SUL SETTECENTO
TRA Pensiero, arte e società: I
MOLTI percorsi di un’epoca
di Fabrizio
Mastio
Cosa si potrebbe notare del XVIII
secolo, se lo si leggesse come un
romanzo? Probabilmente non solo i
personaggi, anche se l’individuo
assume un ruolo di primo piano, ma
un rapporto complesso fra
quest’ultimo e il popolo, nella
trasfigurazione della
contrapposizione tra la
conservazione dello status quo
elitario e l’anelito delle masse
verso la libertà.
Il Settecento può essere analizzato
da diversi punti di osservazione. Si
presentava come scenario bellico
attraverso la Guerra dei Sette Anni,
combattuta fra Gran Bretagna,
Prussia, Francia e Austria, e i
rispettivi alleati, in un’inedita
anticipazione delle guerre mondiali.
Ma, al contempo, divenne
manifestazione di confronti non
convenzionali, crude rivoluzioni di
popoli alla ricerca di nuovi ideali
e di una nuova umanità.
Non a caso, durante questo periodo,
nacquero i primi romanzi
d’avventura, come Robinson Crusoe
di Daniel Defoe, pubblicato nel
1719, e I viaggi di Gulliver
di Jonathan Swift, pubblicato nel
1726. La letteratura, come tutte le
arti, assurgeva a un incisivo
manifesto di un’poca.
Robinson Crusoe rappresentava il
rapporto tra mondo civilizzato e
territori esotici, inesplorate
frontiere geografiche e
antropologiche. A quelle latitudini,
l’essere umano si confrontava con la
natura incontaminata, lottando per
la sopravvivenza attraverso percorsi
di adattamento. Si trattava di
viaggi, come quelli di Gulliver,
allegoria della società
settecentesca, che svelava
impudicamente l’essere umano in
tutte le sue fattezze: una schietta
satira socio-politica, e un vaso di
Pandora contenente dinamiche di
potere, conflitti internazionali,
intrighi di corte e corruzione.
La narrazione di un secolo poteva
avvenire anche attraverso
l’interpretazione di macro-eventi,
strettamente connessi, secondo la
visione di Marc Bloch e Lucien
Febvre, a un'analisi
interdisciplinare della storia.
L’indipendenza americana, la
Rivoluzione francese, l’Illuminismo
e l’affermazione degli stati moderni
divennero, nella loro complessa
articolazione, significato e
principio di un’epoca di transizione
tra assolutismo e libertà, tra
individuo e collettività, tra
istinto e ragione.
La guerra d’indipendenza americana
La guerra d’indipendenza americana
ebbe origine nel Nuovo Mondo dal
contrasto fra le tredici colonie e
la madrepatria, il Regno Unito. Gli
eventi bellici scaturivano,
generalmente da esigenze di
espansione economica e territoriale
delle nazioni. I territori del Nord
America, colonizzati dalle potenze
europee tra il 1500 e il 1700,
divennero teatro di opposte
ambizioni e necessità economiche. Le
tredici colonie britanniche erano
destinate ad affrancarsi dalla
madrepatria, rea di aver promosso un
inasprimento della pressione fiscale
con conseguenze negative sullo
sviluppo economico nel Nuovo Mondo.
A seguito delle tensioni causate
dall’adozione di misure quali lo
Stamp Act (1765) e il Tea Act
(1773), che portarono
rispettivamente all’imposizione di
una tassa su tutti i documenti
stampati e al monopolio sul
commercio del tè, i rapporti tra le
colonie e il Regno Unito sfociarono
nella guerra.
Giorgio III, re d’Inghilterra,
appariva in antitesi con la società
segreta Figli della Libertà, che si
cimentò in atti dimostrativi come il
versamento in mare di un carico di
tè nel porto di Boston, preludio
della rivoluzione che portò alla
costituzione dell’Esercito
Continentale sotto il comando di
George Washington.
