[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

N° 209 / MAGGIO 2025 (CCXL)


attualità

La sofferenza dei bambini di ieri e di oggi
RIFLETTERE SU LA PESTE DI CAMUS
di Giovanna D'Arbitrio

 

In questi tempi difficili il costante dualismo tra Bene e Male è sempre più marcato ed evidente, anzi negli ultimi anni, tra pandemia e guerre, il Male sembra imperversare sul nostro pianeta e ci viene in mente il passato con tutte le lotte dell’Umanità per cercare in qualche modo di progredire, malgrado i vichiani corsi e ricorsi storici.
 
Per cercare le cause di tutto ciò, ci immergiamo spesso in letture di testi filosofici, saggi, romanzi e quant’altro. E pertanto se rileggiamo un romanzo sempre attuale, La Peste di Albert Camus, pubblicato nel dopoguerra (1947), noteremo che esso offre spunti di riflessione sul tema del dolore umano, in particolare sulla sofferenza dei bambini.
 
Il libro viene così presentato da Bompiani: «Orano (Algeria) è colpita da un’epidemia inesorabile e tremenda. Isolata, affamata, incapace di fermare la pestilenza, la città diventa il palcoscenico e il vetrino da laboratorio per le passioni di un’umanità al limite tra disgregazione e solidarietà. La fede religiosa, l’edonismo di chi non crede alle astrazioni né è capace di ‘‘essere felice da solo”, il semplice sentimento del proprio dovere sono i protagonisti della vicenda; l’indifferenza, il panico, lo spirito burocratico e l’egoismo gretto gli alleati del morbo. Scritto da Albert Camus secondo una dimensione corale e con una scrittura che sfiora e supera la confessione, La peste è un romanzo attuale e vivo, una metafora in cui il presente continua a riconoscersi».
 
La storia finisce con la vittoria sulla peste, ma non sulla Malattia intesa in senso simbolico, poiché è l’uomo a essere malato, né l’Umanità che lotta costantemente contro la propria fragilità, miseria, caducità. La Peste, uscito subito dopo la fine della seconda guerra mondiale, ottenne grande consenso, in quanto riflessione allegorica sul Male della guerra che, come la peste, non viene mai debellata del tutto, ma resta latente in attesa di una nuova esplosione.
 
Ricordiamo che anche il Covid-19 mise a dura prova le nostre sicurezze, facendoci vivere un senso di smarrimento su un mondo già colpito da altri flagelli, come crisi valoriale, economica, ecologica a cui poi si sono aggiunte altre guerre, come quella in Ucraina e Medio Oriente.  
 
E così, volenti o nolenti, i tempi attuali ci impongono come nel passato di scegliere tra distruzione e costruzione, unione e disgregazione, egoismo e solidarietà. Nel suo romanzo Camus ci fa riflettere su tutto ciò attraverso diversi personaggi: Rieux, il medico che al di là di scelte politiche o religiose, lotta con onestà contro l’assurdità della morte; Tarrou, il collaboratore volontario; Cottard, profittatore che lucra sui generi di prima necessità; Padre Paneloux, il religioso che considera la peste una punizione divina; Rambert che rinuncia a interessi personali per non abbandonare coloro che soffrono; Castel, in apparenza distaccato che si impegna a trovare un vaccino e si commuove di fronte all’agonia di un ragazzino; Othon, freddo giudice che cambia solo dopo la morte del figlio e decide di collaborare con il medico.
 
La sofferenza dei bambini nel romanzo di Camus è un tema centrale che sottolinea la fragilità umana, l’impotenza di fronte al dolore, il simbolo dell’assurdità della vita alla quale comunque bisogna dare un senso malgrado sofferenza e morte siano inevitabili, perfino per esseri innocenti come i bambini.
 
La descrizione della morte di un bambino, il figlio di Othon, è uno dei momenti più toccanti. La sua agonia osservata da Rieux, Tarrou e Padre Paneloux scatena in loro reazioni diverse che vanno da disperazione, rabbia, fede. E comunque i tre personaggi sono costretti a cercare almeno un significato condiviso nelle loro vite e lo trovano nel lavoro, nella solidarietà, nella ribellione all’assurdità.
 
Ancor oggi, come in passato, milioni di bambini muoiono per guerre, fame, malattie, abusi di ogni genere, in una continua violazione dei loro diritti umani, soffrendo atrocemente spesso nell’indifferenza di un mondo in cui valgono di più le “terre rare” che gli esseri umani, in particolare quelli più indifesi.
 
Nel romanzo di Camus, Rieux alla fine decide di non tacere e di redigere un rapporto non solo per testimoniare ingiustizie e violenze fatte contro gli appestati, ma anche per evidenziare ciò che s’impara lottando contro i flagelli: sapeva tuttavia che la sua cronaca non poteva essere quella su una vittoria definitiva, poiché il bacillo della peste (il Male) non muore né scompare mai, restando per decine di anni addormentato per poi svegliare di nuovo i suoi topi e mandarli a infestare un altro luogo tranquillo.
 
Concludendo, quindi, negli esseri umani c’è il bacillo della peste e ci potremmo contagiare a vicenda: la solidarietà è l’anticontagio, l’antidoto contro violenza e guerra, le malattie dell’uomo. Anche se il Male non si può eliminare, tuttavia lo si può combattere. Questo dovrebbe essere il compito dell’Educazione nell’insegnare ai giovani il valore di sentimenti, sincerità, impegno, libertà, rapporto con la Natura e con Dio.

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[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]