano Giuseppe Flavio sia il Sinedrio che il Sommo Sacerdote non avevano grande potere e dipendevano per lo svolgimento della loro attività dall’Autorità romana (il Procuratore o il Governatore romano).

 

Infatti, il Sommo Sacerdote era designato dai Romani,che conservavano anche la sua veste ed i paramenti sacri e li mettevano a sua disposizione solo nei giorni stabiliti per le cerimonie. Inoltre, per la convocazione del Sinedrio era necessaria l’autorizzazione del Governatore romano. (Antichità Giudaiche, 2,200-203).

Pertanto, le Autorità ebraiche non potevano quindi condannare a morte, dato che questo potere era riservato solo al Procuratore romano.

 

I maltrattamenti inflitti a Gesù 

 

Solo il Vangelo secondo Matteo ed il Vangelo secondo Marco narrano, in modo molto simile, i maltrattamenti inflitti a Gesù prima della crocifissione. Nel Vangelo secondo Matteo, i soldati romani “condussero Gesù nel Pretorio.. Lo spogliarono, gli fecero indossare un mantello scarlatto,intrecciarono una corona di spine, gliela posero sul capo e gli misero una canna nella mano destra. Poi inginocchiandosi davanti a lui, lo deridevano :”Salve Re dei Giudei!”. Sputandogli addosso, gli tolsero di mano la canna e lo percuotevano sul capo. Dopo averlo deriso,lo spogliarono del mantello e gli rimisero le sue vesti, poi lo condussero via per crocifiggerlo”. (Mt 27,27-31)

 

Dato che Gesù è condannato a morte, mediante la crocifissione, per essersi dichiarato “Re dei Giudei”, i soldati romani lo scherniscono facendogli indossare un “mantello scarlatto”, ponendogli in testa “una corona di spine” e mettendogli “una canna nella mano destra”. Poi lo deridono, salutandolo come “Re dei Giudei” ed inginocchiandosi davanti a Lui, lo insultano, lo umiliano, sputandogli addosso, e lo maltrattano, percuotendolo “sul capo” con la canna che gli hanno tolto di mano.

 

Nel Vangelo secondo Marco, il racconto è quasi identico, con l’unica differenza che “lo vestirono di porpora” invece di fargli indossare “un mantello scarlatto. (Mc 15,16-20)

Invece, il Vangelo secondo Luca, non racconta i maltrattamenti e le umiliazioni subite da Gesù prima della crocifissione, ma riferisce solo quelli patiti dopo che era stato messo sulla croce. (Lc 23,35-38)

 

Anche il Vangelo secondo Giovanni non racconta i maltrattamenti e le umiliazioni subite da Gesù prima della crocifissione.

 

La crocifissione di Gesù

 

I Vangeli non descrivono dettagliatamente la crocifissione di Gesù, ma le fasi successive, perché la pratica della crocifissione era molto usata dai Romani nei confronti dei ribelli per cui era ben conosciuta e largamente applicata nella Giudea del I secolo, per le frequenti ribellioni antiromane, e quindi tutti i “lettori” del Vangelo (Ebrei e Romani) la conoscevano bene.

 

Nel caso di Gesù, la croce usata era la crux commissa, formata da tue travi separate, quella verticale (stipes), posta sul luogo dell’esecuzione, e quella orizzontale (patibulum), portata dal condannato.

 

A Gesù furono conficcati nei polsi (e non nel palmo delle mani in quanto così non avrebbero potuto reggere il peso del corpo),con precisione, tra le ossa del polso, dei chiodi lunghi una ventina di cm. Poi, gli fu piantato nei piedi, tra il secondo ed il terzo metatarso, un altro lungo chiodo,che poi fu conficcato nella trave verticale della croce (stipes).

