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N. 29 - Ottobre 2007

TURCHIA: PAESE MUSULMANO ALLE PORTE D’EUROPA

Un percorso per l’integrazione  pieno d’insidie

di Fabio Disint

 

Da qualche anno a questa parte, si parla sempre più spesso dell’ingresso della Turchia nell’Unione Europea. Il paese, nonostante le sue strutture democratiche formali, ha politiche interne ed estere dettate da un consiglio nazionale di sicurezza composto per lo più da militari (che non sono molto entusiasti del possibile ingresso in UE).

 

Il Governo ha infatti ratificato tutti i trattati riguardanti l’Unione Europea, ma i risultati effettivi sul campo, sono decisamente negativi.

 

Inoltre la Turchia, che ha mosso i suoi primi passi verso l’Unione Europea nel 1987. Nel 2004 i negoziati hanno avuto il via libera dal Consiglio Europeo.

Per poter fregiarsi di membro dell’UE, la Turchia deve sottostare alle seguenti tre linee guida, definite nel Consiglio Europeo di Copenaghen nel 1993. I criteri scelti furono i seguenti:

 

Criterio politico, ovvero la stabilità delle istituzioni, la presenza di una democrazia stabile, il rispetto della legge, dei diritti umani e il rispetto e la protezione delle minoranze. In seguito all'entrata in vigore del trattato di Amsterdam nel maggio 1999, questi requisiti sono stati inseriti come principi costituzionali nel trattato sull'Unione europea e riaffermati nella carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, approvata dal Consiglio europeo di Nizza nel dicembre 2000;

 

Criterio economico, ovvero l’esistenza di un’economia di mercato funzionante, la capacità di affrontare le pressioni competitive e le forze di mercato all’interno dello spazio dell’Unione Europea. Tali criteri sono in linea con i principi delle politiche economiche inseriti nel trattato CE dal trattato di Maastricht, entrato in vigore il 1° novembre 1993;

 

Criterio dell’Acquis Communautaire, ovvero la capacitò di assumere gli obblighi derivanti dall’appartenenza all’Unione, inclusa l’aderenza agli obiettivi politici, economici e sociali. In effetti, si tratta di applicare correttamente la legislazione dell'Unione. I successivi Consigli europei, in particolare quello di Madrid del 1995, hanno ribadito non solo l'importanza di inserire l'acquis nella legislazione nazionale ma anche di garantirne la corretta applicazione attraverso strutture amministrative e giudiziarie adeguate.

 

Va chiarito come tutti e tre criteri di condizionalità siano legati in maniera intrinseca, essendo evidente come elementi dei criteri legali siano riconducibili ad aspetti economici e politici, e come l’analisi della condizionalità economica riveli profonde implicazioni politiche.

 

Le condizioni che garantiscono una democrazia sono quindi la stabilità e il rispetto della legge, che può essere garantita soltanto dalla presenza della divisione dei poteri e della pluralità a tutti i livelli dello stato, dalla trasparenza e dalla responsabilità di tutti gli organi di governo (intendendo come responsabilità il fatto di dover rispondere delle proprie azioni ai governati), dal funzionamento e dall’indipendenza degli organi di controllo, e dalla presenza di una burocrazia efficiente, trasparente e responsabile.

 

Per quanto riguarda la sostanza della democrazia, il rispetto dei diritti civili e politici, la lotta alla discriminazione, la garanzia dei diritti economici, sociali e culturali e il rispetto e la protezione delle minoranze all’interno della società, rappresentano i contenuti senza dei quali ogni struttura democratica rimane esclusivamente un contenitore vuoto.

 

In linea più generale, il rispetto della condizionalità politica rappresenta il mezzo attraverso il quale l’Unione Europea corregge, nel più ampio contesto dell’obiettivo di coesione tra i paesi membri, il significato stesso di coesione economica, spostandolo da una definizione neutra ad una impregnata sul principio di equità e di pari opportunità per tutti i cittadini dell’Unione, a prescindere dal paese di provenienza.

 

Conclusioni

 

Negli ultimi anni il governo turco ha introdotto riforme giuridiche e di altra natura, allo scopo di adeguare la sua legislazione agli standard internazionali. Tuttavia, la messa in atto di tali riforme è stata frammentaria e nel diritto sono rimaste ampie restrizioni all’esercizio di diritti fondamentali. Nonostante positive modifiche alle norme sulla detenzione, non  sono cessati casi di tortura e maltrattamenti commessi dalle forze di sicurezza. L’uso di forza eccessiva contro i manifestanti ha continuato ad essere motivo di grande preoccupazione agli occhi della comunità internazionale, anche perché i responsabili di tali violazioni raramente sono stati condotti dinanzi alla giustizia, mentre chi ha cercato di esercitare il suo diritto di manifestare pacificamente o di esprimere dissenso su certi argomenti ha continuato a rischiare l’incriminazione penale o altre sanzioni.

