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N. 30 - Novembre 2007

stammheim 275

30 anni dal suicidio collettivo della RAF

di Leila Tavi

 

Il 18 ottobre del 1977 nella prigione di Stammheim, a Stuttgard, furono trovati i corpi senza vita dei tre terroristi Andreas Baader, Gudrun Ensslin e Jan-Carl Raspe, tra i fondatori, insieme alla giornalista Ulrike Meinhof, del gruppo della RAF, la Rote Armee Fraktion, nel 1970.

 

La RAF era un’organizzazione di estrema sinistra attiva nella Repubblica federale tedesca; i suoi organizzatori professavano la lotta all’imperialismo statunitense e al capitalismo occidentale sul modello dei Tupamaros in Uruguay.

 

Tra il 1970, anno della fondazione, al 1998, anno dello scioglimento volontario, hanno fatto parte dell’organizzazione terroristica circa cinquanta persone; le vittime uccise durante gli anni d’attività sono state 33, a fronte di 21 membri della RAF che hanno perso la vita. Un bilancio che è nettamente inferiore alla media mensile delle morti per le strade in Germania.

 

Eppure il fenomeno della RAF ha affascinato milioni di giovani in Germania allora come oggi.

 

La RAF ha rappresentato negli anni Settanta il banco di prova per il consolidamento dello Stato della Repubblica federale tedesca, in una guerra civile chiamata dei “sei contro i sei milioni”, in cui i sovversivi di sinistra hanno combattuto una battaglia senza speranza.

 

Il riscontro mediatico è stata la linfa che ha alimentato il gruppo di estrema sinistra fin dalla sua creazione.

 

La storica tedesca Dorothea Hauser ha pubblicato nel 1997 il saggio Baader und Herold. Beschreibung eines Kampfes, in cui sono analizzate le due figure di maggior spicco al tempo del processo di Stammhein: Andreas Baader, il teorico del gruppo e Horst Herold, a capo del Bundeskriminalamtes (BKA), Ufficio federale anticrimine, dal 1971 al 1981.

 

D. Hauser è convinta che, se dal punto “quantitativo” il movimento terroristico degli anni Settanta nella BRD non aveva una grande rilevanza, la dipendenza dei terroristi dalla diffusione mediatica delle loro gesta ha creato il mito e ha sottolineato la rilevanza simbolica che le azioni della RAF hanno rappresentato per i Tedeschi dell’Ovest.

 

La lotta all’imperialismo statunitense e allo “Stato di polizia” della BRD, considerata da A. Baader e dai suoi compagni come un sub-Stato plasmato dagli Stati uniti a propria immagine e somiglianza, aveva come scopo principale l’eliminazione, a livello di coscienza civile, dei fondamenti alla base della legittimazione dello Stato e della società.

 

Uno Stato che i sovversivi della RAF avevano soprannominato Schweinestaat BRD, lo Stato maiale della BRD.

 

Uno Stato fascista con la sua economia capitalista e imbrigliato nei falsi valori dell’Occidente, dominato dall’ideologia imperialista degli Stati uniti.

 

Una sorta di moderno Leviathan contro cui i giovani membri della RAF finirono per cozzare sacrificando la loro vita in nome di una morale che l’opinione pubblica tedesca giudicò solo per il mezzo, la lotta armata, e non per il fine.

 

La drammaticità e il pathos della lotta armata scioccarono l’opinione pubblica, mentre il “nobile” fine, celato dietro alla brutalità dell’azione, fu reso plateale dall’eco della pubblicità mediatica.

 

Il reale effetto di ogni atto terroristico era amplificato dai media, che si erano arrogati il diritto di poter bilanciare la tragedia delle azioni con il mito degli antieroi contro lo Stato.

 

I capi della RAF avevano intuito che l’azione terroristica in sé non rappresentava nulla se non accompagnata dal clamore della notizia sulla stampa e in televisione.

 

Tutto ciò è arrivato nella Repubblica federale tedesca proprio quando il cancelliere Willy Brandt aveva avviato il processo di liberalizzazione e di modernizzazione sociale; è stato proprio nel momento in cui lo Stato federale tedesco aveva deciso di abbassare la guardia che la RAF ha sferrato il suo attacco alle istituzioni e alla burocrazia della BRD.

 

Quel movimento d’elite, formato in gran parte da laureati e studiosi (a eccezione di A. Baader), figli di borghesi altolocati in rotta con la generazione precedente di cristiani benpensanti, è stato il protagonista assoluto del Deutscher Herbst (Autunno tedesco).

 

Questa estate il capo redattore del settimanale der Spiegel, Stefan Aust, ha fatto un’importante scoperta negli archivi della prigione di Stammheim: ha ritrovato le registrazioni del processo ai tre sovversivi della RAF, che ha avuto luogo nel tribunale della prigione stessa dall’ottobre 1975 al maggio 1976.

 

Il ritrovamento comprende 21 cassette audio con circa 12 ore di registrazione in cui sono impresse non solo le voci degli imputati, ma anche quelle degli avvocati, dei giudici e dei procuratori che hanno preso parte al processo.

 

Si tratta di una testimonianza unica per gli studiosi del fenomeno della RAF, che ha riaperto in Germania oggi il dibattito legato ai misteri che hanno accompagnato il suicidio collettivo dei tre leader del gruppo nelle celle di isolamento della prigione di Stammheim.

 

Alcuni degli esponenti politici di allora e dei giornalisti sono convinti che sia necessario costituire una commissione parlamentare d’inchiesta per far luce sul suicidio collettivo e su come sia stato possibile che A. Baader e Jan-Carl Raspe si siano potuti togliere la vita a colpi di pistola la mattina del 18 ottobre 1977.

 

Come è stato possibile che i detenuti fossero in possesso di armi da fuoco nelle loro celle?

 

La commissione parlamentare dovrebbe appurare anche le responsabilità dello Stato nel suicidio dei tre detenuti e dello “spionaggio”, effettuato attraverso cimici e microfoni dietro ordine delle autorità, nelle celle dei tre detenuti, durante gli incontri nella sala comune della prigione e quando erano a colloquio con i loro legali.

 

L’azione di spionaggio era finalizzata al tentativo di carpire importanti  informazioni riguardo ai nuovi possibili sequestri e uccisioni di esponenti governativi; alle evoluzioni del sequestro di Hans Martin Schleyer, all’epoca capo della Confindustria nella BRD, in mano alla RAF dagli inizi di settembre del 1977, che avrebbe dovuto essere scambiato per ottenere la liberazione dei compagni detenuti a Stammheim; al caso del sequestro dell’aero della Lufthansa da parte di un gruppo armato palestinese che chiedeva, anch’esso, la liberazione dei tre detenuti “politici”.

 

L’opinione pubblica in Germania è convinta che la commissione d’inchiesta non sarà mai costituita; lo Stato potrebbe avere solo interesse a insabbiare prove di un’eventuale responsabilità governativa nel suicidio collettivo di Stammheim.

 

In effetti la repentina decisione da parte dell’amministrazione del carcere di iniziare i lavori di ristrutturazione, proprio in seguito al ritrovamento da parte di S. Aust delle registrazioni audio del processo ai membri della RAF, non sembrerebbe casuale.

 

In questo modo sarebbe possibile eliminare altre prove compromettenti, nell’ipotesi in cui dovesse essere costituita una commissione d’inchiesta.

 

Nel prossimo numero analizzeremo le registrazioni del processo e le connessioni tra il processo e gli altri due fatti principali avvenuti nell’autunno del 1977: il sequestro di Hans Martin Schleyer e del Landeshut, l’aereo della Lufthansa.

 

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