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N. 98 - Febbraio 2016 (CXXIX)

SIMBOLOGIA AL SERVIZIO DEL POTERE

L'INCORONAZIONE PAPALE

di Ilaria La Fauci

 

Una delle cose più affascinanti ed esistenti da tempo immemore è senz’altro la simbologia: misteriosa si nasconde dietro oggetti, forme, colori, difficile da interpretare in modo assoluto per la mutazione cui è soggetta con il passare dei tempi, camuffata in abitudini, rituali e nella quotidianità. In un contesto di potere come quello della Chiesa non può certo mancare, trascinando con sé storie inimmaginabili di re e di imperatori, di credenze passate e di leggende. L’incoronazione papale è stato uno di quei rituali, mantenuto per ben sei secoli fino a metà del Novecento, a essere ricco di simboli consolidati come “religiosi”, seppur di origine “temporale”: l’Impero Romano è stato uno dei serbatoi cui i papi attinsero maggiormente, indossandone le “insegne” (imitatio imperii).

 

Nel 1075, Papa Gregorio VII emanava il Dictatus Papae (ventisette articoli di un manifesto di teocrazia pontificia), che al punto otto recitava: «Quod solus possit uti imperialibus insigniis». Le insegne imperiali diventavano di dominio papale, così da rafforzare la posizione pontificia cui sottomettere quella imperiale. Nel Duecento e nel Trecento veniva effettuata un’importante rivoluzione nel mondo del simbolismo cristiano, per meglio affermare la centralità romana in un programma ecclesiologico e politico di respiro universale in un unico oggetto: il Triregno.

 

L’incoronazione papale constava di più parti e prevedeva l’uso di diversi oggetti. Innanzitutto l’eletto, nel giorno dell’incoronazione, indossava la clamide purpurea: risalente alla Donazione di Costantino, si tratta di un manto rosso, corto, leggero e orlato d’oro; in Grecia veniva usato come simbolo dell’esercito giovane, mentre a Roma dal comandante supremo dell’esercito. Indossato per la prima volta da Gregorio VII, da Innocenzo III in poi il Papa si cingeva di tale mantello rosso come simbolo imperiale e di martirio (rosso come il sangue che Cristo versò nella Passione); «il Papa infatti rappresenta la persona di Colui che per noi rese rosso il suo indumento», scriveva il liturgista duecentesco Guglielmo Durando. L’immantatio rendeva legittimo l’accesso alla dignità pontificia.

 

Il neo eletto pontefice, accompagnato da due anziani cardinali al Laterano, sedeva sulla stercorata: una sedia di pietra posta su un basamento di marmo in cui sono raffigurati serpenti, leoni e dragoni; il primo libro di Samuele recita infatti «[Dio] solleva dalla polvere il misero, innalza il povero dalle immondizie per farli sedere insieme con i principi e assegnar loro un seggio di gloria». Era un simbolo di autoumiliazione, per ricordare la natura umana, ma allo stesso tempo, per i rilievi che lo rendono un trono regale altomedievale, simboleggiava il sovrano nella qualità di “dominatore di mostri” e “signore del mondo”.

 

Sedeva poi su due seggi: su quello di destra riceveva la ferula (bastone con una croce), simbolo del dominio temporale dall’alto medioevo, e le chiavi, in ricordo di San Pietro; su quello di sinistra veniva cinto con un cingolo rosso, simbolo penitenziale per liberarsi dalle passioni. Tali seggi erano di porfido, roccia con la quale veniva costruito il marmo imperiale: a Bisanzio il trono imperiale nella sala del concistoro era costituito da due troni, uno per i giorni feriali e uno per i giorni festivi ricoperto di porpora. Di origine quindi ovviamente imperiale, il cingolo è stato poi arricchito di fondamento apostolico.

 

Prima di essere incoronato, avveniva un rituale per ricordare ulteriormente al pontefice la sua natura mortale: una stoppa doveva essere spenta alle parole «Pater sancte, pater sancte, sic transit gloria mundi». Era un rituale di caducità, ripreso dalla processione di incoronazione dell’imperatore bizantino, il quale doveva baciare un sacchetto riempito di polvere di sepolcro, stando ai racconti di Pier Damiani. Ha una sua origine anche nei trionfi romani, allorché al generale vittorioso doveva essere ricordata la sua natura mortale.

 

Sulle spalle del papa veniva poi posto il pallio (una striscia di stoffa di lana bianca di due agnelli) che, nella notte precedente, era stato posto sulla tomba di San Pietro, e su cui venivano inserite tre spille d’oro e fino a tre croci sulla parte orizzontale e tre croci sulla parte verticale. Simboleggia il pastore che porta sulle spalle l’agnello, simbolo di Cristo, ovvero del compito assegnato al pontefice. Veniva usato nell’antica Roma concedendolo ai dignitari statali, come simbolo di riconoscenza per la loro carica.

 

Infine si sedeva sulla Cattedra di San Pietro: secondo la leggenda era la cattedra su cui sedeva il Santo in qualità di primo vescovo di Roma e papa; in realtà si tratta del trono dell’imperatore Carlo il Calvo donato al pontefice Giovanni VIII nell’875. I papi vi si sedevano tre volte, in riferimento alle tre cattedre episcopali di San Pietro: Alessandria, Antiochia e Roma.

 

Veniva comunicato il nome prescelto, simbolo di un omaggio a un parente o a un predecessore, o a una chiesa cui era particolarmente legato. Infine veniva incoronato con la tiara, il copricapo papale; l’imperatore Costantino, stando al Panegirico di San Silvestro fatto al popolo da Innocenzo III, aveva offerto il diadema a Papa Silvestro I, il quale aveva preferito invece un copricapo bianco frigio indossato dai troiani, identico alla tiara imperiale bizantina. I romani si consideravano eredi dei troiani e dei frigi; la parola stessa “tiara” ha origine persiana e significa “appuntito”. Rappresentava la risurrezione di Cristo e, dopo aver aggiunto la corona alla base, il potere temporale, corrispettivo al potere del sacerdozio rappresentato dalla mitra.

 

Nel corso degli anni, sono state aggiunte anche pietre preziose e una seconda corona, che compariva nella raffigurazione di Bonifacio VIII in due statue del Vaticano e del Laterano. Benedetto XII, nel XIV secolo, veniva incoronato per la prima volta con il triregno: tre corone disposte alla stessa distanza, simbolo del potere sacerdotale, quella alla base, e delle sovranità regale e imperiale, quelle superiori; era un simbolo di pienezza di poteri del papato.

 

Il potere dei simboli non va sottovalutato perché influisce, anche inconsciamente, nel modo di vedere e considerare chi ne fa uso. La memoria dei potenti si perpetua tramite essi, e i pontefici, così come i re e gli imperatori, lo sapevano bene.



 

 

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