[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

164 / AGOSTO 2021 (CXCV)


ambiente

TRA STORIA E GEOSCIENZE
PARTE II / SORGENTI SISMOGENETICHE LOMBARDe

di Davide Marino

 

Dopo aver analizzato nella prima parte dell’articolo la storia sismica della Lombardia negli ultimi dieci secoli, con l’ausilio dei dati pubblicati nel Catalogo dei Forti Terremoti in Italia (CFTI5Med), per completare il quadro complessivo della sismicità che caratterizza il territorio lombardo, in questa seconda parte si mettono in evidenza le sorgenti sismogenetiche che interessano l’area, così come identificate nel Database of Individual Seismogenic Sources (versione DISS 3.2.1). Occorre sottolineare che fino al 2007 nel database erano censite anche le sorgenti macrosismiche (definite esclusivamente dagli effetti dell’ultimo terremoto generato, senza vincoli geologici o strumentali), pur consapevoli della loro potenziale lacunosità, al fine di sopperire alla mancanza di dati geologici dettagliati su alcuni importanti terremoti o aree. Oggi, grazie allo sviluppo delle conoscenze sismotettoniche, avvenute soprattutto negli ultimi due decenni, sono presenti nel database soltanto sorgenti basate su dati geologici e geofisici.

 

Le principali sorgenti inserite nel DISS appartengono a due categorie: le Individual Seismogenic Sources (ISS), che descrivono nel dettaglio le faglie che hanno generato forti terremoti nel passato o si ipotizza potranno avvenire, e le Composite Seismogenic Sources (CSS), che descrivono sistemi di faglia estesi anche se in modo meno dettagliato rispetto alle prime. Le ISS nella maggior parte dei casi hanno terremoti associati, le CSS, al contrario, non hanno terremoti associati, sebbene siano stati pubblicati alcuni articoli scientifici che collegano questo tipo di sorgenti a forti terremoti del passato.

 

Nella tabella seguente sono elencate 22 sorgenti sismogenetiche composite, così come delineate nel DISS 3.2.1, presenti (almeno in parte) all’interno del territorio regionale, che lo lambiscono o esterne ai confini della regione ma alle quali appartengono sorgenti individuali a cui sono associati terremoti che hanno causato danni in Lombardia.

 


4. Tabella relativa alle sorgenti sismogenetiche di interesse per la regione Lombardia.

 

Qui di seguito si elencano 11 forti terremoti associati alle sorgenti individuali, così come classificati nel DISS 3.2.1.

 

Per quel che riguarda le sorgenti interne ai confini regionali o che almeno in parte si trovano entro tali confini: la sorgente individuale di Salò, che appartiene alla sorgente composita denominata Giudicarie, è associata al terremoto del 30 ottobre 1901; la sorgente individuale di Romanengo, che fa parte della sorgente composita denominata Western S-Alps external thrust shallow-west, è ritenuta responsabile del terremoto della Valle dell’Oglio del 1802; infine, la sorgente individuale del Veronese, all’interno della sorgente composita denominata Adige Plain, è stata associata al sisma del 3 gennaio 1117.

 

Passando alle sorgenti esterne ai confini regionali, in area veneta sono localizzate: la sorgente composita denominata Thiene-Cornuda, alla quale appartiene le sorgente individuale Bassano-Cornuda e a cui è associato il fortissimo terremoto dell’Asolano del 25 febbraio 1695; la sorgente composita Montebelluna-Montereale alla quale appartengono le sorgenti individuali Polcenigo-Montereale, a cui è associato il terremoto del Bellunese del 29 giugno 1873, e Cansiglio, ritenuta responsabile del terremoto del 18 ottobre del 1936. Oltre i confini nazionali si colloca la sorgente composita Tolmin-Idrija alla quale appartiene la sorgente individuale Idrija e a cui è associato il terremoto della Slovenia del 26 marzo 1511.

