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N. 99 - Marzo 2016 (CXXX)

IL WATERGATE
LA CADUTA DI NIXON
di Giovanni De Notaris

 

“Hai idea di quello che farei a quel bastardo?” disse uno stizzito Richard Nixon a Bob Hadelman nel suo ufficio alla Casa Bianca il 19 ottobre 1972. I due stavano parlando di Mark Felt all’epoca in pole position per la poltrona di direttore dell’FBI dopo la morte di J. Edgar Hoover. Felt era l’uomo che sarebbe passato alla storia come “Gola Profonda” l’oscuro informatore del caso Watergate.

 

Le origini del caso più famoso della storia americana risalgono al 19 giugno del 1972 quando il “Washington Post” pubblicò in prima pagina un articolo in cui si raccontava come il giorno precedente alle 2.30 di notte cinque uomini fossero penetrati negli uffici del Democratic National Committee, situato nel Watergate Hotel a Washington, per collocarvi delle microspie. Tra gli uomini arrestati ve ne era uno della CIA ma al momento non si conoscevano ancora i motivi di quell’intrusione.

In quel periodo il paese era in campagna elettorale con il candidato repubblicano, Nixon appunto, in corsa per un secondo mandato, in vantaggio sul candidato democratico George McGovern.

 

I due giornalisti del Post che si sarebbero occupati del caso erano Carl Bernstein e Bob Woodward. I due scoprirono subito che James McCord uno degli arrestati era stipendiato dal CREEP, il comitato per la rielezione di Nixon, come coordinatore della sicurezza. Tracciarono inoltre un profilo dell’arrestato, scoprendo che era un ex tenente-colonnello dell’Air Force Reserve, ex funzionario governativo, ora in pensione.

 

Durante la notte tra il 20 e il 21 giugno vennero poi informati da un loro collega che nelle rubriche di due scassinatori erano segnati il numero di telefono di un certo E. Howard Hunt Jr. più due sigle: “W. House e W. H.” Woodward decise allora di contattare Mark Felt ma l’uomo non volle rilasciare dichiarazioni. Così telefonò alla Casa Bianca e chiese di Hunt. Dopo avergli passato l’ufficio del consigliere particolare del presidente, Charles Colson, dato che Hunt non era lì, gli dissero di rivolgersi alla società di pubbliche relazioni dove lavorava.

Woodward gli chiese allora perché il suo nome figurasse nella rubrica dei due scassinatori, ma lui non rispose e scomparve poi nel nulla.

Il cronista venne poi a sapere dalla CIA stessa che Hunt aveva lavorato lì dal 1949 al 1970, oltre a avere poi conferma da Felt che Hunt era uno dei sospettati dell’intrusione al Watergate.

 

A quel punto il Post uscì con un articolo che accusava direttamente Hunt, ma la Casa Bianca si affrettò a smentire tutto.

Su ordine di Nixon, intanto, la CIA stava mettendo i bastoni tra le ruote all’FBI che seguiva alcuni assegni emessi da un avvocato messicano di nome Manuel Ogarrio a favore di uno scassinatore del Watergate, Bernard Barker, presso una banca di Miami. Così, in luglio, Bernstein si recò a Miami, da dove provenivano tutti gli scassinatori tranne McCord. Grazie all’aiuto di un pubblico ministero locale poté vedere le copie degli assegni di 89.000 dollari emessi da Ogarrio più un altro da 25.000 per Barker. I due giornalisti scoprirono poi che la somma faceva parte del denaro raccolto per la campagna del presidente e che era stato dato a Maurice H. Stans ex segretario al Commercio di Nixon come suo collettore di fondi.

 

Il 1° agosto il Post uscì con un articolo che per la prima volta suggeriva un collegamento tra Nixon e il Watergate. Felt però sembrava preoccupato per gli inattesi sviluppi dell’indagine e temendo per lui e per la sua famiglia disse a Woodward di non ricontattarlo di persona.

