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N. 55 - Luglio 2012 (LXXXVI)

la sTORIA e le “storie” DI UN AMMIRAGLIO
in ricordo di ugo foschini

di Ginevra Bentivoglio

 

Quando il 3 luglio scorso ho letto della notizia della scomparsa dell’ammiraglio Foschini, sono stata colta da un sentimento di grande commozione: veniva a mancare un uomo valoroso, impregnato della sua passione e ancora attivo alla veneranda età di 96 anni.

 

Il suo amore per il mare e per le barche a vela infatti lo portavano ogni fine settimana, a novant’anni suonati, a veleggiare e a organizzare regate. Oltre che per la sua instancabile energia con cui voleva trasmettere alle nuove generazioni la passione per questo sport, Ugo Foschini si distingue per essere entrato nella storia grazie a due eventi da record.

 

Nel 1964, al comando del Corsaro II vinse la regata Lisbona-Bermude (della lunghezza di 3.464 miglia), arrivando al traguardo un giorno prima del previsto. Nel 1968, invece, al timone del leggendario veliero Amerigo Vespucci – considerata dall’ammiraglio “la più bella nave del mondo” – risalì e ridiscese a vela il Tamigi fino a Londra “regalando uno spettacolo che non si vedeva dai tempi dell’Ammiraglio Nelson”.

 

Un altro aneddoto significativo, per capire la personalità di Ugo Foschini, risale ai tempi in cui era ancora allievo della nave-scuola Vespucci – dopo il suo ingresso nella Regia Accademia Navale nel 1935 – quando rischiò l’espulsione a causa di un tuffo carpiato effettuato dal pennone dell’albero maestro della nave. “La tentazione, per me che avevo fatto tuffi da piattaforma fin da ragazzino, era troppo forte e non riuscii a resistere. A salvarmi dall’espulsione fu l’intervento della principessa Pallavicini che casualmente aveva assistito all’episodio e intercesse favorevolmente sul comandante” ricordava l’ammiraglio…

 

La commozione mi ha colpito anche per la consapevolezza del privilegio che ho avuto, incontrandolo nel mio percorso cinque anni fa. Questo è il classico esempio di come le “storie” a volte si incontrano per strani meccanismi del caso, divenendo senza che uno se ne accorga “Storia” con la S maiuscola.

 

Questa è la storia di una giovane ragazza che, inseguendo una passione, incontra un grande uomo, grande per l’età anagrafica e per le esperienze della vita: questo incontro, semplice, quasi banale, col senno di poi, diviene paradigma del fatto che la passione, l’impegno, i buoni sentimenti, l’onestà intellettuale, possono divenire artefici di grandi cose.

 

Nel settembre del 2007, mi trovavo all’inizio del mio percorso lavorativo, avevo scelto come lavoro l’editore… che parolona. Ancora tutt’oggi ho difficoltà a definirmi così, ho sempre bisogno di aggiungere numerosi elementi descrittivi per spiegare bene, per riempire di contenuti concreti questo titolo divenuto al giorno d’oggi così altisonante, ma alla fine abbastanza vuoto.

 

Mi ispiravo all’Editore per eccellenza, Aldo Manuzio, che alla fine del Quattrocento a Venezia, cambia la prospettiva dell’editoria non limitandosi solo alla pubblicazione, ma concependo la creazione di un libro come entità di contenuto, forma estetica e realizzazione materiale: trasformando una semplice attività materiale in un’attività culturale.

 

La mia formazione umanistica, mi legava a stretto nodo a quest’impostazione e nel muovere i primi passi in un mondo che considera sinonimi editore = imprenditore = gestore di un’attività economica tout court, trovavo fatica a collocarmi e a comunicare i miei intenti.

 

Decisi quindi di provare a spiegare agendo, facendo parlare i miei prodotti: i miei libri.

 

Dopo aver pubblicato i miei primi tre libri, conobbi un giovane ragazzo, segretario della Marina Militare, con un sogno nel cassetto: pubblicare un libro di poesie che rendeva omaggio alla cultura classica. A volte gli incontri, anche i più casuali e a prima vista senza un nesso logico, se c’è una passione comune alla base, aprono le porte ai migliori progetti, come se dietro ogni cosa ci fosse un disegno dettato semplicemente dal saper guardare oltre, dal cogliere le piccole connessioni, che possono sfuggire a un occhio distratto e superficiale.