 

Il governo turco ha proseguito nell’introduzione di riforme costituzionali e giuridiche al fine di soddisfare i criteri di richiesta per l’avvio dei negoziati di adesione all’Unione Europea. Il 17 dicembre 2004, il Consiglio d’Europa ha dichiarato l’intenzione di iniziare i negoziati con la Turchia nell’ottobre del 2005.

 

Infatti nell’anno 2005, il Consiglio dei ministri dell’Unione Europea (UE) ha formalmente aperto i negoziati per l’accessione della Turchia all’UE, anche se la legislatura interna ha continuato a prevedere restrizioni all’esercizio dei diritti fondamentali. Dopo l’introduzione del nuovo codice penale, coloro che avevano espresso pacificamente il loro dissenso riguardo ad alcuni argomenti hanno continuato ad affrontare procedimenti e sanzioni penali. Sono proseguite le segnalazioni di tortura e maltrattamenti, che hanno esposto particolarmente a rischio le persone arrestate per reati comuni.

 

Le forze dell’ordine hanno continuato a ricorrere all’uso eccessivo della forza durante manifestazioni pubbliche; a novembre del 2005 quattro dimostranti sono stati uccisi a colpi d’arma da fuoco. Le indagini in merito a tali episodi si sono rivelate inadeguate e raramente gli agenti responsabili di violazioni sono stati condotti dinanzi alla giustizia. La situazione dei diritti umani si è deteriorata nelle province orientali e sud-orientali, nel contesto dell’aumento degli scontri armati tra i servizi di sicurezza turchi e il partito armato di opposizione, Partito dei lavoratori del Kurdistan (PKK).

 

Nel mese di giugno del 2005 sono entrati in vigore i nuovi codici penale e di procedura penale e la legge sull’applicazione delle sentenze. Accanto agli elementi positivi previsti dai nuovi strumenti giuridici, come ad esempio, una maggiore protezione delle donne contro la violenza inserita nel codice penale, permangono aspetti negativi, come le restrizioni al diritto di libertà di espressione, previste in particolare dal codice penale. Difensori dei diritti umani turchi hanno anche sollevato obiezioni sul regime di punizione per i detenuti disciplinato dalla legge sull’applicazione delle sentenze.

 

A fine anno una sottocommissione parlamentare stava discutendo una bozza di revisione della legge anti-terrorismo; organizzazioni di tutela dei diritti umani si erano espresse in modo critico sulle precedenti versioni della bozza.

 

Ma è così importante la Turchia per l’Unione Europea?

 

Secondo una giornalista turca, Nefise Bazoglu, La Turchia senza Europa può farcela, mentre l’Europa senza la Turchia no. Questo perché, l’Europa non si è resa conto che la Turchia sarebbe la sua salvezza, visto che il continente è in crisi, sull’orlo del declino.

 

Le crisi che sarebbero presenti in Europa sono sotto gli occhi di tutti, crisi demografica, l’età media dei cittadini europei è destinata a crescere in maniera vertiginosa, i tassi di fertilità sono ai minimi storici, il numero dei disoccupati è molto alto.

 

In grado di risolvere questi problemi sarebbe la Turchia. I turchi, che secondo l’articolista, hanno dimostrato di essere capaci e desiderosi di cambiare e ridefinire la loro identità sociale e politica, mettere da parte le passate ostilità etniche e politiche per andare avanti, incontro l’UE.

 

In quanto l’opinione pubblica turca, sarebbe diventata euro scettica, in quanto si sono visti sorpassare nella corsa verso l’UE, da Paesi come la Romania e la Bulgaria (reduci del passato sovietico), mentre il Consiglio d’Europa non riuscirebbe ad accettare i progressi compiuti dalla Turchia, che senz’altro ci sono stati ma non sono ritenuti all’altezza degli standard europei.

 

Secondo l’autrice dell’articolo Il sogno europeo, apparso sul Turkish Daily News, questa politica dell’Unione Europea dei due Paesi e delle due misure, avrebbe aiutato molti turchi a farsi una idea della democrazia europea, intendendola in un senso negativo.

 

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