[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

N° 210 / GIUGNO 2025 (CCXLI)


moderna

SUL SETTECENTO
TRA Pensiero, arte e società: I MOLTI percorsi di un’epoca

di Fabrizio Mastio

 

Cosa si potrebbe notare del XVIII secolo, se lo si leggesse come un romanzo? Probabilmente non solo i personaggi, anche se l’individuo assume un ruolo di primo piano, ma un rapporto complesso fra quest’ultimo e il popolo, nella trasfigurazione della contrapposizione tra la conservazione dello status quo elitario e l’anelito delle masse verso la libertà.

Il Settecento può essere analizzato da diversi punti di osservazione. Si presentava come scenario bellico attraverso la Guerra dei Sette Anni, combattuta fra Gran Bretagna, Prussia, Francia e Austria, e i rispettivi alleati, in un’inedita anticipazione delle guerre mondiali. Ma, al contempo, divenne manifestazione di confronti non convenzionali, crude rivoluzioni di popoli alla ricerca di nuovi ideali e di una nuova umanità.

Non a caso, durante questo periodo, nacquero i primi romanzi d’avventura, come Robinson Crusoe di Daniel Defoe, pubblicato nel 1719, e I viaggi di Gulliver di Jonathan Swift, pubblicato nel 1726. La letteratura, come tutte le arti, assurgeva a un incisivo manifesto di un’poca.

Robinson Crusoe rappresentava il rapporto tra mondo civilizzato e territori esotici, inesplorate frontiere geografiche e antropologiche. A quelle latitudini, l’essere umano si confrontava con la natura incontaminata, lottando per la sopravvivenza attraverso percorsi di adattamento. Si trattava di viaggi, come quelli di Gulliver, allegoria della società settecentesca, che svelava impudicamente l’essere umano in tutte le sue fattezze: una schietta satira socio-politica, e un vaso di Pandora contenente dinamiche di potere, conflitti internazionali, intrighi di corte e corruzione.

La narrazione di un secolo poteva avvenire anche attraverso l’interpretazione di macro-eventi, strettamente connessi, secondo la visione di Marc Bloch e Lucien Febvre, a un'analisi interdisciplinare della storia.

L’indipendenza americana, la Rivoluzione francese, l’Illuminismo e l’affermazione degli stati moderni divennero, nella loro complessa articolazione, significato e principio di un’epoca di transizione tra assolutismo e libertà, tra individuo e collettività, tra istinto e ragione.

La guerra d’indipendenza americana

La guerra d’indipendenza americana ebbe origine nel Nuovo Mondo dal contrasto fra le tredici colonie e la madrepatria, il Regno Unito. Gli eventi bellici scaturivano, generalmente da esigenze di espansione economica e territoriale delle nazioni. I territori del Nord America, colonizzati dalle potenze europee tra il 1500 e il 1700, divennero teatro di opposte ambizioni e necessità economiche. Le tredici colonie britanniche erano destinate ad affrancarsi dalla madrepatria, rea di aver promosso un inasprimento della pressione fiscale con conseguenze negative sullo sviluppo economico nel Nuovo Mondo.

A seguito delle tensioni causate dall’adozione di misure quali lo Stamp Act (1765) e il Tea Act (1773), che portarono rispettivamente all’imposizione di una tassa su tutti i documenti stampati e al monopolio sul commercio del tè, i rapporti tra le colonie e il Regno Unito sfociarono nella guerra.

Giorgio III, re d’Inghilterra, appariva in antitesi con la società segreta Figli della Libertà, che si cimentò in atti dimostrativi come il versamento in mare di un carico di tè nel porto di Boston, preludio della rivoluzione che portò alla costituzione dell’Esercito Continentale sotto il comando di George Washington.

La guerra d’indipendenza americana, per quanto riguarda la disposizione delle forze in campo, presentava un evidente parallelismo con la Guerra dei Sette Anni: le tredici colonie americane furono supportate dal Regno di Francia, dal Regno di Spagna, dalle Province Unite dei Paesi Bassi e da altri volontari. Il Regno Unito schierò il proprio esercito, coadiuvato da volontari tedeschi.

Nel cruento alternarsi di battaglie, consumate nello scenario delle nuove frontiere d’oltreoceano, allegoria dello scontro fra passato e futuro, si riscontrava anche una netta differenza nelle tattiche militari messe in campo dai contendenti: gli inglesi mantenevano una formazione statica e lineare, secondo i classici canoni settecenteschi, mentre i coloni adottavano una maggiore mobilità e versatilità.

