[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

N° 209 / MAGGIO 2025 (CCXL)


filosofia & religione

SUL VALORE ETICO DEL CRISTIANESIMO
E POI GIUNSE IL MESSIA

di Emilio Vaccaro

 

Nel presente articolo l’obiettivo è quello di soffermarsi sul significato storico e sui riflessi sul tessuto sociale che la venuta del Messia provoca in tutto il mondo allora conosciuto. Non è tanto l’aspetto prettamente teologico a essere sottolineato quanto il valore etico del Cristianesimo nel senso più ampio del termine: dando spazio ai poveri, agli umili e infelici e provocando le ire dei ricchi, per i quali i concetti di parità di diritti sociali non erano concepibili. Si vuol evidenziare anche il coraggio delle prime comunità cristiane, che non si arresero davanti alle continue persecuzioni romane, pur quando ciò significava sacrificare la vita in nome di un’incrollabile fede. Alla fine i sacrifici dei professanti delle due religioni monoteiste (Ebraismo da una parte e Cristianesimo dall’altra) verranno premiati. Il paganesimo sarà accantonato: tale avvenimento darà inizio a una tormentatissima vita per la Chiesa, non certo incentrata sui concetti di caritas e amore, ma sembra impegnata a ricercare e conservare il proprio potere.


Correva all'incirca l’anno 747-750 dalla fondazione di Roma: durante l’Impero di Cesare Ottaviano Augusto, e a Betlemme in Giudea (secondo fonti alessandrine, greche, ebraiche) nasce Gesù, detto poi il Cristo, l’unto, l’eletto del Signore. La sua comparsa cadeva in un’età di profonda crisi spirituale (che anticipava quella politica ed economica), nella quale gli spiriti si volgevano ansiosamente verso nuove credenze religiose, altre certezze che dessero un preciso significato alla vita e alla morte. Si diffondevano in ogni parte del mondo antico le religioni misteriosofiche, come i misteri dionisiaci, orfici, eleusini in Grecia, di Osiride in Egitto, di Adone in Siria, di Cibele in Asia Minore, di Mitra in Persia. Caratterizzati da riti iniziatori tenuti occulti ai profani e da nuove dottrine di salvazione, tali misteri mirano a soddisfare certi prepotenti bisogni dell’anima individuale; conducono a una maggior purificazione dell’individuo; offrono al singolo una consolante garanzia di vita felice al di là della tomba. I misteri non cadono, come le religioni tradizionali, sotto il controllo dello Stato, né si aprono alla massa dei cittadini; al contrario, sono riservati a pochi eletti, stretti in confraternite, ma hanno il vantaggio di accogliere adepti da ogni parte, senza preconcetti di razza, casta, nazione. Questi culti si diffusero con sorprendente rapidità dall’Oriente all’Occidente nel I-II sec. d.C. I misteri di Mitra soprattutto ebbero una forza di espansione che sarà superata solo dalla propagazione dell’Evangelo. Dovunque siano dislocate le legioni romane, ivi troviamo diffuso questo culto, specialmente grazie agli Asiatici chiamati a occupare i posti militari sul Danubio, Reno o sul vallo di Adriano nella lontana Britannia.


In questo clima di ansiosa ricerca di salvazione individuale fa la sua apparizione il Cristianesimo che all'inizio non sembra altro che una setta dell’Ebraismo. Gli antichi profeti avevano preannunziato da tempo la venuta di un Messia che avrebbe realizzato un mondo giusto. Leggiamo nella Bibbia: “Non voglio sentire i suoni delle vostre arpe, ma l’equità scorra come l’acqua e la giustizia come perenne torrente”. “Ora, poiché voi spogliate il povero e gli estorcete gravosi tributi sul grano, le case di pietra squadrate che avete fabbricato non le abiterete” (Profeti, Amos, Cap. V). Una voce contro le diseguaglianze dunque, la superbia e la ricchezza, a favore degli umili e degli oppressi che riudiremo con più chiari enunciati nella predicazione di Gesù. Nato dal seno della cultura e tradizione ebraica, il Cristo proclamò di essere venuto non a infrangere, ma ad adempiere l’antica legge. All'osservanza esteriore della legge senza attenzione allo spirito della norma, i cosiddetti Farisei: “Ma guai a voi, che pagate la decima della menta, della ruta e di tutti i legumi e non date peso alla carità e alla giustizia di Dio” (Luca, XI, 42). La venuta del Messia era fervidamente attesa dal popolo ebraico, ma esso si attendeva, conformemente alle prevalenti istanze nazionalistiche, la liberazione di Israele dalla soggezione dei Romani, mentre Cristo proclamava di essere venuto a liberare gli uomini dal peccato, dalla potenza di Satana e a edificare il regno di Dio. Non fu perciò difficile ai sacerdoti del Sinedrio, agli scribi e ai Farisei denunziarlo al popolo come impostore e al governatore romano, Ponzio Pilato, come ribelle all’autorità di Roma, ottenendone la condanna a morte e la crocifissione.