 

La mia casa editrice era ancora in fasce ed era nata (nella mia testa) per dedicarsi a pubblicazioni di stampo artistico, così volevo che fosse, poiché la mia competenza era in questo settore e pensavo fermamente che per serietà non potessi dedicarmi ad altri argomenti che non conoscessi profondamente.

 

Con il giovane autore entrammo in sinergia e accettai di pubblicare le sue poesie corredandole di ciò che faceva parte della mia formazione: un’incisione antica per ogni sua nota poetica. Come ciliegina sulla torta un omaggio al mio “maestro”, il piccolo formato (ad Aldo Manuzio si deve l’invenzione dei libri cosidetti “tascabili”) e la sua marca editoriale in apertura (quello che oggi chiamiamo logo): un ancora e un delfino.

 

Che fatalità, col senno di poi, la scelta di questo simbolo e l’incontro con l’Ammiraglio!

 

Organizzammo una presentazione e il giovane poeta invitò amici e colleghi. Per me tutto questo acquisiva quel senso che non riuscivo a spiegare a parole, per me diventava tangibile, una volta avuto questo gradevole libretto fra le mani: avevo messo il primo vero mattoncino di quello che volevo fare e soprattutto di come lo volevo fare.

 

Fu un piacevole pomeriggio, ricevetti apprezzamenti positivi sia per la pubblicazione sia per il mio progetto lavorativo (che evidentemente aveva preso una forma “visibile” e comprensibile).

 

Tra il pubblico c’era anche l’ammiraglio Foschini che aveva accettato volentieri l’invito dell’autore; io non lo conoscevo e fui stupita quando, una volta che mi fu presentato, mi chiese le possibilità di sottopormi un suo manoscritto, si trattava dei suoi ricordi nella Marina Militare durante la seconda guerra mondiale dal titolo “La mia guerra in mare e… dintorni. 10 giugno 1940 - 2 maggio 1945”.

 

Accettai molto colpita e onorata di questa proposta, il suo entusiasmo mi contagiò e la sua concretezza e lucidità mi stupirono. Pochi giorni dopo mi portò il suo manoscritto, corredato di un CD rom con il testo e con numerose foto d’epoca, meticolosamente scansionate e dotate di dettagliate didascalie, oltre a un’ampia bibliografia.

 

Capii, leggendo il testo, che il suo non era semplicemente un libro dei ricordi, ma un resoconto degli eventi avvenuti in mare durante i 5 anni di guerra (quasi un diario di bordo), redatto al fine di far conoscere avvenimenti di grande rilievo storico da lui vissuti in prima persona.

 

Compresi anche che il suo scopo non era autoreferenziale, ma era un modo per tramandare ai posteri la storia di quei giorni e, non per ultimo, per rendere omaggio ai suoi compagni e alla Marina Militare; vi era anche un intento divulgativo poiché il libro era arricchito da un glossario dei termini tecnici oltre che da un elenco delle abbreviazioni e degli acronimi dei gradi e dei corpi militari e di tutte le tipologie dei mezzi della marina militare citati nel testo, abbreviati per rendere più fruibile la lettura, che risultava comunque molto gradevole perché connotata da uno stile telegrafico e conciso.

 

Quando i libri furono pronti gli portai personalmente le copie a casa e fui davvero felice di notare il suo entusiasmo e la sua gioia. Fu l’ultima volta che lo vidi, ma negli anni il mio pensiero corse spesso a lui poiché ricevetti numerose ordinazioni del libro da varie parti d’Italia. Una volta persino una lettera, a lui indirizzata, che gli inoltrai immediatamente.

 

Con il suo libro l’ammiraglio aveva messo a disposizione di tutti i suoi ricordi, facendo “rivivere” numerose persone che non c’erano più.

 

Un pensiero per lei caro ammiraglio, un grazie per aver dato un senso al mio voler essere editore in quanto divulgatore di Storia e di “storie”.  



 

 

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