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N. 145 - Gennaio 2020 (CLXXVI)

CHARLOTTE, EMILY E ANNE BRONTЁ

Ribellione, passione e morte nella brughiera

di Giovanna D'Arbitrio

 

Si racconta che l’origine del cognome delle tre famose sorelle Brontë, derivi dalla cittadina siciliana di Bronte, poiché il padre irlandese, Patrick Brunty, nutriva una grande ammirazione per Horatio Nelson, insignito del titolo di Duca di Bronte dal re Ferdinando IV delle Due Sicilie. Per tale motivo decise di modificare il suo cognome in Brontë, con la dieresi sopra la “e”, affinché i britannici fossero costretti a pronunciare la vocale finale.

 

Patrick, parroco anglicano, nel 1820 si stabilì a Haworth, Yorkshire, con la moglie e sei figli, cinque ragazze e un maschio, Branwell. Dopo la morte della consorte, sua sorella, Miss Branwell, si prese cura dei bambini che ben presto furono rattristati anche dalla perdita di Mary ed Elizabeth, le due sorelle più grandi stroncate dalla tisi, malattia che causò morte precoce in quasi tutta la prole.

 

Nella desolata canonica, confinante con un cimitero, la vita scorreva tra eventi luttuosi, rigida educazione, solitudine e amore per la cultura. La selvaggia presenza della natura nella brughiera, ricca di eriche tormentate dal violento vento dell’est, stimolò l’immaginazione dei bambini che crearono fantastici giganti ed eroi, come Brannii, Gondal e Gaaldine, Alexander Hybernia e altri: uno strano popolo di compagni di gioco che arricchì la loro infanzia, personaggi nati da leggende celtiche le cui avventure vennero narrate da Emily e Anne nella Cronaca di Gondal e da Charlotte e Branwell nella Saga di Angria.

 

Le ragazze tentarono poi di guadagnarsi da vivere come istitutrici, progettando in seguito di aprire una scuola. Pertanto, per completare la conoscenza delle lingue, Charlotte si recò con Emily a Bruxelles nella scuola di Monsieur Héger, di cui ella si innamorò benché fosse sposato, esperienza narrata poi nel romanzo The Professor. Ritornarono all’amata brughiera dove tuttavia non riuscirono ad aprire una scuola per la condotta scandalosa del fratello, ucciso poi da alcool e oppio nel 1848.

 

Quando Charlotte Brontё inviò le sue opere allo scrittore Robert Southey per farle valutare, questi, pur complimentandosi, affermò che “la letteratura non può essere l’occupazione di una donna e non dovrebbe mai esserlo”. In effetti a quei tempi, per le figlie degli ecclesiastici, le uniche soluzioni decorose erano un buon matrimonio o diventare istitutrici, benché Jane Austen in Pride and Prejudice (1813) avesse già denunciato i pregiudizi di una società conformista con il personaggio della fiera Elizabeth Bennett.

 

La rigida Età Vittoriana non era ancora pronta ad accogliere le giuste istanze del mondo femminile e così all’inizio le sorelle Brontë furono costrette a usare i nomi maschili di Currer, Ellis, Acton Bell per pubblicare le loro opere. Il cambiamento, tuttavia, era alle porte e i primi germi di una ribellione già si annidavano in alcuni scritti apparsi tra il XVIII e XIX secolo, come Vindication of the Rights of Women (1792) di Mary Wollstonecraft, madre di Mary Shelley, anch’ella letterata e convinta femminista, nonché in opere di autorevoli pensatori, come John Stuart Mill.

 

Il successo di Charlotte (1816-1855), Emily (1818-1848) e Anne Brontë (1820-1849), rappresenta forse un caso unico nella storia della letteratura, sia per l’epoca in cui vissero, sia per la loro tragica e insolita storia: tre sorelle, istitutrici dignitose, forti e anticonformiste, unite non solo da reciproco affetto e passione per la scrittura, ma anche dalle lotte quotidiane contro povertà, malattia, sofferenza e morte.

 

Si rifugiarono allora sempre più nella scrittura, poiché solitudine e silenzio favorivano la crescita della passione letteraria, costante fuga dalle preoccupazioni quotidiane e dalla noia delle interminabili giornate invernali: tra gelo e vento di un clima inclemente, cominciarono a scrivere, magari al lume di qualche candela, a discutere e confrontarsi tra loro, libere almeno di poter gestire uno spazio comune.

 

Così dopo la pubblicazione di una raccolta di poesie Poems by Currer, Ellis and Acton Bell, nel 1847 apparvero tre romanzi, Jane Eyre di Charlotte, Agnes Grey di Anne, Wuthering Heights (Cime tempestose) di Emily, la quale purtroppo ben presto lasciò questo mondo, seguita l’anno dopo da Anne, entrambe stroncate dalla tisi. Le opere di Anne non passarono ai posteri come quelle di Emily e Charlotte, ma George Moore giudicò la sua prosa “semplice e bella come un vestito di mussolina”.

 

La più longeva, la più forte e indomita fu dunque Charlotte che, dopo aver rifiutato alcune proposte di matrimonio, quasi alla fine della sua vita sposò il reverendo Nichols nel 1854, ma morì dopo alcuni mesi, anch’ella di una malattia polmonare durante la sua prima gravidanza. Parlando di sé, disse: “Nessuna rete mi imprigiona; io sono un essere umano libero con una propria volontà”.

 

Pur avendo scritto altri romanzi, come Shirley e Villette, il capolavoro di Charlotte rimane Jane Eyre che destò un certo scalpore per l’impavido coraggio del personaggio femminile, lontano dai canoni assegnati alle donne dalla rigida mentalità vittoriana.

 

Mario Praz giudicando tale opera, afferma quanto segue: «Alle qualità d’osservazione realistica e d’ironia, comuni a molti romanzieri dell’epoca, Charlotte Brontë unisce un’ intensità d’emozione che nei momenti felici s’esprime in modo diretto, rapido e conciso”. E su Emily egli ancora scrive: “L’intensità emotiva è ancor più veemente nell’opera di Emily Brontë, le cui poesie rivelano un’anima ardente di mistica panteistica e d’indomabile stoica: solo le selvagge brughiere, da cui non poteva staccarsi, parlavano un linguaggio con il quale il suo cuore si sentiva all’unisono (…) “Wuthering Heiths” è un prodigioso romanzo, opera tra le più tumultuosamente romantiche di tutta la letteratura inglese».

 

Le fiere e coraggiose eroine create dalle sorelle Brontë, come Jane Eyre, Agnes Grey, Shirley, Lucy Snow e Cathy, non scaturirono però solo dalla loro fantasia, ma anche da esperienze vissute, autobiografiche, fedeli specchi delle lotte quotidiane di tante donne dell’epoca. Per questo motivo forse le opere delle tre sorelle ebbero grande successo in tutto il mondo: numerosi film e sceneggiati televisivi inoltre ne diffusero ancor più la conoscenza.

 

In Italia, alla fine degli anni Cinquanta, tutti seguirono con interesse le “puntate” di Jane Eyre e di Cime Tempestose. E non a caso ancor oggi ritornano in edicola in “Storie Senza tempo” (Ed. RBA),la nuova collana dedicata ai romanzi che hanno rivoluzionato l’universo femminile.



 

 

 

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