Friedrich August von Hayek
(1899-1992) è stato una delle figure
più influenti del pensiero politico,
economico e filosofico del
Novecento. Premio Nobel per
l’economia nel 1974, critico
intransigente dell’economia
pianificata, amico di Karl Popper e
ispiratore delle politiche
economiche di Thatcher e Reagan,
Hayek è divenuto il simbolo della
rinascita del pensiero liberale
classico in chiave neoliberista.
Questo articolo esplora in
profondità il suo sistema teorico,
muovendosi attraverso le sue opere
principali come The Road to
Serfdom (1944), The
Constitution of Liberty (1960) e
Law, Legislation and Liberty
(1973-1979). Al centro del suo
pensiero troviamo l’idea che solo un
ordine spontaneo fondato sulla
libertà individuale e sulla
proprietà privata possa garantire
una società prospera, stabile e
giusta. Attraverso un confronto
serrato con il keynesismo, il
socialismo e le derive del welfare
state, Hayek ridefinisce il ruolo
dello Stato come garante delle
regole, non come ingegnere sociale.
L’articolo affronta anche il suo
contributo al dibattito sul calcolo
economico, la sua visione della
democrazia come “demarchia”, la
distinzione tra legge e
legislazione, e il concetto di
catallassi come fondamento
dell’ordine sociale. Ne risulta un
pensatore tutt’altro che dogmatico,
difficilmente incasellabile nelle
categorie canoniche del liberalismo
o del conservatorismo, capace di
offrire ancora oggi spunti
essenziali nel dibattito sulla
libertà, l’economia e la complessità
sociale.
Friedrich August von Hayek è stato,
nel corso del XX secolo, una voce
dissonante nel coro del pensiero
economico e politico occidentale.
Austriaco di nascita, ma cosmopolita
per vocazione, Hayek ha percorso un
itinerario intellettuale che lo ha
portato dalle aule della Scuola
austriaca di economia, alla London
School of Economics, fino
all’Università di Chicago e poi
all’Università di Friburgo. In un
secolo dominato prima dalla
pianificazione socialista, poi dal
compromesso keynesiano, Hayek ha
tenacemente difeso l’idea che la
libertà individuale e il mercato
siano gli unici strumenti attraverso
cui gli esseri umani possano
realizzare un ordine sociale
sostenibile.
Nel suo pensiero, filosofia,
economia e diritto si intrecciano in
modo indissolubile, al punto da
rendere impossibile una lettura
univoca: Hayek è economista, certo,
ma anche filosofo politico, teorico
del diritto e critico delle
ideologie. Questo articolo intende
proporre una lettura d’insieme della
sua opera, per comprendere non solo
l’architettura concettuale del suo
pensiero, ma anche il suo
significato storico e filosofico.
Al cuore della visione di Hayek si
trova una concezione negativa della
libertà: essa è, fondamentalmente,
assenza di coercizione arbitraria da
parte di altri uomini. Come notato
da Norberto Bobbio, la sua idea di
libertà riprende la tradizione
inglese del liberalismo classico —
da Locke a Mill — e si oppone alla
visione continentale, in particolare
a quella kantiana, dove la libertà
coincide con l’autonomia morale e la
razionalità. Per Hayek, l’individuo
è libero quando può agire secondo un
proprio piano di vita, all’interno
di un quadro di regole generali che
delimitano ciò che è lecito e ciò
che non lo è. La libertà non
consiste nel poter partecipare alle
decisioni politiche (la cosiddetta
freedom to), bensì
nell’essere protetti contro
interferenze arbitrarie (freedom
from). In questo senso, Hayek è
un difensore dell’individuo, non
della collettività.
Una delle distinzioni più
significative del pensiero hayekiano
è quella tra legge e legislazione.
La prima è il prodotto spontaneo
dell’evoluzione sociale, una regola
generale, impersonale e astratta che
consente agli individui di prevedere
l’azione degli altri e di orientare
la propria condotta. La seconda,
invece, è frutto dell’attività
politica, spesso piegata agli
interessi di gruppi organizzati, ed
è potenzialmente fonte di arbitrio.
Hayek insiste sul fatto che lo Stato
deve essere soggetto alla legge, non
creatore sovrano di essa. È questa
la vera essenza dello Stato di
diritto (rule of law): un
sistema nel quale il potere politico
è vincolato da norme predeterminate,
non uno in cui la maggioranza può
decidere tutto. Quando il potere
legislativo diventa strumento di
coercizione in mano a una
maggioranza elettorale, la
democrazia degenera in tirannide.
Nel suo celebre saggio The Use of
Knowledge in Society (1945),
Hayek affronta il problema centrale
dell’economia pianificata:
l’impossibilità di centralizzare
l’informazione. L’economia,
sostiene, non è un problema di
ottimizzazione astratta, ma un
processo in cui milioni di individui
utilizzano conoscenze locali, tacite
e disperse per prendere decisioni.
Il mercato è il meccanismo che
permette il coordinamento di queste
conoscenze attraverso il sistema dei
prezzi, che funge da linguaggio
decentralizzato. A differenza del
modello proposto da Oskar Lange, che
immaginava un calcolo socialista
basato su un centro di controllo,
Hayek dimostra che nessun
pianificatore centrale può possedere
tutte le informazioni necessarie per
allocare razionalmente le risorse in
una società complessa. Solo il
mercato, inteso come ordine
spontaneo, è in grado di raggiungere
questo obiettivo.
La visione di Hayek dell’economia e
della società si fonda sul concetto
di ordine spontaneo (spontaneous
order), mutuato da pensatori
come Bernard Mandeville e Adam
Ferguson. La società, secondo Hayek,
non è un progetto artificiale, bensì
un ordine che emerge dalle
interazioni tra individui liberi,
ciascuno dei quali persegue i propri
fini all’interno di un quadro
normativo stabile. Per descrivere
questo ordine, Hayek conia il
termine “catallassi”, dal greco
katallattein, che significa
“scambiare” ma anche “trasformare un
nemico in amico”. Questo termine
serve a sottolineare che il mercato
è molto più di una macchina
economica: è una rete di relazioni
umane che genera cooperazione
pacifica e prosperità senza bisogno
di un disegno centrale.
Uno degli aspetti più originali del
pensiero hayekiano è la sua critica
alla democrazia intesa come potere
illimitato della maggioranza. Hayek
ritiene che, in assenza di limiti
istituzionali chiari, la democrazia
parlamentare moderna sia diventata
un meccanismo per redistribuire
privilegi, favorire interessi
particolari e perpetuare clientele
politiche.
Per questo, propone un’alternativa:
la “demarchia”, un sistema basato su
due assemblee: un’assemblea
legislativa formata da individui
maturi, con incarico lungo e
stabile, incaricata di definire
regole generali e di proteggere la
libertà individuale; un’assemblea
governativa, espressione degli
interessi contingenti, soggetta a
elezione.
Questa proposta mostra la tensione
di Hayek tra liberalismo classico e
innovazione istituzionale, tra la
fiducia nel mercato e la sfiducia
nella