[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

193 / GENNAIO 2024 (CCXXIV)


moderna

William Harvey e la circolazione sanguigna

De motu cordis et sanguinis

di Andrea Fatticcioni


L’interpretazione secondo cui la scienza moderna avrebbe avuto origine da un rifiuto generalizzato delle concezioni aristoteliche ha ricevuto impulso da studi sulla rivoluzione nella fisica durante il XVII secolo. Tuttavia, questa visione non può essere estesa a tutti i campi che sarebbero poi confluiti nella concezione contemporanea di sapere scientifico. In particolare, risulta errata se applicata alle discipline mediche, biologiche e naturalistiche: i progressi in botanica e zoologia di aristotelici come Andrea Cesalpino (1519-1603), Ulisse Aldrovandi (1522-1605) e Guillaume Rondelet (1507-1566) basterebbero a smentire quest’idea. Il miglior esempio è però quello dello scopritore della circolazione sanguigna e fondatore della moderna fisiologia: il medico inglese, dichiaratamente aristotelico, William Harvey (1578-1657).

 

Nato da una famiglia agiata, potè da subito dedicarsi agli studi e conseguì la laurea in medicina nel 1602. Medico di corte sotto Giacomo I, la sua vicinanza agli ambienti di corte gli valse l’ostilità dei rivoluzionari durante la guerra civile inglese e nel 1642 la sua abitazione fu saccheggiata. La conseguente distruzione di molti dei suoi scritti rende tutt’oggi difficile la ricostruzione di una sua biografia intellettuale.

La doxa medica nelle università europee era, nel Cinquecento, ancora largamente basata sui testi di Galeno di Pergamo, medico del II secolo d.C., la cui autorità aveva superato anche quella del Corpus Hippocraticum. Neppure l’apparizione negli atenei italiani dell’anatomia – basata sulla prodigiosa opera di Andrea Vesalio (1514-1564) – aveva intaccato la millenaria fisiologia galenica. L’impostazione fisiologica finalistica continuava a dominare incontrastata. Per Galeno, il funzionamento dell’organismo seguiva una struttura triadica, dove al fegato era deputata la funzione ematopoietica, ovvero di produzione del sangue, mentre cuore e cervello servivano rispettivamente a generare calore e spiriti animali. Centrale è la distinzione tra sangue arterioso e venoso, che potevano incontrarsi solo all’interno del cuore (Galeno ignora il transito polmonare del sangue).

 

Quindi, il sistema cardio-vascolare galenico era il seguente: il sangue veniva prodotto nel fegato e distribuito dalla vena cava a tutte le parti del corpo. Passando dal cuore, il sangue si carica di spiriti vitali diventando sangue arterioso e si riversa nuovamente in tutto il corpo. In questo sistema era assente l’idea di un apparato circolatorio: il sangue veniva continuamente consumato e sostituito da sangue nuovo; d’altronde, qualificando diversamente i due tipi di sangue – venoso e arterioso – non sarebbe stato possibile altrimenti. Questa fisiologia fu legge fino all’inizio dell’epoca moderna, quando, non senza violente resistenze per tutto il Seicento, fu confutata da Harvey.

L’attacco alle posizioni galeniche arrivò dalla filosofia, da una ripresa di principi e metodi aristotelici. Spesso, la difesa di posizioni aristoteliche è associata alla prevalenza dell’autorità sui sensi e questo è sicuramente vero se riferito al caso di Galileo, la cui lotta contro la Chiesa può essere letta in termini di una rivendicazione dell’autonomia della ragione e dell’esperienza. Tuttavia, Harvey seppe unire le speculazioni della filosofia aristotelica con gli strumenti della nuova scienza: l’osservazione anatomica, la vivisezione, l’approccio quantitativo. Harvey aderiva al vitalismo naturalistico di Aristotele ma questo non lo fermò dall’adozione di una ricerca sperimentale. L’Harvey “storico” è insieme scienziato moderno e filosofo aristotelico e riconoscere la distanza con i suoi predecessori non deve servire a collocarlo pretestuosamente solo tra i primi.

