[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

185 / MAGGIO 2023 (CCXVI)


contemporanea

Relatività in Italia

La diffusione della teoria nei primi anni dall’apparizione

di Andrea Fatticcioni

 

La suggestione esercitata dalla teoria della relatività ha oltrepassato i confini della comunità scientifica, suscitando l’interesse di filosofi, artisti e scrittori; tuttavia, la sua diffusione iniziale è un processo storico complesso, non immediato né lineare. L’Italia condivide le tempistiche della diffusione con altri stati europei, ma le peculiarità del panorama nazionale non sono prive d’importanza.

 

Intendere la relatività come oggetto storiografico può originare ambiguità. In questo contesto, il riferimento è agli studi di Einstein tra 1905 e 1916, dalla formulazione dei due postulati della relatività ristretta, alla pubblicazione dell’equazione di campo in cui descrive la gravità come curvatura dello spazio-tempo. Gran parte del suo successo è legato alla conferma sperimentale ricevuta durante l’eclissi totale di sole del 1919, grazie alla previsione della curvatura dei raggi luminosi,che la teoria aveva correttamente attribuito alla gravità solare.

 

Il termine “relatività” compare nel vocabolario scientifico nel 1906 nell’ambito degli studi sulla dinamica dell’elettrone ed è legato alle ricerche di Hendrick Lorentz. In Italia, gli studi di Einstein vengono considerati almeno fino al 1910 come uno specifico contributo all’opera di Lorentz, anche se ne viene riconosciuto il valore matematico.         

 

Dal 1911 compaiono riferimenti esplicitamente rivolti alla relatività di Einstein ma il numero di ricerche è esiguo, anche a causa della scarsa interconnessione tra gli studiosi del paese. Retaggio dell’era preunitaria, l’eccessivo numero di istituti e accademie superiori dedicate alle scienze favoriva la dispersione dei ricercatori e delle attrezzature, contribuendo all’arretratezza della ricerca fisica italiana del periodo. Nella prima metà degli anni Dieci, alcuni eventi testimoniano l’ingresso della teoria nel dibattito italiano: tra queste è importante una controversia (1912-14) tra Einstein e Max Abraham, professore di meccanica razionale all’Istituto Tecnico Superiore di Milano (l’odierno Politecnico), che ha luogo in parte sulle pagine di Scientia, principale rivista di divulgazione scientifica italiana. Sebbene le trattazioni siano sporadiche fino agli anni Venti, è chiaro come sia soprattutto la matematica della relatività suscitare interesse, in accordo con latradizione di fisica matematica del paese, da intendersi come la ricerca di soluzioni matematiche a problemi formali posti dalla fisica nel suo sviluppo.              

 

Tali ricerche erano condotte prevalentemente da matematici, lo studio della fisica era invece legato a una metodologia rigidamente sperimentalista, piuttosto sorda agli spuntidel convenzionalismo o del neopositivismo logico, disinteressata alla fisica teorica che in Germania aveva acquisito uno status definito da quasi cinquant’anni. Le ragioni di questa tendenza sono da ricercarsi nella scarsa connessione dei fisici italiani con l’estero, nella continuità dei titolari di cattedre accademiche (con conseguente staticità nei programmi d’insegnamento) e nella generale debolezza numerica ed economica della ricerca italiana del periodo.

 

Nel complesso, la risposta dei fisici sperimentali italiani alla relatività è riassumibile in una continua ammirazione per l’apparato matematico, senza l’attribuzione di un reale significato fisico, che eleverebbe la teoria oltre il piano della speculazione. Un perfetto esempio di questa concezione è il fisico palermitano Michele La Rosa, il quale negando il postulato dell’invariabilità di c, avvia (1913) una critica decennale nota come “ipotesi balistica della luce”, che costituirà il maggiore polo di resistenza alla relatività nel paese, fino alla seconda metà degli anni Venti. Altre critiche sono basate sull’impossibilità di fare a meno dell’etere, la cui utilità nelle ricerche sull’elettromagnetismo ne aveva fatto un vero paradigma di ricerca. Ai fisici italiani l’impossibilità sperimentale di rilevarlo (nucleo delle critiche mosse all’etere prima del suo abbandono) non appariva sufficiente per abbandonarlo.  

                                                              

Una prima fase della circolazione della relatività si deve soprattutto a Tullio Levi Civita, che dal 1915 intrattiene una corrispondenza con Einstein in cui lo aiuta in maniera decisiva a trovare l’espressione corretta delle equazioni di campo. Il matematico presenterà il suo formalismo basato sul calcolo differenziale in diverse occasioni tra 1917 e 1919, trovando grande credito ma suscitando anche l’opposizione dei “vettorialisti”, che credevano che il formalismo vettoriale fosse il solo in grado di legittimare una teoria fisica.

 

La conferma astronomica del 1919 non comporta solamente una validazione scientifica ma anche un’impennata del pubblico raggiunto dalla teoria: le prime pagine di giornali in tutto il mondo (tra cui il Times di Londra) riportano i risultati dell’esperimento, rendendo Einstein una star internazionale. Nel 1921, il soggiorno dello scienziato in Italia suscita l’interesse della comunità scientifica e della borghesia intellettuale, favorendo,tra 1921 e 1925, un fiorire di trattazioni sul tema che oltrepassa il campodella fisica e assume carattere filosofico e politico.

 

Nel 1921, il fisicomatematico Roberto Marcolongo pubblica il primo volume italiano sul tema; due anni dopo (1923) viene pubblicata l’edizione italiana del manuale di August Kopff I fondamenti della relatività einsteiniana, che nella prefazione contiene un resoconto eccezionale delle visioni dei principali fisici italiani. Nonostante un tale picco d’interesse non sia più destinato a ripetersi, la relatività si colloca stabilmente nell’alveo delle teorie fisiche discusse nel paese e verso il 1928 le ricerche iniziano a convergere verso la teoria del campo unificato.

 

Un aspetto peculiare della reazione italiana alla relatività sono le sue implicazioni ideologiche e politiche particolarmente evidenti. Barbara J. Reeves ha dimostrato che se prima della Grande Guerra si attribuiva con leggerezza l’aggettivo “rivoluzionaria” alla teoria di Einstein, dal dopoguerra viene percepito come il termine rischi di assumere una connotazione eversiva, che legittimi la sovversione dell’ordine costituito tramite quella dell’ordine celeste.

 

La politicizzazione esplicita della relatività sarà però compiuta da Mussolini stesso nell’editoriale del Popolo d’Italia (1922), dove il fascismo è definito relativistaper il suo disprezzo delle categorie fisse e degli schemi predefiniti: a Mussolini giova il paragone con la deriva morale di una teoria che ha eliminato i riferimenti assoluti, perché è funzionale alla delicata ridefinizione del movimento come partito e al mantenimento di libertà d’azione nel sistema parlamentare. Ironicamente, Albert Einstein provava una totale idiosincrasia con il fascismo, che lo spinse addirittura a non partecipare al grande congresso internazionale di fisica a Como, nel 1927.

 

 

Riferimenti bibliografici:

 

Glick T. F. (a cura di), The comparative reception of relativity, Reidel, Boston 1987.

Guaraggio A., Nastasi P., Italian Mathematics Between the Two World Wars, Birkhauser, Berlino 2006.

Maiocchi R., Einstein in Italia. La scienza e la filosofia italiane di fronte alla teoria della relatività, Franco Angeli Editore, Milano 1985.

Pantaleo M. (a cura di), Cinquant’anni di relatività. 1905-1955, Edizioni Giuntine, Firenze 1955. 

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[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]