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filosofia & religione


N. 110 - Febbraio 2017 (CXLI)

L’Uomo Mosè
le ORIGINi DEL MONOTEISMO in UN'INDAGINE FREUDIANA

di Lorenzo Plini

 

In molti pensano a Freud come psicoanalista e per il suo apporto alla psicologia stessa. Ma Sigmund Freud, per la qualità e la quantità dei suoi scritti, può essere considerato di buon grado anche uno scrittore. Un esempio è rappresentato dall’Uomo Mosè, indagine freudiana agli albori della religione monoteistica che lui stesso aveva definito come il suo "romanzo storico".

 

I primi due saggi dell’Uomo Mosè e la religione monoteistica, furono pubblicati originariamente nel 1937 nella rivista “Imago”, il terzo uscì invece alla fine del 1938 anche se recava la data del 1939.

 

La prima questione che Freud affronta sulla persona di Mosè è il suo nome, che in ebraico suona come Mosheh. Dall’Esodo sappiamo che questo significherebbe “colui che è stato tratto dall’acqua”, proprio come vuole il racconto. Ma Freud ci dice che questa etimologia popolare non si può accordare alla forma attiva del verbo ebraico, Mosheh infatti può significare al massimo “colui che trae fuori”. Secondo Freud Mosè sarebbe un suffisso egizio, e significherebbe ‘bambino’ o ‘figlio di’, inoltre sarebbe una abbreviazione della forma più distesa di nomi.

 

L’uomo Mosè viene collocato da Freud durante la XVIII dinastia, probabilmente nel 1375 a.C. quando salì sul trono il faraone Amenofi IV, figlio di Amenofi III. Amenofi IV è centrale nella costruzione freudiana. Costui era affetto da un cattivo funzionamento dell’ipofisi celebrale, che gli provocava scompensi nella crescita. La sua peculiarità fu che tentò di imporre ai suoi sudditi una nuova religione, che era in contrasto con le tradizioni secolari egizie. Questa nuova religione era monoteistica: nella scuola sacerdotale del tempio di On (Eliopoli), si era sviluppato infatti il concetto di un Dio universale. Mentre sotto Amenofi III, il culto del dio solare aveva guadagnato slancio raffigurato in Amòn di Tebe, sotto Amenofi IV venne ripreso un antico nome del dio solare, cioè Atòn, raffigurato allegori-camente come disco solare, da cui partivano raggi che terminavano con benefiche mani schema-tizzate. A quel punto Amenofi IV decise di cambiare nome in Ekhnatòn, cancellando dal suo nome l’odiato dio Amòn. Il passo successivo fu quello di abbandonare Tebe, costruire una nuova capitale che chiamò Akhetatòn (orizzonte di Atòn), oggi Tell el-Amarna.

 

Ma il culto del dio Atòn rimase confinato nella cerchia reale e nei palazzi di Akhetatòn, non rius-cendo ad attecchire presso il popolo egizio. Dopo la morte del faraone Ekhnatòn, venne operata la restaurazione da parte del clero che era stato represso, tanto che il giovane faraone Tutankatòn fu costretto ad abbandonare Akhetatòn per tornare a Tebe e a cambiare il suo nome in Tutankamòn. Costui fu poi ucciso da Ay, dignitario imparentato con la famiglia reale, che divenne nuovo faraone dopo aver sposato la vedova di Tutankamòn. Seguiva un periodo di anarchia.

 

Freud ipotizza che Mosè fosse un nobile o addirittura un membro della famiglia reale, come d’altronde si afferma nella leggenda. E proprio per questa sua posizione, doveva essere anche un fervido credente della religione di Atòn. Dopo la morte di Ekhnatòn, il mondo nel quale era cresciuto Mosè era crollato. Finì quindi nella periferia dell’impero egizio, diventando il governatore di una provincia di confine – forse il Goshen – dove si erano insediate tribù semitiche. È in questo contesto che, secondo Freud, il Mosè egizio venne in contatto con gli ebrei che erano ridotti in schiavitù. Dopo averne conquistato le simpatie, il Mosè egizio si mise alla loro testa – come segno di riscatto per quello che aveva perduto – portandoli fuori dall’Egitto. Quindi Freud colloca l’Esodo fra il 1358 e il 1350 a.C., ovvero durante il periodo di anarchia e prima della restaurazione operata da Harem-hab.