Il trattato anatomico di Harvey, De motu cordis et sanguinis, è diviso in due parti: la prima dedicata al moto del cuore, la seconda a quello del sangue, entrambe rivoluzionarie. Particolarmente importante è la spiegazione della pulsazione cardiaca e arteriosa: all’idea galenica di una «facoltà pulsante» insita nel cuore e nelle pareti delle arterie, Harvey sostituisce la correlazione fisico-meccanica tra il moto del sangue e la contrazione del cuore. A loro volta, le arterie si dilatano perché ospitano il sangue e non perché sono dilatate da una facoltà intrinseca. Per Harvey, il sangue si accumulerebbe al centro dell’organismo se non intervenisse un impulso proporzionato in senso centrifugo fornito dal cuore. L’impostazione meccanicista della circolazione è un aspetto in cui la storiografia positivista ha identificato la modernità dell’autore inglese. Tuttavia, il meccanicismo risulta marginale nel contesto di un’opera spiccatamente vitalista. Il cuore è fonte della vita, non semplicemente un muscolo “idraulico”.

Riprendendo, con diverse modifiche, le intuizioni di autori come Giordano Bruno e Michele Servedo, Harvey descrive il principio del transito polmonare del sangue dalle vene alle arterie. Harvey si domanda quindi quale sia la quantità e la provenienza del sangue che, attraverso il ventricolo sinistro, si riversa nelle arterie. La scoperta della circolazione fu dapprima il risultato di un’intuizione, che solo successivamente trovò conferma tramite prove sperimentali; non fu quindi conseguente a osservazioni anatomiche. Come si può descrivere questa intuizione? Harvey ammette senza problemi che il fascino dell’ipotesi circolatoria derivi dall’analogia con il principio, prima aristotelico poi rinascimentale, di un’analogia tra macrocosmo e microcosmo, legati da moti circolari: Harvey estendeva intuitivamente aspetti della cosmologia aristotelica sulla fisiologia. Il cerchio è simbolo di perfezione, ritorno e armonia, come testimoniato dal moto dei pianeti e dall’alternarsi delle stagioni.

A questa fase, caratterizzata da un approccio coerente alle posizioni dei suoi predecessori, segue però una sistematica dimostrazione delle sue tesi, che non è errato definire scientifica e che costituisce parte della modernità dell’autore. Anzi, la fisiologia moderna nasce proprio dall’integrazione del concetto secolare di circolarità del vivente con l’operatività sistematica e scientifica.


Due prove fondamentali vengono addotte da Harvey per dimostrare la circolazione sanguigna. La prima ricorre a un calcolo della quantità di sangue spinta dal cuore nell’aorta in una determinata unità temporale. La cifra, calcolata sulla base delle pulsazioni e della velocità di scorrimento, risulterebbe incompatibile con la quantità che potrebbe essere prodotta attraverso il cibo, oltre a superare ampiamente le necessità di nutrimento del corpo. La seconda prova si basa sulle legature vascolari e dimostra che il sistema venoso costituisce il naturale percorso di ritorno del sangue al cuore. Ostruendo artificialmente le vene sotto il cuore di serpenti e pesci, si osserva un rapido svuotamento del cuore; al contrario, ostruendo le arterie si incorre in una congestione del muscolo cardiaco. In entrambi i casi l’esito è la morte dell’animale, ma nel primo caso per carenza di sangue nel cuore, nel secondo caso per eccesso.

Il De motu cordis et sanguinis ha una conclusione quasi mistica, in cui sono celebrate la centralità del cuore e il genio aristotelico. Il cuore è il centro dell’organismo perché, come affermato dal filosofo stagirita, è epigeneticamente il primo organo a formarsi ed è già visibile nell’embriogenesi. Il cuore si configura come «il fondamento della vita» e « il signore di tutto ciò che è connesso alla vita», in analogia con il Sole, centro dell’Universo e con il Re, che simboleggia e incarna l’unità del corpo sociale.
 


Riferimenti bibliografici

Paolo Rossi [Ed.], Storia della Scienza. Vol. 1. La Rivoluzione Scientifica: dal Rinascimento a Newton, Gruppo Editoriale L’Espresso, Torino 1988.
Sherwin Nuland, I figli di Ippocrate. Storia della medicina dagli antichi greci ai trapianti d’organo, Mondadori, Milano 1992.

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[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]