La guerra d’indipendenza americana,
per quanto riguarda la disposizione
delle forze in campo, presentava un
evidente parallelismo con la Guerra
dei Sette Anni: le tredici colonie
americane furono supportate dal
Regno di Francia, dal Regno di
Spagna, dalle Province Unite dei
Paesi Bassi e da altri volontari. Il
Regno Unito schierò il proprio
esercito, coadiuvato da volontari
tedeschi.
Nel cruento alternarsi di battaglie,
consumate nello scenario delle nuove
frontiere d’oltreoceano, allegoria
dello scontro fra passato e futuro,
si riscontrava anche una netta
differenza nelle tattiche militari
messe in campo dai contendenti: gli
inglesi mantenevano una formazione
statica e lineare, secondo i
classici canoni settecenteschi,
mentre i coloni adottavano una
maggiore mobilità e versatilità.
Questa tensione tra tradizione e
rivoluzione emerge chiaramente nel
dipinto del 1851 di Emanuel Leutze,
Washington attraversa il Delaware.
Sebbene realizzato quasi un secolo
dopo l’evento, l’opera offre una
potente interpretazione della
traversata del Delaware. Infatti,
pur ascrivibile alla tradizione
romantica ottocentesca, quest’olio
su tela costituisce un simbolo
dell’indipendenza americana,
esprimendone efficacemente il senso
storico e identitario.
L’opera rappresenta la natura ostile
e incontaminata, con la presenza del
ghiaccio nelle acque del fiume,
mentre il generale Washington appare
in posa marziale nella classica
struttura piramidale costituita
dalla truppa che conduce
l’imbarcazione e dalla verticalità
della bandiera, che si staglia
contro il chiaroscuro del cielo.
Leutze descrive pregevolmente la
determinazione della lotta per la
conquista della libertà. La
dimensione estetica di remi, armi, e
bandiere incarna tenacia, forza e
spirito della rivoluzione.
Le vicende rivoluzionarie americane
trovarono un epilogo a Filadelfia
con la Dichiarazione d’Indipendenza
del 4 luglio 1776, oggi ricordato
come Independence Day.
Tuttavia, solo nel 1783, con il
Trattato di Versailles, la Gran
Bretagna riconobbe l’indipendenza
delle tredici colonie nordamericane
e restituì alcuni territori alla
Francia.
Così nacquero gli Stati Uniti
d’America, e nel 1789, quasi in una
linea di continuità con l’ideale
rivoluzionario che approderà in
Francia, venne eletto il primo
presidente americano: George
Washington.
La Rivoluzione francese
Nel Vecchio Continente, i riflessi
degli accadimenti americani
deflagrarono nella Rivoluzione
francese, evento storico che ebbe
un’influenza determinante anche
sotto il profilo socio-politico e
culturale, attraverso la
ridefinizione degli equilibri tra
individuo e società, masse e potere,
libertà e diritto. Nel Settecento,
infatti, la società francese era
articolata in nobiltà, clero e Terzo
Stato, trittico antropologico
incardinato nell’assolutismo
dell’Ancien Régime.
La Francia di Luigi XVI, salito al
trono nel 1774, presentava i germi
dell’imminente rivoluzione:
disuguaglianze sociali, iniquità
fiscale, mancanza di libertà,
deficit finanziario e una rete di
privilegi che impedivano una
corretta gestione del potere
esecutivo. Il tentativo di risolvere
i problemi finanziari portò alla
convocazione degli Stati Generali
nel maggio del 1789.
La disparità di peso decisionale tra
nobiltà e clero da una parte, e
Terzo Stato dall’altra, si tradusse
nella rivendicazione di un’equa
rappresentanza da parte di
quest’ultimo, rappresentante della
maggioranza del popolo francese in
termini demografici. Il Terzo Stato
proclamò, in nome di una più equa
rappresentanza, l’Assemblea
Nazionale, affrancandosi dal vecchio
sistema feudale, nel quale i tre
stati esprimevano un voto ciascuno,
a prescindere dal peso numerico dei
cittadini rappresentati.
