[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

177 / SETTEMBRE 2022 (CCVIII)


arte

SU GIUSEPPE TERRAGNI

STORIA DI UN ARCHITETTO DEL RAZIONALISMO ITALIANO

di Mariangela Riggio

 

«Perfettamente lineare, senza nessuna concessione al decorativismo (…) il ritmo è dato dal gioco dei volumi elementari che stava alla base dell’architettura greca e rinascimentale. Questa casa antiromantica, antidecadente, anticrepuscolare, non nata per il capriccio, la bizzarria di un momento, ma sorta dai nuovi bisogni spirituali ed estetici, passerà poco tempo e non sarà più l’anomalia. Sarà, e per tutti, la “casa di domani”». È la descrizione del Novocomum che Giuseppe Pagano fornì sul numero 27, del Marzo 1930, sulle pagine della nota rivista di architettura “Casabella”.

 

L’edificio per appartamenti, progettato dall’architetto Giuseppe Terragni e realizzato a Como nel 1928-1929, inaugurò l’era dell’Architettura Razionalista italiana. Fu commissionato nel 1927 al giovane architetto, di appena 23 anni, da Elio Peduzzi, amministratore delegato della società immobiliare Novocomum di Olgiate Comasco. La realizzazione dell’edificio scatenò non poche polemiche poiché diverso da quello che Giuseppe Terragni aveva presentato alla Commissione Edilizia, in stile classico. A cantiere concluso scoprì, invece, un edificio dalle inconfondibili linee moderne.

 

Il “Transatlantico”, come venne soprannominato, ben presto fu considerato evidente sintesi del Razionalismo per l’uso di volumi geometricamente ben definiti (cubi e cilindri), le soluzioni architettoniche che tendono all’annullamento degli angoli, l’alternanza di pieni e vuoti, l’uso di materiali (vetro-cemento, linoleum) e tecnologie innovative.

 

 

“Novocomum”, Giuseppe Terragni, Como (1928-1929)

 

La nuova corrente architettonica prese avvio in un’Italia che da lì a poco sarebbe stata sconvolta dalla dittatura fascista e trascinata nella Seconda Guerra Mondiale. Eppure, nonostante le tristi sorti politiche, il periodo compreso tra la fine degli anni Venti e gli anni Trenta del Novecento registrò un grande fervore architettonico, in parte spinto dal nazionalismo fascista, in parte influenzato dall’International Style e dal Funzionalismo che si diffondevano oltre i confini nazionali.

 

Giuseppe Terragni, la cui breve carriera è caratterizzata da un’intensa produzione (si contano ben 86 progetti tra il 1926 – anno della sua laurea – e il 1943 – anno della sua morte, a soli 39 anni) è sicuramente attratto delle correnti architettoniche d’oltralpe. Non a caso, Giuseppe Pagano descrive il Novocomum utilizzando l’espressione tanto cara a Le Corbusier, «un’ottima machin à habiter», architetto cui il Terragni sicuramente si è ispirato in talune altre sue opere.

 

Si vedano ad esempio: “Casa Toniniello” progettata insieme a Pietro Lingeri, a confronto con “Maison Plaineix” di Le Corbusier, oppure, Villa sul Lago, (non realizzata) a confronto con "Villa Savoye".

 

 

“Casa Toniniello”, Giuseppe Terragni e Pietro Lingeri, Milano (1933)

 

 

Maison Plaineix”, Le Corbusier, Parigi (1927)

 

 

in alto: "Villa sul Lago", Giuseppe Terragni, (1936); in basso: "Villa Savoye", Le Corbusier, Poissy (1929)

 

Culla del Movimento Razionalista Italiano è l’attività del Gruppo 7, fondato proprio da Giuseppe Terragni nel 1926. Egli, insieme a L. Figini, G. Frette, S. Larco, A Libera, G. Pollini, C.E. Rava firmò il manifesto della nuova corrente architettonica che compare su Rassegna Italiana con queste parole: «tra il passato nostro e il nostro presente non esiste incompatibilità. Noi non vogliamo rompere con la tradizione, è la tradizione che si trasforma e assume aspetti nuovi sotto i quali pochi la riconoscono. La nuova architettura, la vera architettura, deve risultare da una stretta aderenza alla logica e alla razionalità. […] La nuova generazione proclama una rivoluzione architettonica ma una rivoluzione che vuole organizzare e costruire. Un desiderio di sincerità, di ordine, di logica, una grande lucidità soprattutto, ecco i reali caratteri dello spirito nuovo».

 

La prima mostra di architettura razionalista, che segnò così la nascita nel nuovo movimento italiano, avvenne a Roma nel 1928: la “Prima Esposizione di Architettura razionale”. Parteciparono, tra tanti, tutti gli esponenti del Gruppo 7 tra cui Giuseppe Terragni con il progetto per la Fonderia di Tubi e l’officina di produzione del gas.

 

Nel 1930 aumentarono le adesioni al programma razionalista e si istituì il MIAR (Movimento Italiano Architettura Razionale) che comprendeva una cinquantina di architetti. Ma solo due anni dopo si sciolse.

 

Altro esempio, acclamato dalla critica come “opera canonica” del movimento architettonico in Italia, è la Casa del Fascio di Como, commissionata dal Partito Nazionale Fascista a Giuseppe Terragni e inaugurata nel 1936. Nel progetto che porta alla sua realizzazione, le scelte formali e tecniche concretizzano quello che era il manifesto dell’architettura razionalista. Qui, l’architetto traduce in edificio il concetto mussoliniano secondo cui il fascismo «è una casa di vetro in cui tutti possono guardare»; lo fa non con l’intento di esaltarne il valore e rendersi complice della propaganda fascista, ma esclusivamente per dare sfogo alla sua innovazione architettonica.

 

 

 

“Casa del Fascio”, Giuseppe Terragni, Como (1936)

 

Similmente alle vicende che accompagnarono la realizzazione del Novocomum, il progetto iniziale della Casa del Fascio, elaborato nel 1928, prevedeva un edificio tradizionale, ma la soluzione finale approvata nel 1933 è un’opera completamente diversa. L’edificio nasce, dunque, dalla perfezione geometrica: la facciata è rigorosamente progettata secondo la regola del rettangolo aureo, sulla piazza si innalzaun parallelepipedo perfetto con una base il cui lato maggiore misura 33,20 metri seee al quale corrisponde un’altezza pari esattamente alla metà, 16,60 metri.

 

L’ampio uso delle vetrate mettono in evidenza la struttura intelaiata in calcestruzzo di cemento armato, restituendo una sensazione di leggerezza all’intera opera. Il sapiente alternarsi dei pieni e vuoti caratterizza in maniera diversa le quattro facciate.

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[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]