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MODERNA


N. 102 - Giugno 2016 (CXXXIII)

le roi soleil
cultore delle arti

di Ilaria La Fauci

 

Più di 70 anni di potere. Un programma di monarchia assoluta. Una missione civilizzatrice e di acculturazione. Sono queste le caratteristiche del personaggio più illustre e conosciuto dell’età moderna: Luigi XIV della casata dei Borbone. Fu re di Francia e di Navarra dal 1643 al 1715, ovvero da quando aveva 4 anni sino alla morte. Il regno di Francia raggiunse l’apice della grandezza e dello splendore grazie ai mutamenti politici, sociali e culturali che egli inserì nel corso del suo governo.

 

Celò la volontà di avere tutto il potere nelle sue mani ingannando la nobiltà di possedere ancora una qualche sovranità e considerazione nelle scelte da lui prese. Questo raggiro fu messo in atto con programmi particolarmente accurati, per sedare una nobiltà che nel passato era stata eversiva e aggressiva (numerose furono le fronde e le sommosse durante la sua infanzia), trasformandola in un gruppo sociale di supporto al re nelle mansioni quotidiane da lui effettuate; il re Sole offrì all’aristocrazia titoli, onori e rendite, l’alloggio alla reggia reale, resa pubblica a tutta la corte, ma pur sempre un luogo riservato e separato dal mondo circostante. Tale reggia fu Versailles, ovvero un castello di caccia (distante circa 25 chilometri da Parigi) del predecessore Luigi XIII trasformato in una solenne città reale, cuore del potere assoluto, dominata da un’etichetta, simile a un rituale sacro, che regolava l’intera vita di corte: ad esempio il grand e petit lever e il grand e petit coucher, ovvero rispettivamente i cerimoniali del risveglio e del sonno; i quaranta modi per porre il proprio saluto in base al rango e alla circostanza; il parto dei principi, che avveniva in pubblico onde evitare accuse di illegittimità; le udienze degli ambasciatori; tre o quattro volte alla settimana, dalle 19.00 alle 22.00, i cortigiani potevano accedere alle stanze reali; giochi di società e feste per illudere il tempo (e i nobili che partecipavano).

 

Lo Château de Versailles copre una lunghezza di 600 metri e fu realizzato dagli architetti Louis Le Vau, François d’Orbay e Jules Hardouin-Mansart, artefici della sala da ballo di una lunghezza pari a 75 metri, della sala dell’incoronazione, della piazza d’armi, della cancellata d’ingresso sormontata dallo stemma reale, della statua equestre di Luigi XIV, del Cour de Marble (cortile di marmo in origine policromo e pieno di statue) e della famosa galleria degli specchi; dal giardiniere e paesaggista André Le Notre, il quale dovette prosciugare paludi, stagni, spianare colline e trapiantare boschi pur di accontentare le richieste del sovrano; da Jean-Baptiste de la Quintinie, che creò un orto per frutta e verdura di qualità da servire alla corte e 29 giardini per decorare l’ambiente.

 

I lavori di allargamento di tale residenza furono avviati subito dopo la morte del cardinale Mazzarino, nel 1661; il luogo era stato in precedenza descritto come «ingrato, triste, senza panorama, senza boschi, senz’acqua, senza terra, perché tutto è sabbie mobili e palude, senz’aria» e Jean-Baptiste Colbert, portavoce di tali critiche, sosteneva che invece si dovesse porre maggiore attenzione sul Louvre; fino a quando il 6 maggio 1682 il sovrano si stabilì a Versailles, facendola diventare la sua residenza, nonostante alcuni lavori fossero ancora in corso. Alla morte di Luigi, la corte reale abbandonò in parte Versailles ma la fine di tale grandezza fu solo nel 1789, inizio del periodo rivoluzionario in cui il popolo si rivoltò apertamente contro i privilegi e benefici di cui godeva l’aristocrazia e quindi contro lo splendore simbolico della reggia stessa.