Questa tensione tra tradizione e rivoluzione emerge chiaramente nel dipinto del 1851 di Emanuel Leutze, Washington attraversa il Delaware. Sebbene realizzato quasi un secolo dopo l’evento, l’opera offre una potente interpretazione della traversata del Delaware. Infatti, pur ascrivibile alla tradizione romantica ottocentesca, quest’olio su tela costituisce un simbolo dell’indipendenza americana, esprimendone efficacemente il senso storico e identitario.

L’opera rappresenta la natura ostile e incontaminata, con la presenza del ghiaccio nelle acque del fiume, mentre il generale Washington appare in posa marziale nella classica struttura piramidale costituita dalla truppa che conduce l’imbarcazione e dalla verticalità della bandiera, che si staglia contro il chiaroscuro del cielo. Leutze descrive pregevolmente la determinazione della lotta per la conquista della libertà. La dimensione estetica di remi, armi, e bandiere incarna tenacia, forza e spirito della rivoluzione.

Le vicende rivoluzionarie americane trovarono un epilogo a Filadelfia con la Dichiarazione d’Indipendenza del 4 luglio 1776, oggi ricordato come Independence Day. Tuttavia, solo nel 1783, con il Trattato di Versailles, la Gran Bretagna riconobbe l’indipendenza delle tredici colonie nordamericane e restituì alcuni territori alla Francia.

Così nacquero gli Stati Uniti d’America, e nel 1789, quasi in una linea di continuità con l’ideale rivoluzionario che approderà in Francia, venne eletto il primo presidente americano: George Washington.

La Rivoluzione francese

Nel Vecchio Continente, i riflessi degli accadimenti americani deflagrarono nella Rivoluzione francese, evento storico che ebbe un’influenza determinante anche sotto il profilo socio-politico e culturale, attraverso la ridefinizione degli equilibri tra individuo e società, masse e potere, libertà e diritto. Nel Settecento, infatti, la società francese era articolata in nobiltà, clero e Terzo Stato, trittico antropologico incardinato nell’assolutismo dell’Ancien Régime.

La Francia di Luigi XVI, salito al trono nel 1774, presentava i germi dell’imminente rivoluzione: disuguaglianze sociali, iniquità fiscale, mancanza di libertà, deficit finanziario e una rete di privilegi che impedivano una corretta gestione del potere esecutivo. Il tentativo di risolvere i problemi finanziari portò alla convocazione degli Stati Generali nel maggio del 1789.

La disparità di peso decisionale tra nobiltà e clero da una parte, e Terzo Stato dall’altra, si tradusse nella rivendicazione di un’equa rappresentanza da parte di quest’ultimo, rappresentante della maggioranza del popolo francese in termini demografici. Il Terzo Stato proclamò, in nome di una più equa rappresentanza, l’Assemblea Nazionale, affrancandosi dal vecchio sistema feudale, nel quale i tre stati esprimevano un voto ciascuno, a prescindere dal peso numerico dei cittadini rappresentati.

Il Giuramento della Pallacorda, accordo stipulato il 20 giugno 1789, fu uno degli eventi più significativi della Rivoluzione francese, in quanto prodromico rispetto alla stesura di una costituzione, come dichiarato nel processo verbale dell’Assemblea: «L'assemblea nazionale, considerandosi chiamata a definire la costituzione del regno, a operare la rigenerazione dell'ordine pubblico e a mantenere i veri princìpi della monarchia, nulla può impedire che essa continui le proprie delibere in un qualunque luogo dove essa sia costretta a stabilirsi, e che infine, ovunque i suoi membri siano riuniti, là vi è l'Assemblea nazionale: “Decreta che tutti i membri di questa assemblea prestino, immediatamente, giuramento solenne di non separarsi mai, e di riunirsi ovunque le circostanze lo richiederanno, fino a che la Costituzione del regno sia definita e affermata su solide basi, e prestato che sia il detto giuramento, tutti i membri e ciascuno di loro in particolare confermeranno, con la loro firma, questa risoluzione inamovibile”»

Jacques-Louis David, nel disegno preparatorio del dipinto, da lui poi mai portato a termine per mancanza di fondi (1791), Il giuramento della Pallacorda, rappresentava i seicentotrenta partecipanti all’Assemblea, riuscendo a trasmettere tensione, drammaticità e fervore.

