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N. 104 - Agosto 2016 (CXXXV)

SCIENZA E POTERE IN FRANCIA ALLA FINE DELL’ANTICO REGIME
SULL’OPERA DI CHARLES COULSTON GILLISPIE - PARTE IV

di Valentina Riccio

 

Gillispie non presenta Marat in maniera molto entusiastica, anche se non lo considera un mistificatore. Secondo l’autore, per Marat la medicina era inizialmente più una passione che una professione. Del suo successivo esercizio professionale a Parigi si conosce poco: è noto soltanto che prese le distanze dai filosofi perché riteneva avessero una visione assurda della ragione, non compatibile con la logica dei suoi esperimenti, che rese pubblici nel trattato Decuvertures sur la lumière del 1779.

 

Le scoperte scientifiche ebbero il loro riflesso anche in ambito economico. Alla fine del XVIII secolo in Francia si ebbero grandi riforme sul modello inglese per agricoltura e manifattura. L’iniziativa venne dal governo e non dai grandi imprenditori, ma era comunque diffusa l’opinione che la scienza stesse trasformando le arti agricole e meccaniche. Questo sviluppo, secondo Gillispie, può essere diviso in due fasi: la prima, enciclopedica, coincide con il periodo di riforme del ministro Turgot; la seconda, burocratica, corrisponde agli anni immediatamente successivi al suo ministero, in cui il rapporto tra scienza e governo assunse una determinata regolarità.

 

Sotto il patronato di Turgot, vi fu anche colui che sarebbe diventato il suo successore, ossia Duhamel, che cercò di mantenere le medesime linee guida. Prima ancora di entrare nel mondo politico, Duhamel diede il suo contributo alle applicazioni scientifiche, attraverso la sua Description des Art set Métieres, pubblicata nel 1762.

 

L’opera presentava strumenti e tecniche delle arti e dei mestieri e, secondo Gillispie, era molto più di un semplice manuale d’artigianato: «È un libro di tecnologia sperimentale, che si preoccupa di determinare empiricamente la forza dei materiali». Attraverso questo studio, egli introdusse modifiche tecniche che permisero di raggiungere risultati migliori. Conseguenza ne fu che il suo programma divenne un successo nei decenni seguenti, ispirando anche tutta una serie di trattati su agricoltura e industria e, probabilmente, l’Encyclopédie Méthodique che nascerà nel 1778.

 

La pubblicazione di Duhamel, dunque, ebbe conseguenze nel settore della botanica e dell’agricoltura. Come si è detto, la sua non fu la sola opera a trattare di tecnica: i suggerimenti per ottenere i migliori raccolti possibili vennero da numerosi trattati; in particolare, viticoltura e medicina veterinaria costituirono due settori di spiccato interesse.

 

Molti scienziati si occuparono di studiare i nutrienti per migliorare il consumo dei prodotti di base. Uno di questi fu Parmentier che, tra il 1770 e il 1780, scoprì le proprietà chimiche di base di glutine e amido, oltre alla presenza di zuccheri nei tessuti vegetali. La produzione agroalimentare beneficiò dei suoi perfezionamenti e, nel 1773, venne eletto membro della Società di Agricoltura, contribuendo alla sua riorganizzazione nel 1785 ma, probabilmente a causa di una disputa interna alla società, gli affari agricoli invece che cooperare finirono per concorrere.

 

Il mondo agricolo necessitava non solo un miglioramento tecnologico, ma anche di una presa di coscienza, a livello sociale e politico, della necessità di liberarsi delle leggi feudali. Nel 1786, Bertier, anglofilo e appassionato agronomo, spinse per questa causa, cominciando col dare visibilità alla Società di Agricoltura a corte. Infatti, regalò il primo volume di atti e memorie della Società a Luigi XVI e alla regina, insieme con un gettone d’oro che raffigurava il sovrano mentre poggiava il suo scettro sul bestiame dei contadini poveri.

 

La Società, per quanto piccola, in quegli anni aveva raggiunto una buona vitalità, nonostante il governo fosse in crisi economica. Su richiesta di Bertier, la società si estese anche nella campagna, con distaccamenti locali. A questo proposito, Gillispie fa un’affermazione molto importante: «[…] nel decennio 1780 la pratica dell’agricoltura dev’essere parsa un obiettivo dell’analisi invitante e accessibile, un altro settore nel quale la scienza poteva dare le direttive al governo […]».

