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N. 99 - Marzo 2016 (CXXX)

ROBERT LOUIS STEVENSON
LA FANTASIA E L’AVVENTURA NEL ROMANZO VITTORIANO
di Vincenzo La Salandra

 

Stevenson (1850-1894) è tra gli autori inglesi dell’epoca vittoriana quello che chiude un ciclo e apre, con alcune sue opere in particolare, le vie per l’epoca successiva della produzione letteraria anglosassone: con la sua fantasia, l’esotismo delle sue descrizioni, i riferimenti netti e lucidi alla psicologia e alla dimensione del subconscio nei suoi capolavori, ha anticipato gusti e interessi tipici dell’età moderna della letteratura inglese ed europea.

 

Nacque ad Edimburgo in una famiglia benestante e distinta, studiò legge e si dedicò precocemente alla professione legale ma successivamente lasciò la giurisprudenza e i tribunali per diventare giornalista e scrittore. Stevenson iniziò scrivendo racconti brevi che venivano pubblicati in riviste periodiche e solo in seguito furono raccolti in due volumi: Virginibus Puerisque, nel 1881, e le New Arabian Nights, del 1882, d’ispirazione orientale.

 

Soffrì di tubercolosi e viaggiò per lunghi periodi nei paesi caldi del Mediterraneo e in oriente fino al sud-est asiatico, per recuperare la sua cagionevole salute. Gli spostamenti continui gli fornirono tanta parte delle suggestioni e delle idee che confluirono nelle opere di viaggio come Inland Voyage, del 1878, e come i Travels with a Donkey in the Cevennes, dove Stevenson racconta con ironia i suoi vagabondaggi in Belgio e in Francia. Divenne popolare con il grande classico della letteratura per ragazzi, L’isola del tesoro, Treasure Island, del 1883: l’opera è il grande modello delle storie di pirati e tesori nascosti, un classico imprescindibile per la formazione e il piacere della lettura. Questo libro, assieme ai tanti volumi di Salgari e ad altri personaggi ideali e idealizzati, e passando attraverso Munchausen, Tartarino e Peter Pan per sfiorare Sherlock Holmes e 007 fino ad Harry Potter, farà sempre parte delle biblioteca ideale di ogni tempo.

 

Successivamente Stevenson si dedicò alla stesura di romanzi storici nel solco della tradizione di Walter Scott: nel 1886 pubblicava Kidnapped, Rapito, nel 1889, The Master of Ballantrae, e, nel 1888, aveva pubblicato la Freccia Nera, The Black Arrow, ambientato in Inghilterra al tempo della Guerra delle Rose.

 

Infine The Strange Case of Dr. Jekyll and Mr. Hyde, pubblicato nel 1886, è la storia lucidissima e avvincente, nello spazio di poche dozzine di pagine, incalzante e fortunatissima, di uno sdoppiamento di personalità, modello di suspance e mistero inarrivabile, una storia che continua a dimostrare la sua sconvolgente attualità considerando anche gli spettacolari rifacimenti cinematografici del Novecento e del nuovo millennio.

 

Stevenson morì ad Upolu, Isole Samoa, nel 1894: lì si era stabilito nel 1888 per curarsi, e venne seppellito in una bellissima isola.

 

In un volumetto aureo del 1877, l’Elogio dell’ozio, Stevenson affronta un tema classico della saggistica retorica in latteratura ed è in ottima compagnia di altri grandi modelli: Seneca e il De otio, Epitteto nel Manuale, Bertrand Russell con il suo Elogio dell’ozio, e anche Itsuo Tsuda ne Il non fare, e fino al socialista Paul Lafargue nell’Elogio della pigrizia; come dimenticare finalmente Hermann Hesse con Il piacere dell’ozio…

 

Se già per Ambroise Bierce “I momenti d’ozio sono intervalli di lucidità nei disordini della vita”, mentre per Oscar Wilde “Il non fare nulla è la cosa più difficile del mondo”; Hermann Hesse, che nasceva nel 1877 lo stesso anno della pubblicazione dell’Elogio di Stevenson, diceva nel Piacere dell’ozio (1904): “Non conosco sulla terra un piacere più puro del quieto riposo sul petto della Terra”; finalmente per Robert Louis Stevenson scrivere sull’ozio significa anche parlare di libri in chiave ironica e semi-seria: “I libri sono una cosa buona in sé, ma sono solo un sostituto decisamente anemico della vita. Mi sembra un peccato restarsene seduti come Lady Shalott a scrutare uno specchio, voltando le spalle al turbinio e al fascino della realtà. Perché, come ci ricorda il vecchio proverbio, se un uomo legge molto, gli resterà poco tempo per pensare”.

 

Grazie a questa ‘riflessione’ del nostro possiamo ricordare in chiusura i versi profetici di Tennyson, grande poeta vittoriano, sulla Lady Shalott:

 

E muovendosi attraverso uno specchio limpido

appeso al suo cospetto tutto l’anno

appaiono le ombre del mondo

 

And moving thro’ a mirror clear

That hangs before her all the year

Shadows of the world appear



 

 

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