David sembra idealmente dare continuità al dipinto Il giuramento degli Orazi (1784), manifesto del neoclassicismo, dove emergono, con pari intensità, solennità e passione civile. Ma l’opera dell’artista francese che, fra tutte, esprimeva l’onda di cambiamento, intrisa di idealismo rivoluzionario e tensione verso un passaggio d’epoca, è il Marat assassinato (1793), tributo a Jean-Paul Marat, figura controversa della Rivoluzione francese.

Marat rappresenta la complessità degli eventi che travolsero la Francia dell’epoca. Oscillò tra esilio e lotta, dove fu coinvolto nell’abisso della fase del Terrore, contrassegnata da stragi e tumulti, culminata con il suo assassinio per mano di Charlotte Corday.

Il dipinto raffigura Marat sulla vasca da bagno della sua dimora, in un ambiente spartano, in sintonia col messaggio rivoluzionario. La luce offre una rappresentazione icastica del dramma, individuale e civile al tempo stesso. Le ombre, per contrasto, sottolineano con realismo l’ineluttabilità di un destino, consegnato al manoscritto nella mano sinistra, adagiata sul ripiano frontale, e alla penna d’oca, delicatamente adagiata sul pavimento.

Il cadavere di Marat ricorda, nella postura, il Cristo morto della Pinacoteca Vaticana. Il capo, coperto da un turbante bianco, è riverso con compostezza in una dimensione fisica di abbandono. Per terra, l’arma del delitto, posizionata orizzontalmente, sembra contrastare con la posizione verticale della piuma d’oca. Sull’altare, la dedica dell’artista all’amico assassinato. Col dipinto David commemora l’amico con cui ha condiviso un momento storico cruciale, ricordandolo come un uomo del popolo. Gli elementi presenti nel dipinto evidenziano, inoltre, il ruolo svolto dalla scrittura durante la rivoluzione, attraverso la diffusione dei nuovi ideali con giornali e pamphlet.

Altri due eventi, nella loro cruenza, possono riassumere l’atmosfera di quell’epoca: la presa della Bastiglia, avvenuta il 14 luglio 1789, e l’esecuzione di Luigi XVI e Maria Antonietta.

Il primo assume una valenza simbolica rilevante, in quanto non riconducibile alla mera conquista di una prigione politica da parte del popolo, ma all’espugnazione del potere assoluto. La pubblica morte data ai sovrani di Francia attraverso l’avvento della ghigliottina offrì uno spaccato denso di contraddizioni, caratterizzato da giustizia rivoluzionaria e lotta contro l’aristocrazia da una parte, e violenza politica e radicalizzazione dall’altra.

La Rivoluzione francese, pur nella sua contraddittorietà, naturalmente insita nei processi rivoluzionari, rappresentò un passo decisivo verso l’affermazione dei valori di libertà, uguaglianza e fratellanza, e a un percorso di attribuzione di un differente significato alla vita umana, che portò alla Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino (Versailles, 26 agosto 1789). Il titolo del documento assume valore programmatico: i diritti umani e sociali divennero un pilastro degli stati moderni.

Il secolo dei Lumi

Il percorso del XVIII secolo non può prescindere dalla profonda influenza dell’Illuminismo, base filosofica e culturale degli accadimenti dell’epoca. La ragione tracciò un itinerario che condusse dalle tenebre dell’irrazionalità alla consapevolezza in ogni essere umano, del diritto alla libertà, di espressione, di uguaglianza e alla ricerca della felicità, elementi che caratterizzarono le rivoluzioni e i mutamenti settecenteschi.

La diffusione del sapere, attraverso l’Encyclopédie di Denis Diderot e Jean-Baptiste Le Rond d'Alembert, pubblicata a Parigi tra il 1751 e il 1772, si configurò in tal senso come il risultato di un impegno intellettuale volto alla sistematizzazione della conoscenza umana. Questo aspetto assume una significativa rilevanza se si pensa che, come sosteneva Eric J. Hobsbawm nell’opera L’era delle rivoluzioni 1789-1848, il mondo del XVIII secolo era più piccolo rispetto a quello contemporaneo, a causa del limitato sviluppo delle vie di comunicazione. Al tempo stesso, appariva più esteso per la presenza di territori ancora non pienamente mappati e un peso demografico inferiore rispetto ai secoli successivi.

