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N. 89 - Maggio 2015 (CXX)

Ayrton Senna
La leggenda brasiliana

di Francesco Agostini

 

Che la vita di Ayrton Senna sia stata straordinaria, in tutti i sensi, è un concetto semplice ma in fin dei conti fin troppo vero.

 

Il pilota brasiliano dalla vita ha avuto tutto: soldi, fama, popolarità, vittorie. Peccato solo che la sua corsa sia durata davvero troppo poco. Solo trentaquattro anni.

 

Ayrton Senna non è il tipico brasiliano che ci aspetteremmo, non è il classico bambino povero venuto su dal nulla e approdato tramite lo sport a grandi ricchezze, no. Ayrton Senna era già ricco prima di entrare nelle corse.

 

La sua famiglia apparteneva alla cosiddetta classe benestante, al ceto agiato insomma, tant’è che il padre, vedendo immediatamente il grande talento del figlio gli mise a disposizione niente meno che un go kart. Dai piccoli go kart alle frecce della Formula Uno il passo sarà molto breve per un pilota con il talento di Ayrton, che sarà in grado di vincere in dieci anni di carriera tre mondiali (1988,1990 e 1991) e 41 Gran Premi su 162 disputati.

 

Ma Ayrton Senna non era solo questo, non era solo numeri, trofei e vittorie. Era un ragazzo umile e generoso, soprattutto con chi era nel bisogno e forse è anche per questo che le folle lo amavano all’inverosimile.

 

Aveva la faccia pulita Ayrton, quasi acqua e sapone e, all’infuori di Alain Prost (nemico dentro e fuori la pista) nessun altro poteva avercela con Senna visto il suo carattere mite, modesto e umile. A rafforzare questa sua innata bontà c’era sicuramente anche la religione e il suo personale rapporto con Dio, sempre molto personale e sentito.

 

Purtroppo, comunque, anche le storie più belle hanno un termine e la luminosa carriera del pilota brasiliano si interruppe in Italia, a Imola, il 1 maggio del 1994 in maniera. Quel weekend era iniziato male fin da subito.

 

Il venerdì aveva avuto un brutto incidente Rubens Barrichello (che poi passerà alla Ferrari) e il sabato era morto il corridore Roland Ratzenberger, uscito male da una curva. Forse sarà proprio questo episodio a segnare la mente di Ayrton Senna in modo indelebile. Amici e conoscenti raccontano infatti di come Ayrton non fosse tranquillo quella domenica ma fosse anzi agitato e stranamente poco sorridente, cosa che gli accadeva di rado.

 

Il resto, purtroppo, è storia. L’uscita di pista alla curva del Tamburello alle ore 14:17 toglierà il respiro a mezzo mondo, lasciando se non disperazione, quanto meno una sensazione di arrendevole impotenza di fronte alla morte del grande campione brasiliano. La causa dell’incidente fu il cedimento del piantone dello sterzo che, nell’impatto, si conficcò nella regione temporale destra del pilota (nel suo cranio quindi) non lasciandogli alcuno scampo né alcuna possibilità di sopravvivere.

 

Il cordoglio in Brasile sarà grande, come lo sarà, del resto, in tutto il modo, fra gli appassionati di Formula Uno, ma anche tra i semplici simpatizzanti.

 

Seguiranno film, documentari e libri sulla vita di Ayrton, tesi a mettere ancora più in luce la personalità semplice e luminosa del grande pilota. Un pilota che forse non sarà stato il massimo dal punto di vista tecnico (Senna aveva sicuramente una guida più istintiva e passionale che ragionata) ma che, emotivamente parlando, riusciva a coinvolgere come nessun altro pilota venuto prima né dopo di lui.



 

 

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