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N. 8 - Agosto 2008 (XXXIX)

IL GIUDICE ROSARIO LIVATINO
Una vittima della Mafia

di Fabio Luisi

Chi è Rosario Livatino? Qual è la sua storia? Era un giudice di Canicattì assassinato da sicari della Mafia il 21 settembre 1990. Ma andiamo per gradi e raccontiamo la sua storia dal principio, visto anche che è una vittima dalla malavita siciliana della quale oggi se ne parla poco, soprattutto in televisione o sui principali giornali del Paese.

Rosario Angelo Livatino nasce a Canicattì (Ag) il 3 ottobre 1952. Il padre Vincenzo era laureato in legge e lavorava all’esattoria comunale, sua mamma era Rosalia Corbo. Studente modello sin dalle scuole elementari, conclude tutte le scuole con il massimo dei voti. Dopo il Liceo Classico si iscrive alla Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Palermo, dove il 9 luglio 1975, all’età di 22 anni, consegue la laurea con il massimo dei voti e la lode.

Poi vince il concorso per vicedirettore in prova presso la sede dell’Ufficio del Registro di Agrigento, dove restò dal 1° dicembre 1977 al 17 luglio 1978. Partecipa con successo al concorso in magistratura. Lo supera e va a lavorare a Caltanissetta come uditore giudiziario. Dopo qualche tempo passa al Tribunale di Agrigento, dove dal 29 settembre 1979 al 20 agosto 1989, ricopre l’incarico di Sostituto Procuratore della Repubblica.

Qui si occupa delle più delicate indagini antimafia, ma anche di criminalità comune. Si occupa anche dell’indagine che poi negli anni ’90 verrà conosciuta come la "Tangentopoli siciliana".

Mette a segno numerosi colpi contro la Mafia, attraverso lo strumento della confisca dei beni e combattendo la corruzione in maniera molto forte. Scopre legami tra la Mafia e la Massoneria, e per questo il Presidente della Repubblica Francesco Cossiga lo definì "Il giudice ragazzino", purtroppo non per fargli un complimento. Livatino ed alcuni magistrati del suo gruppo furono i primi ad interrogare un ministro nel corso di un indagine.

Dal 21 agosto 1989 al 21 settembre 1990 Rosario Livatino lavorò come giudice a latere presso il Tribunale di Agrigento nella sezione "misure di prevenzione".

Il giudice ha lasciato molte testimonianze della sua attività professionale di cui sono pieni gli archivi dei tribunali. I suoi interventi pubblici furono molto rari. Gli unici interventi pubblici, fuori dalle aule di giustizia , sono due e sono "Il ruolo del Giudice in una società che cambia" (1984) e "Fede e diritto" (1986). Questi discorsi costituiscono un testamento morale di Rosario Livatino.

Livatino visse abbastanza lontano dal contatto con il pubblico e non volle mai far parte di club o associazioni, qualsiasi fosse il loro genere.

Il magistrato di Canicattì fu ucciso in un agguato mafioso la mattina del 21 settembre 1990 sul viadotto Gasena della SS 640, che collega Agrigento a Caltanissetta, mentre si recava in Tribunale senza scorta e con la sua auto privata.

Esecutori e mandanti del suo assassinio sono stati tutti individuati e condannati all’ergastolo, ma con pene ridotte per chi collaborava. Fu ucciso dalla Stidda agrigentina, un’organizzazione mafiosa in contrasto con Cosa Nostra.

Rosario Angelo Livatino oltre ad essere un uomo giusto , incorruttibile ed un ottimo magistrato, era un uomo di profonda fede cristiana. Visse tenendo sempre presenti gli insegnamenti del Vangelo e la sua vita, sin da quando era ragazzo, dimostra questo.

Nel maggio del 1993 Papa Giovanni Paolo II è in Sicilia ad Agrigento, dove incontra i fedeli nella Valle dei Templi. Prima però incontra i genitori di Rosario Livatino. Il Papa ad Agrigento definisce il giudice Livatino un "martire della giustizia e indirettamente della fede" e compie il famoso anatema contro la Mafia in cui invita gli uomini di questa organizzazione a convertirsi e a cambiare vita, in attesa, un giorno, del giudizio di Dio.

Il 4 ottobre 1995 viene fondata l’Associazione "Amici del Giudice Rosario Angelo Livatino", che ha sede a Canicattì (Ag). L’Associazione si propone di tenere viva la memoria del giudice, di promuovere una cultura della legalità con incontri e dibattiti, e di avviare un processo di canonizzazione nei confronti di Rosario Livatino, visto che non è ancora incominciato. Tra l’altro il giudice avrebbe anche compiuto un paio di miracoli, post-mortem, di cui uno riguarda una signora guarita da una grave forma di leucemia, alla quale Rosario Livatino è apparso in sogno, in abiti sacerdotali, incoraggiandola a reagire e a guarire.

Livatino è stato un uomo che alle pubbliche dichiarazioni preferiva il quotidiano impegno al tavolo di lavoro. Un lavoro scrupoloso, ostinato e senza risparmiarsi. Sul suo tavolo di lavoro egli teneva un Crocifisso e un Vangelo. Era un operatore di giustizia. Il Cristianesimo era il suo programma di vita. "STD" c’era scritto in molte parti della sua agenda, Sub Tutela Dei, cioè sotto la tutela di Dio.

La memoria di Rosario Livatino è tenuta viva non solo dall’Associazione ma anche da targhe, aule di tribunali, vie e piazze di alcune città italiane a lui intitolate.

Tra gli scritti che lo riguardano vorrei ricordare "Il piccolo giudice. Fede e Giustizia in Rosario Livatino" di Ida Abate (sua professoressa al liceo) e "Il giudice ragazzino" di Nando Dalla Chiesa, dal quale è stato tratto l’omonimo film di Alessandro Di Robilant con Giulio Scarpati e Sabrina Ferilli.

Rosario Livatino non era un cattolico bigotto ed ipocrita, ma era un cattolico che viveva la sua fede in maniera interiore e consapevole, testimoniandola con i fatti e con la vita di tutti i giorni.

 

 

 

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