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										filosofia & religione 
										
										RIFLESSIONI 
										SULLA TECNICA E SULLE SUE EVOLUZIONI 
										
										Parte I / 
										PANORAMICA STORICA 
										
										di Raffaele Pisani 
										
										  
										
										Intendiamo porre l’attenzione su 
										quell’attività dell’uomo che operando in 
										base a conoscenze empiriche o a leggi 
										scientifiche produce beni o servizi che 
										si ritengono utili. Pur se esistono 
										tecniche animali e anche vegetali, 
										riteniamo che quella umana con il suo 
										evolversi storico sia sostanzialmente 
										diversa e solo a questa ci proponiamo di 
										volgere il nostro sguardo. 
										
										  
										
										Siamo gli eredi del pensiero greco, 
										romano e cristiano ed è a questi che da 
										principio intendiamo far riferimento, 
										per poi passare al pensiero moderno e 
										dare infine uno sguardo al tempo 
										attuale, che spesso definiamo con tanti 
										termini nei quali appare il “post” come 
										prefisso. 
										
										  
										
										Il riferimento ai pensatori del passato 
										e del presente è un esercizio di umiltà, 
										sappiamo bene di non aver scoperto 
										niente, ma confidiamo che la nostra 
										attenzione su questo o quel problema da 
										essi sollevato possa offrirci qualche 
										lume per capire il presente, per niente 
										semplice, e affrontare il futuro con uno 
										sguardo prospettico. 
										
										  
										
										Già la mitologia narra del titano 
										Prometeo, astuto nel sottrarre il fuoco 
										che Zeus gelosamente conservava 
										impedendone l’uso agli uomini e anche 
										esperto nelle tecniche che generosamente 
										insegnò all’umanità. Si narra pure 
										dell’artigiano ateniese, Dedalo, il cui 
										nome significa “ingegnoso”, autore di 
										cose strabilianti, nel campo della 
										tecnica come in quello dell’arte, che 
										peraltro i Greci univano con lo stesso 
										nome. La sua astuzia si dimostrò in 
										varie occasioni. La fuga dal labirinto 
										da lui stesso ideato e nel quale Minosse 
										lo aveva rinchiuso è certamente la più 
										famosa. 
										
										  
										
										I Greci dell’età arcaica tenevano in 
										grande considerazione queste forme di 
										sapere e di agire, in seguito le cose 
										cambieranno decisamente. Platone nella
										Repubblica metterà gli artigiani 
										al grado più basso fra i cittadini, 
										secondo uno schema piramidale che vedeva 
										all’apice i sapienti e immediatamente 
										sotto i guardiani. Gli schiavi 
										naturalmente erano del tutto esclusi. 
										
										  
										
										Aristotele nella sua opera di 
										classificazione del sapere ha distinto 
										le scienze in teoretiche, pratiche e 
										poietiche. L’ordine è decrescente per 
										rilevanza; le prime riguardano il sapere 
										per se medesimo, le seconde il sapere 
										che porta al retto agire morale e 
										politico, le terze, quelle che a noi 
										interessano per il presente discorso, 
										concernono il sapere che porta al fare, 
										al costruire.  
										
										  
										
										Con il temine téchne si intende 
										sia il lavoro dell’artigiano sia quello 
										dell’artista, entrambi hanno a che fare 
										con la poiesis, con la 
										produzione. Il termine latino “ars” 
										e l’italiano “arte”, ci hanno 
										accompagnato per tutto il Medioevo fino 
										ai nostri giorni, differenziandosi però 
										per indicare le arti meccaniche e quelle 
										liberali. 
										
										  
										
										Sebbene affondino le loro radici 
										nell’antichità, sarà con il Medioevo che 
										le arti liberali del trivio e del 
										quadrivio verranno a costituire la base 
										imprescindibile della formazione 
										dell’uomo di cultura. Il trivio, con la 
										grammatica la retorica e la dialettica e 
										il quadrivio, con la l’aritmetica, la 
										geometria, la musica e l’astronomia 
										preparano l’animo ad affrontare la 
										filosofia, che a sua volta ha funzione 
										ancillare nei riguardi della teologia. 
										
										  
										
										Per le arti meccaniche basta frequentare 
										le botteghe artigiane, che comunque non 
										godono di alcuna considerazione tra i 
										dotti. Ciò non impedirà che da questi 
										luoghi vengano fuori artisti che 
										compiranno opere meravigliose. Proprio 
										per questo dal Rinascimento, anche se 
										l’espressione è del XVII secolo, si 
										cominceranno a differenziare le belle 
										arti da quelle semplicemente utili.
										 
										
										  
										
										A cavallo tra il XVI e XVII secolo, 
										quando Galileo, scrutando il cielo 
										inaugurava l’astronomia moderna, Francis 
										Bacon (1561-1626) si poneva il problema 
										della tecnica e la concepiva come mezzo 
										per dominare la natura e per migliorare 
										il mondo degli uomini. Il suo metodo di 
										ricerca basato sull’osservazione e 
										sull’induzione, senza riferimenti 
										matematicamente misurabili, non ha avuto 
										risultati epistemologici significativi.
										 