Il razionalismo introdusse una responsabilizzazione dell’individuo, che promosse la nascita dell’opinione pubblica e valori quali la tolleranza, tema della fondamentale opera di Voltaire, Il Trattato sulla tolleranza (1763), dove vennero illustrati icasticamente i principi cardine della futura società civile.

Tra gli esponenti dell’Illuminismo, Montesquieu anticipò con le sue idee la concezione degli stati moderni, caratterizzati dalla separazione dei poteri. Nello Spirito delle leggi (1748) il filosofo francese pose le basi dello stato di diritto, attraverso la disamina del potere esecutivo, legislativo e giudiziario, individuando nella loro corretta articolazione e reciproca indipendenza la conditio sine qua non per l’esercizio della libertà dei cittadini.

Al pari di Montesquieu, Jean-Jacques Rousseau venne annoverato fra i pensatori del XVIII secolo destinati a lasciare un’impronta duratura sulla storia della filosofia.
Rousseau introdusse nel dibattito filosofico concetti quali il contratto sociale, l’uguaglianza e la democrazia diretta, temi che influenzarono notevolmente le idee dell’epoca, ispirando le costituzioni americana e francese.

Un aspetto che emerse nel tumultuoso incedere degli eventi di questa fase storica riguarda quello che, per certi versi, potrebbe essere definito un nuovo umanesimo. L’essere umano riscoprì un nuovo percorso caratterizzato dall’avvento di maggiori libertà.

Tale itinerario, da una parte, condusse a una nuova concezione del sistema penale con l’affermazione di un sistema carcerario improntato a un maggior rispetto dei diritti umani, trovando nel saggio Dei delitti e delle pene (1764) di Cesare Beccaria un fondamentale contributo al dibattito sulla necessità di riformare il sistema giudiziario e detentivo.

Il pensiero di Beccaria tracciò una linea di demarcazione tra il vecchio sistema penale, di matrice punitiva, e un’idea di riforma promotrice dell’incarcerazione come strumento correttivo caratterizzato dalla proporzionalità della pena. La prevenzione dei delitti diviene un aspetto centrale nell’opera di Beccaria: “È meglio prevenire i delitti che punirli. Questo è il fine principale di ogni buona legislazione, che è l’arte di condurre gli uomini al massimo di felicità o al minimo d’infelicità possibile, per parlare secondo tutt’i calcoli dei beni e dei mali della vita”.

In questo, il giurista Jeremy Bentham, filosofo dell’utilitarismo, concordò con l’illuminista italiano e illustrò il progetto di un nuovo tipo di struttura detentiva, il Panopticon, articolato in modo da poter sorvegliare simultaneamente tutti i carcerati: un’intuizione, applicabile anche ad altri ambiti, che ridisegnò il rapporto tra libertà e controllo nei moderni stati liberali.

Nel campo delle arti, il XVIII secolo conobbe come sviluppo e reazione rispetto al Barocco, l’affermazione del Rococò, stile nato in Francia e caratterizzato da eleganza, fascino, arguzia e leggiadra spensieratezza.

Il Rococò fu anch’esso rivoluzione, contrapposizione alle narrazioni allegoriche del Barocco. François Boucher (1703-1770), Jean-Siméon Chardin (1699-1779) e Jean-Honoré Fragonard (1732-1806) espressero, con le loro opere, le caratteristiche di un movimento emblema di transizioni emotive e sociali nel contesto di profondi mutamenti dei costumi e del rapporto tra potere e individuo. Anche Wolfgang Amadeus Mozart (1756-1791), con le sue sinfonie dipinse note rivoluzionarie che segnarono eternamente lo spartito della cultura musicale.

Dall’istinto alle idee

Il Settecento rappresentò un secolo di evoluzione, drammaticamente espressa dai fermenti rivoluzionari come l’Indipendenza americana e la Rivoluzione francese, dagli eventi bellici e da una ridefinizione di nuovi equilibri politici e sociali.

Dallo scenario del XVIII secolo emerse un’umanità diversa, attraversata da una nuova geografia sociale e contrassegnata dalla nascita di idee che portarono alla genesi della società contemporanea, degli stati moderni e al riconoscimento dei diritti umani.

