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N. 82 - Ottobre 2014 (CXIII)

ALFREDO IL GRANDE
parte iI - L’adolescenza (858-868)

di Silvia Mangano

 

Il decennio che va dall’858 all’868 è un periodo di profonda maturazione per il giovane Alfredo. Non sappiamo molto di lui in questi anni, ma possiamo immaginare che abbia sofferto per la progressiva scomparsa di tutti i suoi fratelli e per l’insorgere della malattia che lo segnò per tutta la vita.

 

In questi anni i veri protagonisti della storia del Wessex furono essenzialmente i tre fratelli maggiori (Æthelbald, Æthelberht e Æthelred) e i capi vichinghi che, in breve tempo, conquistarono tutto il nord dell’Inghilterra.

 

Re Æthelwulf morì il 18 gennaio 858, lasciando il potere ai suoi due figli maggiori: Æthelberht divenne re del Kent, Surrey, Sussex ed Essex, mentre Æthelbald continuò a regnare sulle contee occidentali.

 

Le relazioni tra i due fratelli furono pacifiche – i vichinghi ebbero sicuramente un ruolo nella forzata armonia tra i fratelli, scatenare una guerra civile con la minaccia vichinga alle spalle dovette sembrare una pessima idea.

 

Si può immaginare che Æthelbald detenne una sorta di superiorità teorica nei rapporti con il fratello, se non altro perché era il maggiore e anche perché era riuscito a stringere un’alleanza con Carlo il Calvo.

 

In che modo? Con il disgusto di Asser, veniamo a conoscenza del matrimonio, celebrato poco tempo dopo la morte del padre, tra il novello re del Wessex e la sua matrigna Giuditta, figlia del re franco.

 

L’unico status che Giuditta deteneva alla morte del marito era quello di regina associata al trono tramite unzione, una volta scomparso Æthelwulf rimaneva una regina consacrata. Una vera rarità per le consorti dei sovrani inglesi di quel periodo, tant’è che per sposarla – e legittimare ancor più il suo regno – sfidò la censura ecclesiastica. Giuditta aveva quattordici anni quando il suo primo marito venne a mancare e l’alternativa al matrimonio con il figlio maggiore era tornare in Francia e aspettare che suo padre la desse in sposa a qualche altro nobile.

 

Per non sfidare la sorte decise di sposare Æthelbald ed essere regina per la seconda volta, purtroppo anche questa unione non durò a lungo, perché due anni e mezzo dopo il giovane morì. La sventurata Giuditta fu, quindi, costretta a tornare da Carlo, ma, una volta tornata, fuggì con Baldovino I di Fiandra (830/40-879), detto Braccio di Ferro, creando un vero scandalo.

 

Alla morte di Æthelbald i due regni vennero uniti da Æthelberht senza incontrare l’opposizione di suo fratello Æthelred, che in linea teorica avrebbe dovuto ereditare il Wessex. Non ci furono proteste probabilmente perché, al momento della morte del padre, era parso chiaro che l’intera eredità sarebbe passata di volta in volta a ogni fratello che avrebbe regnato.

 

Per quanto riguarda la politica estera, non scordiamoci che sono gli anni finali dell’espansione vichinga, che subirà un repentino arresto durante i regni di Æthelred I e di Alfredo. Ma chi era e da dove veniva questa «orda vichinga»?

 

I vichinghi apparvero nella scena dell’Europa occidentale alla fine dell’VIII secolo e i primissimi contatti con l’Inghilterra avvennero nel 793.

 

I popoli del nord erano partiti dalla Scandinavia in cerca di terre da coltivare, ricchezze e fama. «Il commercio, la colonizzazione, la pirateria e la guerra potevano dar loro queste cose che non potevano essere praticate se non a spese dei popoli vicini e meno vicini» (G. Jones).

 

In Scandinavia vigevano molte limitazioni sul raccolto e sull’allevamento, e le condizioni geografico-ambientali, quali il clima rigido, la presenza di mari gelidi e aspre montagne, rendevano la vita quotidiana assai dura; in più l’incremento della popolazione nei secoli VII-X senza dubbio incentivò le migrazioni verso altre zone.

 

I vichinghi imperversarono in tutta Europa, soprattutto in Francia e in Inghilterra, e con la loro ferocia diedero filo da torcere a molti sovrani. Le descrizioni delle incursioni vichinghe sono per lo più redatte in ambiente monastico ed è probabile che molti monaci abbiano calcato la mano nel narrare la crudeltà dei predoni; nonostante ciò, nessuno può mettere in dubbio la loro capacità di commettere atti di estrema brutalità.

