Chi è Rosario
Livatino? Qual è la sua storia? Era un giudice di
Canicattì assassinato da sicari della Mafia il 21
settembre 1990. Ma andiamo per gradi e raccontiamo la
sua storia dal principio, visto anche che è una vittima
dalla malavita siciliana della quale oggi se ne parla
poco, soprattutto in televisione o sui principali
giornali del Paese.
Rosario Angelo
Livatino nasce a Canicattì (Ag) il 3 ottobre 1952. Il
padre Vincenzo era laureato in legge e lavorava
all’esattoria comunale, sua mamma era Rosalia Corbo.
Studente modello sin dalle scuole elementari, conclude
tutte le scuole con il massimo dei voti. Dopo il Liceo
Classico si iscrive alla Facoltà di Giurisprudenza
dell’Università di Palermo, dove il 9 luglio 1975,
all’età di 22 anni, consegue la laurea con il massimo
dei voti e la lode.
Poi vince il
concorso per vicedirettore in prova presso la sede
dell’Ufficio del Registro di Agrigento, dove restò dal
1° dicembre 1977 al 17 luglio 1978. Partecipa con
successo al concorso in magistratura. Lo supera e va a
lavorare a Caltanissetta come uditore giudiziario. Dopo
qualche tempo passa al Tribunale di Agrigento, dove dal
29 settembre 1979 al 20 agosto 1989, ricopre l’incarico
di Sostituto Procuratore della Repubblica.
Qui si occupa
delle più delicate indagini antimafia, ma anche di
criminalità comune. Si occupa anche dell’indagine che
poi negli anni ’90 verrà conosciuta come la
"Tangentopoli siciliana".
Mette a segno
numerosi colpi contro la Mafia, attraverso lo strumento
della confisca dei beni e combattendo la corruzione in
maniera molto forte. Scopre legami tra la Mafia e la
Massoneria, e per questo il Presidente della Repubblica
Francesco Cossiga lo definì "Il giudice ragazzino",
purtroppo non per fargli un complimento. Livatino ed
alcuni magistrati del suo gruppo furono i primi ad
interrogare un ministro nel corso di un indagine.
Dal 21 agosto
1989 al 21 settembre 1990 Rosario Livatino lavorò come
giudice a latere presso il Tribunale di Agrigento nella
sezione "misure di prevenzione".
Il giudice ha
lasciato molte testimonianze della sua attività
professionale di cui sono pieni gli archivi dei
tribunali. I suoi interventi pubblici furono molto rari.
Gli unici interventi pubblici, fuori dalle aule di
giustizia , sono due e sono "Il ruolo del Giudice in una
società che cambia" (1984) e "Fede e diritto" (1986).
Questi discorsi costituiscono un testamento morale di
Rosario Livatino.
Livatino visse
abbastanza lontano dal contatto con il pubblico e non
volle mai far parte di club o associazioni, qualsiasi
fosse il loro genere.
Il magistrato di
Canicattì fu ucciso in un agguato mafioso la mattina del
21 settembre 1990 sul viadotto Gasena della SS 640, che
collega Agrigento a Caltanissetta, mentre si recava in
Tribunale senza scorta e con la sua auto privata.
Esecutori e
mandanti del suo assassinio sono stati tutti individuati
e condannati all’ergastolo, ma con pene ridotte per chi
collaborava. Fu ucciso dalla Stidda agrigentina,
un’organizzazione mafiosa in contrasto con Cosa Nostra.
Rosario Angelo
Livatino oltre ad essere un uomo giusto , incorruttibile
ed un ottimo magistrato, era un uomo di profonda fede
cristiana. Visse tenendo sempre presenti gli
insegnamenti del Vangelo e la sua vita, sin da quando
era ragazzo, dimostra questo.
Nel maggio del
1993 Papa Giovanni Paolo II è in Sicilia ad Agrigento,
dove incontra i fedeli nella Valle dei Templi. Prima
però incontra i genitori di Rosario Livatino. Il Papa ad
Agrigento definisce il giudice Livatino un "martire
della giustizia e indirettamente della fede" e compie il
famoso anatema contro la Mafia in cui invita gli uomini
di questa organizzazione a convertirsi e a cambiare
vita, in attesa, un giorno, del giudizio di Dio.
Il 4 ottobre
1995 viene fondata l’Associazione "Amici del Giudice
Rosario Angelo Livatino", che ha sede a Canicattì (Ag).
L’Associazione si propone di tenere viva la memoria del
giudice, di promuovere una cultura della legalità con
incontri e dibattiti, e di avviare un processo di
canonizzazione nei confronti di Rosario Livatino, visto
che non è ancora incominciato. Tra l’altro il giudice
avrebbe anche compiuto un paio di miracoli, post-mortem,
di cui uno riguarda una signora guarita da una grave
forma di leucemia, alla quale Rosario Livatino è apparso
in sogno, in abiti sacerdotali, incoraggiandola a
reagire e a guarire.
Livatino è stato
un uomo che alle pubbliche dichiarazioni preferiva il
quotidiano impegno al tavolo di lavoro. Un lavoro
scrupoloso, ostinato e senza risparmiarsi. Sul suo
tavolo di lavoro egli teneva un Crocifisso e un Vangelo.
Era un operatore di giustizia. Il Cristianesimo era il
suo programma di vita. "STD" c’era scritto in molte
parti della sua agenda, Sub Tutela Dei, cioè sotto la
tutela di Dio.
La memoria di
Rosario Livatino è tenuta viva non solo
dall’Associazione ma anche da targhe, aule di tribunali,
vie e piazze di alcune città italiane a lui intitolate.
Tra gli scritti
che lo riguardano vorrei ricordare "Il piccolo giudice.
Fede e Giustizia in Rosario Livatino" di Ida Abate (sua
professoressa al liceo) e "Il giudice ragazzino" di
Nando Dalla Chiesa, dal quale è stato tratto l’omonimo
film di Alessandro Di Robilant con Giulio Scarpati e
Sabrina Ferilli.
Rosario Livatino
non era un cattolico bigotto ed ipocrita, ma era un
cattolico che viveva la sua fede in maniera interiore e
consapevole, testimoniandola con i fatti e con la vita
di tutti i giorni.