Il Giuramento della Pallacorda,
accordo stipulato il 20 giugno 1789,
fu uno degli eventi più
significativi della Rivoluzione
francese, in quanto prodromico
rispetto alla stesura di una
costituzione, come dichiarato nel
processo verbale dell’Assemblea:
«L'assemblea nazionale,
considerandosi chiamata a definire
la costituzione del regno, a operare
la rigenerazione dell'ordine
pubblico e a mantenere i veri
princìpi della monarchia, nulla può
impedire che essa continui le
proprie delibere in un qualunque
luogo dove essa sia costretta a
stabilirsi, e che infine, ovunque i
suoi membri siano riuniti, là vi è
l'Assemblea nazionale: “Decreta che
tutti i membri di questa assemblea
prestino, immediatamente, giuramento
solenne di non separarsi mai, e di
riunirsi ovunque le circostanze lo
richiederanno, fino a che la
Costituzione del regno sia definita
e affermata su solide basi, e
prestato che sia il detto
giuramento, tutti i membri e
ciascuno di loro in particolare
confermeranno, con la loro firma,
questa risoluzione inamovibile”»
Jacques-Louis David, nel disegno
preparatorio del dipinto, da lui poi
mai portato a termine per mancanza
di fondi (1791), Il giuramento
della Pallacorda, rappresentava
i seicentotrenta partecipanti
all’Assemblea, riuscendo a
trasmettere tensione, drammaticità e
fervore.
David sembra idealmente dare
continuità al dipinto Il
giuramento degli Orazi (1784),
manifesto del neoclassicismo, dove
emergono, con pari intensità,
solennità e passione civile. Ma
l’opera dell’artista francese che,
fra tutte, esprimeva l’onda di
cambiamento, intrisa di idealismo
rivoluzionario e tensione verso un
passaggio d’epoca, è il Marat
assassinato (1793), tributo a
Jean-Paul Marat, figura controversa
della Rivoluzione francese.
Marat rappresenta la complessità
degli eventi che travolsero la
Francia dell’epoca. Oscillò tra
esilio e lotta, dove fu coinvolto
nell’abisso della fase del Terrore,
contrassegnata da stragi e tumulti,
culminata con il suo assassinio per
mano di Charlotte Corday.
Il dipinto raffigura Marat sulla
vasca da bagno della sua dimora, in
un ambiente spartano, in sintonia
col messaggio rivoluzionario. La
luce offre una rappresentazione
icastica del dramma, individuale e
civile al tempo stesso. Le ombre,
per contrasto, sottolineano con
realismo l’ineluttabilità di un
destino, consegnato al manoscritto
nella mano sinistra, adagiata sul
ripiano frontale, e alla penna
d’oca, delicatamente adagiata sul
pavimento.
Il cadavere di Marat ricorda, nella
postura, il Cristo morto
della Pinacoteca Vaticana. Il capo,
coperto da un turbante bianco, è
riverso con compostezza in una
dimensione fisica di abbandono. Per
terra, l’arma del delitto,
posizionata orizzontalmente, sembra
contrastare con la posizione
verticale della piuma d’oca.
Sull’altare, la dedica dell’artista
all’amico assassinato. Col dipinto
David commemora l’amico con cui ha
condiviso un momento storico
cruciale, ricordandolo come un uomo
del popolo. Gli elementi presenti
nel dipinto evidenziano, inoltre, il
ruolo svolto dalla scrittura durante
la rivoluzione, attraverso la
diffusione dei nuovi ideali con
giornali e pamphlet.
Altri due eventi, nella loro cruenza,
possono riassumere l’atmosfera di
quell’epoca: la presa della
Bastiglia, avvenuta il 14 luglio
1789, e l’esecuzione di Luigi XVI e
Maria Antonietta.