 

Molti di questi avventurieri erano giovani bondi, i figli o i fratelli di proprietari terrieri minori, partiti per cercar fama e ricchezza; la maggior parte dei leader di queste scorribande erano jarl (titolo scandinavo) o earl (titolo anglosassone), facevano dunque parte della nobiltà guerriera; ma ciò che legava i bondi ai loro comandanti non era tanto la fedeltà, quanto la promessa del saccheggio dopo la conquista. Ed ebbero modo di accumulare molte ricchezze durante il regno di Æthelberht, che era cominciato ed era finito durante una continuata sequenza di raid vichinghi.

 

Morì intorno all’865 e gli succedette il penultimo fratello rimasto, Æthelred. Quello stesso anno, la Cronaca riporta l’arrivo di una «grande armata pagana» nell’East Anglia.

 

L’armata, guidata dai figli di Ragnarr Lodbrok (un eroe vichingo dai tratti leggendari), era giunta con l’obiettivo di conquistare e stanziarsi più che saccheggiare. La leggenda vuole che Ivar (Yngvarr) detto il Disossato, Ubbi e Halfdan fossero partiti per vendicare il padre, dopo che il re Ælle di Northumbria lo aveva fatto gettare in una fossa piena di serpenti e lo aveva lasciato morire sotto i morsi delle serpi.

 

Giunti in East Anglia e, dopo aver fatto incetta di cavalli, si recarono a York, intanto in Nurthambria imperversava la guerra civile: il popolo aveva cacciato il re Osberth e acclamato come sovrano Ælle, pur non avendo sangue reale. Nell’867 i due re subirono una tremenda disfatta e furono entrambi uccisi.

 

La stessa leggenda che vuole Ragnarr ucciso dai serpenti, sostiene anche che i figli si vendicassero incidendo l’aquila di sangue sul dorso di Ælle. Questo rito consisteva nel separare le costole della vittima dalla spina dorsale e poi nell’estrarne i polmoni allargandoglieli sulla schiena come ali. Nonostante l’indubbia crudeltà che li contraddistingueva, risulta difficile credere che potessero compiere riti come l’aquila di sangue ogni volta che un nemico veniva sconfitto.

 

A ogni modo, la Northumbria fu il primo regno inglese a cadere sotto il controllo della «Grande Armata Pagana» e divenne il centro propulsore del regno scandinavo in Inghilterra, finchè l’ultimo re vichingo, Eric Ascia di Sangue, venne sconfitto nella battaglia di Stainmore nel 954.

 

Non possiamo dire molto sulle condizioni di convivenza tra i vichinghi e i popoli sottomessi, sicuramente molti soldati sconfitti erano stati resi schiavi, la maggior parte dei monasteri saccheggiati e numerose donne erano state rapite e costrette al concubinaggio.

 

Molti storici hanno cercato di indagare il rapporto tra la religione dei predoni e il cristianesimo della popolazione, purtroppo quasi tutto ciò che sappiamo riguardo al paganesimo scandinavo proviene da fonti cristiane di XII-XIII secolo.

 

Si può immaginare che in quel periodo non si credesse più a Odino, a Loki, Freya e al resto del Pantheon nordico, ma che la popolazione scandinava fosse giunta a una sorta di paganesimo sincretistico, che poteva persino tollerare missionari come san Anscario di Brema e che all’occorrenza non impedì conversioni quando le circostanze lo richiedevano per necessità, come dimostra l’episodio Guthrum, il re vichingo convertito da Alfredo.

 

Ciò che sappiamo di Alfredo in questi anni sono soltanto alcune notizie del suo matrimonio e della sua malattia.

 

A distanza di più di undici secoli è davvero difficile riuscire a risalire alla patologia, senza contare che la descrizione di Asser è stata trovata da più di uno storico confusa ed enigmatica.

 

Il passaggio è davvero molto confuso: durante il suo matrimonio, Alfredo viene colpito da una malattia sconosciuta che lo affligge per venti anni; subito dopo Asser racconta come il re riuscì a guarire dalla sua prima patologia (forse il ficus menzionato in precedenza) durante un pellegrinaggio presso la chiesa dove riposano i santi Gueriir e Neot (Cornovaglia).

 

A questo punto il passo torna ancora più indietro, descrivendo il motivo per cui in gioventù Alfredo era stato colpito dalle emorroidi. La spiegazione è di natura miracolosa: non volendo incorrere nel castigo divino, il ragazzo chiese a Dio di temperare il suo appetito sessuale (normale per la sua età) con una malattia facile da tollerare e che non lo rendesse «indegno» o «inutile».