										
										  
										
										Egli è stato piuttosto il profeta 
										della tecnica, come è talvolta 
										definito, si proponeva di osservare la 
										natura in vista di applicazioni 
										concrete, forse per questo più che ai 
										corpi celesti era interessato ai 
										materiali che l’uomo poteva usare per 
										produrre oggetti utili. Nel suo Novum 
										Organum, Bacone, così siamo soliti 
										chiamarlo, diceva che “la scienza e 
										la potenza umana coincidono, perché 
										l’ignoranza della causa preclude 
										l’effetto, e alla natura si comanda solo 
										ubbidendole: quello che nella teoria fa 
										da causa, nell’opera pratica diviene 
										regola”. Quindi l’uomo che è “ministro 
										e interprete della natura”, anche 
										queste sono parole sue, non è il padrone 
										assoluto: egli deve procedere 
										rispettosamente e osservare 
										metodicamente prima di agire. 
										
										  
										
										Bacone e gli esiti della sua filosofia 
										sono stati variamente interpretati. Il 
										filosofo della scienza Karl Raimund 
										Popper (1902-1994) dice che, se non 
										propriamente Bacone, quanto piuttosto i 
										risultati del suo pensiero hanno 
										contribuito a creare l’idea di una sorta 
										di religione della scienza che trasforma 
										il mondo, concezione non priva di 
										pericoli. Di parere diverso è Paolo 
										Rossi (1923-2012), storico della 
										filosofia, che però pare riferirsi 
										direttamente a Bacone piuttosto che alla 
										sua eredità di pensiero. Quest’ultimo 
										infatti afferma che l’uomo si libera 
										solo con la scienza e la tecnica che si 
										pongono al servizio dell’umanità. 
										
										  
										
										Nel Settecento vide la luce 
										l’Enciclopedia o Dizionario ragionato 
										delle scienze, delle arti e dei mestieri. 
										Già dal titolo si può intuire lo spirito 
										la caratterizza. Con essa la tecnica, le 
										arti meccaniche disprezzate in passato, 
										hanno finalmente il loro riscatto. Nel
										Discorso preliminare troviamo 
										scritto che “La società, se rispetta 
										giustamente i grandi geni che la 
										illuminano, non deve avvilire le mani 
										che la servono. La scoperta della 
										bussola è tanto utile al genere umano, 
										quanto lo sarebbe alla fisica la 
										spiegazione delle proprietà dell’ago 
										magnetico”. 
										
										  
										
										Diderot nell’Enciclopedia, trattando la 
										voce “arte”, si pone contro il 
										pregiudizio secolare che vedeva nel 
										volgersi agli oggetti sensibili e 
										materiali “una deroga della dignità 
										dello spirito umano”. 
										
										  
										
										L’Ottocento, specialmente a partire 
										dalla seconda metà, vide uno sviluppo 
										prodigioso del sistema industriale nei 
										principali paesi europei, negli Stati 
										Uniti e poi anche in Giappone. Se nei 
										primi tempi della rivoluzione 
										industriale tante realizzazioni tecniche 
										erano state il frutto di geniali 
										intuizioni, in seguito sono diventate 
										applicazione ragionata di principi 
										scientifici.  
										
										  
										
										In questo periodo della storia sono 
										cambiati i volti e soprattutto le 
										dimensioni delle città e gli stili di 
										vita della gente. Il trionfo della 
										scienza trova presto applicazione in 
										opere strabilianti: la Torre Eiffel che 
										si protende verso il cielo con i suoi 
										trecento metri di altezza e il taglio 
										dell’istmo di Suez che unisce 
										Mediterraneo e Oceano Indiano sono due 
										esempi significativi, il primo 
										simbolico, il secondo molto più gravido 
										di conseguenze economiche e 
										strategico-militari. Tutto ciò si 
										accompagnava a nuovi problemi per una 
										rilevante parte di popolazione, perlopiù 
										esclusa dalla prosperità che essa stessa 
										produceva.  
										
										  
										
										La riflessione di stampo 
										tecnocratico-positivista come quella 
										marxista fanno comunque riferimento alla 
										tecnica come cardine dello sviluppo 
										sociale. 
										
										  
										
										Sviluppo tecnologico e progresso umano 
										non sono la stessa cosa. La Belle Époque 
										è stata protagonista di entrambi, ma non 
										sempre in maniera equilibrata; se è 
										stata bella, non lo è stata certamente 
										per tutti. Tante risorse per lo sviluppo 
										tecnologico hanno riguardato gli 
										armamenti e la tecnologia bellica è 
										diventata centrale per gli stati, quasi 
										tutti impegnati in una politica 
										aggressiva. 
										
										  
										
										Sarà il primo conflitto mondiale a far 
										cadere quell’ingenua fede che vedeva 
										nella scienza e nella tecnica la 
										medicina per i mali del mondo. 
										