Due opere esprimono efficacemente la complessità di un’epoca che ha posto le fondamenta degli stati liberali e dei principi cardine degli attuali modelli di convivenza civile: L’altalena (1767) di Jean-Honoré Fragonard e Il giuramento degli Orazi (1785) di Jacques-Louis David. Nella transizione fra Rococò e Neoclassicismo, i due dipinti possono essere osservati come un dittico.

Fragonard dipinge una scena elegante e dai contorni ludici, con una triade di personaggi burleschi: sulla sinistra un giovane uomo sdraiato per terra, sulla destra un attempato signore, che pare affiorare dall’ombra. Al centro della scena, illuminata dal chiarore della luce naturale, una donna con abiti sgargianti appare seduta in modo scomposto su un’altalena. La morbida tonalità del colore unitamente ai giochi di luce conferiscono all’opera un’aura raffinata e delicata.

L’uomo sdraiato rappresenta verosimilmente l’amante della donna. I due si osservano, lei perde una scarpa durante il moto dell’altalena. L’uomo in piedi, il marito della donna, nascosto tra le piante, cerca goffamente e inutilmente di controllare l’altalena con delle funi. Sullo sfondo un boschetto con dei putti, simbolo dell’amore e un cane, simbolo della fedeltà tradita in uno scenario che potrebbe ricordare Versailles e lo sfarzo dei suoi giardini, icona dell’Ancien Regime. Nel dipinto di Fragonard emergono frivolezza, volubilità e intrigo, in una dimensione di leggiadra indeterminatezza.

David ne Il giuramento degli Orazi, raffigura un episodio tratto da un testo di Tito Livio del 59 a.C. sullo scontro tra due famiglie , gli Orazi e i Curiazi sullo sfondo della guerra fra Roma e Alba intorno al 669 a.C. Gli uomini delle due famiglie sono destinati a scontrarsi nonostante un intreccio di legami famigliari.

L’opera ritrae il giuramento degli uomini, disposti a mettere da parte gli interessi personali in nome di un ideale politico. In un’epoca di grande tumulto, il pittore immortala un ideale, riproducendo i sentimenti e le tensioni del secolo. Il dipinto, sullo sfondo classicheggiante degli edifici romani, costituisce un’antitesi rispetto allo stile fragonardiano.

Passione civile, coraggio e spirito di sacrificio, tratti comuni del periodo rivoluzionario, emergono metaforicamente attraverso la posa marziale e rigida dei combattenti, in contrapposizione rispetto alle linee curve dei familiari, rappresentati in una posa di rassegnazione e abbandono. La luce illumina il centro della scena, attribuendole verticalità e geometria.

Nelle due tele descritte è possibile osservare due triangoli. Nella prima un triangolo sentimentale in uno scenario intimo e rilassato, nella seconda un triangolo di principi etici in un contesto di passione civile. Gli stessi triangoli trascendono la dimensione estetica, divenendo una sintesi concettuale del secolo attraverso il triangolo del potere (sovrano, nobiltà e popolo), il triangolo della rivoluzione (Illuminismo, azione politica, trasformazione sociale) e il triangolo della cultura (tradizione, rottura, nuove idee).

Il percorso del XVIII secolo nella sua complessità può essere considerato un tassello fondamentale della nascita di una diversa percezione e consapevolezza del sé.
Diritti, libertà e dignità umana rappresentano l’esito dell’affermazione della ragione e un elemento caratterizzante la società contemporanea.
In questo è rinvenibile la preziosa eredità dei Lumi.


Riferimenti bibliografici:

Hobsbawm, Eric, J. E., L'Età della Rivoluzione. 1789-1848, Collana Storica, Rizzoli, Milano 1999.
Fisher, A.H.L., Storia d’Europa, Tomo II, Dall’età dell’assolutismo all’epoca dei totalitarismi, Newton Compton Editori S.r.l., Roma 1995.
Beccaria, C., Dei Delitti e delle pene, RCS, Libri S.p.A, Milano 2010.
Foucault, M., Sorvegliare e punire - Nascita della prigione, Einaudi editore S.p.A., Torino 2014.
Montesquieu, Lo spirito delle leggi, Rizzoli, Milano 1989.
Montesquieu, Pensieri, RCS, Libri S.p.A, Milano 2010.
Farthing, S., 1001 dipinti. Una guida completa ai capolavori della pittura, Atlante Srl, Valsamoggia (BO) 2021.
Farthing, S., Arte. La storia completa, Atlante Srl, Valsamoggia (Bo) 2018.

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[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]