 

In poche parole, il biografo inverte l’ordine cronologico degli avvenimenti: in primis Alfredo chiese a Dio di essere colpito da un’infermità che gli permettesse di sopprimere la propria lussuria, venendo così colpito dal ficus (emorroidi); successivamente, durante una visita in Cornovaglia, pregò Dio affinché gli concedesse una malattia meno severa, ma, con grande stupore, si accorse di essere completamente guarito; infine, il giorno del suo matrimonio (868), una nuova malattia, questa volta non identificata, tornò a metterlo alla prova per ben venti anni.

 

Nelle sue traduzioni, Alfredo fece assiduamente riferimento alle sue condizioni, tanto che molti storici sono stati indotti a pensare che la sua condizione fosse soprattutto psicosomatica e che Alfredo fosse una sorta di ipocondriaco; non si spiegherebbe altrimenti come mai, nonostante i «lancinanti dolori» all’addome, sia riuscito a combattere contro le armate vichinghe e a procreare ben cinque figli.

 

Qual era allora la malattia di cui soffrì Alfredo? Come abbiamo già detto, è difficile dopo undici secoli arrivare a una diagnosi precisa, ma un altro documento può venirci in aiuto per risolvere quello che gli storici hanno definito un vero e proprio quandary (dilemma).

 

Nell’893 (anno in cui Asser stava redigendo la Vita) Alfredo aveva iniziato una corrispondenza con il patriarca di Gerusalemme, Elia (ca. 879-907), il quale inviò al re inglese una lettera contenente alcuni rimedi per la sua malattia.

 

Dai suoi consigli desumiamo alcuni sintomi del re: la stipsi, il dolore alla milza, la diarrea, il catarro, la mancanza di fiato e le fitte addominali, sono tutti sintomi di una malattia cronica. Si è ipotizzato si potesse trattare di calcoli biliari, di una particolare forma di turbecolosi gastrointestinale, di una malattia venerea o di epilessia, ma è difficile credere che sia riuscito a rimanere in vita così a lungo con una di queste patologie.

 

Più interessante è la tesi riportata dallo storico Craig, per cui Alfredo potrebbe essere stato afflitto dal morbo di Chron. Il morbo di Chron è una malattia cronica che causa principalmente dolori addominali, diarrea e – in alcuni casi – può anche causare complicazioni ad altri organi.

 

Assumendo che Alfredo fosse affetto dalla malattia di Chron, il problema avuto durante la sua adolescenza non sarebbe più da attribuire alle emorroidi, ma potrebbe trattarsi di una prima comparsa del morbo sotto forma di fistole anali o ascessi perianali.

 

Se prendiamo per vero ciò che riporta Asser, dobbiamo immaginare che i sintomi si presentassero nei momenti di maggior stress psicofisico, come la guerra, il matrimonio e l’ansia scatenata dal desiderio sessuale in gioventù; sebbene molti abbiano cercato di leggere questi sintomi sotto un’ottica freudiana, non possiamo dubitare che il dolore percepito da Alfredo fosse reale e così forte da non poterlo confondere con la dissenteria amebica, la fascioliasi o altre malattie intestinali endemiche in Wessex a quell’epoca.

 

Il nostro racconto si era interrotto all’anno 867, quando Ælle e Osberth erano stati sconfitti dall’armata vichinga. Nello stesso anno, l’orda pagana decise di svernare a Nottingham (in Mercia).

 

Nonostante le truppe a disposizione dei cristiani fossero di gran lunga più numerose, il re Burgred, cognato dei due fratelli, preferì negoziare la pace.

 

È probabile che dopo l’assedio di Nottingham le due famiglie regali decidessero di stipulare un’alleanza strategica e di sigillarla con un matrimonio tra il fratello minore, Alfredo, e la figlia di un nobile merciano. Ealhswith, questo è il suo nome, fu una moglie fedele e una vedova casta e otto anni dopo il matrimonio (886), aveva già dato vita ai suoi cinque figli: Æthelflæd (la futura lady of Mercia), Edward (il futuro Edward the Elder), altre due figlie (Æthelgifu e Ælfthryth, che andò in sposa al conte di Fiandra) e un secondo figlio, Æthelweard.

 

Con il matrimonio, Alfredo cessò definitivamente di essere un ragazzo e con l’invasione vichinga dell’871 dovette dimostrare a tutti di essere diventato un uomo, perché entro la fine di quell’anno sarebbe diventato re.



 

 

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