[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

162 / GIUGNO 2021 (CXCIII)


contemporanea

L’UNIONE SOVIETICA E LA “SVOLTA” GORBACIOV

IL NUOVO MODO DI PENSARE

di Paolo Abati

 

Sei anni sono trascorsi tra l’arrivo di Michail Gorbaciov al posto di Segretario generale del PCUS e la sua rinuncia forzata alla funzione di Presidente dell’Unione Sovietica, essendo di fatto crollata. In questo breve arco temporale, un’immensa rivoluzione ideologica, politica, sociale, economica ha interessato il Paese più grande del mondo, sconvolgendo e rivoluzionando il sistema delle strutture statali della Russia istituite fin dal 1917.

 

La crisi economica interna a lungo latente era giunta a maturazione già nella seconda metà degli anni ‘70. Si assiste quindi al completo esaurimento e al fallimento di un regime di comando e accumulazione e alla conseguente trasformazione delle istituzioni sia sociali che economico-politiche, con l’auspicio di vedere nascere un nuovo modello statale.

 

Coloro che, nel marzo 1985, presero il potere dello stato e del Partito non potevano ignorare la condizione di crisi avanzata dell’economia sovietica e l’indebolimento politico che ne risultava per il paese sulla scena internazionale, in un momento tra l’altro, di estrema tensione. Le proposte e le riforme da compiere non dovevano più riguardare una stretta cerchia di persone, un gruppetto di “riformisti” che cercavano di migliorare in modo poco efficace, il funzionamento del sistema.

 

Tre furono le parole d’ordine che costituirono la direzione chiave del corso delle riforme: Glasnost’, Uskorenie, Perestrojka. Effettivamente il modello politico Sovietico per la prima volta si distacca da tutta quella tradizione stalinista che lo aveva contraddistinto.

 

È necessario quindi nella prospettiva gorbacioviana formulare il “nuovo modo di pensare”, esso deve rappresentare lo scenario nel quale si vanno a incontrare due nuovi principi socialisti, di integrazione e di apertura, che sono poi gli ispiratori della Perestrojka.

 

Nel “nuovo modo di pensare” si tendono a rimuovere le cause degli assetti mondiali e in qualche modo superarli; uno di questi, il bipolarismo per esempio ha rappresentato certamente una forma di regolazione delle relazioni internazionali, una regolazione antagonista ispirata nei casi migliori a criteri di equilibrio, che dal canto suo, come auspicabile, non ha risolto le controversie già esistenti e inasprite nel corso degli anni.

 

Risulta proprio l’economia essere il settore adatto per tentare di spiegare quale fu effettivamente il modo di agire di Gorbaciov. La pesante eredità del periodo brezneviano era particolarmente riconoscibile dalle drastiche condizione economiche nelle quali imperversava l’Unione Sovietica.

 

L’unico tentativo di modifica della politica economia sovietica, negli anni ‘80, fu approntato da Andropov nel 1983, che coinvolse alcuni settori dell’industria e dei servizi in alcune regioni del paese in un progetto di autonomia finanziaria e gestionale i cui esiti non furono mai resi noti.

 

L’obiettivo principale consisteva nel passare da un sistema di gestione basato sul comando, quale si era consolidato il Paese nell’ultimo mezzo secolo, a un sistema sostanzialmente nuovo, basato sull’impiego di metodi economici, sullo sviluppo del mercato, sulle leve finanziarie e creditizie, sul rafforzamento degli incentivi economici, tutto questo in combinazione con un processo di democratizzazione generalizzato.

 

Di grande importanza risulta essere proprio la questione della “democratizzazione”; le tesi adottate fino a quel momento riconoscevano che fino a ora il diritto sovietico era stato essenzialmente uno strumento dello Stato per applicare la sua politica, uno strumento quindi per riconoscere paradossalmente l’impotenza della società nei confronti dello stato e la sua amministrazione.

 

Si rivela però con Gorbaciov la volontà di rompere con questo sistema, strettamente stalinista, in modo da garantire la sicurezza dei cittadini e soprattutto il desiderio di mostrare all’estero un’immagine maggiormente positiva dell’URSS. Si possono dunque leggere e comprendere i punti essenziali del tentativo di Gorbaciov di instaurare il nuovo percorso e la conseguente rinascita economico-sociale del mondo sovietico.

 

Egli si spiega esprimendo l’idea che i tre mondi, capitalista, socialista e terzomondista, sono oggetti interdipendenti, integrati in un mondo unico: nessuno può prevalere su l’altro con mezzi militari o economici; cessare di considerare gli avvenimenti mondiali esclusivamente attraverso il prisma del confronto Est-Ovest divenne, per il capo del Cremlino, la sua principale azione per il rinnovamento nel quale l’ideologia deve essere subordinata alle reali condizioni del contesto mondiale. Nella soluzione dei problemi specifici con i quali si sono confrontati i paesi presi separatamente, devono essere prese in considerazione le realtà globali date le nuove necessità. La linea di demarcazione non coincide più con le frontiere nate storicamente tra paesi e blocchi e soprattutto tra classi e partiti.

 

In questa fase di “seconda rivoluzione” uno dei primissimi punti del programma gorbacioviano fu quello di ridurre la spesa per la corsa agli armamenti, diventato ormai insostenibile per l’Unione Sovietica. Gorbaciov si impose come il vero iniziatore e “maestro” della nuova politica russa attraverso il suo incontestabile talento di mediatore e la sua capacità di dare all’URSS nuova vitalità.

 

I compiti fondamentali, ha sostenuto Gorbaciov nel suo rapporto politico al XXVII congresso del PCUS nel febbraio 1986, degli sviluppi economici e sociali del paese determinano anche la strategia internazionale del PCUS. L’obiettivo principale era estremamente chiaro: assicurare al popolo sovietico la possibilità di lavorare in un clima di pace e stabilità. Questa in sostanza è la massima esigenza programmatica del partito nei confronti della politica interna ed estera.

 

Anche con la Cina, Gorbaciov espresse il desiderio di un sensibile miglioramento della relazioni. In un discorso pronunciato il ventotto luglio 1986, affermò che due dei tre ostacoli per la normalizzazione delle relazioni, la questione afghana e le tensione alla frontiera sarebbero stati prossimamente tolti.

 

Nell’autunno 1990, a cinque anni e mezzo dopo il lancio della Perestrojka, l’URSS era entrata tanto sul piano interno che su quello delle relazioni con il resto del mondo, in una nuova fase della sua storia. La “rivoluzione degli spiriti si stava verificando e rendeva possibile il ritorno allo statu quo ante.

 

 

Riferimenti bibliografici:

 

N. Werth, La rivoluzione di Gorbaciov in Storia della Russia del novecento, dall’Impero russo alla comunità degli stati indipendenti 1900-1999, Il Mulino, Bologna 2000.

V. Bunce, The Soviet Union under Gorbachev: Ending Stalinism and ending the Cold war, International JournalVol. 46, No. 2, Understanding Global Change 1991.

G. Vacca, Pensare il mondo nuovo, idee di M. Gorbaciov, Giovanni Paolo II, Willy Brandt, Alexander Dubcek, Julius Nyerere. L’Unità, Roma 1989.

Vita o Fine della Perestrojka a cura di Centro studi paesi dell’Europa centrale e orientale. Da “Fondazione Istituto Gramsci”, l’Unità, Roma 1990.

H. Addomeit, Imperial Overstretch: Germany in Soviet Policy from Stalin to Gorbachev: An Analysis Based on New Archival Evidence, Memoirs, and Interview, NomosVerlagsgesellschaft mbH, 2016. 

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[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]