										  
										
										Con qualche anticipazione, ancor prima 
										del 1914, si è sviluppata una visione 
										del mondo che metteva in evidenza i 
										limiti e le contraddizioni della 
										tecnica, per poi sfociare in quella che 
										sarà definita come Letteratura della 
										crisi. Durante e dopo il primo 
										conflitto mondiale fino alle soglie del 
										secondo, moltissimi letterati, filosofi, 
										artisti e scienziati esprimeranno tutto 
										il disagio, soprattutto europeo, che 
										caratterizzerà quell’epoca.  
										
										  
										
										Un grido di dolore dell’umanità e della 
										stessa natura dilaniata dalla tecnica 
										distruttiva della guerra è nella 
										celeberrima Guernica, dipinta nel 
										1937 da Picasso, a qualche mese di 
										distanza dal tragico evento. Ombre, 
										tramonto, crisi, disagio sono termini 
										che appaiono nei titoli di tante opere 
										filosofiche e letterarie del periodo, 
										solo a volte sono accompagnati da 
										espressioni che fanno intravvedere delle 
										speranze e delle timide prospettive per 
										un futuro che comunque rimane incerto. 
										
										  
										
										A titolo d’esempio riportiamo qualche 
										brano che ci è parso significativo. Il 
										primo è di Max Scheler, è tratto da 
										Essenza e forme della simpatia, del 
										1923; in quel periodo il suo pensiero si 
										stava distaccando da una visione 
										cristiana e cattolica per andare verso 
										una sorta di panteismo dinamico. 
										 
										
										  
										
										Spiega come l’Occidente con le sue 
										radici cristiane, a loro volta inserite 
										in quelle ebraiche, ellenistiche e 
										romane, sia giunto a una concezione del 
										mondo basata sulla incolmabile 
										differenza tra Creatore e Natura. Ancor 
										più: la natura viene vista come qualcosa 
										da sottomettere. Perfino ciò che 
										concerne l’uomo come istinto, debolezza, 
										carne deve essere mortificato. 
										All’ascesi della tarda antichità e del 
										Medioevo è seguita nel mondo moderno una 
										sottomissione della natura, vista 
										semplicemente come mezzo, come risorsa 
										priva di una dignità propria. Le 
										eccezioni non sono mancate, si pensi al 
										cammino del francescanesimo e anche al 
										romanticismo, non accenna alla filosofia 
										della natura rinascimentale che forse 
										potrebbe costituire un’altra eccezione, 
										tutto ciò comunque non ha cambiato la 
										linea generale. 
										
										  
										
										Ma l’uomo che sottomette la natura vuole 
										utilizzare e sottomettere anche i propri 
										simili, la rottura di quella simpatia 
										universale non lascia nessuna oasi 
										incontaminata. Una via d’uscita a questa 
										situazione, nella quale il mondo 
										industrializzato si trova invischiato, 
										può essere conseguita se si saprà andare 
										oltre i valori legati al piacere e 
										all’utile e si incrementeranno quegli 
										vitali, culturali e religiosi. 
										
										  
										
										In Karl Jaspers, La situazione 
										spirituale del tempo (1931), vediamo 
										come la concezione del Dio trascendente 
										e della creaturalità del mondo abbia 
										fatto sì che quest’ultimo venisse 
										spogliato del divino. Ai tempi in cui 
										scriveva il riferimento era perlopiù 
										all’Occidente nel quale l’uomo, ormai 
										dimentico del Dio creatore, aveva 
										intrapreso il dominio completo della 
										natura trasformando il mondo in “una 
										immensa officina destinata a sfruttare 
										le sue materie prime e la sua energia”.
										 
										
										  
										
										L’eliminazione del divino lascia un 
										grande senso di vuoto nell’esistenza 
										umana che gli enti, le cose del mondo, 
										non possono soddisfare. Jaspers lascia 
										aperte due prospettive radicalmente 
										divergenti, egli afferma: “Noi 
										viviamo in una situazione che dal punto 
										di vista spirituale è incomparabile e 
										grandiosa, perché ricca di possibilità e 
										di pericoli; ma essa potrebbe – se 
										nessuno è capace di mettersi all’altezza 
										delle sue esigenze – diventare l’epoca 
										più miserabile della storia, segnando lo 
										scacco dell’umanità”. 
										
										  
										
										Anche Bertrand Russell in Panorama 
										scientifico, anche questo del 1931, 
										evidenzia motivi di speranza accanto ad 
										altri di timore. È chiaro che i termini 
										scienza e sapere hanno assunto nella 
										loro storia molteplici significati. 
										Russell parla di una scienza 
										manipolativa che si è sostituita a una 
										precedente contemplativa. Si può 
										conoscere per amare, come hanno fatto i 
										primi sapienti; è pur vero che tante 
										conoscenze hanno avuto dei risultati 
										pratici, ma non era questo lo scopo 
										principale. Con lo sviluppo della 
										scienza moderna ha prevalso l’aspetto 
										manipolativo e gli scienziati da amanti 
										della natura sono diventati i suoi 
										tiranni. L’uomo che prima era sottomesso 
										alla natura ora pare volerla dominare 
										fino al punto di essere sadico nei suoi 
										confronti, è necessario più che mai che 
										capisca i propri limiti e rispetti la 
										sua antica padrona. |