La predicazione di Cristo fu preceduta dalla diffusione nel territorio della Palestina di una setta religiosa (dalla maggior parte degli studiosi identificata con quella degli Esseni) che ha lasciato precisa notizia di sé nei cosiddetti Rotoli o Manoscritti del Mar Morto, scoperti di recente, fortuitamente, in profonde grotte palestinesi; una setta staccatasi dal giudaismo ufficiale e professante dottrine che presentano singolari somiglianze con quelle cristiane. Essa parla di un Maestro di Giustizia che avrebbe rivelato il vero significato delle Scritture e sarebbe stato perseguitato. Tali Rotoli del Mar Morto rappresentano una preziosissima scoperta, in quanto consentono di meglio inquadrare, nell’ambiente del tempo, la figura e l’opera di Giovanni Battista e Gesù, come degli apostoli. Essi confermano eloquentemente come fosse già in atto in Palestina una profonda trasformazione religiosa, per cui si può ben dire che la comparsa di Cristo, anche a volerla considerare solo storicamente, cadde nella pienezza dei tempi.


I principi fondamentali del Cristianesimo sono enunciati nel Discorso della Montagna, detto anche delle Beatitudini, pronunziato da Gesù, secondo la tradizione evangelica, dinanzi alla folla nel primo anno della sua predicazione pubblica: “Beati i poveri di spirito, i miti, quelli che piangono, i misericordiosi, puri di cuore, i pacifici” (Matteo V, 3-10), in sostanza, sono beati tutti coloro che il mondo aveva fin qui giudicati infelici o inetti. Queste enunciazioni rappresentano un vero e proprio capovolgimento di valori, la cui accettazione comporta un radicale rinnovamento interiore (metànoia, l’ha chiamata San Paolo). Il dolore stesso è valutato come mezzo di affinamento spirituale e riscatto dal male. Non v’è perciò da stupirsi se la parola di Cristo si propagò rapidamente, specie tra le classi più umili, tra i reietti della società, che avevano fame e sete di giustizia, sperando nell’avvento di un nuovo regno fondato sull’amore, sull'equità, sull'uguaglianza, sulla pace, nel quale gli uomini si sarebbero riconosciuti come fratelli. Né la morte di Cristo sulla croce arrestò la diffusione della sua parola, perché gli apostoli sparsero l’Evangelo (la Buona Novella) in ogni parte del mondo allora conosciuto.


Ma la diffusione dell’Evangelo tra i pagani (“gentili”) avvenne soprattutto per opera di Paolo di Tarso, prima fanatico persecutore dei Cristiani per conto del Sinedrio, poi prodigioso seminatore della “parola”. A lui si devono i fondamenti della dottrina cristologica e di quella soteriologica (la prima riguardante Cristo e la sua missione, la seconda il problema della salvezza). L’universalismo cristiano ha esplicito inizio con San Paolo; con lui il sacrificio di Cristo diviene operante non solo nei riguardi degli Ebrei, ma di tutti gli uomini indistintamente, qualunque sia la loro razza, lingua e/o condizione sociale. Perciò Paolo è passato alla storia col nome di “apostolo delle genti”. “Siete tutti figli di Dio” scrive ai Galati, “per la fede in Cristo Gesù. Quanti siete stati battezzati in Cristo, vi siete rivestiti di Cristo. Non c’è più Giudeo né Greco, non c'è schiavo né libero, non c'è maschio e femmina, poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù” (Lettera ai Galati, III, 26-28).

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[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]