Il primo assume una valenza
simbolica rilevante, in quanto non
riconducibile alla mera conquista di
una prigione politica da parte del
popolo, ma all’espugnazione del
potere assoluto. La pubblica morte
data ai sovrani di Francia
attraverso l’avvento della
ghigliottina offrì uno spaccato
denso di contraddizioni,
caratterizzato da giustizia
rivoluzionaria e lotta contro
l’aristocrazia da una parte, e
violenza politica e radicalizzazione
dall’altra.
La Rivoluzione francese, pur nella
sua contraddittorietà, naturalmente
insita nei processi rivoluzionari,
rappresentò un passo decisivo verso
l’affermazione dei valori di
libertà, uguaglianza e fratellanza,
e a un percorso di attribuzione di
un differente significato alla vita
umana, che portò alla Dichiarazione
dei diritti dell’uomo e del
cittadino (Versailles, 26 agosto
1789). Il titolo del documento
assume valore programmatico: i
diritti umani e sociali divennero un
pilastro degli stati moderni.
Il secolo dei Lumi
Il percorso del XVIII secolo non può
prescindere dalla profonda influenza
dell’Illuminismo, base filosofica e
culturale degli accadimenti
dell’epoca. La ragione tracciò un
itinerario che condusse dalle
tenebre dell’irrazionalità alla
consapevolezza in ogni essere umano,
del diritto alla libertà, di
espressione, di uguaglianza e alla
ricerca della felicità, elementi che
caratterizzarono le rivoluzioni e i
mutamenti settecenteschi.
La diffusione del sapere, attraverso
l’Encyclopédie di Denis
Diderot e Jean-Baptiste Le Rond d'Alembert,
pubblicata a Parigi tra il 1751 e il
1772, si configurò in tal senso come
il risultato di un impegno
intellettuale volto alla
sistematizzazione della conoscenza
umana. Questo aspetto assume una
significativa rilevanza se si pensa
che, come sosteneva Eric J. Hobsbawm
nell’opera L’era delle rivoluzioni
1789-1848, il mondo del XVIII secolo
era più piccolo rispetto a quello
contemporaneo, a causa del limitato
sviluppo delle vie di comunicazione.
Al tempo stesso, appariva più esteso
per la presenza di territori ancora
non pienamente mappati e un peso
demografico inferiore rispetto ai
secoli successivi.
Il razionalismo introdusse una
responsabilizzazione dell’individuo,
che promosse la nascita
dell’opinione pubblica e valori
quali la tolleranza, tema della
fondamentale opera di Voltaire, Il
Trattato sulla tolleranza (1763),
dove vennero illustrati
icasticamente i principi cardine
della futura società civile.
Tra gli esponenti dell’Illuminismo,
Montesquieu anticipò con le sue idee
la concezione degli stati moderni,
caratterizzati dalla separazione dei
poteri. Nello Spirito delle leggi
(1748) il filosofo francese pose le
basi dello stato di diritto,
attraverso la disamina del potere
esecutivo, legislativo e
giudiziario, individuando nella loro
corretta articolazione e reciproca
indipendenza la conditio sine qua
non per l’esercizio della libertà
dei cittadini.
Al pari di Montesquieu, Jean-Jacques
Rousseau venne annoverato fra i
pensatori del XVIII secolo destinati
a lasciare un’impronta duratura
sulla storia della filosofia.
Rousseau introdusse nel dibattito
filosofico concetti quali il
contratto sociale, l’uguaglianza e
la democrazia diretta, temi che
influenzarono notevolmente le idee
dell’epoca, ispirando le
costituzioni americana e francese.
Un aspetto che emerse nel tumultuoso
incedere degli eventi di questa fase
storica riguarda quello che, per
certi versi, potrebbe essere
definito un nuovo umanesimo.
