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MEDIEVALE


N. 57 - Settembre 2012 (LXXXVIII)

La IV crociata
La creazione dell’impero latino d’oriente

di Christian Vannozzi.

 

L’esito negativo della Seconda Crociata influenzò notevolmente in Occidente gli orientamenti politici ed ideologici. Avanzava l’idea di mettere fine alla rivalità bizantina.

Dopo la metà del secolo scorso, sorse attorno a questo evento fondamentale nella storia europea il problema della “deviazione”. Problema che rischia di essere un falso problema poiché non esistono prove concrete che possano appoggiare la tesi della premeditazione. Rimane quindi molto difficile pronunciarsi sulla casualità o meno dell’avvenimento. 

Gli autori contemporanei non aiutano a chiarire questo punto. I cronisti occidentali che narrano queste vicende sono talvolta testimoni oculari come Roberto di Clari, semplice cavaliere della Piccardia, o Goffredo di Villehardouin, maresciallo di Champagne ed uno dei capi della spedizione.

Tuttavia le loro cronache non forniscono notizie utili su ciò che avrebbe potuto nascondersi dietro l’impresa. I loro resoconti risultano utilissimi in quanto fonti dirette ma criticabili in molti punti perché scritti da storici improvvisati. È inoltre comune a queste due opere il “romanzare” le vicende narrate ed attribuire alla conquista di Costantinopoli un carattere provvidenziale. 

La cronaca del Villehardouin, senza dubbio più raffinata nello stile e più precisa nel racconto degli avvenimenti, è considerata dagli storici della Quarta Crociata la fonte principale per il racconto dell’evento. Questa si presenta però come una vera è propria “apoteosi” dei comandanti crociati, che “costretti” dalla perfidia e dall’ingratitudine dei Greci, per volere di Dio, tolgono l’impero e le sacre reliquie dalle mani dei corrotti e scismatici imperatori, per restituirli alla Santa Romana Chiesa. 

Il racconto del Maresciallo di Champagne evidenzia infatti la buona condotta ed i giusti propositi dei comandanti crociati e di Enrico Dandolo, mostrando come la Provvidenza guidasse il loro operato e come fosse giusto che una delle città sacre dell’antichità, Costantinopoli, non fosse più a lungo governata da scismatici traditori sia di Dio che dei crociati che li avevano aiutati. 

La figura di Alessio V Murzuflo, viene infatti identificata come quella di usurpatore e di un “fellone”, caratteristiche tipiche dei Greci. Il cavaliere Roberto di Clari, piccolo possidente della Piccardia, precisamente del paesino di Clari, scrive invece una cronaca che è ben lungi dall’essere un’apoteosi dei comandanti crociati, anzi ne evidenzia la malafede ed i vizi. 

Fra le due cronache infatti quella del Clari, anche se scritta in uno stile nettamente inferiore rispetto a quello del Villehardouin, riesce a focalizzare l’attenzione su aspetti determinanti della vicenda. Il cavaliere piccardo infatti pone l’attenzione sulla truppa, e su quello che questa vedeva e sentiva durante le marce o nel campo. 

Le aspirazioni e gli atti eroici dei piccoli cavalieri francesi, partiti con il desiderio di liberare la Terra Santa per rendere onore a Gesù Cristo il redentore, e per ottenere ricchezze e feudi che gli avrebbero permesso di ottenere un’ascesa sociale e una prospettiva di vita migliore che in Francia non potevano ottenere. 

Questi cavalieri e soldati, tra cui Robert, si trovarono però ad essere “pilotati” come marionette dalle abili mani di personaggi come Bonifacio di Monferrato ed il doge Enrico Dandolo, i quali pensando più al loro tornaconto personale, imbrogliarono i cavalieri francesi, che si trovarono prima in guerra contro la città cristiana di Zara e poi contro Costantinopoli. 

Questi cavalieri non raggiunsero mai la Terra Santa, e non riuscirono nemmeno ad ottenere ricchezze e terre con cui migliorare la propria condizione economica, in quanto l’avidità e gli abili intrighi politici dei comandanti crociati gli levarono ogni sogno ed ogni aspirazione. 

I “poveri” cavalieri tornarono infatti dopo un anno dalla conquista di Costantinopoli nei loro miseri feudi francesi, con un bottino irrisorio e con la consapevolezza che i grandi signori li avevano “truffati”. 

Gli ultimi capitoli della cronaca del Clari narrano infatti come grazie alla punizione divina, rappresentata dalle orde dei cumani guidate dallo Zar di Bulgaria, i grandi feudatari crociati, tra cui l’imperatore latino d’Oriente, Baldovino di Fiandra che fu catturato nella battaglia di Adrianopoli, persero gran parte dei loro territori e dei loro tesori. 

Lo storico greco Niceta Coniata, anch’egli testimone oculare della vicenda, fa un resoconto molto dettagliato e ben curato sulla caduta della capitale imperiale. 

Egli attribuiva la responsabilità dell’avvenimento al Doge Enrico Dandolo, scriveva infatti: “Tutte le volte che egli si soffermava a riflettere, e considerava quante offese avessero dovuto sopportare i veneziani durante il regno dei fratelli Angeli e al tempo in cui, prima di loro, Andronico e, ancora prima, Manuele governavano l’impero romano, riconosceva di meritare la morte, per non aver ancora punito i romani dell’oltraggioso comportamento verso la sua gente. 

Tuttavia consapevole come era che avrebbe solo nuociuto a se stesso, se avesse tentato di vendicarsi dei romani con l’aiuto dei suoi soli concittadini, considerò l’opportunità di procurarsi altri alleati e di informare dei suoi segreti progetti coloro che, a quanto sapeva, nutrivano un implacabile odio verso i romani, alla cui prosperità guardavano con occhi invidiosi ed avidi”. 

Martin da Canal, un altro cronista occidentale, ci presenta una visione della conquista di Costantinopoli nettamente opposta a quella presentata dal Coniata. Da Canal scrive attorno al 1270 una storia di Venezia in francese. Questo storico era probabilmente nato a Venezia ma aveva vissuto a lungo lontano dalla sua città. La sua cronaca rispecchia l’opinione pubblica veneziana dei primi decenni del secolo XIII. 

Da Canal sostiene che la diversione fu voluta dal papa e non accenna alle incomprensioni tra il doge e il papa. Rivela uno spirito antifrancese quando, ad esempio, attribuisce ai cavalieri francesi la proposta di saccheggio e spartizione di Costantinopoli.

Alcuni rappresentanti della vita intellettuale, Bernardo di Chiaravalle, Pietro di Cluny, Suger de Saint Denis si schierarono a favore di un’alleanza franco-normanna rivolta contro l’impero greco.

Conquistare Costantinopoli apparirà come il mezzo essenziale per difendere il Santo Sepolcro e ricostruire l’unità della Cristianità. L’idea di crociata aveva dunque seguito fin dalle origini uno sviluppo parallelo all’idea di porre fine allo scisma e all’avere più salde roccaforti al confine con l’impero islamico.



 

 

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