 

Queste parole sono evidentemente emblematiche per la sua analisi del rapporto tra scienza e potere. Sembra che medicina e agricoltura abbiano posto i risultati positivi delle loro applicazioni come vantaggi per il governo, e a questo proposito abbiano preteso da esso una serie di benefici. Dunque nel mondo agricolo le applicazioni delle tecniche conducevano a successi ben visibili, e tutto ruotava attorno all’imitazione delle procedure commerciali.

 

Non era il solo settore, però, a beneficiare delle applicazioni scientifiche: in questa fase burocratica della penetrazione della scienza nell’economia, infatti, il governo diede le direttive e fornì consulenza tecnologica affidandosi ai membri della comunità scientifica. Nel settore manifatturiero, per esempio, gli imprenditori si rivolgevano di più allo stato che non ai mercati finanziari per ottenere ciò di cui necessitavano (cioè capitale, protezione, privilegi); dall’altro lato, i funzionari governativi si rivolgevano alla comunità scientifica per giovare delle sue conoscenze.

 

Va ricordato, inoltre, che lo stato era direttamente coinvolto nel mondo dell’industria anche per la proprietà e la gestione di alcune imprese: nel XVIII secolo il governo francese era proprietario di quattro industrie che producevano due famosi colori per la pittura su porcellana; anche in questo caso, l’evoluzione del ruolo della chimica fu determinante per un allontanamento dall’officina.

 

Insomma, l’industria migliorò sotto molti punti di vista: il settore minerario vide il contributo di persone specializzate in mineralogia e metallurgia; il settore tessile giovò dell’esperienza inglese; la chimica non fu più un semplice insieme di applicazioni. Ovviamente, non si deve pensare che i risvolti applicativi di ogni scoperta fossero esattamente immediati: ciò che venne realizzato in antico regime fu più che altro debitore delle scoperte avvenute nel corso della rivoluzione scientifica.

 

A fare progressi, non fu solo il mondo strettamente scientifico come oggi lo intendiamo, ma anche la tecnologia. In particolare, alcune invenzioni godettero del pieno appoggio dello stato. Un numero esiguo di inventori riuscì ad arricchirsi notevolmente e ad ottenere il pieno riconoscimento dello stato, che conferiva al progetto il titolo di “reale”. Questo riconoscimento ebbe l’effetto di trasformare l’industria e di creare dei veri e propri laboratori d’invenzione.

 

Certamente, una delle invenzioni più importanti del XVIII secolo fu quella dei fratelli Montgolfier, nel 1783, ma i “brevetti d’invenzione” verranno rilasciati solo dopo la Rivoluzione, con decreto del 7 gennaio 1791. In antico regime, invece, dal 1666 in avanti, solo l’Académie riferiva quanto inventato dai suoi membri. In sostanza, si trattava di invenzioni di proprietà dello Stato, non dell’inventore. Soltanto nel 1762 la Corona fece un primo tentativo di legislazione completa per garantire privilegi commerciali per gli inventori e un monopolio di 15 anni. Si trattò di privilegi personali, non vendibili né ereditabili. In questo modo, si incrementò il numero di inventori e invenzioni all’Académie che, tra il 1735 e il 1777 raccolse tutte le invenzioni in un’opera di 6 volumi.

 

Infine, nel XVIII secolo si assistette anche alla comparsa dell’ingegneria civile. Fino ad allora gli ingegneri si erano occupati soltanto di opere d’assedio. Il merito del loro impegno in ambito civile è da attribuirsi, ancora una volta, al ministero Turgot. Tra le sue riforme amministrative ve ne era una sulla scuole di ingegneria, l’École des ponts et chaussées, che constava di tre classi suddivise a seconda delle discipline da apprendere. Il percorso era il medesimo per tutti: Turgot codificò un corso di studi in cui venivano misurati merito e talento, e i tre migliori studenti di ogni classe venivano scelti come docenti. Il suo intento fu quello di fondare la responsabilità sul merito, il quale consisteva nella competenza tecnica.

 

Il sistema meritocratico spinse i diplomati a intraprendere una carriera individuale e a responsabilizzarsi, soprattutto perché il loro impiego doveva consistere in un ruolo principe all’interno delle amministrazioni locali per la realizzazione di qualsiasi opera pubblica.