 

In area emiliana si trovano: la sorgente individuale di Ferrara, appartenente alla sorgente composita Poggio Rusco-Migliarino, associata al sisma del 1570, un terremoto che, sulla base delle osservazioni macrosismiche riportate nel CFTI, fu avvertito in area lombarda, ma i cui effetti furono al di sotto della soglia del danno; la sorgente individuale di Finale Emilia, all’interno della sorgente composita Finale Emilia-Mirabello, a cui è associato il terremoto del 20 maggio 2012; la sorgente individuale di Mirandola, che appartiene alla sorgente composita Carpi-Poggio Renatico, a cui è associato il terremoto del 29 maggio 2012.

 

Infine, se ci si sposta verso ovest, in area ligure si trova la sorgente composita denominata Imperia Promontory, situata in mare, alla quale appartiene l’omonima sorgente individuale e a cui è associato il terremoto della Liguria occidentale del 23 febbraio 1887.

 

5. Sorgenti sismogenetiche di interesse per la regione Lombardia.
 

Partendo dal presupposto che l’attività sismica del passato è simile a quella che ci si può attendere in futuro, dato che i processi geologici e con essi la dinamica che determina i terremoti possono essere considerati stabili se paragonati alla scala temporale della storia umana, in questo articolo si è ripercorsa la storia sismica della regione Lombardia a partire dall’anno 1000 con l’obiettivo di inquadrare le porzioni di territorio nelle quali sono avvenuti i terremoti più forti, il primo passo da compiere per stabilire a quali aree destinare in via prioritaria i principali sforzi nell’attività di prevenzione sismica.

 

Gli ultimi 10 secoli sono il periodo di tempo per il quale le fonti storiche forniscono informazioni più numerose e precise rispetto a quelle disponibili per le epoche precedenti (sebbene per il pieno Medioevo non siano sempre soddisfacenti) e permettono, di conseguenza, alla sismologia storica di elaborare dati più dettagliati. Ma è un arco temporale troppo esiguo per acquisire dati sufficienti a identificare e caratterizzare le strutture sismogenetiche e, quindi, elaborare scenari di scuotimento del terreno, a cui si è accennato nella prima parte dell’articolo, finalizzati a programmare l’attività di prevenzione e a definirne le priorità. In questo senso, i dati di sismologia strumentale sono molto preziosi, ma purtroppo riguardano un periodo di tempo troppo breve per poter soddisfare tale esigenza. Questa lacuna è acuita dal fatto che i grandi terremoti italiani sono piuttosto rari e per questo può facilmente accadere che le faglie di cui si vuole conoscere il potenziale sismogenetico siano state quiescenti nell’arco di tempo per il quale sono disponibili i dati storici. Una lacuna che, almeno in parte, può essere colmata facendo ricorso ai dati geologici e geofisici che permettono di integrare, sviluppare e sostituire i dati storici. Ed è stato proprio questo il percorso che, come già evidenziato, è stato seguito per elaborare il DISS, a cui si è attinto per delineare le strutture sismogenetiche primarie che interessano la regione Lombardia.

 

L’accresciuta attenzione sul tempo di ricorrenza (ossia il tempo medio che intercorre fra due eventi successivi di attivazione della stessa faglia sismogenetica) come parametro chiave per valutare la frequenza dei terremoti, da affiancare all’altro parametro già ampiamente in uso, il tempo di ritorno (ossia il tempo medio che intercorre tra il verificarsi, in una determinata area, di due eventi successivi di entità uguale o superiore a un prefissato valore di scuotimento), quest’ultimo utilizzato soprattutto in chiave ingegneristica, risale allo sviluppo delle ricerche nel campo della sismotettonica, che hanno ricevuto un grande impulso dopo il terremoto dell’Irpinia-Basilicata del 1980, la terza catastrofe sismica in Italia per numero di vittime in tutto il XX secolo.