 

Per Freud, il Mosè egizio non solo introdusse presso gli ebrei il culto del dio Atòn ma anche la pratica egizia della circoncisione, che diventerà successivamente una caratteristica della cultura ebraica. Questo Mosè egizio però non riuscirà a vedere Canaan: nel 1922 Ernst Sellin riteneva di aver individuato, nel libro del profeta Osea, sulla base di una interpretazione indiziaria, una tradi-zione secondo cui il fondatore religioso Mosè trovò una fine violenta durante una sommossa del suo popolo, a Shittim. Quindi la religione che lui aveva instaurato – ovvero quella del dio Atòn – fu ripudiata. Questo è un punto importante nella costruzione freudiana.

 

Una volta abbandonato l’Egitto, gli ebrei si diressero a Meribah-Qadesh (oasi situata a sud della Palestina, tra il Sinai e l’Arabia). Qui appresero il culto della tribù araba dei Madianiti, del dio YHWH (Yahweh) nel tetragramma ebraico. Costui era un dio vulcanico, che si riscontra nel Sinai, le cui caratteristiche fondamentali si ritrovano – nonostante i vari rimaneggiamenti – nel testo biblico. Dalla morte del Mosè egizio alla fondazione della religione a Qadesh, passarono due generazioni o al massimo un secolo. Per Freud quello che accadde a Meribah-Qadesh fu una sorta di compromesso: istituito il nuovo dio, bisognava ora cercare di cancellare le tracce delle prece-denti religioni. Questo fu facile da imporre alle tribù già insediate li, ma fu meno facile verso i reduci dall’Egitto, che non volevano privarsi dell’Esodo, del Mosè egizio e della circoncisione. L’uomo Mosè fu allora tolto dall’Egitto e spostato a Madian e a Qadesh, fondendolo con la figura del sacerdote di Yahweh e fondatore della nuova religione: infatti il mediatore fra dio e il popolo nella fondazione di questa religione aveva nome Mosè, ovvero il genero del sacerdote madianita Ietro.

 

Freud poi introduce quello che lui chiama periodo di latenza: il ripudio della religione di Atòn e il ricordo della figura del Mosè egizio, rimasero nell’inconscio del popolo ebraico per poi riemergere secoli dopo. Dopo questo periodo, la religione monoteistica nata in Egitto venne custodita dagli ebrei come un possesso esclusivo, tanto da convincere il suddetto popolo di essere eletto. Nell’-inconscio degli ebrei riemerge anche il senso di colpa. L’uccisione del Mosè egizio da parte del po-polo ebraico, diventa indispensabile per la costruzione di freudiana: il pentimento per l’assassinio di Mosè creò il desiderio per il Messia, che doveva tornare portando al suo popolo la redenzione e il dominio sul mondo. Se Mosè fu il primo Messia, allora Cristo ne diventa il sostituto e successore. Non solo, questo senso di colpa fu ripreso da un agitatore politico-religioso, che provocò il distacco della religione cristiana dall’ebraismo: ovvero Paolo, ebreo romano di Tarso, e con lui il senso di colpa prese il nome di “peccato originale”.

 

Il dio Yahweh non aveva alcuna somiglianza con Atòn: costui era un dio pacifista, ma per un popolo che si accingeva ad occupare in maniera violenta nuove terre, il dio Yahweh era sicuramente più adatto. Per Freud, nel corso dell’evoluzione religiosa ebraica, il dio Yahweh perse gradualmente le sue caratteristiche e iniziò ad assomigliare sempre di più al dio Atòn, il cui ricordo era rimasto nell’inconscio del popolo ebraico.



 

 

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