L’essere umano riscoprì un nuovo
percorso caratterizzato dall’avvento
di maggiori libertà.
Tale itinerario, da una parte,
condusse a una nuova concezione del
sistema penale con l’affermazione di
un sistema carcerario improntato a
un maggior rispetto dei diritti
umani, trovando nel saggio Dei
delitti e delle pene (1764) di
Cesare Beccaria un fondamentale
contributo al dibattito sulla
necessità di riformare il sistema
giudiziario e detentivo.
Il pensiero di Beccaria tracciò una
linea di demarcazione tra il vecchio
sistema penale, di matrice punitiva,
e un’idea di riforma promotrice
dell’incarcerazione come strumento
correttivo caratterizzato dalla
proporzionalità della pena. La
prevenzione dei delitti diviene un
aspetto centrale nell’opera di
Beccaria: “È meglio prevenire i
delitti che punirli. Questo è il
fine principale di ogni buona
legislazione, che è l’arte di
condurre gli uomini al massimo di
felicità o al minimo d’infelicità
possibile, per parlare secondo
tutt’i calcoli dei beni e dei mali
della vita”.
In questo, il giurista Jeremy
Bentham, filosofo dell’utilitarismo,
concordò con l’illuminista italiano
e illustrò il progetto di un nuovo
tipo di struttura detentiva, il
Panopticon, articolato in modo
da poter sorvegliare simultaneamente
tutti i carcerati: un’intuizione,
applicabile anche ad altri ambiti,
che ridisegnò il rapporto tra
libertà e controllo nei moderni
stati liberali.
Nel campo delle arti, il XVIII
secolo conobbe come sviluppo e
reazione rispetto al Barocco,
l’affermazione del Rococò, stile
nato in Francia e caratterizzato da
eleganza, fascino, arguzia e
leggiadra spensieratezza.
Il Rococò fu anch’esso rivoluzione,
contrapposizione alle narrazioni
allegoriche del Barocco. François
Boucher (1703-1770), Jean-Siméon
Chardin (1699-1779) e Jean-Honoré
Fragonard (1732-1806) espressero,
con le loro opere, le
caratteristiche di un movimento
emblema di transizioni emotive e
sociali nel contesto di profondi
mutamenti dei costumi e del rapporto
tra potere e individuo. Anche
Wolfgang Amadeus Mozart (1756-1791),
con le sue sinfonie dipinse note
rivoluzionarie che segnarono
eternamente lo spartito della
cultura musicale.
Dall’istinto alle idee
Il Settecento rappresentò un secolo
di evoluzione, drammaticamente
espressa dai fermenti rivoluzionari
come l’Indipendenza americana e la
Rivoluzione francese, dagli eventi
bellici e da una ridefinizione di
nuovi equilibri politici e sociali.
Dallo scenario del XVIII secolo
emerse un’umanità diversa,
attraversata da una nuova geografia
sociale e contrassegnata dalla
nascita di idee che portarono alla
genesi della società contemporanea,
degli stati moderni e al
riconoscimento dei diritti umani.
Due opere esprimono efficacemente la
complessità di un’epoca che ha posto
le fondamenta degli stati liberali e
dei principi cardine degli attuali
modelli di convivenza civile:
L’altalena (1767) di Jean-Honoré
Fragonard e Il giuramento degli
Orazi (1785) di Jacques-Louis
David. Nella transizione fra Rococò
e Neoclassicismo, i due dipinti
possono essere osservati come un
dittico.
Fragonard dipinge una scena elegante
e dai contorni ludici, con una
triade di personaggi burleschi:
sulla sinistra un giovane uomo
sdraiato per terra, sulla destra un
attempato signore, che pare
affiorare dall’ombra. Al centro
della scena, illuminata dal chiarore
della luce naturale, una donna con
abiti sgargianti appare seduta in
modo scomposto su un’altalena. La
morbida tonalità del colore
unitamente ai giochi di luce
conferiscono all’opera un’aura
raffinata e delicata.