 

La crocifissione di Gesù è raccontata in modo diverso nei Vangeli Canonici. Il Vangelo secondo Matteo narra che i soldati romani, “mentre uscivano” dal Pretorio “incontrarono un uomo di Cirene, chiamato Simone,e lo costrinsero a portare la sua croce”. (Mt 27,32) Quindi, “giunti al luogo detto Golgota, che significa “Luogo del cranio”, gli diedero da bere vino mescolato con fiele. Egli (Gesù) lo assaggiò, ma non ne volle bere”.(Mt 27, 33-34)

 

Il Vangelo racconta poi che “Dopo averlo crocifisso, si divisero le sue vesti,tirandole a sorteAl di sopra del suo capo posero il motivo scritto della sua condanna: “Costui è Gesù, il Re dei Giudei”.(Mt 27,35-37)

 

Racconta inoltre che “insieme a lui vennero crocifissi due ladroni, uno a destra e uno a sinistra” (Mt. 27,38) e che “quelli che passavano di lì lo insultavano, scuotendo il capo e dicendo:”Tu, che distruggi il Tempio ed in tre giorni lo ricostruisci, salva te stesso, se tu sei Figlio di Dio, e scendi dalla croce!”. (Mt 27,39-41)

 

Racconta che anche i Capi dei Sacerdoti, gli Scribi e gli Anziani del Tempio lo sbeffeggiano dicendo: “ Ha salvato altri e non può salvare sé stesso! È il Re di Israele; scenda ora dalla croce e crederemo in lui. Ha confidato in io;lo liberi lui, ora, se gli vuole bene.” (Mt 27,41-43)

 

Racconta infine che “anche i ladroni crocifissi con lui lo insultavano”. (Mt 27,44) Il racconto del Vangelo secondo Marco è simile, con alcune differenze. Innanzitutto Simone di Cirene “veniva dalla campagna” e si specifica che era “padre di Alessandro e di Rufo”. (Mc 15,21). Inoltre, i Soldati romani danno a Gesù “vino mescolato con mirra”, ma Lui “non ne prese”. (Mc 15,23)

 

Anche questo Vangelo non racconta la scena della crocifissione, ma le fasi successive, a partire dalla divisione delle sue vesti, tra i soldati romani, che le tirano a sorte, dopo averlo crocifisso (Mc 15,24).

 

Non si comprende a cosa serve il “vino mescolato con mirra” (diverso dal “vino mescolato con fiele”del Vangelo secondo Matteo), che Gesù non beve, anzi non lo assaggia neppure, come scritto nel Vangelo secondo Matteo (Mt 27,34). Forse serviva a lenire i dolori. Però, fare questo per un condannato a morte era inconcepibile.

 

Il Vangelo specifica che “erano le nove del mattino quando lo crocifissero”. (Mc 15, 25) e che la “scritta con il motivo della sua condanna (titulus) diceva: Il Re dei Giudei”. (Mc 15,26)

 

Il Vangelo racconta quindi che insieme con Gesù sono crocifissi “anche due ladroni, uno a destra ed uno alla sua sinistra”, e riferisce degli insulti fatti a Gesù sulla croce. (Mc 15,27-32)

 

Anche il racconto del Vangelo secondo Luca è simile agli altri due Sinottici, sia nella storia di Simone di Cirene, che “tornava dai campi” ed al quale i soldati romani “misero addosso la croce, da portare dietro a Gesù” (Lc 23, 26) sia nella divisione delle vesti di Gesù, tirate a sorte dai soldati romani.(Lc 23,34)

 

Però il Vangelo introduce due fatti nuovi. Il primo è che Gesù è seguito da “una grande moltitudine di popolo e di donne, che si battevano il petto e facevano lamenti su di lui”. Gesù, rivolto verso di loro dice: “ Figlie di Gerusalemme,non piangete su di me, ma piangete su voi stesse e sui vostri figli”. (Lc 23,27-28)

 

Certamente questo passo è inserito nel Vangelo per ricordare la responsabilità degli Ebrei per aver voluto la morte di Gesù (scegliendo di liberare Barabba al suo posto). Ad avvalorare la tesi della colpevolezza degli Ebrei e della innocenza dei Romani, c’è un passo esplicito nel quale Gesù perdona i suoi carnefici (i Romani), dicendo: “Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno” .(Lc 23,34)

 

Non si comprende però perché Gesù è seguito da “una grande moltitudine di popolo e di donne, che si battevano il petto e facevano lamenti su di lui”, come se fosse un “personaggio autorevole” (e forse “regale”) e non un condannato a morte.