 

Luigi il Grande fu mecenate di tutte le arti: fondò l’Accademia reale delle Scienze, in cui vennero approfonditi gli studi di fisica, matematica, astronomia, geografia, geodesia; l’Accademia reale d’Architettura, in cui il re concesse brevetti a chi fosse degno di entrare a farne parte; l’Accademia reale di Danza (futura Opéra di Parigi), in cui vennero codificate le regole del balletto classico e venne creata la danza accademica da proporre nei teatri. Presso la sua corte fiorirono scrittori come Moliére, che mise in scena l’opera Il dottore amoroso; Jean Racine, autore dell’ode per le nozze dei sovrani La Nymphe de la Seine à la Reine; Charles Perrault, autore di Le Siécle de Louis le Grand. La passione per la cultura venne manifestata durante la festa Les Plaisirs de l’Ile enchantée (ovvero I piaceri dell’isola incantata) nel 1664: furono invitate seicento persone a questa celebrazione che aveva come tema l’Orlando Furioso di Ariosto, tra le quali Molière che ne inventò il titolo e presentò l’opera Il Tartufo, un tecnico per gli effetti speciali di nome Carlo Vigarani, Charles Perrault che decorò Versailles appositamente per questa occasione.

 

Il sovrano mise in atto la realizzazione di un edificio militare, l’Hotel des Invalides, ovvero una casa di riposo per coloro i quali avevano riportato ferite di guerra o coloro i quali erano militari o ufficiali anziani; l’editto reale datato 1670 decretava che «coloro i quali hanno rischiato la loro vita o profuso il loro sangue per la difesa della monarchia (…) passino il resto dei loro giorni in tranquillità». All’apice di essa vi è una cupola che, per volontà del re, diventò una cappella privata, la Cathédrale Saint-Louis des Invalides, costruita dall’architetto Jules Hardouin-Mansart in stile neoclassico.

 

Altre costruzioni lo impegnarono nel corso del suo regno: Claude Perrault ampliò il Louvre e ne creò la colonnata; diede il compito all’architetto Jules Hardouin-Mansart di costruire la Place Vendome (1686) cui si affacciano la Biblioteca Reale, le Accademie e una sua statua del re distrutta durante la rivoluzione francese; lo stesso architetto progettò la Place des Victoires; l’architetto Claude Perrault ebbe il compito di costruire un centro astronomico, l’Osservatorio di Parigi (1667-1671); il re fece distruggere le mura medievali della città che risalivano al periodo di Carlo V della casata dei Valois, ovvero al XIV secolo, per far costruire a François Blondel la Porta di Saint Denis (1672) e a Pierre Bullet la Porta Saint-Martin (1674), due archi di trionfo come simbolo di celebrazione delle vittorie riportate sul Reno, in Francia Contea.

 

Promosse le arti appoggiando le manifatture di arazzi e vetri: la Manufacture des Gobelins è un laboratorio di tessitura collocato negli edifici che Luigi XIV comprò nel 1662 e affidò al pittore Charles Le Brun; la Saint-Gobain invece fu fondamentale nella creazione del vetro con tecniche innovative che permisero a tale laboratorio di superare il primato veneziano.

 

Voltaire definì il secolo del re Luigi XIV come il quarto grande periodo di felicità della storia, accanto all’età di Alessandro Magno, di Cesare e Augusto e della Firenze dei Medici: la grandezza del sovrano si manifestava esattamente nelle opere cui egli dava la spinta per la realizzazione, concrete o intellettuali che fossero; egli aveva una determinata visione di come dovesse essere il proprio regno, di come egli volesse governarlo e di come dovesse realizzare tutti i suoi progetti: all’insegna dello splendore e della magnificenza, come un astro nel cielo il cui bagliore fosse accecante ma inevitabilmente in grado di rapire lo sguardo di chiunque.

 

 

Riferimenti bibliografici:

 

Levron J., La vie quotidienne à la cour de Versailles, Parigi 1965.

Voltaire, Il secolo di Luigi XIV, trad. e cura di Umberto Morra, Torino 1951-1994.

Wilhelm J., La vita quotidiana a Parigi ai tempi del Re Sole, trad. Maria Novella Pierini, Milano 1984.



 

 

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