 

Una catastrofe che ha inevitabilmente segnato la vita delle popolazioni delle comunità coinvolte, come del resto tutti i terremoti di quella forza avvenuti in Italia, ma che ha avuto un impatto straordinario anche in chi quel terremoto lo ha vissuto indirettamente, attraverso le immagini della TV o dai racconti dei giornali. L’impreparazione delle istituzioni, la disorganizzazione dei soccorsi, l’appello del Presidente della Repubblica Sandro Pertini rimangono un ricordo indelebile nella memoria degli italiani. Proprio all’indomani di quell’esperienza, il 10 dicembre 1980 il prof. Barberi, in una relazione sulla difesa dai terremoti nell’ambito del Progetto Finalizzato Geodinamica, i cui risultati saranno alla base delle ricerche sui terremoti sviluppate nei decenni successivi, rivolgendosi ai membri delle commissioni parlamentari competenti e in presenza del Capo dello Stato, riuniti nella Sala Zuccari di Palazzo Giustiniani, metteva in guardia dai costi sociali immensi che il Paese avrebbe dovuto sopportare in conseguenza della mancata messa in sicurezza del patrimonio edilizio esistente.

 

Quarant’anni dopo la comunità scientifica, o almeno parte autorevole di essa, ritiene che gli sforzi profusi nella direzione della prevenzione siano insufficienti e inadeguati, se paragonati alle conoscenze acquisite negli ultimi decenni. La traduzione pratica di questo sapere passa necessariamente attraverso la presa di coscienza individuale e collettiva del problema sismico, e di come affrontarlo, affinché le scelte politiche possano essere indirizzate verso una pianificazione dell’attività di prevenzione finalizzata al breve e medio periodo, ma anche al lungo e lunghissimo periodo, partendo dalla consapevolezza che i frutti di queste azioni sarebbero solo in minima parte immediati perché destinati soprattutto alle generazioni future.

 

 

Riferimenti bibliografici:

 

Barberi F., Grandori G. (1980). Relazione sulla difesa dai terremoti trasmessa dal CNR – Progetto Finalizzato Geodinamica in occasione delle considerazioni sulla lezione traibile dal sisma del 23 novembre 1980, prospettate – alla presenza del Capo dello Stato On. Sandro Pertini – dai proff. F. Barberi e G. Grandori ai membri delle competenti Commissioni del Senato, riuniti nella sala Zuccari di Palazzo Giustiniani, il 10 dicembre 1980.

De Marco R., Guidoboni E., Crespellani T., Guagenti Grandori E., Petrini V., Allegretti U., Sabetta F., Manieri G. (2020). Manifesto per una strategia nazionale di riduzione dell’impatto dei terremoti sulle popolazioni esposte a maggior rischio, dopo cent’anni di fallimenti. http://www.nonquestaprevenzione.it/wp-content/uploads/2021/01/il-ManifestoAppello-END-06-12-20.pdf (ultimo accesso 27/05/2021).

DISS Working Group (2018). Database of Individual Seismogenic Sources (DISS), Version 3.2.1: A compilation of potential sources for earthquakes larger than M 5.5 in Italy and surrounding areas. Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV). DOI: 10.6092/INGV.IT-DISS3.2.1. http://diss.rm.ingv.it/diss/ (ultimo accesso 27/05/2021).

Guidoboni E., Boschi E. (1989). I grandi terremoti medievali in Italia. In: Le Scienze, n. 249, pp. 22-35.

Guidoboni E., Ferrari G., Mariotti D., Comastri A., Tarabusi G., Sgattoni G., Valensise G. (2018). CFTI5Med, Catalogo dei Forti Terremoti in Italia (461 a.C.-1997) e nell’area Mediterranea (760 a.C.-1500). Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV). DOI: https://doi.org/10.6092/ingv.it-cfti5 (ultimo accesso 27/05/2021).

Valensise G. (2015). Una geologia ponderata dalla storia: dove e quando accadranno i futuri forti terremoti in Italia?. In: Guidoboni E., Teti V., Mulargia F. (a cura di). Prevedibile/imprevedibile: eventi estremi nel prossimo futuro. Rubbettino, Soveria Mannelli, pp. 293-317.

Vannoli P., Valensise G. (2019). DISS, ovvero il Database delle sorgenti sismogenetiche italiane. https://ingvterremoti.com/2019/01/16/diss-ovvero-il-database-delle-sorgenti-sismogenetiche-italiane/ (ultimo accesso 27/05/2021).

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[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]