 

Infine, il Vangelo chiama “malfattori” e non “ladroni”, i due uomini crocifissi insieme con Gesù,”uno a destra e l’altro a sinistra”. (Lc 23,32-33)

 

Il Vangelo racconta quindi che Gesù è deriso sia dai “Capi” (dei Sacerdoti), che dicono: “Ha salvato altri! Salvi se stesso,se lui è il Cristo di Dio,l’eletto”, sia dai soldati romani, che gli porgono dell’aceto e gli dicono: “Se tu sei il Re dei Giudei, salva te stesso”, mentre “il popolo stava a vedere”. (Lc 23,35-37)

 

Il titulus, posto sulla croce, sopra la testa di Gesù crocifisso, reca la scritta “Costui è il Re dei Giudei”, simile a quella del Vangelo secondo Matteo. (Lc 23,38)

 

Il secondo fatto nuovo narrato nel Vangelo secondo Luca è la cosiddetta storia del “buon ladrone”. Infatti, mentre uno dei due “malfattori” crocifissi accanto a Gesù, lo insulta, l’altro lo rimprovera, dicendogli: “Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena?Noi giustamente, perchè riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni: Egli invece non ha fatto nulla di male”. Quindi rivolto a Gesù gli dice: “Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo Regno”. Gesù gli risponde: “In verità Ti dico:oggi con me sarai nel Paradiso”.(Lc 23,39-43)

 

La narrazione dei fatti nel Vangelo secondo Giovanni è diversa da quella dei Vangeli Sinottici. Innanzitutto, non racconta la storia di Simone di Cirene. Poi, specifica che nel titulus, in cui è riportata la motivazione della sua condanna alla crocifissione, è scritto: “Gesù il Nazareno,il Re dei Giudei.. in ebraico, in latino e in greco”. (Gv 19,19-20)

 

Questa scritta è ripresa nella tradizione cristiana con la sigla INRI, che significa Iesus Nazarenus Rex Iudeorum e che si ritrova nella iconografia di Gesù crocifisso.

 

Riguardo a questa scritta, il Vangelo specifica che i Capi dei Sacerdoti avevano detto a Pilato di non scrivere “Il Re dei Giudei”, ma “Costui ha detto: Io sono il Re dei Giudei”. Però, Pilato aveva risposto loro, infastidito: “Quel che ho scritto, ho scritto”. (Gv 19, 21-22)

 

Da questi passi è chiaro che i Capi dei Sacerdoti desiderano precisare che è Gesù che ha detto di essere il “Re dei Giudei” e non che lo è veramente. Il Vangelo inoltre non specifica chi sono i due uomini crocifissi insieme con Gesù, ma racconta solo, in un passo successivo, che i soldati romani spezzano ad essi le gambe per accelerarne la morte. (Gv 19,32)

 

Il Vangelo infine specifica che “quattro” soldati romani, dividono in “quattro parti” le vesti di Gesù, mentre tirano a sorte la sua “tunica” che “era senza cuciture”, per non stacciarla. (Gv 19,23-24)

 

Non si comprende la praticità della divisione in quattro parti delle vesti di Gesù. Perchè i soldati romani vogliono avere ciascuno un pezzo di stoffa? Forse le vesti hanno un gran valore, essendo vesti regali, sontuose. Questo fatto avvalorerebbe la tesi che Gesù è di stirpe regale (probabilmente è un discendente degli Asmonei o Maccabei, defenestrati dai Romani, che hanno messo Erode come Re della Giudea).

 

L’agonia e la morte di gesù

 

Anche l’agonia e la morte di Gesu’ sono narrate in modo diverso nei quattro Vangeli. Il Vangelo secondo Matteo narra che “ a mezzogiorno si fece buio su tutta la terra, fino alle tre del pomeriggio. Verso le tre, Gesù gridò a gran voce:” Elì,Elì,lemà sabactàni?, che significa “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? Udendo questo, alcuni dei presenti dicevano:”Costui chiama Elia (il protettore degli afflitti). E subito,uno di loro corse a prendere una spugna, la inzuppò di aceto, la fissò su una canna e gli dava da bere. Gli altri dicevano: Lascia! Vediamo se viene Elia a salvarlo! Ma Gesù di nuovo gridò a gran voce ed emise lo spirito”.(Mt 27,45-50)

 

Chi è colui che porge a Gesù la spugna imbevuta di aceto? Dalla lettura del passo evangelico è uno dei “presenti” alla crocifissione, ma non sembra essere un soldato romano perché altrimenti sarebbe stato nominato espressamente.