 

Sull’esempio di questa École voluta da Turgot ne nacquero anche altre, come l’École des mines, istituzionalizzata nel 1783 con il compito di occuparsi in particolare dello studio della mineralogia.

 

Altre scuole, invece, vennero perfezionate, come l’ École militaire, ideata nel 1751 da Madame de Pompadour. In quella scuola i ragazzi venivano istruiti con discipline di vario genere, oltre a quelle inerenti la loro carriera; coloro che prestavano servizio dovevano infatti diventare gentiluomini. Veniva loro impartita anche una base di istruzione matematica che, successivamente, poteva essere perfezionata con un’istruzione secondaria delle discipline matematiche che si andò definendo nel 1794-95. I candidati dovevano affrontare gli esami dimostrando bravura e sicurezza: ciò era fondamentale per entrare a far parte del genio militare.

 

Si trattava, comunque, di studi d’ingegneria, adottati anche grazie al costante sviluppo delle discipline matematiche nell’Académie. Uno dei suoi più grandi studiosi, per esempio, fu Coulomb, anche lui debitore di alcune scoperte d’importanza strategica, come la formula dell’acqua e l’atomo di idrogeno.

 

Si può dire che l’ingegneria, prima ancora della scienza, abbia saputo darsi gli attributi di una professione poiché, pur traendo vantaggio dagli studi scientifici, ne seppe trovare applicazioni immediate.

 

A conclusione di quest’opera, Gillispie precisa che non si deve pensare che l’ingresso della cultura al governo sia avvenuto solo con Turgot. Certamente, egli fu il primo a tener conto dell’utilità della cultura sotto ogni aspetto dell’ambito governativo. La tendenza dei funzionari a lui successivi sarà quella di industrializzare incentivando gli imprenditori ad emulare il leader illuminato.

 

L’autore conclude che «[…] l’integrazione della scienza nella storia si può provare con prospettive migliori attraverso gli eventi e le istituzioni che analizzando le idee e la cultura». In effetti, la vastità culturale raggiunta nel corso dell’Illuminismo avrebbe potuto far risultare quest’analisi a dir poco dispersiva. Il rapporto tra scienza e potere visto dal punto di vista delle istituzioni è risultato certamente più funzionale per identificare i luoghi di interazione tra politica e scienza. Il termine integrazione non viene utilizzato da Gillispie in maniera casuale.

 

Come si è visto, tra scienza e governo c’è stato un vero e proprio rapporto di interscambio sulla base di vantaggi apportati rispettivamente dall’una e dall’altra parte: maggiore visibilità e privilegi per il mondo scientifico, maggiore utilità pratica per quello governativo, sia dal punto di vista del contributo alla nascita della società civile, sia dal punto di vista della preparazione tecnica necessaria ad accogliere l’imminente rivoluzione industriale.

 

L’evoluzione degli studi delle scienze naturali, per esempio, ha contribuito a formare, anche se ambiguamente, la mentalità dell’Illuminismo: le letture dei letterati di antico regime li avevano preparati alla generazione dell’Alto Illuminismo e poi del successivo periodo rivoluzionario, che Gillispie analizzerà nel volume successivo, Science and Polity in France. The revolutionary and napoleonic years, in cui l’autore manterrà grossomodo la stessa struttura dell’opera qui relazionata: nell’ordine, Gillispie si occuperà di eventi, personaggi e istituzioni, evoluzioni e rivoluzioni, scoperte e strumenti.

 

Nel corso dell’epoca rivoluzionaria e napoleonica, il grado di specializzazione della comunità scientifica francese si rafforzerà. Secondo Gillispie, la modernizzazione scientifica sarà centrale nella conversione della monarchia (fatta di sudditi) alla repubblica (fatta di cittadini).

 

Il riconoscimento dello status professionale alla comunità scientifica, infatti, sarà come per i sudditi francesi ottenere la cittadinanza. La repubblica, non a caso, promuoverà sin da subito l’istruzione scientifica. Il rapporto tra scienza e potere si rafforzerà, soprattutto per la costante necessità di incentivare l’industria delle armi e anche per la profonda fiducia nutrita da Napoleone nella scienza e, in particolare, nell’ingegneria.



 

 

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