[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

N° 206 / FEBBRAIO 2025 (CCXXXVII)


contemporanea

Tri gilzy ot angliyskogo karabina
1922: BANDE ARMATE in UCRAINA

di Leila Tavi


"Tre bossoli di un fucile inglese" (Tri gilzy ot anglijskogo karabina) di Vladimir Dovgan' è un film del 1983 che si inserisce nel genere del detective storico e si distingue per la sua attenzione ai dettagli del periodo post-rivoluzionario in Ucraina. Ambientato nell’autunno del 1922, subito dopo la fine della Guerra Civile Russa, il film ci porta nella provincia ucraina, dove una banda criminale, guidata dal feroce Voloch, commette un brutale omicidio ai danni di una maestra elementare. La vicenda si sviluppa attorno alle indagini condotte da un ufficiale della polizia sovietica, Tichon Globa, incaricato di scoprire i responsabili del crimine.

 

Il film non si limita a raccontare una semplice indagine poliziesca, ma esplora temi complessi legati alla legge, all’ordine e alla violenza in un periodo cruciale e drammatico della storia dell’Ucraina, offrendo allo spettatore una riflessione profonda sul conflitto tra il sistema sovietico e le lotte interne dei contadini e delle bande armate. Un tema ricorrente nel film è la legge, che è personificata attraverso due figure femminili centrali nella trama: la maestra uccisa all'inizio del film e la giudice che condanna il bandito e assolve il protagonista alla fine. Questi personaggi, pur trattati in modo differente, incarnano l’idea di giustizia in un contesto di transizione dalle vecchie leggi imperiali alle nuove leggi sovietiche, che spesso sembrano essere ancora più oppressive agli occhi della classe contadina.

 

La maestra, pur essendo una vittima, rappresenta la speranza di un nuovo ordine che il sistema sovietico vorrebbe instaurare. La sua morte, quindi, rappresenta la violenza e l’oppressione che si abbattono su chi cerca di rispettare e diffondere la legge in una società in preda al caos. La figura della giudice, che giunge alla fine del film, assume un valore simbolico ancora più forte. Se la maestra è l’incarnazione della speranza e della legge morale, la giudice è l'esempio della legge sovietica ufficiale che condanna chi ha infranto l’ordine e premia chi, come Globa, riesce a navigare i dilemmi morali del regime. L’assoluzione del protagonista diventa, così, un passaggio simbolico da una legge non sempre giusta a una forma di giustizia superiore, anche se le ambiguità non sono mai del tutto risolte.

 

La figura del protagonista, Tichon Globa, si può facilmente associare a quella di uno sceriffo buono tipico dei film western, sebbene, in questo caso, l’ambientazione e il contesto siano profondamente diversi. Globa è un uomo che si muove tra la legge e il disordine, un poliziotto che, pur avendo l'autorità per far rispettare la legge sovietica, non è mai completamente sicuro di essere dalla parte giusta. Come un eroe del Far West, Globa deve affrontare il dilemma morale di mantenere l'ordine, pur sapendo che la legge che applica è, in molti casi, ingiusta o comunque contraddittoria rispetto ai valori della comunità rurale di cui deve far rispettare l’ordine.

 

Questa ambiguità è accentuata dal fatto che il protagonista, pur rappresentando il potere sovietico, mostra dubbi e conflitti interiori sul significato di giustizia in un periodo storico segnato dalla violenza politica e sociale. In effetti, la sua posizione può sembrare quella di un uomo che cerca di mantenere l’ordine in un mondo che sembra non avere più regole, dove la legge sovietica si scontra con il desiderio di giustizia del singolo individuo.

 

La prateria è un’immagine che immediatamente richiama i paesaggi aridi e polverosi dei film western, eppure l’ambiente in cui si svolge Tri gilzy ot anglijskogo karabina è completamente diverso. Il film è ambientato in un'Ucraina post-bellica, che, pur non avendo una "prateria" nel senso stretto del termine, presenta un paesaggio altrettanto duro e spoglio. I campi ghiacciati, i terreni aridi coperti di neve, e l’atmosfera di freddo opprimente che permeano il film possono essere visti come una versione sovietica della prateria, dove l’unico mezzo per muoversi agilmente è il cavallo. Qui, l’elemento del gelo non è solo una questione climatica, ma riflette il freddo morale che investe la vita dei contadini, dei banditi e degli uomini di legge. L’ambiente diventa simbolo di una lotta per la sopravvivenza e di un mondo in cui la giustizia è sempre più difficile da mettere in atto.

 

In questo contesto, le bande armate, che operano senza pietà nei confronti dei contadini che si piegano alla collettivizzazione sovietica, si presentano come una minaccia costante. Le famiglie trucidate dai banditi, spesso senza distinzione tra chi è colpevole e chi no, chi effettivamente collabora con il nuovo regime e chi, invece, cerca soltanto di sostentare la famiglia, evidenziano la crudeltà di una guerra civile che si è estesa ben oltre il conflitto tra l'Armata Rossa e quella Bianca. I banditi, che si presentano come nemici della legge sovietica, si fanno giustizia da soli, senza alcuna pietà per chi collabora con il regime.

 

Nel film la violenza delle bande armate non si limita a una mera recrudescenza della criminalità, ma diventa un simbolo della resistenza contro le forze sovietiche. Le bande, infatti, sono composte in gran parte da ex-combattenti della Guerra Civile, ma anche da contadini che rifiutano la collettivizzazione forzata e vedono nei banditi una sorta di liberatori dal giogo sovietico. Tuttavia, queste bande non hanno pietà per i contadini che si piegano alla legge. Le famiglie trucidate sono spesso quelle che si sono adattate al nuovo sistema o quelle che non riescono a sfuggire alla morsa della violenza.

 

Questo particolare offre alla narrazione non soltanto un’indagine poliziesca, ma anche un commento sulla repressione sistematica da parte del regime sovietico, che cercava di imporsi con la forza sulle comunità rurali. Il contrasto tra le bande e i contadini mette in evidenza la difficoltà di coesistenza tra la legge imposta dal potere centrale e quella che le persone vivevano nel loro quotidiano.

 

Il film offre uno spunto per comprendere meglio le tensioni interne all’Ucraina del 1922, una nazione che, mentre cercava di trovare una sua identità, si trovava intrappolata tra vecchie leggi imperiali e nuove leggi sovietiche che non sempre portavano giustizia a chi, come i contadini, viveva ai margini della società.

 

Il film trae ispirazioni dalle lotte tra le autorità sovietiche e i gruppi anarchici che operavano in questo periodo in Ucraina, come quelle di Nestor Machno (Нестор Иванович Махно), che credeva nell'autoamministrazione economica e politica di contadini e operai. Dieci anni dopo gli eventi narrati dal film, nel 1932-33, l'Ucraina avrebbe subito l'Holodomor, una carestia indotta dal regime sovietico che avrebbe causato milioni di morti tra i contadini, un altro tragico capitolo della lotta tra le comunità contadine e il potere centrale sovietico.

 

Il film diventa, così, un documento che ci aiuta a comprendere non soltanto la violenza del periodo, ma anche le difficoltà di chi cercava di sopravvivere in un mondo in cui la giustizia sembrava essere un concetto tanto sfuggente quanto l’ordine sociale.

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[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]