 

Dopo la morte di Gesù, “il velo del Tempio si squarciò in due, da cima a fondo, la terra tremò, le rocce si spezzarono, i sepolcri si aprirono e molti corpi di santi.. resuscitarono… dopo la sua resurrezione, entrarono nella città santa (Gerusalemme) ed apparvero a molti” .(Mt 27,51-53)

 

A questo punto, il Centurione romano ed i soldati che sono con lui, vedendo il “terremoto” e “quello che succedeva”, si impauriscono e dicono: “ Davvero costui era Figlio di Dio!” (Mt 27, 54)

 

Nel Vangelo secondo Marco il racconto dell’agonia di Gesù è simile (Mc 15,33-38), con alcune piccole differenze, la più importante delle quali è che è citato solo il Centurione romano (e non anche i soldati) che dichiara: “Davvero questo uomo era Figlio di Dio!”. (Mc 15,39)

 

La narrazione del Vangelo secondo Luca è un po’ diversa. Innanzitutto si specifica che “ si fece buio….perchè il sole si era eclissato”. (Lc 23,44-45)

 

Poi, il Centurione romano dice: “Veramente questo uomo era giusto”.(Lc 23,47) Inoltre, “tutta la folla che era venuta a vedere questo spettacolo (!!), ripensando a quanto era accaduto, se ne tornava battendosi il petto”. (Lc 23, 48)

 

Probabilmente, il Vangelo vuole mettere in risalto che finalmente gli Ebrei capiscono di aver sbagliato a volere la morte di Gesù e pertanto si battono il petto per pentirsi.

 

Infine, il Vangelo specifica che i conoscenti (Discepoli) di Gesù e “le donne che lo avevano seguito fin dalla Galilea, stavano da lontano a guardare tutto questo”. (Lc 23, 49) È quindi chiaro che esse assistono alla sua crocifissione, anche se “da lontano”.

 

Nel Vangelo secondo Giovanni, la narrazione della morte di Gesù è diversa. Infatti, Gesù dice :”Ho sete” ed essendoci lì vicino “un vaso pieno di aceto, posero una spugna imbevuta di aceto, in cima ad una canna e gliela accostarono alla bocca”. Gesù, “dopo aver preso l’aceto”, dice: “È compiuto! E chinato il capo, consegnò lo spirito”. (Gv 19,28-30)

 

In questo passo del Vangelo, è quindi Gesù che chiede da bere, per lenire l’arsura causata dal dolore straziante, per i chiodi infissi nei polsi e nei piedi, che fa aumentare la sudorazione e di conseguenza la sete, con la necessità impellente di bere. E beve una mistura con “aceto”.

 

Anche in questo passo, come in quelli del Vangelo secondo Matteo (Mt 27,48) e del Vangelo secondo Marco (Mc 15,36) non è chiaro chi sia colui che porge a Gesù la “spugna imbevuta di aceto”,che Egli beve.

 

Il Vangelo racconta quindi un fatto nuovo, esclusivo. Infatti, è scritto che era “il giorno della Parasceve” (cioè era venerdì, che è il giorno in cui si “prepara” il cibo da consumare il sabato, dato che in questo giorno non si può svolgere alcuna attività) ed “i Giudei, perchè i corpi (dei crocifissi) non rimanessero sulla croce durante il sabato- era infatti un giorno solenne quel sabato- chiesero a Pilato che fossero spezzate loro le gambe (per accelerarne la morte) e fossero portati via”. (Gv 19,31)

 

Secondo questo passo evangelico il giorno successivo alla crocifissione era sabato, che era anche un “giorno solenne” , perchè era Pasqua.

 

Vennero dunque i soldati” (romani) e spezzano le gambe ai due uomini che sono stati “crocifissi insieme con Lui”. I soldati però non spezzano le gambe a Gesù “vedendo che era già morto”. Però, “ uno dei soldati,con una lancia gli colpì il fianco e subito ne uscì sangue ed acqua”. (Gv 19,32-34)

 

Questo ultimo passo lascia perplessi perché non si capisce come è possibile che esca dalla ferita al costato di Gesù “sangue ed acqua”, se “era già morto”.

 

L’Evangelista attesta infine la sua presenza alla crocifissione di Gesù, affermando: “Chi ha visto ne dà testimonianza e la sua testimonianza è vera” . Ribadisce poi che “egli sa che dice il vero”, affinchè anche i lettori credano. (Gv 19,35)

 

Le donne che assistono alla crocifissione

 

Gesù è accompagnato durante il ministero (predicazione) non solo dagli Apostoli e dai Discepoli, ma anche da numerose donne, di cui però i Vangeli non ci dicono nulla. Probabilmente, alcune sono le mogli degli Apostoli e dei Discepoli.

