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N. 9 - Febbraio 2006

LA SCIENZA IDEOLOGICA

Trofim Denisovic Lysenko e la biologia sovietica

di Stefano De Luca

 

In Unione Sovietica tutto era finalizzato allo ‘scopo’, il comunismo. L’arte e la letteratura vennero disposte lungo la linea di difesa delle conquiste rivoluzionarie, e tale logica venne estesa paradossalmente anche alle scienze esatte, causando delle situazioni spesso al limite dell’incredibile.

 

Basti pensare alla vicenda  che vide il genetista ciarlatano Trofim Denisovic Lysenko ascendere al rango di capo assoluto della genetica sovietica le cui teorie inesatte e pretenziose, applicate direttamente all’agricoltura, causarono gravi conseguenze per la produzione del Paese. La cosa stupefacente è che si decise di abbandonare il filone della biologia condiviso dal mondo scientifico internazionale, per applicare delle teorie largamente fondate non su basi scientifico-sperimentali, ma ideologiche, ed alla resa dei conti tale scelta non pagò (e non si vede come avrebbe potuto farlo).

 

Tale vicenda è ben  descritta ne L’ascesa e la caduta di T. D. Lysenko, saggio di un noto dissidente sovietico, il biologo Žores Aleksandrovič Medvedev. Questi, nato nel 1925, lavorava al laboratorio di radiobiologia di Obninsk, vicino Mosca, dove si occupava dei problemi genetici dell’invecchiamento, e le difficoltà create dall’introduzione delle tesi di Lysenko le subì in prima persona, nel suo lavoro. Lysenko era un agronomo che aveva riportato qualche successo nel campo della coltivazione degli ibridi, riuscendo ad ottenere dei raccolti invernali seminando d’estate (scoperta non sua ma del botanico Maksimov). Nel 1932, appoggiato dal PCUS, si improvvisò biologo e riuscì ad imporre in Unione Sovietica, e persino nei suoi Stati satellite, le proprie false teorie, coadiuvato in tutto questo da Isaak Prezent, un uomo che “pur avendo compiuto degli studi giuridici si considerava uno specialista delle teorie darwiniane”.

 

“Prima del 1935”, dice Medvedev, “i biologi del nostro Paese, come in tutto il resto del mondo, si attenevano ai concetti classici - la teoria cromosomica dell’ereditarietà e la teoria della mutazione – che erano state elaborate in base agli importanti studi di Mendel, Morgan, Johannsen, Vavilov. A sostegno di queste teorie c’erano enormi quantità di materiale positivo e concreto”. Lysenko e Prezent si scagliarono contro queste teorie, definite borghesi e reazionarie, negando l’esistenza dei geni, i quali sono i portatori materiali dell’ereditarietà e sono soggetti alla mutazione solo una volta in decine di migliaia d’anni.

 

Ciò era incompatibile col materialismo dialettico, il quale afferma che in natura tutto si modifica e si sviluppa, ma soprattutto non teneva conto dell’importante influenza esercitata dai fattori esterni: “Lysenko”, sosteneva Prezent, “ha ben dimostrato che, se ci si occupa di una pianta con abilità, scegliendo i metodi per influire su di essa, allora in breve periodo è possibile cambiare i caratteri ereditari della pianta”. Il senso di tale posizione ha motivazioni che sconfinano dal campo scientifico in quello ideologico: negando l’esistenza dei geni si poteva, per così dire, ‘accelerare’ in modo ‘scientifico’ i tempi necessari per la maturazione dell’uomo nuovo sovietico il quale, vivendo in condizioni ambientali ‘ottimali’, avrebbe rapidamente potuto evolvere verso forme migliori.

 

L’unica prova scientifica portata per dimostrare oggettivamente il loro assunto, era il fatto che Lysenko fosse riuscito, dopo un certo numero di generazioni e sotto l’influsso dell’ambiente, a trasformare in modo diretto una varietà di frumento primaverile in una autunnale. Ma anche questa dimostrazione non aveva nulla di scientifico, poiché “si trattò di un esperimento con un’unica pianta, con i discendenti di un unico individuo, e di un’unica semente. Un esperimento non ripetuto non è un esperimento scientifico”. Al contrario, a dimostrazione delle teorie genetiche della mutazione c’era un arsenale di sperimentazioni puramente scientifiche, e dei concreti risultati raggiunti.

 

Nella primavera del 1937 anche il dibattito scientifico sulla genetica si trasformò in un dibattito contro i ‘nemici del popolo’ sulla rivista ‘Jarovizcija’, di cui era fondatore e direttore, neanche a dirlo, Lysenko. Ancor più significativa fu la vicenda del XII° Congresso internazionale di genetica che avrebbe dovuto essere ospitato da Mosca nell’agosto del 1937 ma che, sulla scia delle polemiche scatenate in Unione Sovietica da Lysenko, venne ‘rinviato’ al 1938 (il rinvio equivaleva ad un annullamento in quanto le relazioni che avrebbero dovuto essere presentate nel 1937, un anno dopo sarebbero risultate sorpassate e quindi da rifare). Se all’esterno vi fu rottura con la genetica mondiale, internamente iniziò l’epurazione dei genetisti ‘borghesi’.

 

Ne fece le spese lo scienziato Nikolaj Ivanovič Vavilov, presidente dell’Accademia pansovietica di scienze agrarie Lenin (VASChNiL), il quale si dedicò allo sviluppo dell’agricoltura sovietica tentando di migliorare la selezione delle sementi ed applicando tutte le conquiste raggiunte dalla scienza mondiale. Dal 1925 Vavilov iniziò ad inviare delle spedizioni (in tutto 200) in 65 Paesi, riuscendo a portare in Unione Sovietica 150.000 varietà di piante.

 

Dal 1932 divenne il bersaglio principale degli attacchi di Lysenko e del Partito. Nell’agosto del 1940 venne arrestato in Ucraina, mentre compiva delle ricerche su un campo, da membri dell’NKVD, e subito dopo lo seguirono nella sorte i suoi più intimi collabori, gli scienziati Karapačenko, Levitckij, Govorov, Kovalev.

 

Sotto inchiesta per undici mesi, venne processato nel luglio 1941 dal collegio militare del Tribunale supremo, che lo riconobbe colpevole di “appartenenza ad una cospirazione di destra; spionaggio a favore dell’Inghilterra; sabotaggio nell’agricoltura; rapporti con emigrati bianchi”, ed altro ancora. La pena di morte gli venne in seguito commutata in dieci anni di prigione, ma non resse alle atroci condizioni di vita impostegli nel carcere di Saratov, dove morì di polmonite nel gennaio del 1943. Secondo Medvedev, quella di Vavilov  “fu la più grande perdita della scienza sovietica nel periodo del culto della personalità”.

 



 

 

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