Così nell’estate del 1972 Felt gli comunicò che per incontrarsi non avrebbero più dovuto usare il telefono o vedersi a casa sua, ma dovevano scegliere un luogo sicuro. I due concordarono un segnale di avviso da parte di Woodward che avrebbe conficcato una bandierina rossa in un vaso da fiori che aveva sul balcone spostandolo in una posizione diversa. Ovviamente gli incontri dovevano avvenire sporadicamente e solo per motivi importanti. Ogni volta si sarebbero poi visti alle 2.00 di notte in un garage sotterraneo oltre il Key Bridge di Rosslyn, in Virginia. Naturalmente Felt gli raccomandò di assicurarsi di non essere seguito. Gli disse inoltre che se fosse stato lui a avere necessità di incontrarlo gli avrebbe fatto pervenire un messaggio in codice nella copia del “New York Times” che Woodward riceveva. Felt chiarì poi che le informazioni che lui riferiva dovevano essere usate ma senza citare la fonte né l’FBI, altrimenti si sarebbe capito da chi e da dove provenivano le informazioni.

Il 15 settembre il Gran Giurì federale incriminò Hunt, l’agente dell’FBI Gordon Liddy e i cinque uomini del Watergate.

 

Intanto Woodward e Bernstein continuavano a seguire la pista dei fondi neri usati per la campagna elettorale di Nixon ritenendo che fossero stati usati per pagare gli scassinatori del Watergate e risalendo addirittura all’ex segretario alla Giustizia John Mitchell come controllore dei fondi stessi. Woodward si consultò di nuovo con Felt riguardo al coinvolgimento di Mitchell e lui glielo confermò.

Bernstein parlò invece con Judy Hoback, la contabile della campagna di Nixon, che ammise i numerosi prelievi di contante dal fondo segreto incolpando anche Liddy e altri di aver ricevuto cospicue some di denaro. Woodward incontrò poi anche Jeb Stuart Magruder, vicedirettore della campagna per la rielezione del presidente, che però negò di aver ricevuto somme in contanti.

 

Nel settembre 1972 Bernstein venne a sapere che al viceprocuratore generale del Tennessee, Alex Shipley, era stato chiesto di sabotare e spiare i candidati democratici alle presidenziali. Il mandante era un avvocato di nome Donald H. Segretti su cui Bernstein scrisse un pezzo.

La Casa Bianca intanto tentava ancora di bloccare o sviare le indagini, spaventando anche l’FBI. In seguito Felt avrebbe detto a Woodward che era stato John Ehrlichmann, consigliere di Nixon per la politica interna, a ordinare a Hunt di lasciare la città. Segretti inoltre, continuò Felt, non aveva agito da solo, e molte altre persone avevano spiato gli avversari politici per conto del presidente. Felt sosteneva poi che bisognava inserire il Watergate in un più ampio ciclo di operazioni.

 

Così il 10 ottobre 1972 il Post usci con un articolo dei due giornalisti che accusava apertamente la Casa Bianca e il CREEP di una campagna di spionaggio e sabotaggio fin dal 1971; mancava meno di un mese alle elezioni.

Nei giorni seguenti i due cronisti pubblicarono altri articoli in cui dimostrarono che Segretti era stato incaricato di sabotare la campagna elettorale democratica da Dwight Chapin il segretario personale di Nixon. In un altro articolo dimostrarono poi come Herbert Kalmbach, avvocato personale di Nixon, aveva versato a Segretti 35.000 dollari raccolti dal CREEP per spiare gli avversari politici; la Casa Bianca continuava a smentire. Hugh Sloan, ex tesoriere del CREEP, disse ai giornalisti che uno di quelli che controllavano il fondo nero usato per finanziare il Watergate e altre operazioni di spionaggio era un funzionario di alto livello della Casa Bianca, e i due giornalisti dedussero che fosse H. R. Bob Hadelman, il responsabile dello staff della Casa Bianca.

 

Il 19 ottobre Nixon e Hadelman si incontrarono alla Casa Bianca, dove Hadelman riferì al presidente di aver scoperto, grazie alle sue fonti, il nome di una talpa all’FBI, e che l’uomo era molto probabilmente Felt.

 

Il 20 ottobre alle 3.00 di notte Woodward incontrò Felt che però sembrò restio a concedere altre informazioni forse perché sospettava di essere stato scoperto. Woodward comunque gli disse che avrebbero fatto ufficialmente il nome di Hadelman.