 

I Vangeli riferiscono della presenza di alcune donne che assistono “da lontano” alla crocifissione di Gesù, ma non riportano gli stessi nomi. Infatti, nel Vangelo secondo Matteo, tra le “molte donne ... che osservavano da lontano” e che “avevano seguito Gesù dalla Galilea per servirlo… c’erano Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo e di Giuseppe e la madre dei figli di Zebedeo “.(Mt 27,55-56)

 

La seconda Maria è Maria moglie di Cleofa (o Cleopa), identificato da alcuni studiosi come Alfeo, il fratello di Giuseppe, il padre di Gesù. È la madre degli Apostoli Giacomo il Minore e Giuseppe (Ioses). La terza donna è Salomè, moglie di Zebedeo e madre degli Apostoli Giacomo il Maggiore e Giovanni, che alcuni esegeti ritengono sia la sorella di Maria, la madre di Gesù. È però molto singolare che non è presente alla crocifissione di Gesù sua madre.

 

Nel Vangelo secondo Marco, è scritto che “vi erano alcune donne,che osservavano da lontano, tra le quali Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo il Minore e di Ioses (Giuseppe) e Salome, le quali,quando (Gesù) era in Galilea lo seguivano e lo servivano, e molte altre che erano salite con lui a Gerusalemme”. (Mc 15,40-41)

 

In questo passo evangelico, è preciso sia il riferimento a Maria di Cleopa, dato che è indicata come “madre di Giacomo il Minore” (per distinguerlo dall’Apostolo  Giacomo il Maggiore, figlio di Zebedeo e di Salomè), sia a Salomè (la moglie di Zebedeo e madre degli Apostoli Giacomo il Maggiore e Giovanni).

 

È molto singolare che anche in questo Vangelo non è presente alla crocifissione di Gesù sua madre Maria. Nel Vangelo secondo Luca, alla crocefissione di Gesù assistono “da lontano.. tutti i suoi conoscenti (i Discepoli) e le donne che lo avevano seguito fin dalla Galilea”, di cui però non è fatto il nome. (Lc 23, 49). Probabilmente, alcuni Apostoli e parte dei Discepoli sono fuggiti per il timore di essere arrestati.

 

È molto singolare che anche in questo Vangelo, non è menzionata la presenza alla crocifissione di Gesù di sua madre Maria.

 

Il racconto del Vangelo secondo Giovanni è diverso. Infatti,”stavano presso la croce di Gesù sua madre,la sorella di sua madre,Maria di Cleopa e Maria di Màgdala”. (Gv 19,25)

 

In questo caso, le donne non “assistono da lontano” alla crocefissione, ma sono “presso la croce”.

 

Inoltre, la parte del passo evangelico relativo alla “sorella di sua madre” ha suscitato molti problemi agli esegeti dato che questa “sorella” sembra essere “Maria di Cleofa”. In seguito, poichè è impossibile che due sorelle abbiano lo stesso nome, si è ipotizzato che fossero cugine o parenti. Alla fine, si è ritenuto giusto scindere il brano in due parti ed attribuire il riferimento del passo a due persone diverse: una è “la sorella di sua madre” e l’altra è “Maria di Cleopa”, che però non è chiaro che è la moglie di Cleopa (Cleofa o Alfeo). Pertanto,”presso la croce”, ci sono quattro donne e non tre, come nei Vangeli Sinottici.

 

Però, solo il Vangelo secondo Giovanni nomina espressamente Maria, la madre di Gesù, la quale, insieme con le altre donne, non assiste “da lontano” alla crocifissione, ma è “presso la croce”.

 

Inoltre, in questo passo giovanneo, Maria di Màgdala è l’ultima della lista e non la prima, come nel Vangelo secondo Matteo e nel Vangelo secondo Marco.

 

La presenza in tutti i Vangeli di Maria di Màgdala, lascia supporre che Lei avesse un ruolo importante tra le numerose donne che seguivano Gesù dalla Galilea. Si è anche ipotizzato che Maria di Màgdala sia la moglie di Gesù, dato che come Rabbi (Maestro) doveva essere sposato.

