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N. 125 - Maggio 2018 (CLVI)

corrado borroni

cenerentolo
di Francesco Agostini

 

Corrado Borroni fu un tennista italiano che visse al Foro Italico una vera  favola, da tramandare ai nipoti di generazione in generazione, di quelle storie che emozionano e che ci fanno credere all’impossibile, di tanto in tanto. Quello che successe a Corrado Borroni, infatti, in quel mitico 1995, fu un qualcosa di davvero straordinario, se non, per l’appunto, impossibile.

 

Ma chi era Corrado Borroni? Un tennista come tanti che, nel 1995, da numero 415 del ranking Atp si presentò al Foro Italico al cospetto del ‘Principe’ Evgenij Kafel’nikov, uno dei giocatori più forti degli anni Novanta e della storia del tennis in generale. Insomma, da un punto di vista tecnico, uno scontro alquanto scontato e decisamente improbabile: da un lato un anonimo tennista italiano fuori dalla top 400 e, dall’altro lato della rete, uno che l’anno dopo avrebbe trionfato al Roland Garros.

 

Già dal look i due appartengono a due emisferi completamente opposti. Il russo è biondo, magro, elegante e quasi ascetico, mentre Borroni è massiccio, un po’ grossolano e con una cascata di capelli neri che gli arrivano a metà schiena, tenuti a bada da una fascetta che ricorda molto quelle che si adoperavano negli anni Ottanta. Insomma il confronto di ranking e di stile è decisamente a favore del russo, ma la favola sta per compiersi e le leggi della razionalità verranno invertite.

 

A profetizzare un possibile miracolo è Riccardo Piatti, che all’epoca lo aveva seguito alle Pleiadi di Moncalieri: Voglio proprio vedere che faccia farà Kafelnikov quando Corrado gli tirerà due rovesci sulla riga nei primi due punti dell’incontro”.

 

Una profezia assurda, scioccante… ma che va in porto. Sul Centrale del Foro Italico, nel cuore degli Internazionali d’Italia, Corrado Borroni dà seguito a una delle partite più incredibili della storia del tennis, una vera e propria favola da raccontare di generazione in generazione. L’italiano ha buoni colpi, solidi e precisi, impreziositi da un grande ed elegantissimo rovescio a una mano; in più è sostenuto dal pubblico di casa e non ha nulla da perdere.

 

Gioca dunque al meglio delle sue possibilità mentre Kafelnikov, che forse aveva preso sottogamba l’incontro o che già pensava al Roland Garros, disputa una partita ben al di sotto del suo talento. Il risultato è un netto 3-6, 7-5, 6-3 a favore di Corrado Borroni: il Foro Italico, neanche a sottolinearlo, esplode.

 

I romani iniziano a prendere in simpatia questo tennista sconosciuto dal capello selvaggio, che ha dei modi gentili, è educatissimo e molto, molto timido. Il Foro Italico gli affibbia subito un soprannome (cosa tipica a Roma) che calza a pennello con la sua favola rocambolesca agli Internazionali d’Italia: ‘Cenerentolo’. Per di più, un pezzo di Roma è sempre stato nel cuore di Corrado Borroni, a causa della sua fede calcistica:

 

Divenni anche mezzo romano, vuoi perché ho tanti amici della zona, vuoi perché sono un tifoso della Lazio. Beh, oddio, questo vuol dire farsi amare da metà Roma…”.

 

Il tennista sconosciuto al mondo diventa una vera e propria star: fotografie, autografi e interviste si susseguono e la sua immagine comincia a diventare familiare al pubblico italiano. Insomma, la notorietà gli piove addosso all’improvviso e non è facile gestirla.

 

L’incontro successivo è quello della verità: si confermerà Corrado Borroni o la sua favola terminerà qui?

 

L’italiano si conferma in un match sofferto contro Roberto Carretero con un doppio 7-6, giocato sul campo numero 2. Cenerentolo non è un fuoco di paglia, dunque, ma un tennista che sa il fatto suo e che vuole continuare la sua meravigliosa corsa agli Internazionali d’Italia sulle ali dell’entusiasmo e con tutto il sostegno del pubblico.

 

Dopo Roberto Carrettero, però, è la volta di Stefan Edberg che fa il suo grande ritorno a Roma dopo 11 anni di assenza. Benché si giochi sulla terra rossa (non proprio la superficie preferita dello svedese), il divario tra i due è troppo grande: Edberg vince in modo netto e pone fine alla meravigliosa favola di Cenerentolo. La mezzanotte è passata.

 

La favola di Corrado Borroni, purtroppo, non è una di quelle favole con il classico lieto fine. Dopo l’uscita di scena al Foro Italico, che gli regala un balzo di 170 posizioni nel ranking, l’italiano scopre di avere una precocissima forma di artrosi che attacca le anche.

 

Le ripercussioni fisiche sulla sua attività agonistica sono a dir poco devastanti: Corrado Borroni non ottiene più risultati degni di nota nel 1995 e gioca sempre di meno.


L’anno seguente, però, riesce nuovamente a qualificarsi per gli Internazionali d’Italia. Indovinate un po’ chi è costretto ad affrontare di nuovo?

 

Esatto, proprio lui, il Principe Kafel’nikov. Un’altra volta. In questa occasione, però, la favola di Cenerentolo non si ripete: Corrado Borroni suda, lotta, ma alla fine deve cedere in tre set a un russo che da lì a un mese avrebbe vinto lo slam parigino.

 

Il corpo di Borroni è al limite: “Avrei anche potuto proseguire, ma l’attività sarebbe stata limitata, ad esempio non avrei potuto giocare troppo sul duro. Il problema è che all’epoca era difficile. Era tutto molto costoso, anche solo farsi seguire da un fisioterapista non era semplice. C’erano meno terapie, la medicina non era certo ai livelli di oggi, inoltre c’erano meno tornei e quindi possibilità inferiori”.

 

Attaccata la racchetta al chiodo Corrado Borroni cambia vita e decide di staccare per un po’ con il mondo del tennis. È innegabile che il non poter giocare nonostante il talento sia una notizia che faccia male, molto male. Così Corrado Borroni apre un bar e si dedica ad altro. Il tennis, però, dopo qualche anno, lo richiama.

 

Ed è qui che riparte l’avventura di Borroni, non più come tennista professionista, ma come allenatore ad Arese di un’ottima scuola agonistica.

 

Certo, oramai, non è più Cenerentolo ma è un coach serio e preparato, che ha l’obiettivo di aiutare il tennis italiano a risollevarsi, ma quella avventura al Foro Italico del 1995 rimarrà per sempre nel suo cuore: “Cosa mi resta di quell’avventura? Tutto l’insieme. Fu un incredibile bagno di popolarità, mi riconoscevano tutti […] È stato spettacolare, Roma e i romani sono stati eccezionali. Mi avevano adottato. Anche grazie a loro, ogni tanto, posso ricordare quella bella avventura”.



 

 

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