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N. 62 - Febbraio 2013 (XCIII)

sPECCHI AL FEMMINILE
E se il cielo non fosse a metà?

di Giovanna D’Arbitrio

 

Il tema del “doppio” è ricorrente in tutte le epoche e culture e si ritrova in opere cinematografiche, letterarie, pittoriche e così via. è indubbiamente un fenomeno interessante che non poteva sfuggire agli studi di illustri personaggi nel campo della psicanalisi da Freud in poi.

 

Otto Rank per esempio nel suo testo “Il Doppio” cerca di dimostrare che esso nasconde in effetti una perdita di identità e il consequenziale desiderio di recuperarla, mentre Jacques Lacan nel descrivere “lo stadio dello specchio” afferma che il bambino riconosce più facilmente se stesso nell’immagine riflessa se si specchia insieme a sua madre.

 

Così a quanto pare fin dall’infanzia, le persone che incontriamo nella vita ci aiutano nell’ardua ricerca della nostra più autentica e profonda identità, cioè quel quid per cui “una persona è tale e non altra”, un quid spesso celato o distorto da condizionamenti e maschere.

 

Deduciamo dunque che tutti gli esseri umani, maschi e femmine, attraverso varie esperienze, nel confronto con gli altri imparano (volenti o nolenti) a conoscere meglio se stessi, più o meno profondamente a seconda dei casi e di altri imponderabili fattori.

 

Ci chiediamo tuttavia se in tale processo sia riscontrabile una diversità di comportamento tra uomini e donne.

 

Osservazione e riflessione ci possono forse fornire una risposta. Indubbiamente nei maschi si nota una maggiore complicità, una sorta di goliardico cameratismo che va dal semplice ammiccamento per una battuta “piccante” a tanti altri campi, come sport (calcio in particolare), lavoro, politica ecc...

 

Insomma nel corso dei secoli, di padre in figlio, essi si tramandano una specie di linguaggio “al maschile”, un modo di comunicare meno complicato e contorto di quello femminile. In poche parole sono consapevoli che “la loro metà del cielo” è quella che conta di più.

 

L’altra metà del cielo, invece, avendo alle spalle un percorso storico ben diverso, malgrado i discreti successi nel campo delle pari opportunità conseguiti con dure lotte, ancora stenta a trovare un linguaggio comune, in genere più portata a sottili lotte intestine che alla difesa dei propri diritti mediante “un senso di appartenenza” a quella parte dell’umanità che attraverso i secoli, di madre in figlia, si tramanda le stesse problematiche, in parte forse risolvibili, o almeno alleviabili, con una maggiore empatia e solidarietà.

 

Spesso ascoltando i discorsi delle donne e osservando piccoli dettagli, come uno sguardo, un gesto, un sorriso un po’ triste, si rilevano insoddisfazioni e frustrazioni, il desiderio di misurarsi con le altre per meglio individuare successi e risultati nella propria vita.

 

In contrapposizione agli sfoghi di alcune, pertanto, altre nel tentativo di fornire un esempio, cominciano spesso i loro discorsi con “io ho fatto così, io ho detto questo, io ho lottato di più, io ho problemi più gravi, io, io, io…”.

 

Insomma gli specchi sono tanti, ma le immagini che noi donne ci rimandiamo da una parte all’altra, sono un po’ distorte, apparentemente deformate da presunzione e sicurezza, ma in realtà solo velate da preoccupazioni e stanchezza. Alla fine, tuttavia, malgrado tutto ciò, emergono le nostre vere identità e anche tanti aspetti positivi, come grande coraggio nel lottare contro gravi malattie,flessibilità, pazienza, sensibilità, altruismo, amore per la famiglia, perfino senso dell’umorismo, ironia e una grande capacità di gioire quando non siamo stressate.

 

Ho aperto un quaderno e sulla prima pagina ho incominciato a scrivere un elenco con i nomi di tutte le mie amiche, colleghe, parenti (bisnonne, nonne, mamme, sorelle, cognate, zie, cugine, figlie e nipoti).

 

Accanto a ogni nome ho aggiunto una qualità predominante: Adele (generosità), Alba (correttezza), Amina (vivacità), Andreina (mitezza), Elvira (gentilezza), Fernanda (dolcezza), Francesca (solarità), Gabriella (ottimismo), Giusy (creatività), Maide (fantasia), Maria (disponibilità) e così via fino alla Z, dedicando uno spazio particolare a Vittoria, “ l’amica ritrovata” dopo tanti anni di lontananza, che racchiude in sé molte elevate qualità tra le quali spicca la sua grande sensibilità.

 

Siamo davvero tante e potremmo formare già un piccolo esercito pronto a marciare insieme, poiché ci vogliamo bene.

 

È chiaro che le donne hanno sulle spalle pesi molto pesanti e, oltre tutto, di varia natura, ataviche insicurezze e maggiori condizionamenti; è noto, inoltre, che nei periodi di crisi, come in quello attuale, sono le prime a pagare sulla loro pelle tante difficoltà in campo lavorativo, familiare, esistenziale.

 

L’altra metà del cielo dunque deve ritrovare forte coesione e tolleranza, altrimenti è destinata ancora a soccombere.

 

Bisogna forse andare “Oltre lo Specchio”, come afferma E. Costantini nel suo libro, per accettare i nostri limiti e magari superali insieme alle altre, pardon insieme agli altri, poiché alla fine comunque non possiamo fare a meno di sperare che un giorno “il cielo non sia più diviso a metà, ma uno”.



 

 

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