 

Il Vangelo racconta inoltre che, insieme con le quattro donne, “presso la croce” c’è anche il Discepolo che Gesù “amava”, al quale Egli affida la madre Maria dicendo: “Donna, ecco tuo figlio!”. Poi, rivolto al “al Discepolo che egli amava” gli dice: “Ecco tua madre!”. Il passo giovanneo si conclude con l’affermazione che “da quell’ora il Discepolo l’accolse con sé”. (Gv 19,26-27)

 

Questo passo è considerato dagli esegeti cattolici come la prova che Gesù non ha fratelli, altrimenti non avrebbe affidato sua madre ad un suo Discepolo, anche se era quello che Egli “amava”.

 

In questo Discepolo prediletto, che Gesù “amava”, si riconosce l’Evangelista in un passo successivo, nel quale afferma: “Questi (cioè il Discepolo prediletto) è il Discepolo che testimonia queste cose e ha scritte”. (Gv 21,24)

 

La sepoltura di Gesù

 

Anche la sepoltura di Gesu’ è narrata in modo diverso nei quattro Vangeli. Il Vangelo secondo Matteo narra che “venuta la sera…un uomo ricco, di Arimatea, chiamato Giuseppe…Discepolo di Gesù… si presentò a Pilato e chiese il corpo di Gesù. Pilato allora ordinò che gli fosse consegnato. Giuseppe prese il corpo,lo avvolse in un lenzuolo pulito e lo depose nel suo sepolcro vuoto,che si era fatto scavare nella roccia; rotolata poi una grande pietra all’entrata del sepolcro,se ne andò. (Mt 27,57-60)

 

È chiaro, da questo passo evangelico, che Giuseppe di Arimatea è un Discepolo di Gesù. Il Vangelo racconta che “Lì, sedute davanti alla tomba c’erano Maria di Màgdala e l’altra Maria” (Mt 27,57-61), la cui identificazione non è certa. Potrebbe essere Maria, moglie di Cleopa (o Cleofa o Alfeo), fratello di Giuseppe, che è presente alla crocifissione di Gesù, insieme con Maria di Màgdala.

 

La presenza di Maria di Màgdala “davanti alla tomba” di Gesù, conferma quanto detto in precedenza,cioè che Lei ha un ruolo importante tra le numerose donne che seguono Gesù nel suo ministero.

 

Dal passo evangelico seguente, si ricava che la crocifissione di Gesù avviene nel giorno della “Parasceve”, ossia la “preparazione” al sabato cioè venerdì. Infatti, in questo giorno si prepara il pasto per il sabato (da cui il termine parasceve= preparazione) dato che in questo giorno non si può fare nulla, essendo il giorno di riposo assoluto, dedicato alla preghiera.

 

Per questo motivo, Giuseppe di Arimatea chiede a Pilato di poter seppellire il cadavere di Gesù prima che venga la sera, cioè prima che inizi il sabato. Infatti, secondo il calendario lunare ebraico, il nuovo giorno inizia al tramonto del sole e finisce al tramonto del sole del giorno seguente.

 

È però singolare che Pilato accetti di consegnare il corpo di Gesù a Giuseppe di Arimatea perché i cadaveri dei condannati a morte non avevano una “normale sepoltura”, ma erano gettati in una “fossa comune”.

 

Il Vangelo narra quindi che il giorno seguente (sabato) i Capi dei Sacerdoti ed i Farisei vanno da Pilato per ricordargli che Gesù ha detto che sarebbe risorto dopo tre giorni e gli chiedono, pertanto, di ordinare che “la sua tomba sia vigilata, fino al terzo giorno”, affinchè i suoi Discepoli non “rubino” il suo corpo “e poi dicano al popolo: È risorto dai morti”. Pilato concede le guardie per vigilare la tomba di Gesù ed essi, “ per rendere sicura la tomba, sigillarono la pietra”. (Mt 27, 62-66)

 

Nel Vangelo secondo Marco, la narrazione è simile, con alcune precisazioni. Innanzitutto, è detto chiaramente, all’inizio del Capitolo, che “era la Parasceve, cioè la vigilia del sabato” (cioè venerdì) e che Giuseppe di Arimatea, oltre ad essere un Discepolo di Gesù (infatti “aspettava anche egli il regno di Dio”) è anche “un membro autorevole del Sinedrio”. Inoltre, Pilato è sorpreso del fatto che Gesù è già morto e ne concede il “corpo” a Giuseppe di Arimatea solo dopo aver avuto conferma della sua morte dal Centurione, che ha eseguito la crocifissione.(Mc 15,42-46)

 

Il Vangelo infine narra che “Maria di Màgdala e Maria, madre di Ioses, stavano ad osservare dove veniva posto” Gesù. (Mc 15,47) In questo passo, è chiaro che la seconda Maria è la madre dell’Apostolo Ioses (Giuseppe) e quindi è la moglie di Cleopa (Cleofa) ed anche la madre dell’Apostolo Giacomo il Minore.

