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N. 71 - Novembre 2013 (CII)

Anapo, Ciane, Aretusa
Acque dove mito, geografia e storia si riflettono

di Salvina Pizzuoli

 

Alle sponde odo l’acqua colomba

Anapo mio

S. Quasimodo

 

Ovidio nel libro V delle Metamorfosi racconta del ratto di Proserpina cui si legano le vicende di Ciane e di Anapo e quelle dell’amore impetuoso e prepotente di Alfeo per Aretusa.

 

Le divinità di cui narra hanno in Grecia le loro origini, ma i toponimi che ne accolgono la tradizione mitologica si collocano nell’isola di Sicilia; i coloni la riconobbero simile alla propria terra fondandovi nuove e splendide polis, amandola senza dimenticare il luogo d’origine, anzi, vi trasferirono anche i nomi con cui chiamare le nuove località e gli elementi naturali del territorio, quasi a stabilire un forte legame con la madre patria. Ortigia, ad esempio, l’isola su cui sorgerà Siracusa, riproponeva nel suo nome, isola delle quaglie, quello originario di Delo in cui era nato Apollo, la divinità più venerata di Corinto.

 

E non solo, ma anche trasferendovi i miti; furono proprio i Corinzi, ad opera di Archia, a fondare sull’isola la bella colonia di Siracusa come l’oracolo aveva indicato: là dove Alfeo mescola le sue acque a quelle di Aretusa; a Ortigia appunto.

 

Acque lontane quelle del fiume Alfeo e della ninfa Aretusa mutata in fonte. Cosa era accaduto?

 

Dopo percorsi sotterranei erano riemerse e riaffiorate in Sicilia legando la loro leggenda e il proprio nome agli elementi naturali del luogo.

 

Anche Ovidio sembra voler sottolineare nei suoi versi il vincolo che si era instaurato tra le divinità originarie e la nuova terra; nel racconto a Demetra, Aretusa così rivela di se stessa: Straniera sono in Sicilia trasferita lungo la vastità del mare per giungere in Ortigia, ora col nome di Aretusa ho qui la mia dimora… e questa regione mi è cara più d’ogni altra.

 

Storia, geografia e mito si fondono a testimoniare, attraverso le antiche leggende e gli amori metamorfici legati alle acque, a fiumi sotterranei, a fonti limpide, fredde e profonde, sbucate dalla terra come un dono, anche l’importanza dell’acqua dolce nel territorio siciliano accidentato e riarso, e la loro sorprendente caratteristica, dovuta ai fenomeni carsici, di affiorare o sparire oppure sgorgare imprevedibilmente, come la fonte Aretusa tra le acque salate che circondano Ortigia.

 

Se il mito svela amori difficili e trasformazioni, la geografia rivela il percorso dell’Anapo, un importante fiume siciliano, carico di storia e ricco di natura che scorre con un corso lungo in un ampio bacino per sfociare nei pressi di Siracusa.

 

Le origini greche si rivelano nell’etimo del suo nome: l’invisibile come testimoniano a livello geografico le sue acque serpeggianti in meandri tortuosi e le sue rive ricoperte di fitta vegetazione che lo rendono nascosto anche dall’alto: nasce dalle sorgenti di Guffari sul Monte Lauro, antico vulcano spento, la cima più alta dei monti Iblei, un tavolato a strati calcarei inciso da valloni profondi, famosi in epoca greca per i loro cespugli di timo selvatico e quindi per il miele; attraversa poi le gole tortuose di Pantalica scavate nel calcare dove scorre profondo; scende quindi per la piana di Siracusa attraverso il Pantano Magno, ora prosciugato, ritenuto l’antica palude Syraka dalla quale potrebbe derivare il nome della città di Siracusa, per sfociare nel Porto Grande insieme al Ciane che sgorga da una conca di acqua azzurra e tersa, profonda e circolare che richiama nella forma e nel colore il varco operato da Ade per rapire Proserpina inutilmente fermato dalla coraggiosa Ciane, la ninfa dai capelli azzurrini amata da Anapo.

 

E il mito si ripropone e si riflette nella geografia del luogo in felice simbiosi e suggerisce che è sicuramente stato un dono di Demetra, riconoscente a Ciane, se il suo corso, parallelo all’Anapo, è adornato dal rigoglio di una pianta rara che germina solo lungo il Nilo, il papiro; le sue rive ne sono completamente traboccanti e stupisce la quantità e la floridezza di questo elegante arbusto dallo stelo lungo e sottile e dalle infiorescenze pendule e filiformi.

 

Come tutte le valli fluviali anche la valle dell’Anapo con la sua miriade di affluenti e valli laterali conserva tanta storia antropica e accoglie nel suo bacino ancora oggi resti mirabili di antiche vestigia legati a millenarie civiltà del passato, non solo greco o classico, ma anche quello più remoto che trova traccia e testimonianza lungo tutto il suo percorso fino al termine della sua corsa nel Porto Grande.

 

Lungo il corso di questo esteso fiume, là dove la valle si incassa tra ripide pareti fino a Sortino, si incontra, tenendo le spalle alla sorgente, Palazzolo Acreide; qui le civiltà che vi si sono insediate trovano testimonianza di pietra nel teatro greco dell’antica Akrai, sub colonia di Siracusa fondata nel 664, nella necropoli di Bibbinello con la sua chiesa rupestre di epoca bizantina che gli storici fanno risalire al VI secolo dopo Cristo.

 

Se il mondo greco e la sua cultura sono predominanti, gli insediamenti lungo l’Anapo e presso le gole di Pantalica con i resti dell’Anaktoron o palazzo del principe (XII secolo a.C.) a blocchi megalitici e la necropoli, testimoniano una valle abitata da popolazioni anteriori alla colonizzazione greca: cinquemila tombe, per alcuni studiosi presumibilmente dell’indigena Hybla capitale di un antico regno (XII-VIII secolo a.C.), sono scavate nella roccia a precipizio sul fiume a costituire la più vasta necropoli rupestre della Sicilia.

 

Rocce a strapiombo, bianche rocce calcaree, su cui si aprono nere aperture, pareti a picco con vegetazione fitta e colorata, un luogo munito naturalmente, isolato e nascosto da salici, pioppi e oleandri nel fondovalle in prossimità delle sponde, ma anche sulle nude pareti rocciose che nelle fenditure offrono albergo a edere, al garofano rupestre, al tracheali siciliano che in estate le colora di un intenso bluette, mentre su quelle più assolate prosperano capperi e rosmarino.

 

Superato Sortino, la valle diventa ampia ed aperta scorrendo l’Anapo verso il mare e lasciandosi a sinistra i resti del castello Eurialo, la possente fortificazione voluta da Dionisio tiranno di Siracusa dopo gli assedi ateniesi, e il magnifico teatro greco di Siracusa.

 

E dopo un lungo, accidentato e selvaggio percorso, l’Anapo, via naturale dalla costa verso l’interno, carico di storia e di antichi miti sfocia in quel tratto di mare “che si restringe, racchiuso com’è tra due strette lingue di terra, tra le fonti Cìane e Aretusa(Ovidio Metamorfosi V).



 

 

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