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N. 18 - Novembre 2006

RUSSIA VS GEORGIA

Il caso delle spie russe

di Leila Tavi

 

Venerdì 27 ottobre un corteo silenzioso di studenti ha sfilato per le vie di Tbilisi. Hanno voluto protestare contro i maltrattamenti subiti da centinaia di cittadini georgiani in territorio russo da parte delle autorità. Il pretesto che ha innescato un meccanismo di reciprochi “sgarbi” diplomatici è stato l’arresto da parte della polizia georgiana di quattro ufficiali russi con l’accusa di spionaggio.

 

A seguito dell’incidente diplomatico la Russia ha richiamato il suo ambasciatore da Tbilisi e tagliato qualsiasi via di comunicazione, anche postale, tra la Georgia e la Russia.

 

Assieme all’ambasciatore circa cento cittadini russi hanno abbandonato la Georgia; il Cremlino ha, inoltre, messo in guardia i Russi dal recarsi in Georgia e ha bloccato il rilascio dei permessi per i cittadini georgiani diretti in Russia.

 

Controlli a tappeto sono stati fatti in Russia tra gli immigrati georgiani e nelle scuole per individuare i georgiani senza regolare permesso di soggiorno in territorio russo.

 

I rapporti diplomatici tra la Georgia e la Russia sono andati sempre più deteriorandosi dopo che, alla metà degli anni ’90, le regioni di Abkhazia e Ossezia del Sud, formalmente parte del territorio georgiano, si sono dichiarate stati indipendenti riconosciuti solo dalla Russia.

 

L’arresto dei militari russi è coinciso con la prima visita ufficiale del presidente georgiano Mikhail Saakashvili, eletto nel 2003, nella contestata area di confine tra la Georgia e l’Abkhazia.

 

Contemporaneamente Mosca sta operando un boicottaggio economico dei prodotti d’importazione dalla Georgia attraverso l’embargo, che danneggia visibilmente l’economia georgiana, dipendente dalle esportazioni alla Russia.

 

Gli accordi tra la Georgia e la NATO per la futura e più stretta collaborazione non sono stati considerati favorevolmente dalla Russia.

 

Al desiderio di “occidentalizzazione” della Georgia, spalleggiato non ostentatamente dagli Stati Uniti, si contrappone la nuova strategia russa in politica estera che, non accetta le ingerenze americane su un’area, il Caucaso, considerata dal Cremlino sotto la sua influenza, anche dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica.

 

Le rivoluzioni colorate, appoggiate e finanziate dagli Stati Uniti, hanno allontanato la Georgia, il Kirghisistan e l’Ucraina dalla sfera di influenza russa e incrinato i discreti rapporti diplomatici che si erano creati tra la Russia  e gli Stati Uniti dopo l’11 settembre.

 

A farne le conseguenze sono naturalmente la Georgia e l’Ucraina, paesi confinanti con la Russia e dipendenti da essa per due motivi: uno energetico e l’altro commerciale.

 

La Georgia e l’Ucraina non hanno gas naturale sotto il loro suolo e sono costrette a comprare dalla Russia gas; fino alle rivoluzioni la Russia, in virtù del rapporto privilegiato con gli ex stati dell’Unione Sovietica, riforniva i due paesi con gas a un prezzo nettamente inferiore rispetto a quello richiesto per altri paesi dell’Europa occidentale.

 

A seguito dell’allontanamento dei due paesi la Russia, per poter riconquistare la sua sfera di influenza sull’area, ha deciso di “ricattare” con l’ arma del gas i paesi che tentano di confrontarsi con la Russia diplomaticamente e commercialmente alla pari.

 

Tutti ricorderanno la crisi del Natale scorso iniziata con l’interruzione dell’erogazione di gas all’Ucraina e la dichiarazione della Russia di voler trattare ormai anche i paesi dell’ex Unione Sovietica, che si dichiarano “occidentali” a tutti gli effetti, come tali.

 

In futuro la Gazprom richiederà al governo georgiano al posto dei 110 per metro cubo di gas più del doppio, 230 dollari (180 euro).

 

Il Ministro degli esteri georgiano, Gela Beschuaschvili, ha recentemente dichiarato, prima della sua visita ufficiale a Mosca, che la Russia utilizza l’unico mezzo ancora efficace, il prezzo del gas, per poter esercitare la sua influenza sui paesi vicini.

 

Durante una visita di fine di ottobre a Vienna il Presidente dei ministri georgiano Zurab Nogaideli ha moderato i toni della polemica dichiarando di non temere per la Georgia il pericolo del blocco dell’erogazione di gas.

 

Ripetere per la Georgia la strategia utilizzata per l’Ucraina lo scorso inverno, l’energia come fattore destabilizzante in politica estera, farebbe apparire la Russia agli occhi dei partner occidentali come poco affidabile.

 

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