 

Il Vangelo secondo Luca precisa che Giuseppe di Arimatea, oltre ad essere “un membro del Sinedrio” è anche un uomo “buono e giusto.. che non aveva aderito alla decisione ed all’operato degli altri “ componenti il Sinedrio, che avevano voluto la morte di Gesù. Era inoltre un Discepolo di Gesù, perché “aspettava il regno di Dio”. (Lc 23,50-53)

 

Il Vangelo inoltre specifica che quando Gesù è sepolto “era il giorno della Paresceve e già splendevano le luci del sabato”, cioè è sera e nelle case sono accesi i lumi, che annunciano l’inizio del giorno di sabato (dato che il nuovo giorno, secondo il calendario lunare ebraico, inizia al tramonto del sole).(Lc 23,54)

 

Il Vangelo narra quindi che “le donne che erano venute con Gesù dalla Galilea seguivano Giuseppe; esse osservarono il sepolcro e come era stato posto il corpo di Gesù, poi tornarono indietro e prepararono aromi e oli profumati” per ungerne il corpo. Però, il giorno seguente, sabato, “osservarono il riposo come era prescritto” e quindi non si recarono al sepolcro. (Lc 23,55-56)

 

Il Vangelo secondo Giovanni riporta dei fatti nuovi. Innanzitutto, precisa che Giuseppe di Arimatea è un “Discepolo di Gesù, ma di nascosto, per timore dei Giudei”. Inoltre, Giuseppe va a prendere il corpo di Gesù, concesso da Pilato, insieme con Nicodemo, che “in precedenza era andato da lui di notte”, il quale porta “circa trenta chili di una mistura di mirra ed àloe”. Essi “presero il corpo di Gesù e lo avvolsero con teli, insieme ad aromi, come usano fare i Giudei per preparare la sepoltura”. Dato che era “il giorno della Paresceve” e che “nel luogo dove era stato crocifisso, vi era un giardino.. con un sepolcro nuovo,nel quale nessuno era stato ancora posto,là dunque… posero Gesù”. (Gv 19,38-42)

 

Il Vangelo illustra le modalità della sepoltura, secondo la ritualità ebraica, del defunto, il cui cadavere era cosparso di aromi. Però, appare esagerata, e quindi stupisce, la grande quantità (circa 30 Kg) di “mistura di mirra ed àloe”, che è portata da Nicodemo per cospargere il corpo di Gesù.

 

Pertanto, tenuto conto che l’àloe è un potente cicatrizzante di ferite, si è ipotizzato che Gesù non era morto quanto è stato portato nella tomba, ma era in uno stato di “morte apparente”, causata probabilmente da quello che aveva bevuto quando era crocifisso e che nel Vangelo è indicato come “aceto”.

 

Il Vangelo infine specifica che la tomba in cui è sepolto Gesù si trova in un “giardino”, ubicato “nel luogo dove era stato crocifisso”(il Golgota).Sembra che la sepoltura in quella tomba è determinata da motivi di praticità, dato che si trova vicino al luogo della crocifissione e probabilmente non vi era il tempo per portarlo altrove essendo quello anche “il giorno della Parasceve della Pasqua , cioè il giorno precedente la Pasqua. (Gv 19,14)

 

Ricordiamo però quanto detto in precedenza, cioè che i cadaveri dei condannati a morte, soprattutto quelli crocifissi in quanto ribelli, non avevano una “normale sepoltura”, ma erano gettati in una “fossa comune”.

 

Pertanto, dalla lettura dei due passi del Vangelo secondo Giovanni Gv 19, 14 e Gv 19,31,Gesù muore il giorno della Paresceve della Pasqua, cioè il giorno di “preparazione (precedente) alla Pasqua, che però è anche la Paresceve per eccellenza, cioè il venerdì, che è la “preparazione” al sabato. Pertanto, secondo il Vangelo giovanneo, Gesù muore venerdì 14 Nisan, che è il giorno precedente la Pasqua, che quell’anno ricorre sabato 15 Nisan.



 

 

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