L’uomo sdraiato rappresenta
verosimilmente l’amante della donna.
I due si osservano, lei perde una
scarpa durante il moto
dell’altalena. L’uomo in piedi, il
marito della donna, nascosto tra le
piante, cerca goffamente e
inutilmente di controllare
l’altalena con delle funi. Sullo
sfondo un boschetto con dei putti,
simbolo dell’amore e un cane,
simbolo della fedeltà tradita in uno
scenario che potrebbe ricordare
Versailles e lo sfarzo dei suoi
giardini, icona dell’Ancien Regime.
Nel dipinto di Fragonard emergono
frivolezza, volubilità e intrigo, in
una dimensione di leggiadra
indeterminatezza.
David ne Il giuramento degli
Orazi, raffigura un episodio
tratto da un testo di Tito Livio del
59 a.C. sullo scontro tra due
famiglie , gli Orazi e i Curiazi
sullo sfondo della guerra fra Roma e
Alba intorno al 669 a.C. Gli uomini
delle due famiglie sono destinati a
scontrarsi nonostante un intreccio
di legami famigliari.
L’opera ritrae il giuramento degli
uomini, disposti a mettere da parte
gli interessi personali in nome di
un ideale politico. In un’epoca di
grande tumulto, il pittore immortala
un ideale, riproducendo i sentimenti
e le tensioni del secolo. Il
dipinto, sullo sfondo
classicheggiante degli edifici
romani, costituisce un’antitesi
rispetto allo stile fragonardiano.
Passione civile, coraggio e spirito
di sacrificio, tratti comuni del
periodo rivoluzionario, emergono
metaforicamente attraverso la posa
marziale e rigida dei combattenti,
in contrapposizione rispetto alle
linee curve dei familiari,
rappresentati in una posa di
rassegnazione e abbandono. La luce
illumina il centro della scena,
attribuendole verticalità e
geometria.
Nelle due tele descritte è possibile
osservare due triangoli. Nella prima
un triangolo sentimentale in uno
scenario intimo e rilassato, nella
seconda un triangolo di principi
etici in un contesto di passione
civile. Gli stessi triangoli
trascendono la dimensione estetica,
divenendo una sintesi concettuale
del secolo attraverso il triangolo
del potere (sovrano, nobiltà e
popolo), il triangolo della
rivoluzione (Illuminismo, azione
politica, trasformazione sociale) e
il triangolo della cultura
(tradizione, rottura, nuove idee).
Il percorso del XVIII secolo nella
sua complessità può essere
considerato un tassello fondamentale
della nascita di una diversa
percezione e consapevolezza del sé.
Diritti, libertà e dignità umana
rappresentano l’esito
dell’affermazione della ragione e un
elemento caratterizzante la società
contemporanea.
In questo è rinvenibile la preziosa
eredità dei Lumi.
Riferimenti bibliografici:
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della Rivoluzione. 1789-1848,
Collana Storica, Rizzoli, Milano
1999.
Fisher, A.H.L., Storia d’Europa,
Tomo II, Dall’età
dell’assolutismo all’epoca dei
totalitarismi, Newton Compton
Editori S.r.l., Roma 1995.
Beccaria, C., Dei Delitti e delle
pene, RCS, Libri S.p.A, Milano
2010.
Foucault, M., Sorvegliare e
punire - Nascita della prigione,
Einaudi editore S.p.A., Torino 2014.
Montesquieu, Lo spirito delle
leggi, Rizzoli, Milano 1989.
Montesquieu, Pensieri, RCS,
Libri S.p.A, Milano 2010.
Farthing, S., 1001 dipinti. Una
guida completa ai capolavori della
pittura, Atlante Srl,
Valsamoggia (BO) 2021.
Farthing, S., Arte. La storia
completa, Atlante Srl,
Valsamoggia (Bo) 2018.