 

E così il 25 ottobre uscì il pezzo in cui Hadelman veniva indicato come l’altra persona che controllava e gestiva le azioni di spionaggio compreso il Watergate citando la testimonianza di Sloan al Gran Giurì. Ma il giorno dopo l’avvocato di Sloan smentì tutto. In seguito però Sloan stesso avrebbe confidato in privato ai giornalisti che Hadelman controllava il fondo ma che il Gran Giurì non gli aveva mai chiesto nulla a riguardo. Il giorno dopo pure Felt confermò che c’era Hadelman dietro a tutto.

 

Nel gennaio 1973, intanto, Nixon veniva trionfalmente rieletto con 23 punti di vantaggio sull’avversario mentre il primo processo per l’effrazione al Watergate si concludeva senza il coinvolgimento di personaggi più importanti oltre gli scassinatori Hunt e Liddy.

Il 25 gennaio Woodward incontrò ancora Felt che gli disse come dietro il Watergate ci fossero Colson e Mitchell. Intanto il senatore democratico della Carolina del Nord Sam J. Ervin comunicò a Woodward che avrebbe diretto una commissione d’inchiesta del Senato sul caso Watergate.

Nel mese di marzo McCord dichiarò apertamente di un insabbiamento del caso Watergate dall’alto.

 

La sera del 26 aprile poi Woodward ricevette una telefonata anonima dal Campidoglio che lo informava che il “New York Daily News” avrebbe pubblicato la notizia che il direttore facente funzioni dell’FBI Patrick Gray aveva distrutto alcuni documenti provenienti dalla cassaforte di Hunt alla Casa Bianca nei giorni successivi al Watergate. La sera stessa Felt disse a Woodward che erano stati Ehrlichman e John Dean, consigliere legale del presidente, a dire a Gray di distruggere quelle prove. I due giornalisti scrissero un pezzo sull’argomento e il giorno successivo Gray si dimise.

 

Il 30 aprile Nixon annunciò in TV che anche Hadelman e Ehrlichman si erano dimessi.

Felt intanto comunicava a Woodward che la CIA li stava sorvegliando e che la Casa Bianca continuava a versare soldi agli scassinatori per farli tacere; gli comunicò inoltre che si sarebbe dimesso dall’FBI. Cosa che fece il 22 giugno 1973. Tre giorni dopo Dean testimoniò davanti alla commissione di inchiesta sul Watergate accusando Nixon di avere preso parte alle operazioni di occultamento del caso. Si venne poi a sapere che il presidente aveva da sempre registrato le sue conversazioni alla Casa Bianca, pensando che fosse una buona idea. Ma il castello di carte era ormai destinato a franare.

Il 10 ottobre infatti pure il vicepresidente Spiro T. Agnew si dimise in seguito a accuse di corruzione. Il 12 ottobre Nixon nominò Gerald Ford suo nuovo vice.

 

Agli inizi del 1974 il caso era ancora aperto e Nixon sempre più in bilico. C’era un’indagine in corso dello House Judiciary Committee che doveva decidere se mettere o meno sotto accusa il presidente. Al momento il contenuto dei nastri però era ancora segreto. Ma poi in luglio la Corte suprema gli ordinò di dire tutto quello che sapeva, oltre a consegnare i nastri. Ma Felt fece notare a Woodward che i nastri consegnati da Nixon alle autorità competenti avevano dei pezzi mancanti. Quasi venti minuti che a quel punto rendevano impossibile scoprire tutta la verità sul Watergate. Intanto la Camera dei rappresentanti avviò la procedura di impeachment mettendo in stato di accusa il presidente per ostruzione alla giustizia, abuso di potere e disprezzo del Congresso.

 

Dando quasi per scontato l’impeachment da parte del Congresso, e dopo il ritrovamento dei nastri che dimostravano come il 23 giugno 1972 avesse chiesto alla CIA di fermare le indagini dell’FBI sul Watergate sulla base di false ragioni di sicurezza nazionale, l’8 agosto 1974 Nixon si dimise.



 

 

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